Maria Maira Niri.  La tipografia a Genova e in Liguria nel XVII secolo.  Firenze: Olschki, 1998.  XXXI, 687 p.: tav.  (Biblioteca di bibliografia italiana; 143).  ISBN 88-222-4642-X.  L. 177.000.

Vede finalmente la luce, nella prestigiosa collana olschkiana, il risultato di una ricerca durata diversi decenni e condotta con lodevole dedizione da Maria Maira Niri, già bibliotecaria del Comune di Genova. Annunciato da alcuni anni dall'editore fiorentino, questo lavoro non può non essere accolto con favore da quanti, liguri e no, si occupano di produzione del libro nel XVII secolo italiano. È fatto risaputo che il libro italiano del Seicento sia ancora oggi piuttosto terra incognita nonostante un rinnovato interesse per il periodo storico e per la sua cultura. Se a ciò si aggiunge che la ricerca di Maira Niri è stata rivolta a un'area da sempre marginale nel panorama italiano di ogni epoca quale è quella genovese e ligure, si comprenderà facilmente che questo ponderoso volume è destinato a riscuotere una meritata attenzione e il giusto plauso.

Che la ricerca sia durata decenni è dimostrato, anche per chi non ha conoscenza diretta dell'autrice, da due fatti bene evidenti: il primo è costituito dalla dedica del volume alla memoria di Francesco Barberi, che sostenne la temeraria ricercatrice nel lavoro; il secondo, dalle numerose cruces che accompagnano, nei ringraziamenti, molti dei nomi che vengono citati. Ma se la ricerca è stata lunghissima, anche la stampa stessa del volume ha richiesto molti anni: il manoscritto completo, pronto per la stampa, fu consegnato all'editore nel 1994 e questa lunga gestazione editoriale ha fatto sì che repertori utilizzati e bibliografia citata nelle note siano solo parzialmente aggiornati. L'impossibilità ad apportare modifiche al testo ha di fatto reso inutilizzabili per l'autrice lavori anche notevoli apparsi dopo la consegna del manoscritto, come l'insostituibile volume di Roberto Beccaria, I periodici genovesi dal 1473 al 1899 (Genova: AIB Sezione ligure, 1994). Altrettanto spiacevole risulta l'omissione, nell'elenco dei repertori utilizzati, dello Short-title catalogue of Seventeenth Century Italian books della British Library di Londra, uno dei rari repertori di secentine italiane disponibile già nel 1986. L'uso di questo repertorio avrebbe giovato sicuramente alla ricerca consentendo all'autrice di inserire nell'elenco delle edizioni liguri del XVII secolo quelle delle quali sopravvive un unico esemplare conservato appunto nella British Library e di eliminare in molti casi l'asterisco che segnala le edizioni attestate soltanto dalle fonti grazie al riferimento all'esemplare posseduto dalla prestigiosa biblioteca britannica.

Con queste premesse, vediamo come si presenta il repertorio così come giunge nelle mani del lettore. Il volume si apre con una prefazione a firma di Geo Pistarino, già ordinario di Storia medievale nell'Ateneo genovese e autore di un celebre quanto inesatto lavoro su Bartolomeo Lupoto e l'arte libraria a Genova nel Quattrocento (cfr. ora Angela Nuovo, Il commercio librario nell'Italia del Rinascimento, Milano: Angeli, 1997). In essa, oltre a tracciare un profilo della storia della Liguria nel XVII secolo, il prefatore si sbilancia anche in considerazioni sulla produzione tipografica di quel secolo, considerazioni che profumano un po' troppo di luogo comune, come ad esempio nell'affermazione che nella produzione di largo consumo «è anche meno curata la legatura», quasi che questa fosse editoriale. Alla prefazione segue una premessa dell'autrice, nella quale si dà conto anche dei criteri descrittivi adottati, sui quali dovremo ritornare più avanti. Ai ringraziamenti fa seguito una lunga introduzione che illustra l'ambiente storico, politico, economico e culturale del Seicento ligure e, di seguito, le cartiere, i cartai, i librai e la tipografia. Iniziano quindi gli annali dei diversi tipografi attivi a Genova, ai quali seguono quelli di altre località liguri. Agli annali seguono 37 pagine di documenti archivistici e 24 carte di tavole fuori testo; dalla p. 615 inizia il ricco corredo di indici: cronologico, degli autori e opere anonime, dei dedicatari, dedicatori e committenti, dei tipografi, dei librai, dei pittori e incisori, dei repertori, delle biblioteche che posseggono le secentine citate negli annali, degli archivi consultati, dei nomi, dei possessori, donatori, postillatori e, infine, l'indice delle tavole fuori testo.

Come detto sopra, nella premessa l'autrice espone i criteri che stanno alla base della selezione del materiale inserito negli annali e della descrizione offerta. Occorre precisare subito che non si capisce bene perché l'autrice abbia incluso «miscellanee e fogli volanti contenenti grida o altre disposizioni emanate dal Governo della Repubblica o dalle Autorità ecclesiastiche» e abbia omesso «deliberatamente» gli atti legali, concernenti singole cause e questioni giuridiche, o meglio, non soddisfa la motivazione addotta: «perché li ho ritenuti non confacenti all'indirizzo letterario dato al mio lavoro».

Anche rispettando la scelta relativa alla selezione del materiale operata dall'autrice, è tuttavia difficile accettare senza riluttanza la descrizione che di quel materiale viene offerta, per varie ragioni, tra le quali segnaliamo qui solo quelle a nostro modestissimo avviso più rilevanti. Innanzitutto, non si può non notare il fatto che la descrizione sia basata su di un solo esemplare, del quale vengono segnalate anche le dimensioni (altezza e larghezza espressa in millimetri): questa scelta comporta che, nella collazione, al formato seguano, racchiuse entro parentesi tonde, le dimensioni fisiche dell'esemplare, con una confusione tra livello di edizione e di esemplare assai poco producente. Sempre nella premessa, l'autrice cita lungamente Barberi per giustificare la propria decisione di trascrivere integralmente il frontespizio, ma senza preoccuparsi poi di segnalare la divisione delle righe. Si dà conto della segnatura, grazie alla quale «abbiamo potuto rilevare errori di stampa nella paginazione»: però una campionatura sulle prime 40 registrazioni evidenzia che in una descrizione (n. 23) la segnatura non è presente, due descrizioni sono relative a fogli volanti (quindi privi di segnatura), tre descrizioni a edizioni delle quali non è stato rintracciato alcun esemplare, e in 16 descrizioni lo sviluppo delle pagine non corrisponde alla segnatura.

Non si possono neppure tralasciare alcuni altri "incidenti di percorso", quali ad esempio la citazione tra le edizioni di Giuseppe Pavoni nel 1609 di un'edizione del 1771 (n. 95) seguita (n. 95bis) dalla descrizione dell'esemplare dell'edizione pavoniana degli stessi statuti. L'aver basato la propria descrizione su un unico esemplare impedisce di dar conto di stati o emissioni diverse, come nel caso, ad esempio, del n. 166 (Mariano Grimaldi, Santuario dell'alma citta di Genova... ) del quale si afferma «Il libro fu pubblicato a spese di Gio. Battista Fabiano» perché in alcuni esemplari dell'edizione, all'anno di stampa segue l'indicazione «Impensis Io. Baptistae Fabiani», che non figura invece su altri. È spiacevole dover prendere atto di queste imperfezioni, così come non possiamo non dolerci che un volume edito nel 1998 perpetui il luogo comune bibliografico che la stampa dei primi due tomi delle Memorie recondite di Vittorio Siri non sia stata condotta a Ronco Scrivia, come dichiarato nel frontespizio, essendo stato pubblicato nel frattempo il contratto di edizione dell'opera, per i tipi del Cotta, su commissione del nobile Giovanni Luca Durazzo (cfr. G. Ruffini, "Une superchérie typographique dévoilée": le Memorie recondite di Vittorio Siri e la tipografia di Ronco Scrivia, «Culture del testo», n. 3 (set.-dic. 1995), p. 3-22).

Ma al di là delle perplessità fin qui esposte, e delle singole osservazioni che si potrebbero aggiungere, questo lavoro resta, comunque, un'opera di riferimento e un punto di partenza per quanti vorranno approfondire la conoscenza della produzione tipografica ligure nel secolo XVII.