Il localismo nell'economia e nell'analisi del territorio, nella lingua e nella letteratura, nella gestione degli archivi e del[l]e biblioteche (Sant'Oreste, 13-14 ottobre 1995): atti del convegno, a cura di Luciano Osbat.  Manziana (Roma): Vecchiarelli, 1996.  189 p.  (Pubblicazioni, Dipartimento di storia e culture del testo e del documento, Università degli studi della Tuscia, Viterbo. Ser. 1, Studi e testi; 1).  ISBN 88-85316-80-8.  L. 35.000.


Pare di notare un rinnovato interesse per la documentazione territoriale dopo la fase calante seguita al raggiungimento dello zenit fra la fine degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta. Corroborano questa impressione due convegni, "Il localismo nell'economia e nell'analisi del territorio, nella lingua e nella letteratura, nella gestione degli archivi e delle biblioteche" (Sant'Oreste, 13-14 ottobre 1995), organizzato dall'amministrazione comunale (presieduta dal sindaco Giovanni Lazzari, che i lettori del «Bollettino» ben conoscono nella sua veste di bibliotecario) e dal Centro culturale Feronia, con la collaborazione scientifica del Dipartimento di storia e culture del testo e del documento dell'Università della Tuscia, e "Le vesti del ricordo" (Trento, 3-4 dicembre 1996), promosso dalla sezione trentina dell'AIB e dalla Biblioteca comunale di Trento, diversi contributi pubblicati su periodici (ad esempio, IPERLOC: una guida ipermediale alla documentazione locale di Giovanni Galli, «Biblioteche oggi», 14 (1996), n. 2, relativa all'esperienza condotta alla Comunale di Parma), soggettari e schemi di classificazione elaborati da biblioteche (fra cui Classificazione della documentazione locale, diffuso in una veste provvisoria dalla Forteguerriana di Pistoia nel dicembre 1996) e la crescente diffusione delle reti civiche che hanno inaugurato un rapporto più sfaccettato fra biblioteca pubblica e territorio.

Gli atti del convegno di Sant'Oreste si caratterizzano per il taglio interdisciplinare degli interventi, riuniti in tre sezioni: 1) Il localismo nell'economia e nella società locale; 2) Il localismo nella lingua e nella letteratura; 3) Localismo e documentazione scritta. Luciano Osbat (Il "localismo": una dimensione della realtà e una chiave di interpretazione) parte dalla definizione un po' angusta che di localismo dà il Vocabolario della lingua italiana dell'Istituto della Enciclopedia italiana per analizzare il concetto nella storiografia contemporanea, leggendo criticamente in particolare i testi presentati al convegno "Società locali e scienze sociali: per un nuovo paradigma storiografico" svoltosi a Milano nel 1990, promosso dalla Fondazione Giulio Pastore. Al particulare, al localismo della chiusura, del campanilismo, dell'egoismo, ovvero al localismo "triste", contrappone il concetto di società locale come sistema di relazioni nel quale agiscono numerosi soggetti attraverso forme di reciproco collegamento e interdipendenza. Seguono numerosi interventi di natura archivistica, sociologica, economica, linguistica e letteraria (alcuni di grande erudizione, altri di notevole spessore metodologico, come Comunicazione culturale e identità nelle piccole comunità del Lazio di Francesco Petroselli, dell'Università di Göteborg) e, quindi, quattro contributi di carattere biblioteconomico. Piero Innocenti (I luoghi della memoria scritta) commenta la frase di Leibniz Bibliotheca si tantum servat, non servabitur per criticare il localismo da cui la biblioteca proviene, un localismo che troppo spesso si rispecchia in se stesso. Richiama la grande lezione di Giovanni Gentile che per primo inserisce consapevolmente il problema della storia locale nella Storia tout court in Il tramonto della cultura siciliana (1917) dove contrappone Isidoro La Lumia che di un episodio europeo (Carlo V) fa storia locale a Michele Amari che di un episodio siciliano (i Vespri) fa storia universale. Giovanni Solimine (La biblioteca pubblica "generale" e "speciale" all'interno dei sistemi di documentazione locale) definisce i compiti della biblioteca locale, una biblioteca speciale per la sua connessione con la comunità locale di cui è espressione, non solo in termini di consumo ma anche di produzione culturale. Essa può divenire un istituto che può dare il suo contributo nella selezione e organizzazione delle fonti e nell'uso dei documenti locali, in raccordo con altre strutture e servizi che hanno le medesime finalità (archivi, musei, centri culturali). Fabrizio Leonardelli (Fonti storiche locali in biblioteca: aspetti organizzativi nella Biblioteca comunale di Trento) illustra, in una relazione molto articolata, le numerose attività di diffusione e valorizzazione dell'informazione territoriale da parte della Comunale di Trento da lui diretta (Pubblicazioni dell'editoria trentina a cadenza annuale, edizione di cataloghi di autori e di fondi storici locali, indicizzazione dei tipografi trentini, analisi dei contributi editi in periodici "non trentini" e in volumi miscellanei, ecc.) e soprattutto parla dello schema di classificazione su base territoriale elaborato nel 1987 e continuamente aggiornato, applicato alle opere che trattano di singole parti del Trentino (comuni, frazioni, valli, montagne) e del Trentino-Alto Adige nel suo insieme, nelle varie configurazioni che storicamente ha assunto. Lo schema ha una struttura gerarchica, mutuata genericamente dalla DDC, e usa una notazione composta da una T e da numeri. T indica il Trentino, una cifra un comprensorio (ad esempio, T5 il comprensorio della Valle dell'Adige), due cifre un comune (T51 il comune di Trento), tre cifre il capoluogo di un comune (T511 la città di Trento), quattro cifre il centro storico (T5111 il centro storico di Trento). Lo schema è particolarmente duttile e aperto ad accogliere quante altre voci la biblioteca ritenga opportuno o necessario inserire in seguito a nuove convenzioni o nuove località studiate. Combinando questo tipo di indicizzazione sistematica del territorio con quello per classi della DDC è possibile ottenere una selezione delle opere su un soggetto relativo a un'area specifica (ad esempio, tutto quanto riguarda l'arte nella Val di Fassa). Nicoletta Longo Campus (La Regione Lazio e le biblioteche) chiude il volume con un breve rapporto di quanto la Regione Lazio ha fatto e sta facendo per la documentazione locale: ha assicurato il supporto tecnico e finanziario alla catalogazione di importanti fondi posseduti da biblioteche ecclesiastiche e di ente locale, ha finanziato una ricerca per il censimento dei giornali e dei periodici del Lazio dal 1848 al 1926 condotta da importanti istituti romani e sta valutando l'ipotesi di pubblicare un «Bollettino bibliografico del Lazio».

Con i contributi di questo volume e con gli studi ricordati all'inizio, la documentazione territoriale viene finalmente ricondotta in un'ottica più concreta, rispettosa della tradizione culturale e organizzativa italiana, assai diversa da quella canadese, statunitense o australiana (realtà in cui la documentazione locale è in genere conservata nelle biblioteche universitarie, in archivi che ne costituiscono dei dipartimenti), perché da noi essa si è stratificata nel tempo in istituti di differente natura e finalità, istituzionalmente o tradizionalmente deputati alla sua conservazione ed è improponibile e antistorico ipotizzare la sua composizione unitaria. La biblioteca locale non può raccogliere sistematicamente neppure l'insieme della documentazione territoriale corrente manoscritta, dattiloscritta, audiovisiva e a stampa. Può solo focalizzare il proprio intervento su un limitato numero di soggetti per i quali presume realisticamente di raggiungere un risultato soddisfacente. I vari istituti dovrebbero semmai cooperare per giungere all'offerta di un catalogo integrato del patrimonio, condividendo le proprie basi di dati. Questa è anche la proposta di Genius loci presentata per Telematics for libraries, Call for proposals 96, all'interno del Programma Biblioteche della Comunità Europea (Commissione europea DG XIII/E): il contatto è Andrew Coggins, Department of Leisure and Arts, Oxfordshire County Council, Holton Oxford, UK.

La presenza di numerosi errori tipografici nei testi del volume degli atti, addirittura nel titolo del frontespizio (dele [sic] biblioteche) e nel colophon (Finito di stampare nel settembre 1966 [i.e. 1996]), insieme alla titolatura differente di alcuni contributi nell'indice, sul frontespizio specifico e nel titolo corrente disturbano la lettura di un'opera interessante per chi si occupi di documentazione territoriale in vari ambiti disciplinari e della storia della Media Valle del Tevere e dell'Alto Lazio in particolare.

Mauro Guerrini, Università di Udine