RECENSIONI E SEGNALAZIONI

Planning and implementing successful system migrations, edited by Graeme Muirhead.  London: Library Association, 1997.  192 p.  ISBN 1-85604-218-9.  £ 35.

Nel giro degli ultimi due-tre anni non poche cose sono cambiate nell'ambito dei sistemi di automazione per biblioteche. I produttori hanno dovuto prendere atto dei mutamenti tecnologici comuni a tutti i tipi di automazione: tendenziale abbandono dei mainframes, applicazione di metodologie client/server, utilizzazione di protocolli standard di comunicazione. Le biblioteche dal canto loro sempre più necessitano di sistemi in grado di semplificare il lavoro in biblioteca e meglio rispondere ai nuovi servizi che gli utenti richiedono, obiettivi a cui si punta anche tramite l'adozione di standard informatici e biblioteconomici largamente diffusi, quali l'adozione di sistemi standard di gestione di basi di dati, l'impiego di interfacce grafiche, l'integrale utilizzazione di formati bibliografici standard (MARC), l'accesso all'OPAC tramite protocolli standard (HTTP, Z39.50). Inoltre il sistema d'automazione - inteso nel senso tradizionale di sistema dedicato alla informatizzazione del catalogo e dei servizi di base della biblioteca - non rappresenta più l'unico aspetto dell'automazione in biblioteca, ma deve sempre più integrarsi con altri aspetti (collegamento a risorse esterne, gestione di collezioni digitali locali o remote, integrazione con i sistemi informativi dell'ente cui la biblioteca appartiene).

I nuovi sistemi che si sono affacciati sul mercato negli ultimi anni, siano essi versioni profondamente innovative di prodotti esistenti o prodotti del tutto nuovi, appartengono a quella che è di solito definita come la "terza generazione" dei sistemi di automazione e per molte biblioteche fuori del nostro paese l'adozione di uno di questi nuovi sistemi rappresenta appunto la seconda (in qualche caso anche la terza) migrazione. Nella maggioranza delle esperienze presentate nel libro curato da Muirhead a un primo sistema spesso, almeno nelle realtà universitarie, fatto in casa e installato tra la fine degli anni Settanta e i primissimi anni Ottanta, è succeduto a metà anni Ottanta un secondo sistema, per lo più prodotto da una ditta specializzata nel settore, e finalmente tra il 1993 e il 1995 si è prima pianificato e poi provveduto al passaggio a un nuovo sistema, per l'appunto di terza generazione. Balza quindi agli occhi che il ciclo di vita medio dei sistemi per biblioteca, come del resto un po' di tutte le applicazioni informatiche complesse, si aggira sui cinque-sette anni; oltre questo lasso di tempo il mantenimento di un vecchio prodotto diventa non solo diseconomico, ma, secondo quanto osserva il curatore nella sua introduzione, può diventare un elemento di stagnazione dei servizi della biblioteca. é questo un primo elemento di riflessione di una certa importanza per la nostra realtà italiana in cui la maggior parte delle biblioteche è ancora ferma alla sua prima esperienza di automazione. Non solo a livello locale, ma anche nazionale, si dedicano eccessive energie (anche in termini economici) per garantire la stenta sopravvivenza di prodotti ormai non solo tecnologicamente, ma anche intrinsecamente obsoleti, senza avere il coraggio di affrontare in modo serio e pianificato la migrazione verso nuovi sistemi. Per altro, come ancora osserva Muirhead, l'idea del cambiamento di sistema di automazione non deve rappresentare un puro inseguimento da parte della biblioteca delle ultime mode, né una sterile volontà di essere sempre e comunque su un livello di punta tecnologico, ma deve rappresentare una effettiva esigenza e rispondere alla volontà di migliorare i servizi. E comunque va tenuto conto che un «prodotto IT ha un suo ciclo di vita finito non solo ovviamente dal punto di vista dell'hardware e del software, ma anche concettualmente nel suo porsi nella comunità e nella gestione globale delle comunicazioni» (Pachent e Reed).

Il volume edito dalla Library Association offre una panoramica di otto realtà che hanno affrontato una migrazione di sistema negli ultimi anni; realtà assai differenziate sia per la tipologia che per la dimensione delle biblioteche e dei sistemi bibliotecari interessati: sono infatti rappresentate biblioteche universitarie, specializzate e pubbliche. Quanto alle dimensioni si va dall'esperienza del sistema del Suffolk - che comprende 41 biblioteche, ricche di oltre un milioni di volumi, con un bacino di circa 700.000 utenti e 6 milioni di movimenti l'anno, descritta nell'intervento assai interessante, e a cui ci si riferirà spesso nel seguito, di Pachent e Reed, cui si può avvicinare per dimensioni il sistema bibliotecario della californiana San Joaquin Valley, descritto nell'intervento di Mark Evans - all'esperienza del Solihull Sixth Form College che si rivolge a poco più di 2000 studenti e ha un patrimonio di 22.000 volumi gestito da 4,5 persone a tempo pieno equivalente, di cui dà conto l'intervento di Jan Condon. Sei esperienze riguardano realtà inglesi: oltre a quelle già citate, sono analizzate le migrazioni dell'Edge Hill University College, della University of Strathclyde, del Library and Information Service del Department of Health e del sistema urbano di Coventry; un'esperienza - quella del già ricordato sistema bibliotecario della San Joaquin Valley - è di area statunitense, una infine della biblioteca civica danese di Slagelse. Un ultimo capitolo, intitolato The perfect migration, contiene invece alcune considerazione generali di Janet Broome, della sede inglese dell'Ameritech: caratteristica del libro è infatti di dare voce non soltanto agli utilizzatori dei sistemi di automazione, ma anche ai fornitori dei sistemi stessi; ne è un esempio intrigante l'esperienza del sistema urbano di Coventry discussa in due paragrafi: The customer's perspective (del gestore del sistema di automazione) e The system supplier's perspective (di un dirigente del BLCMP). Chiude il volume una ricca bibliografia dedicata a interventi, per lo più pubblicati su riviste, sulle differenti tematiche riguardanti la migrazione di sistemi.

In tutti gli interventi vengono discusse problematiche riferite ai vari aspetti collegati al processo di migrazione: l'analisi del mercato e la ricerca del prodotto maggiormente rispondente alle proprie necessità e quindi la stesura delle specifiche richieste per il nuovo prodotto, la comprensione dei punti critici differenti nelle diverse realtà, il coinvolgimento del personale a tutti i livelli, la necessità di un'efficace istruzione all'uso del nuovo sistema.

Il primo momento dell'analisi di mercato di solito si concreta nella stesura di un documento contenente le specifiche richieste. Tuttavia anche in casi in cui questo lavoro venga effettuato con estrema accuratezza sono possibili fraintendimenti tra le richieste della biblioteca e le risposte dei fornitori. Anche in un caso come quello del Department of Health, in cui era stato preparato un documento che elencava ben 174 richieste, in parte obbligatorie, alcune delle quali contenevano una articolata sottodivisione, che ha portato a circa un migliaio le richieste, non sono mancati fraintendimenti: così per esempio alla richiesta, considerata obbligatoria, di una validazione dell'ISBN nel modulo delle acquisizioni, il produttore del software che si è poi aggiudicato la gara ha risposto positivamente, però soltanto all'atto pratico si è verificato che la validazione viene effettuata in modalità batch e lanciando un processo specifico, contrariamente alle aspettative - inespresse, perché considerate ovvie - della biblioteca, che pensava a una validazione immediata all'inserimento del record.

Per numerose esperienze uno dei punti di maggior criticità è stato la transcodifica dei dati. Questa operazione è risultata pressoché indolore per chi proveniva da sistemi che già trattavano i dati utilizzando formati standard, quanto meno di uscita, per chi invece dispone soltanto di dati in formato proprietario la transcodifica si rivela spesso assai complessa e non sempre pienamente soddisfacente. Non va però sottovalutato un altro aspetto: la preparazione dei dati per il riversamento su un altro sistema in genere rappresenta anche un'occasione unica di correzione di errori o di aggiornamento dei dati, utilizzando laddove possibile procedure automatiche.

In tutte le esperienze descritte il passaggio di dati gestionali (dati riferiti alle copie, ai prestiti, alle acquisizioni) ha rappresentato un passaggio non facile e non sempre correttamente effettuato. Un motivo di tale difficoltà è dovuto al fatto che questo tipo di dati viene normalmente gestito secondo metodologie e formati proprietari; inoltre il passaggio può essere reso complicato dall'utilizzo di logiche diverse da parte dei differenti sistemi. In qualche caso è stato scelto di provvedere a un nuovo inserimento manuale dei dati. Così, per esempio, nel caso del sistema bibliotecario del Suffolk il vecchio sistema gestiva le prenotazioni legandole alla registrazione bibliografica, mentre il nuovo sistema le lega alla registrazione dell'utente. La transcodifica corretta si è rivelata impossibile, o comunque assai complessa, e si è quindi preferito reinserire manualmente le 20.000 prenotazioni. L'adozione di sistemi standard di gestione di basi di dati e anche l'adozione del formato MARC per la registrazione delle copie, entrambi presenti nei sistemi di nuova generazione, potranno forse rendere più standard e omogenei anche i formati gestionali e facilitare future migrazioni, anche se su questo terreno l'impressione è che i nuovi prodotti rimangano fortemente caratterizzati da logiche proprietarie.

Quanto alla tempistica del passaggio dal vecchio al nuovo sistema sono possibili e applicati vari approcci (le varie possibilità sono indicate e brevemente discusse da Scott Cree). In teoria il sistema più economico e rapido è il passaggio di colpo da un giorno all'altro, ma assai poche delle esperienze descritte lo hanno adottato; fa eccezione l'esperienza di Coventry, che dopo una preparazione di alcuni mesi, ha effettuato il cambio del sistema durante un fine settimana. Nella maggioranza dei casi però, più prudentemente, è stata scelta la via di un periodo di lavoro in parallelo del vecchio e del nuovo sistema, così per esempio nell'esperienza del Suffolk le transazioni sono state effettuate per due mesi su entrambi i sistemi o nell'esperienza dell'università di Strathclyde la cui migrazione, cominciata con la catalogazione, si è svolta in un ciclo durato circa sei mesi per tutte le funzioni.

In tutti i casi esaminati la scelta è caduta su sistemi di tipo integrato. Tuttavia, la nuova generazione di sistemi cosiddetti "aperti", basati su standard informatici e biblioteconomici, potrebbe indurre a scegliere prodotti differenziati per l'automazione delle diverse funzioni della biblioteca. Però, come osserva Muirhead, è questa una scelta che richiede alta competenza informatica interna, molta oculatezza nelle scelte e una continua indagine di mercato: infatti, una scelta di questo tipo ha senso solo laddove si miri a utilizzare per ciascuno dei singoli servizi automatizzati sempre il prodotto "migliore", quello cioè tecnologicamente più aggiornato e maggiormente funzionale agli scopi della biblioteca.

Un ulteriore aspetto centrale della migrazione a un nuovo sistema è quello della formazione sia del personale che degli utenti. In tutte le esperienze è stato dato largo spazio alla formazione del personale, in qualche caso coinvolto in parte anche nella personalizzazione del sistema. Di solito la formazione viene svolta in collaborazione con la ditta fornitrice del sistema, non sempre però con piena soddisfazione del cliente, anche perché spesso la manualistica preparata dai programmatori si rivela di scarsa utilità per i bibliotecari. In un caso, quello delle biblioteche del Suffolk, invece di preparare un grande ed esaustivo manuale, la cui effettiva utilizzazione e il cui aggiornamento avevano dato esito negativo col precedente sistema di automazione, si è scelto di partire da un manuale minimale che è stato via via incrementato in corso d'opera durante la formazione: principale motivo di questa scelta è l'alto numero di funzioni e di possibili procedimenti alternativi offerti dai nuovi pacchetti, che rendono se non impossibile, comunque poco funzionale la predisposizione di manuali d'uso esaustivi.

Minori indicazioni traspaiono a proposito della formazione degli utenti, segno forse che la ormai diffusa alfabetizzazione informatica e una maggiore facilità, almeno per quanto riguarda la grafica delle interfacce, dei nuovi prodotti sembrano ridurre il peso della formazione agli utenti. Ancora una volta val la pena di citare l'esperienza tentata presso il sistema di biblioteche del Suffolk, in cui si è un po' rovesciato il tradizionale concetto di istruzione agli utenti. È stato infatti deciso di rendere partecipi gli utenti fin dal processo di scelta del nuovo sistema, non solo per coinvolgerli nella scelta, ma anche per ottenere suggerimenti su funzioni che a loro parere avrebbe dovuto avere il nuovo sistema: l'esito è stato molto positivo perché - come d'altronde c'era da aspettarsi - gli utenti si sono mostrati molto più esigenti dei bibliotecari e hanno offerto suggerimenti preziosi a proposito delle funzionalità ritenute utili nei moduli per il pubblico.

L'impressione finale che si ricava dalla lettura delle esperienze presentate - si tenga conto che si tratta per lo più di biblioteche che avevano già alle loro spalle una prima migrazione e quindi "storicamente" preparate al cambiamento - è che in molte occasioni la migrazione verso un sistema di automazione sia stata anche una occasione di ripensamento e di crescita dei servizi: insomma anche per l'automazione la scommessa del nuovo deve rappresentare soprattutto un momento di sommovimento nello "stagno" alle volte troppo tranquillo dei servizi della biblioteca.

Antonio Scolari, Centro di servizio bibliotecario di Ingegneria, Università di Genova