RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Guidelines for prison libraries, edited by Roy Collis and Liz Boden for the The Library Association Prison Libraries Group.  2nd ed.  London: Library Association, 1997.  87 p.: ill.  ISBN 1-85604-265-0.  £ 15.95.

Pubblicate per la prima volta nel 1981, queste linee guida forniscono importanti riferimenti sul mondo delle biblioteche carcerarie inglesi, sia per i bibliotecari specializzati che se ne occupano, sia per chi usa il servizio in qualità di utente, e cioè, oltre ai detenuti, anche i pubblici ufficiali, gli educatori, gli organismi di governo.

Innanzitutto si indicano i referenti istituzionali a cui fanno capo le attività di gestione politico-amministrativa delle prigioni britanniche, che sono in Inghilterra e in Galles gli HM Prison Services, mentre in Scozia e nell'Irlanda del Nord lo Scottish Office e il Northern Ireland Office. La Library Association ha creato al proprio interno il Prison Libraries Group (del quale fanno parte anche gli autori del presente testo) che periodicamente pubblica una rivista di settore che si occupa di diffondere le problematiche relative alle biblioteche carcerarie e di promuovere l'aggiornamento professionale. Infatti in Gran Bretagna, ma anche altrove all'estero, il bibliotecario carcerario è una figura professionale ben precisa e delineata nella sua specificità. Questa nuova edizione delle linee guida, dunque, nasce dalla naturale necessità di aggiornamento che, come ogni altro genere di professionista, sente il bibliotecario carcerario.

Già nei primi capitoli viene messo in luce come anche nella realtà lavorativa delle biblioteche carcerarie il bibliotecario abbia bisogno di adeguarsi alle innovazioni tecnologiche del mondo dell'informazione, all'aumento della popolazione carceraria e ad altri numerosi cambiamenti avvenuti all'interno della sua realtà; un esempio significativo di tali modificazioni è dato dal consolidarsi, negli ultimi anni, dell'abitudine di affidare a organizzazioni private la gestione delle attività dei detenuti all'interno delle singole istituzioni, in modo da facilitare il reinserimento degli stessi nella società, superando le lungaggini burocratiche nelle quali rischierebbero di arenarsi gli organismi statali. L'azione di tali associazioni viene, ovviamente, affiancata dalla moderna gestione della biblioteca carceraria che, come una qualsiasi biblioteca pubblica, deve permettere l'accesso anche automatizzato al mondo dell'informazione e rivestire la funzione di supporto alla crescita culturale dei detenuti, come fa per i liberi cittadini.

Come per ogni biblioteca pubblica, infatti, viene presentata una tabella con gli orari di apertura consigliati e la quantità di personale necessaria rispetto al numero di detenuti residenti nell'istituto.

Quindi vengono analizzati i vari aspetti del servizio sulla base dei problemi relativi alla sicurezza. In maniera per noi italiani sorprendentemente innovativa, tale aspetto passa decisamente in secondo piano rispetto al progetto di preparare il detenuto al rientro in società: i controlli sulle attività dei detenuti, infatti, in Inghilterra stanno sempre più cedendo il posto alla responsabilizzazione dell'individuo che si appresta a essere liberato, e il ruolo della lettura assume una funzione pedagogica e propedeutica al reinserimento della persona nella comunità libera.

A tale scopo la biblioteca del carcere dovrà essere un fornitore di informazione su qualunque supporto, quindi dovrà offrire libero accesso a periodici, audio e videocassette, floppy disks, CD-ROM; il tutto nella lingua del singolo detenuto, a testimonianza, come nelle biblioteche pubbliche, della cultura di appartenenza di ciascuno e della multietnicità verso cui si incammina la società moderna.

La tendenza a uniformarsi ai regolamenti in vigore presso le biblioteche pubbliche affiora nei continui riferimenti che gli autori fanno alla legislazione bibliotecaria in vigore in Gran Bretagna: essa dovrà rendere omogeneo il servizio nelle prigioni di tutto il paese. Infatti, come anche qui da noi in Italia, i detenuti sono soggetti a periodici trasferimenti, volti a garantire una forma di sicurezza evitando l'integrazione sociale e logistica delle persone e quindi allontanando i rischi di sommosse ed evasioni. L'uniformità della gestione bibliotecaria, dunque, serve proprio a garantire ai reclusi lo stesso servizio ovunque vengano mandati.

A questo punto delle linee guida si passa a tracciare l'identikit del bibliotecario carcerario: egli deve svolgere un'attività di promozione del servizio con i tipici metodi in uso presso ogni biblioteca pubblica, e cioè tramite un'attenta attività di reference volta alla conoscenza delle varie tipologie di utente (a ciò può servire una visita guidata in biblioteca ogni volta che c'è un nuovo arrivato), con l'attivazione di concorsi di scrittura, conferenze con autori, pubblicazione di manifesti e volantini, e tutto ciò che possa rendere la biblioteca ben visibile presso la comunità di cui fa parte. Una tabella riporta gli stipendi che sono dovuti ai bibliotecari delle prigioni in base alla popolazione carceraria e quindi al numero di ore di apertura del servizio. Si auspica, inoltre, che il bibliotecario carcerario abbia una formazione adeguata alla sua attività e possibilmente certificata dalla PLA (Public Library Authority) locale. Le nuove prigioni, ormai, devono prevedere spazi adeguati anche per la biblioteca, con i relativi arredi necessari, banchi per gruppi di lavoro, sale fotocopiatrici, ecc. A tal fine si prospettano anche indicatori sui quali impostare i finanziamenti per le suddette strutture. In appendice, chiude il volume una serie di resoconti sulla vita di alcune biblioteche carcerarie, tratti da riviste specializzate tipo «Extend the horizons of your prison library»; essi rappresentano case studies su varie problematiche, con titoli del tipo: Come impostare il servizio informazioni in una biblioteca carceraria, Piano di azione del servizio bibliotecario della prigione di Brixton, La censura, Il budget, Il bibliotecario professionista.

Queste linee guide, tenuto conto delle differenze legislative e organizzative fra paesi, sono comunque un prezioso strumento di lavoro per chiunque debba impostare il servizio bibliotecario all'interno di un carcere e, soprattutto, fino adesso sono l'unico riferimento concreto a cui fare capo per avvicinarsi a una realtà poco conosciuta come quella delle biblioteche degli istituti di reclusione.

Emanuela Costanzo, Biblioteca dello IULM, Milano