Andrea Martinucci.  Guida alla bibliografia internazionale.  Milano: Editrice Bibliografica, 1994.  288 p.  (Bibliografia e biblioteconomia. Fuori collana).  ISBN 88-7085-380-8.  L. 60.000.

L'arrivo in libreria e nella "scuderia" della Bibliografica del testo di Andrea Martinucci non può essere salutato che con grande soddisfazione. Dopo l'uscita dal commercio dell'opera di Totok e Weitzel, si attendeva un'opera completa ed agevole, uno strumento che potesse costituire un riferimento per la ricerca. Mai come in questo caso si può convenire con la scheda di presentazione della casa editrice, aggiungendo che maggiore è il compiacimento perché l'opera è di mano di un italiano, cosa che non è molto frequente.

Il cammino attraverso le pagine non può non fermarsi subito a commentare la nota introduttiva, in cui l'autore, riferendosi alla propria esperienza di docente, spiega il perché del suo impegno: quello di «offrire una rassegna aggiornata dei principali repertori di bibliografia generale», dando puntualmente per le parti non trattate alcuni accurati riferimenti bibliografici. Insieme al Corso di bibliografia di Rino Pensato il testo di Andrea Martinucci può rappresentare un punto di riferimento molto importante per il tecnico nel suo lavoro e soprattutto per lo studente, per porre le basi dei suoi studi.

In un impianto di tipo classico, la novità sta proprio nella scelta – per mantenere il carattere di agilità dell'opera – di abbandonare ogni tentazione enciclopedica e monumentale. Lo stesso autore chiarisce in apertura che non verranno trattate le bibliografie specializzate e parte di quelle nazionali, ma là dove si incentra l'attenzione la disamina è attenta, chiara, esauriente: è la risposta che si cercava per risolvere in un'epoca così spinta sul fronte moderno i quesiti che sembrano irrisolvibili e che vengono per lo più del passato.

L'accuratezza e l'attenzione storica con cui vengono trattate le bibliografie rendono al lettore – e non a caso si parla di lettore, oltre che di studioso – l'immagine di un tempo, restituendo il fascino delle ricerche di dotti del passato che affidano a lavori certosini la propria perpetuazione. Già dal primo capitolo, nel commento alla Bibliotheca bibliothecarum di Philippe Labbé, si analizza l'assetto formale essenziale di un'opera per renderne agevole l'utilizzo come strumento bibliografico: rilievo quindi all'ordine alfabetico per nomi di battesimo, agli indici degli autori secondo categorie diverse, in una costruzione che consente di giustificare l'uso del termine "biblioteca" in una concezione culturale tipica dell'epoca (siamo nel '600) che vede biblioteca e bibliografia come realtà concettualmente analoghe.

Soffermandosi sul capitolo riguardante i cataloghi di biblioteca ci si ritrova a vivere nelle stanze delle grandi biblioteche nazionali: i cataloghi sono vissuti come esempi di tappe di una lunga storia. Le biblioteche nazionali sono analizzate dal loro sorgere, nelle motivazioni che le hanno formate e giustificate, dai tempi lontani alle impostazioni ottocentesche che sono prodromi dei temi moderni. Ad esempio, per la biblioteca nazionale francese Martinucci segna alcune tappe storiche: il 1852 e l'approvazione di un "piano di pubblicazione di un catalogo metodico", mentre con Prosper Mérimée si apre anche in Francia il dibattito sul catalogo per autori che impegnava in quel tempo i bibliotecari del British Museum, con il contributo del nostro Antonio Panizzi.

Dal catalogo metodico passando a quello per autori la volontà e la spinta verso il catalogo collettivo emergono come impegno mantenuto negli anni, anche attraverso i nuovi supporti e le nuove tecniche nella difficile strada della diffusione dei patrimoni nazionali. E oltre ai modi e ai tempi dei cataloghi, Martinucci affronta le bibliografie dei diversi paesi, ripercorrendo attraverso i repertori i modi di fare cultura, di difendere il passato nel passato.

L'Italia è osservata da una angolatura originale e solo ad una prima sommaria scorsa, minore: attraverso l'opera di una Olga Majolo Molinari, ad esempio, o di una Clementina Rotondi, non tralasciando le opere più frequentate e più famose. Per l'Italia, inoltre, viene dato rilievo ai numerosi cataloghi collettivi a carattere locale.

Nelle ultime preziose pagine alcune note sono dedicate ai congressi, ai reprint e alle microedizioni. Tutti noi bibliotecari sappiamo quanto sia difficile scoprire notizie ed estremi degli atti dei congressi. Altro elemento interessante è il controllo bibliografico dei reprint, in un momento di grande diffusione di questo tipo di pubblicazioni, con cenni alle riproduzioni su altri supporti come le microfiche, un importante strumento per i bibliotecari tutti, ancor più per quelli che indagano il passato.

Con quest'opera si spera che anche la bibliografia, disciplina un po' negletta, venga affrontata nel modo giusto, scoprendone il carattere di indispensabilità, facendo riacquistare a chi l'ha praticata nel passato e a chi la pratica oggi il suo giusto posto: la bibliografia è un grande strumento per leggere ma soprattutto per far leggere i documenti di oggi e quelli di ieri. In sole 250 pagine di testo, Andrea Martinucci ci dà un panorama ampio e diffuso: un'opera che sicuramente resterà sui tavoli dei bibliotecari come uno degli strumenti più frequentati.

Elisabetta Forte, Soprintendenza ai beni librari, Regione Lazio