RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Vincenzo Trombetta. Storia della Biblioteca universitaria di Napoli dal viceregno spagnolo all'unità d'Italia. Napoli: Vivarium, 1995. 293 p. (Crisopoli; 1). ISBN 88-85239-22-6. L. 65.000


La ricostruzione storica delle vicende che precedono la fondazione di un istituto culturale e di quelle che successivamente ne caratterizzano la vita (spesso una vita difficoltosa) costituisce l'inesauribile campo di studi di coloro che vedono l'utilità della lettura critica dei dati documentali e amministrativi.

Nel ricco lavoro di Vincenzo Trombetta dedicato alla tormentata esistenza della Biblioteca universitaria napoletana si procede a una ricostruzione accurata e dettagliata del difficile percorso istituzionale. Infatti, la storia della biblioteca affonda le sue radici nei primi anni del XVII secolo, e più precisamente nel 1615, quando il viceré conte di Lemos inaugura a Napoli la nuova sede dell'università, progettata da Giulio Cesare Fontana. Proprio al centro dell'edificio, non ancora terminato al momento dell'inaugurazione, avrebbe dovuto situarsi la biblioteca, in posizione strategica di "snodo culturale" rispetto alle varie ali del palazzo. Dell'anno successivo fu la redazione del preciso regolamento per il funzionamento della medesima, d'altra parte non ancora fisicamente esistente. Purtroppo, dopo questo promettente inizio, l'Universitaria dovette subire un'immediata battuta di arresto: essa infatti non venne in quell'occasione aperta al pubblico (anche perché la stessa fabbrica dell'università rimase incompleta), e dovette attendere circa due secoli per trovare un assetto patrimoniale ed organizzativo tale da consentirle di figurare tra le altre istituzioni culturali napoletane.

In effetti, nonostante le appassionanti vicissitudini sette-ottocentesche di alcuni fondi librari (tra gli altri, i Farnese, Murat, Taccone) destinati in origine alla erigenda Universitaria, ma la cui varia sistemazione non poté risolvere i problemi di reale funzionamento, fu solamente il 2 gennaio 1827 che la struttura ricevette una sostanziale inaugurazione, durante il periodo della direzione di Vincenzo Flauti, docente di matematica nella medesima università. Le vicende degli anni successivi, consolidatasi la posizione della biblioteca nel quadro culturale e istituzionale di riferimento, sono documentate da una ricca messe di carte amministrative, lettere, ricevute, elenchi, con le quali Trombetta delinea un panorama molto preciso dello sviluppo diacronico della struttura, sino alla fine del 1860, cioè sino al momento delle radicali trasformazioni portate nell'università dall'unificazione politica italiana.

Per quel che concerne, in particolare, le testimonianze concrete della diuturna, laboriosa, gestione bibliotecaria, nihil sub sole novi. In effetti, chiunque oggi viva professionalmente in una realtà simile (in una pubblica amministrazione, intendo) troverà che le questioni e i problemi più dolorosamente dibattuti allora sono in tutto identici (talvolta non soltanto nella sostanza, bensì anche nella forma!) a quelli che affliggono gli odierni istituti bibliotecari. Nei carteggi dei direttori e dei dirigenti universitari e ministeriali si parla in abbondanza di personale, di orari di servizio, di problemi disciplinari, di arredi, di restauri architettonici, di pulizie dei locali, di lavori inventariali, di spese da sostenere. Si parla anche di materiali bibliografici, naturalmente, e con insistenza, soprattutto per quel che concerne alcuni importanti fondi di rari aspramente contesi ad altre biblioteche napoletane. Ma dall'osservazione del panorama gestionale complessivo che va componendosi durante la lettura dei numerosi incartamenti amministrativi nasce la sensazione che libri e giornali costituissero lo sfondo piuttosto che il cuore dell'istituzione bibliotecaria. Quest'idea, in particolare, si accentua quando ci si rende conto che la direzione di quella biblioteca sembra aver avuto un interesse piuttosto scarso (almeno da un punto di vista ufficiale) alla redazione catalografica. Molteplici furono in effetti gli episodi connessi alla stesura di inventari, e all'accurato controllo patrimoniale (si veda, per esempio, il Regolamento per la compilazione dell'Inventario generale, risalente al 1840): molto minore, invece, sembra proporzionalmente essere stato l'interesse per l'allestimento dei cataloghi, che avrebbero dovuto assumere un ruolo fondamentale di mediazione informativa, dato in particolare il livello di fruizione della biblioteca, non riservata ai soli docenti, ma usata anche da tutto il pubblico studentesco.

Il lavoro di Trombetta costituisce dunque un interessante strumento per lo studio storico dell'istituzione bibliotecaria. L'autore fa un uso largo e intelligente della documentazione d'archivio: la sua accurata disamina e la proposta delle numerose altre fonti concomitanti, sia storiche che critiche, gli consentono di tratteggiare un quadro doviziosamente dettagliato di quel percorso gestionale e amministrativo, oltre a delineare uno stimolante profilo dell'affollato establishment culturale napoletano.

Infine, dall'analisi del difficile iter formativo cui l'istituzione dovette sottostare possono desumersi dati non banali sulle mutazioni delle politiche culturali governative, in particolare di quelle napoletane, naturalmente, ma anche, più in generale, di quelle italiane.

Flavia Cancedda, Biblioteca Area giuridica, Università di Roma "Tor Vergata"