Alfredo Serrai.  Biblioteche e bibliografia: vademecum disciplinare e professionale, a cura di Marco Menato.  Roma: Bulzoni, 1994.  XI, 446 p.  (Il bibliotecario. N.s.; 9).  ISBN 88-7119-701-1.  L. 70.000.

La ricerca condotta da Alfredo Serrai è approdata negli ultimi anni a «una visione integrata della Bibliografia, intesa quale scienza degli indici, e della Biblioteconomia quale sistema di mediazione triadica fra libri, cataloghi, e utenti; le scienze del libro risultano collocate nel quadro della comunicazione scritta; l'Informazione ottiene il valore di rapporto; le funzioni e gli obiettivi delle scienze documentarie ricevono una propria autonomia teoretica, con l'impiego di particolari strumenti intellettuali e metodologici» (è l'A. stesso a dare questa definizione e questa sintesi della propria riflessione scientifica in un contributo preparato per Les sciences de l'écrit, un'enciclopedia internazionale di bibliologia curata da Robert Estivals e pubblicata nel 1993).

L'andamento, quasi un diario, di questa riflessione può essere ricostruito attraverso le pagine della rivista fondata da Serrai poco più di dieci anni fa. Nel settembre 1984 nasce, infatti, il trimestrale «Il bibliotecario: rivista di biblioteconomia, bibliografia e scienze dell'informazione»: nell'Editoriale del primo numero si legge che «la biblioteconomia non è la pura descrizione o la mera proiezione di quel che fa un bibliotecario [...] ma un agglomerato di metodologie che hanno come traguardo il migliore adempimento di certe relazioni; e tra queste, soprattutto quella riguardante la selezione bibliografica, nei due aspetti della specificità delle raccolte e della valutazione qualitativa, e quella riguardante la mediazione a fini di ricerca e di reperimento, nei due ambiti, rispettivamente, della disponibilità locale (fornitura documentaria) e della esistenza in generale (notizia bibliografica)» (p. 2). Nel n. 38 (dicembre 1993) il direttore manifesta in un Commiato la propria amarezza, essendo andate deluse le speranze che lo avevano indotto a fondare la rivista e dichiarando di sentirsi come un direttore d'orchestra senza orchestra: «ma forse è da credere che questa non ci sia mai stata, al di fuori delle mie aspirazioni». Nel tracciare un bilancio di questa esperienza, Serrai ricorda che l'intervento prevalente della rivista è consistito «in una nuova analisi e nella reinterpretazione della Storia della Bibliografia, perché questo sembrava il campo più trascurato e, insieme, il più importante ai fini di una sostanziosa e corretta formazione del Bibliotecario». La principale testimonianza del lavoro effettuato in questo intervallo di tempo resta affidata alla Storia della bibliografia, pubblicata da Serrai presso l'editore Bulzoni a partire dal 1988. Dal 1994 si pubblica una nuova serie de «Il bibliotecario», che ha mutato sottotitolo (divenuto ora «Rivista di studi bibliografici») e periodicità, trasformandosi in semestrale: nel primo fascicolo il direttore spiega che il nuovo sottotitolo va inteso «nel valore disciplinare più esteso che da anni stiamo attribuendo alla Bibliografia, quale scienza delle organizzazioni e delle mediazioni indicali in tutta la gamma e le forme delle comunicazioni scritte» (p. 5). Serrai prosegue così: «"Il Bibliotecario" avrà natura, sostanza, e propositi scientifici e disciplinari, in quanto espressione delle attività di ricerca, di critica, e di riflessione su quei fenomeni e su quei processi che attengono alla descrizione, all'ordinamento, alla documentazione, ed alla utilizzazione dei documenti scritti, in rapporto con le condizioni e le esigenze della realtà ideologica, di quella erudita, e di quella culturale. Tali attività competono agli ambiti di studio, tradizionali, della Bibliografia, della Biblioteconomia, della Bibliologia, della Storia delle Biblioteche: tutte discipline che dei libri, o di qualsiasi altra registrazione fisica di messaggi linguistici, intendono accertare i modi di esistenza, i nessi d'ordine, e le relazioni d'uso con le grandi strutture dei testi, delle conoscenze, e delle raccolte librarie. Ma quel che preme, soprattutto, è far rimarcare come le ricerche che si ha in animo di proporre non aspirano soltanto ad illuminare angoli bui o zone d'ombra del passato, ma, piuttosto, ad adoperare le memorie storiche quale laboratorio di sperimentazione per le esperienze e le esigenze dell'oggi. Le indagini storiche non hanno altro valore per noi che quello di servire alla comprensione del presente ed alle applicazioni che lo riguardano» (p. 5-6).

L'itinerario del lavoro di Alfredo Serrai, qui brevemente ripercorso attraverso le tappe rappresentate dalle vicende della rivista da lui diretta, non è stato scandito soltanto dai saggi di ricerca e dalla Storia della bibliografia che ne è scaturita, ma anche da numerosi altri interventi, spesso legati a meditazioni e discussioni che traevano spunto dall'attualità bibliotecaria, pubblicati nella sezione de «Il bibliotecario» denominata Schegge, termine che crediamo non fosse stato scelto solo per le dimensioni a volte molto contenute di questi interventi, ma che fosse dovuto anche al compito che essi avevano di perforare i tanti bubboni di cui è costellata la realtà bibliotecaria del nostro paese. Ora 89 delle 144 schegge pubblicate nella prima serie del periodico sono state raccolte in un'antologia, curata da Marco Menato ed edita da Bulzoni in un volume che contiene anche alcuni saggi minori e qualche recensione, apparsi in altre parti della rivista o in altre sedi, per complessivi 106 interventi, che il curatore ha organizzato per aree tematiche.

È impensabile che si possano riprendere qui le tante questioni affrontate in queste schegge, le quali, anche se lette a distanza di anni e fuori del contesto che le ha generate, conservano quasi sempre una notevole "freschezza" e il loro valore di rigoroso insegnamento. Si è costretti quindi a trascurare tanti argomenti che pure piacerebbe discutere; ad esempio, la definizione della fisionomia professionale del bibliotecario e i contenuti dei processi formativi che lo riguardano; i problemi della descrizione bibliografica del libro antico e i limiti che non è lecito superare in nome della standardizzazione; la mediazione catalografica e la sua efficacia; l'eccessiva e crescente burocratizzazione nella gestione delle biblioteche e i diritti degli utenti; la diffusione delle tecnologie informatiche e le insidie di una fiducia acritica nella loro presunta capacità di risolvere i problemi delle biblioteche, e altro ancora. Vorremmo invece fermarci – e purtroppo assai brevemente – soltanto su un paio di temi che acquistano, a nostro avviso, una decisa centralità all'interno della riflessione che Serrai ha sviluppato nel decennio scorso e che è documentata in questo volume.

Il primo nucleo tematico riguarda l'analisi lessicale e contenutistica della bibliografia e della biblioteconomia, la loro collocazione disciplinare, i rapporti tra le diverse scienze del libro e la loro stretta integrazione. In più di un intervento Serrai sottolinea con insistenza il nesso ontologico e funzionale profondo che «unifica e salda fra loro due valori del termine Bibliotheca – ossia quello che segnala la realtà dell'assembramento fisico di un insieme organizzato di libri (Biblioteca), e quello che si manifesta attraverso la compilazione descrittiva di una raccolta virtuale di libri (Bibliografia)» (Il sinolo biblioteconomia-bibliografia in una materializzazione esemplare: il Catalogus scriptorum Tigurinorum del 1703, p. 219). Alla bibliografia spettano, nella accezione che Serrai le attribuisce, competenze molto ampie: «lo studio e la valutazione delle pratiche indicizzatorie, dei codici catalografici, degli ordinamenti archivistici, delle tecniche documentarie, delle normative citazionali, delle operazioni bibliometriche, delle configurazioni delle basi di dati, delle architetture enciclopediche, ecc., insomma di tutte quelle funzioni e di quei processi della comunicazione scritta che abbiano bisogno prima o poi di attuare la mediazione e la costruzione indicale e prontuaria. La Bibliografia si occupa degli aspetti formali, logici, organizzativi e strutturativi di tale mediazione, che consiste appunto nella individuazione e nell'ordinamento del minor numero di dati indicali che sia in grado di pilotare, segnalare, richiamare, e far reperire, il maggior numero di dati testuali o documentari» (La bibliografia in quanto disciplina: connotati, competenze, cultori, p. 128). Delle discipline bibliografiche – sostiene l'A. nello stesso intervento – «fa parte anche il nucleo centrale della Biblioteconomia in quanto teoria delle mediazioni bibliografiche e catalografiche che hanno luogo in biblioteca» (p. 131).

Se da queste definizioni si passa alla individuazione delle funzioni della biblioteca («le funzioni capitali di una biblioteca si possono ricondurre a quattro – conoscenza del materiale bibliografico posseduto, procacciamento del materiale da integrare, conservazione del materiale, e mediazione fra i documenti e gli utenti»: Su quali certezze scientifiche può contare un bibliotecario, p. 337), in particolare nel momento attuale, nel quale i suoi servizi non riescono a tenere il passo dello sviluppo delle potenzialità dell'informazione bibliografica («Se all'aumento delle notizie sui libri non risponde una parallela fruibilità di quei libri – non solo perché le biblioteche soffrano di una invincibile inerzia fisica, ma anche perché esse hanno effettivamente l'obbligo di salvaguardare il materiale dai perigli di un trasporto inefficiente e insicuro – allora devono venir cambiate le condizioni di utilizzazione delle raccolte. L'accrescimento delle informazioni bibliografiche, e spesso anche la loro tempestività, obbligano a rivedere il tradizionale rapporto, a tre termini, fra la bibliografia (notizie sui documenti) le biblioteche (sedi dei documenti) e gli utenti. Modificato il collegamento bibliografia-utenti, entra in crisi il collegamento biblioteca-utenti, e anch'esso deve pertanto venir modificato»: Le esigenze degli studi e la funzione bibliotecaria, p. 243), risulta evidente il perché di quel primato della bibliografia cui si faceva cenno precedentemente. Ma ne deriva anche la necessità di una valorizzazione dei contenuti della biblioteconomia e del bagaglio intellettuale e professionale di cui deve essere dotato un bibliotecario: «la Biblioteconomia non è una somma di capacità e di tecniche, ma il corredo unitario ed integrato di ciò che il bibliotecario deve sapere per poter assolvere proficuamente ai compiti che, in forma specifica, gli spettano: tra i quali, in primo luogo, quello di comprendere i fini della biblioteca che gli viene affidata e di interpretarli nei termini del loro contenuto culturale e bibliografico, e cioè della mediazione catalografica e dei servizi utenziali» (Biblioteconomia, p. 226).

Non disgiunta dai temi ai quali ora si è accennato è la seconda questione che qui preme sottolineare, vale a dire la concezione della storia delle biblioteche come storia della bibliografia e della biblioteconomia: «la Storia delle Biblioteche – scrive Serrai in La storia delle biblioteche: un concetto da riformare (p. 93-95) – è la storia delle entità e dei processi bibliotecari, in quanto vengono riferiti e commisurati all'adempimento degli obiettivi e delle funzioni bibliotecarie, quali si sono manifestate in un dato periodo o in singole particolari situazioni. [...] La Storia delle Biblioteche, da un lato consiste nell'accertamento delle soluzioni bibliografiche avanzate in merito ai problemi culturali e scientifici, o più generalmente ideologici, connessi con la creazione di una particolare struttura documentaria, dall'altro si cimenta nella determinazione e nella valutazione dei dispositivi, escogitati o adottati, per rendere agevolmente consultabile una concreta raccolta libraria. [...] Proprio in quanto la Storia delle Biblioteche viene a rappresentare, in prospettiva storica, l'unione delle conoscenze disciplinari della Bibliografia e della Biblioteconomia, le capacità e le perizie di cui risulta dotata – di ordine sia critico che teoretico che comparativistico – impediscono che essa possa venir confinata al rango di piatta interprete, in chiave diacronica, delle vicende di un genere istituzionale, quello bibliotecario, come fin qui è stato studiato ed esposto, adoperando un'ermeneutica che lo mette alla pari con quel che si fa per qualsiasi altro ente o istituto, purché sia di natura economico-sociale ed abbia una connotazione scientifico-educativa. Senza il concomitante intervento di una Storia della Bibliografia e di una Storia della Biblioteconomia – che fungono da strumenti basilari per la analisi, la intelligenza, e la valutazione del fenomeno bibliotecario – la Storia delle Biblioteche altro non sarebbe che un modesto esercizio ricostruttivo e descrittivo di una sequenza cronologica riguardante alcuni eventi, tutto sommato secondari, di una storia, a sua volta, inevitabilmente periferica».

Quelli ora ricordati sono solo alcuni degli spunti e degli ammaestramenti che il lettore può rintracciare in questo vademecum disciplinare e professionale, come recita il sottotitolo del volume. L'antologia si presenta alla fine come un discorso in cui le diverse questioni affrontate convergono coerentemente e vanno a sistemarsi in un'architettura di definizioni e di principi, che riporta ad unità le variegate esperienze di ricerca da cui i singoli scritti traggono la loro origine.

Giovanni Solimine, Università della Tuscia, Viterbo