Harrod's librarians glossary and reference book: a directory of over 9,600 terms, organizations, projects and acronyms in the areas of information management, library science, publishing, library science, publishing and archive management, compiled by Ray Prytherch.  9th ed.  Aldershot: Gower, 2000.  XV, 787 p.  ISBN 0-566-08018-4.  £ 95.

È giunto alla nona edizione l'Harrod's librarians glossary and reference book, una fonte formidabile di informazioni che aiuta tutti coloro che operano nel settore bibliotecario a districarsi nella giungla della terminologia tecnica. Dai manoscritti al multimedia, a Internet, il glossario fornisce una raccolta esaustiva di termini relativi al mondo del libro, nonché una ricca selezione di associazioni, istituzioni e progetti che operano nell'ambito bibliotecario, di cui si illustrano brevemente storia, funzioni e finalità.

Per la prima volta vengono presentati gli indirizzi Internet (oltre a quelli delle sedi "fisiche") di organizzazioni, associazioni professionali, enti governativi, progetti, congressi e istituzioni. Il vantaggio per il lettore è indubbio, in quanto viene offerta una possibilità di approfondimento altrimenti inimmaginabile per uno strumento che ha la necessità di essere sintetico. La scelta di aggiungere gli URL, pur nella consapevolezza che tali informazioni hanno il difetto di essere soggette a variazioni tali da renderle obsolete nel corso di pochi mesi, è comunque apprezzabile e di grande utilità. Un esempio di ciò può essere dato proprio dalla e-mail dell'AIB, non più attuale, così come dall'URL dell'OPAC della Biblioteca Vaticana.

La storia di questo strumento è lunga più di mezzo secolo e ricca di ben otto edizioni oltre alla presente (la prima edizione risale al 1938, la seconda al 1959, la quarta al 1977), a dimostrazione che la sua utilità non è venuta meno, così come la necessità di pubblicare nuove edizioni a intervalli sempre più brevi è chiaro sintomo della rapida evoluzione del settore e della sua positiva dinamicità.

Le spiegazioni offerte ai singoli lemmi sono chiare ed esaustive pur nella loro brevità. A titolo d'esempio si possono citare la voce heading, di cui vengono fornite le varie interpretazioni in base all'ambito disciplinare, e la voce vernacular, magistrale per sinteticità e chiarezza espositiva.

La definizione dei termini più strettamente informatici è tecnica senza essere per questo incomprensibile ai lettori dotati solo di rudimentali conoscenze nel settore.

Va rilevata la spiacevole assenza della voce authority control, sebbene siano presenti authority list, authority record, name authority file e subject authority file (che presenta un rinvio cieco ad authority card); una pecca può essere considerata l'affermazione discutibile secondo la quale l'authority list è also called authority file.

La scelta di realizzare una struttura sindetica all'interno del glossario è decisamente utile e proficua per il lettore; i vantaggi di tale struttura sono ben noti ai bibliotecari. A titolo d'esempio da SACO la nota see also PCC porta alla voce relativa a tale Programma, di cui SACO è uno dei componenti. Non solo quindi i termini vengono spiegati ma, nei limiti imposti dalla forma, vengono legati con altri a essi correlati, aiutando il lettore a meglio inquadrare e ad ampliare l'ambito della propria ricerca.

Il Glossario, pur essendo nato in ambito inglese, ha una copertura internazionale più che soddisfacente. Una rapida lettura dei lemmi di ambito italiano fa rilevare alcune stranezze: è presente l'AIB con relativo rinvio ad Associazione italiana biblioteche, ma manca l'ICCU, nominato solo in quanto responsabile di SBN, di cui viene fornita una sintetica definizione, senza URL. La voce Biblioteca nazionale, che causa sicuramente qualche perplessità ai compilatori di estrazione anglosassone, comprende solo quattro delle istituzioni così denominate, cioè la Nazionale centrale di Firenze, la Nazionale di Napoli, la Nazionale di Venezia e la Nazionale di Roma, che non viene presentata come Nazionale centrale.

Fra le scritture latine hanno rilievo la carolingia e la merovingica, - l'assenza della beneventana è forse imputabile al suo ristretto ambito di diffusione? -, la littera Bononiensis è definita Bolognese letters, la Parisiensis sfugge al controllo. Tali mancanze, tuttavia, non sono a mio avviso totalmente imputabili ai compilatori.

L'inglese tecnico, ormai universalmente diffuso come lingua franca della comunità tecnologica, è di facile lettura per i non anglofoni e rende questo strumento un utile supporto per il lavoro dei bibliotecari italiani.

Lucia Sardo
Cividale del Friuli (UD)