Storia di un gabinetto di lettura. «Antologia Vieusseux», n.s., 2, n. 3/4 (settembre 1995-aprile 1996). 242 p.: ill. L. 40.000.


Il rapporto, ovvero il non-rapporto degli italiani con i libri, con la lettura e con i luoghi ad essa dedicati, è un tema ricorrente nella nostra pubblicistica, è stato ed è periodicamente oggetto di studi, statistiche, ricerche di motivazioni storiche, sociologiche, antropologiche. Al principio del XIX secolo questo fenomeno fu lucidamente individuato dal pił benemerito impresario della pubblica lettura in Italia, lo svizzero Giovan Pietro Vieusseux: «non bisogna dimenticare che noi siamo in un paese in cui non si legge; io lo sapevo; ma io credevo che tanti anni di rivoluzioni avessero apportato sotto questo profilo, in Italia, qualche cambiamento favorevole». Era il giudizio di un uomo di media cultura, non di raffinate attitudini letterarie, che però conosceva il mondo ed era deluso e preoccupato non tanto per l'alto tasso di analfabetismo dominante negli Stati italiani, quanto per l'allergia alla carta stampata che riscontrava nelle esigue comunità di alfabeti.

Le prodigiose conseguenze della diagnosi di Vieusseux sono ripercorse e valutate in questo numero monografico dell'«Antologia Vieusseux» che il nuovo direttore del Gabinetto, Enzo Siciliano, ha voluto realizzare perché si torni a riflettere sul senso attuale di quella antica «offerta di lettura, proprio in un momento nel quale la lettura sembra appassita e i temi della contemporaneità sviluppati soltanto nel vapore dei talk shows televisivi».

Si tratta di una raccolta di saggi, memorie e testimonianze (di Enzo Siciliano, Eugenio Garin, Sandra Bonsanti, Luisa Vertova, Laura Desideri, Luigi Mascilli Migliorini, Silvia Betocchi, Marco Marchi, Maurizio Bossi, Gloria Manghetti) che fa perno sulla densissima Cronologia del Gabinetto Vieusseux, 1819-1995 curata con gusto del particolare da Laura Desideri, che ha ben impaginato al centro di questo volume documenti fotografici, autografi, apparati di fonti e bibliografie. L'intreccio di nomi, date, titoli di libri e di riviste che affiora dalla Cronologia restituisce la vivezza di quell'osservatorio sul mondo contemporaneo che il grande ginevrino volle mettere a disposizione del pubblico fiorentino. Vieusseux aveva infatti basato l'attività del suo Gabinetto su due attività principali: la lettura dei pił importanti giornali d'Europa e la conversazione, lo scambio di idee, il dibattito. Proprio da questo presupposto e nell'ambito di un ambizioso programma editoriale prese le mosse il primo periodico dell'istituto, l'«Antologia», ossia «una raccolta in lingua italiana dei pił interessanti articoli d'ogni genere che si leggono nei giornali ultramontani». Parallelamente si sviluppava quella Biblioteca circolante che per decenni avrebbe fornito letture a una vasta utenza, italiana e straniera, tanto di medio-bassa quanto di elevata cultura. Giovan Pietro Vieusseux, uomo del Settecento e intriso di valori illuministici, divenne così uno dei pił autorevoli traghettatori del nostro pensiero primo ottocentesco dagli ultimi bagliori del secolo dei Lumi verso i nuovi orizzonti positivistici. Erano con lui amici, collaboratori e consiglieri del calibro di Niccolò Tommaseo, Gino Capponi, Raffaello Lambruschini, Pietro Thouar, un milieu concentrato sui temi della pedagogia, della lingua, della medicina, dell'agronomia, degli studi geografici e soprattutto di quel liberalismo di cui il Gabinetto diviene presto una roccaforte.

Su queste basi sorgeva un eccellente modello di artigianato intellettuale che faceva della biblioteca un produttivo laboratorio di idee e di esperienze culturali: dal «Giornale agrario toscano» alla «Guida dell'educatore», dall'«Archivio storico italiano» alla sterminata serie di cataloghi a stampa della Biblioteca circolante, al memorabile sodalizio editoriale con la Tipografia Galileiana. Nel frattempo Vieusseux diventava in Italia il maggior teorico della circolazione libraria e della sua organizzazione, come si evince dal suo libello Delle condizioni del commercio librario in Italia e del desiderio di una fiera libraria e per incidenza della proprietà doganale (1844): seguendo la vita del libro dalla produzione alla fruizione collettiva, l'autore dimostrava la complessità e la dignità professionale dell'argomento, e soprattutto rivendicava alla politica libraria il ruolo decisivo nella costruzione dell'identità civile di quel popolo che di lì a qualche anno avrebbe iniziato a modellare la propria identità nazionale.

Alla sua morte (1863) Giovan Pietro Vieusseux lasciava al nipote Eugenio un'eredità morale e materiale tanto cospicua quanto difficile da gestire. Da qui, pur continuando l'istituzione a mantenere il primato sulla concorrenza in crescita, scaturì una serie di piccole e grandi rivoluzioni che cominciarono con il trasferimento del Gabinetto dal palazzo Buondelmonti al palazzo Feroni (1873), per continuare con la vendita della collezione dei volumi miscellanei alla Biblioteca Braidense di Milano (1885) e delle preziose carte di Giovan Pietro alla Nazionale di Firenze (1887). Due atti emblematici, questi ultimi, delle proverbiali difficoltà di sopravvivenza degli istituti di cultura italiani, spesso costretti a frammentare e disperdere i loro beni in cambio di finanziamenti destinati a produrre servizi di pubblica utilità. Stessa cosa accadde ad Eugenio Montale che, direttore del Vieusseux dal 1929 al 1938, cedeva nel 1936 per ottomila lire un importante gruppo di pubblicazioni ottocentesche alla Biblioteca del Museo del Risorgimento di Firenze. Ma per la stagione montaliana del Vieusseux rimandiamo all'ottimo studio di Silvia Betocchi, Gli anni di Montale, dove si ripercorrono nel dettaglio le dinamiche politiche che portarono all'allontanamento del poeta dall'istituto fiorentino.

Sempre in fermento anche durante gli anni bui del fascismo (nel 1925 il direttore Bonaventura Tecchi aveva avviato il «Bollettino trimestrale del Gabinetto Vieusseux» mentre, a partire dal 1926, il Libro dei prestiti fu sostituito con schede intestate al singolo abbonato, e si modificò il criterio di collocazione dei libri: alla divisione per lingue subentrò la numerazione progressiva di tutto il patrimonio librario ammontante a circa 500.000 volumi), nel dopoguerra il Gabinetto partecipa in prima linea agli entusiasmi della ripresa della vita democratica. La direzione di Alessandro Bonsanti (1941-1983) punta da subito a tutelare le opere rare e le prime edizioni, a promuovere mostre bibliografiche e incontri con scrittori, critici ed artisti (celebri i cicli di "recensioni parlate") di cui puntualmente il Vieusseux pubblica gli atti. La biblioteca dell'istituto torna così ad essere un polo di attrazione e di irradiazione di forze che agiscono nei diversi e pił avanzati settori del lavoro culturale.

Fra le tappe importanti della lunga gestione Bonsanti ci sono la fondazione dell'«Antologia Vieusseux» (1966), l'attivazione del Sistema bibliotecario per la provincia di Firenze (1971) che fa del Gabinetto il punto di riferimento tecnico e bibliografico di tutte le biblioteche comunali della provincia, e la nascita del Centro Romantico (1973): un percorso che alla costante attività divulgativa affianca una sempre maggiore specializzazione scientifica in particolari settori della ricerca storica e letteraria e delle tecniche biblioteconomiche e archivistiche. E il traguardo inevitabile delle vicende che in questo numero monografico dell'«Antologia Vieusseux» tornano a vivere in tutta la loro pregnanza storico-culturale, non poteva che essere la costituzione, nel 1975, dell'Archivio contemporaneo, modello forse ancora insuperato di valorizzazione e pubblicizzazione degli "oggetti" della nostra letteratura contemporanea, cui Bonsanti guardò con la stessa attenzione che, fino a non molto tempo fa, i pił riservavano esclusivamente ai monumenti letterari dell'antichità.

Lorenzo Cantatore, Roma