RECENSIONI E SEGNALAZIONI


Angela Vinay e le biblioteche: scritti e testimonianze. Roma: ICCU: AIB, 2000. 331 p. ISBN 88-7107-103-4 ICCU, 88-7812-075-8 AIB. L. 40.000.

Nella prefazione a questa importante miscellanea, a cura dell'AIB e dell'ICCU in onore e alla memoria di Angela Vinay, Giovanna Merola e Igino Poggiali ripetono le parole di Giovanni Solimine: «Senza il formidabile contributo di Angela Vinay il decentramento regionale e l'affermazione di una nuova idea di biblioteca pubblica, la nascita del Ministero per i beni culturali e la configurazione dei suoi istituti centrali, lo sviluppo dell'Associazione e il consolidamento della sua fisionomia di organismo professionale e politico, l'ideazione di SBN e la diffusione dei principi della standardizzazione e della cooperazione, tutto quanto, cioè, di più rilevante è stato immaginato e introdotto nelle biblioteche italiane in questi ultimi decenni, sarebbe stato molto diverso. Molte cose, anzi, non ci sarebbero affatto».

L'iniziativa dell'Associazione e dell'Istituto centrale, che la ebbero, rispettivamente, presidente e direttore per tanti anni, non poteva essere più doverosa e meritata, e duole constatare che non per scelta il volume in onore di Angela viene pubblicato a dieci anni dalla sua prematura scomparsa. Esso doveva essere infatti pubblicato, come ricorda Alberto Petrucciani nella sua nota al contributo di Francesco Barberi (Er Catù), in occasione del collocamento a riposo di Angela, e invece viene alla luce dopo tanti anni di assenza di una voce, che manca realmente, ma che virtualmente parla ancora alle coscienze di chi ha avuto la fortuna e il privilegio di conoscerla, di condividere con lei una passione civile e professionale esemplare.

La sua foto, riportata nel libro tra l'indice e la prefazione, è così vera da risultare commovente: è lei, con il suo vestito a fiori, come tantissime volte io la vedevo, dietro la scrivania del suo posto di lavoro, al quarto piano del palazzo della Biblioteca nazionale, quando anche l'AIB aveva lì, allo stesso piano, nella stanza d'angolo di fronte all'università, il suo piccolo ufficio. È la direttrice che, anche quando interrompeva il suo lavoro, in un luogo che diveniva sempre di più la sala operativa, la fucina delle idee del sistema bibliotecario italiano, quando riuniva i suoi collaboratori e i suoi amici, parlava comunque di biblioteche, di leggi che occorreva correggere o promuovere, di sollecitazioni che occorreva proporre per garantire risorse e finanziamenti allo sviluppo del servizio, di temi che bisognava discutere, approfondire, di politica bibliotecaria, di professione bibliotecaria, di governo delle biblioteche, di missione dell'Associazione. C'era con noi, ce ne rendiamo conto lucidamente soltanto ora, a tanta distanza di tempo, un maestro d'orchestra, che sollecitava, spronava, correggeva e sosteneva i nostri, così spesso stonati, contributi, i nostri parziali e frammentari punti di vista, che la sua invisibile direzione aveva la capacità di trasformare in progetto complessivo e armonico.

Io non la ebbi, da segretario dell'AIB, come presidente (cominciai il mio incarico nell'Associazione con Luigi Crocetti, che a lei era succeduto) ma come direttrice del "Bollettino d'informazioni". E lei era legata all'AIB in un rapporto fortissimo: sono moltissimi gli episodi, vivi nella mia memoria, di quel periodo, di quegli anni in cui ebbi la fortuna e il privilegio di frequentarla, pressoché quotidianamente. Quando l'AIB doveva superare il problema drammatico della sede (eravamo ospiti dell'ICCU, in stanze che dovevano essere liberate per fare spazio ai ragazzi del consorzio IRIS, per il progetto SBL, e, per aver diritto e titolo a occupare i locali che ancora oggi ci ospitano, che Angela ci concesse, dovevamo pagare un canone straordinario di ottanta milioni) lei si preoccupava con noi e ci aiutava, non solo con il suo consiglio. In quei giorni, contemporaneamente, stavamo organizzando il congresso di Viareggio, quello delle Tesi, in cui discutevamo i risultati del decentramento, e lei sottolineava con soddisfazione i punti di identità del "pensiero collettivo" dell'Associazione con il suo pensiero. Quella identità risalta ancor oggi, se si leggono sinotticamente la tesi n. 4 («Il vecchio dilemma centralizzazione-decentramento è superato dal metodo della cooperazione: l'efficacia dei servizi è garantita solo dall'integrazione delle funzioni e delle strutture» e il suo intervento al convegno per il decennale dell'ICCU, nel 1986 («Con il decentramento regionale si era modificato il quadro di riferimento: al controllo dell'amministrazione centrale era subentrato un nuovo ente, la Regione, che aveva assunto nei confronti di un amplissimo numero di biblioteche il ruolo di coordinamento e d'indirizzo fino a quel momento esercitato dallo Stato. Si trattava di un importante mutamento che poteva dar luogo a significative innovazioni in un settore dove l'immobilismo era un dato secolare. Pur tuttavia, sia per l'inerzia dello Stato che non aveva provveduto a fissare in una legge quadro i principi basilari comuni, sia per le spinte autonomistiche presenti nella prima legislazione regionale dedicata alle biblioteche, il decentramento rischiava di divenire nel tempo più che fattore di progresso un elemento d'involuzione accentuando la parcellizzazione delle biblioteche in netto contrasto con l'orientamento che si andava affermando in campo internazionale per processi sempre più spinti di aggregazione favoriti dall'espansione della tecnologia informatica [...] Non restava che imboccare decisamente la strada della cooperazione indicata come l'unica strategia possibile per far sì che alla molteplicità delle biblioteche potessero corrispondere servizi di uguale livello su tutto il territorio nazionale»).

Era forte la sua passione civile, la sua capacità di trasmettere al fortunato interlocutore principi e valori, maturati su una impietosa analisi critica dell'esistente, e insieme fondati su una grande fiducia non solo della necessità ma della possibilità - dipendeva soltanto da noi, dalla nostra intelligenza, dalla nostra coerenza, dalla nostra cultura professionale - di cambiare. Va detto con chiarezza: era questa la forza vera di SBN; ancor oggi quel progetto va discusso e criticato, ci mancherebbe altro, nelle sue scelte operative, nei suoi sbocchi e nei suoi rallentamenti e lacune, ma quella sostanza etica e professionale, quella validità politica democratica rimangono intatte, sono il lascito più vero e importante di Angela Vinay. Ricordo ancora con emozione quando trovai il coraggio di chiederle l'onore, per me grande e insperato, di avere la sua prefazione al mio Libri e popolo; avevo avvertito la sua simpatia, la sua condivisione delle mie opinioni e dei miei giudizi (non era facile superare il muro di una solo apparente freddezza) e lei mi disse che lo avrebbe fatto, senza pensarci nemmeno un attimo e mantenendo, in pochi giorni, la promessa.

Se in Parlamento si discuteva di biblioteche, Angela si preoccupava di interloquire, di imporre il nostro "punto di vista", se il Governo interveniva, spesso maldestramente, nel nostro campo. Lei era tempestiva ed efficace nel raccogliere e correggere, a vantaggio delle biblioteche, ogni possibile finanziamento: emblematico fu il suo impegno, e il suo successo, nel saper veicolare a vantaggio di SBN le risorse, altrimenti disperse inefficacemente a pioggia, dei cosiddetti giacimenti culturali a metà degli anni Ottanta. E per raggiungere i suoi obiettivi non si faceva scrupoli, non si poneva ostacoli, perché limpidamente e testardamente portava avanti i suoi progetti a vantaggio delle biblioteche; molte volte ho avuto il piacere di accompagnarla nei suoi colloqui con parlamentari e rappresentanti del Governo, che si concludevano solo dopo l'assicurazione di un impegno esplicito a favore del nostro settore, altrimenti assolutamente negletto.

A ben guardare, dietro questi e i molti altri episodi, c'erano i temi al centro della vita professionale di Angela Vinay: la politica bibliotecaria, SBN, l'AIB. Gli stessi temi scandiscono il volume in sua memoria, che contiene, dopo la presentazione di Giovanna Mazzola Merola e Igino Poggiali, e la Tabula gratulatoria con i nomi delle biblioteche e dei bibliotecari che hanno voluto esplicitare il loro ricordo affettuoso per la "signora delle biblioteche", una Nota biografica a cura di Carmela Perretta e una Bibliografia degli scritti di Angela Vinay, a cura di Daniela Gigli. Queste prime pagine ci restituiscono a tutto tondo la sua immagine, sorprendendoci anche per la quantità dei suoi scritti, superiore a quanto presumevamo, considerata l'avarizia nello scrivere di una donna d'azione. C'è poi un'ampia sezione di Studi e testimonianze, contributi di amici, bibliotecari, docenti, collaboratori di Angela che la ricordano approfondendo temi di interesse professionale, sempre collegati alla sua vita e al suo pensiero. Basta scorrere i nomi per dare il senso della varietà e dell'ampiezza di una koiné culturale, che intorno a lei ruotava e che qui è solo parzialmente rappresentata: tra i tanti, Francesco Barberi e Giorgio De Gregori, Beppe Colombo e Guido e Rino Pensato (che accostano opportunamente il nome di Angela a quello di un altro grande militante bibliotecario, prematuramente scomparso: Franco Balboni), Luigi Crocetti, Tommaso Giordano, Giovanni Solimine, presidenti dell'AIB negli anni successivi alla gestione Vinay, e tutti gli altri (Vilma Alberani, Paola De Castro, Elisabetta Poltronieri, Lorenzo Baldacchini, Attilio Mauro Caproni, Isa de Pinedo, Anna Maria Mandillo, Claudio Leonardi, Giovanna Mazzola Merola, Giovannella Morghen, Corrado Pettenati, Michael Draper, Carlo Revelli, Maria Sicco, Paolo Veneziani, ognuno presente con il suo saggio e il suo affetto.

La seconda parte del libro contiene un'antologia degli scritti di Angela Vinay, dal più antico, del 1967 La Commissione Franceschini e le biblioteche, al più recente, del 1989 SBN: note e valutazioni sulla realizzazione del Servizio bibliotecario nazionale. Ci sono i suoi interventi da presidente dell'AIB ai congressi di Castrocaro Terme-Bologna-Faenza, 13-15 maggio 1976, e di Cosenza-Sangineto, 4-7 giugno 1978, interessantissimi per la storia e la politica dell'Associazione, per la definizione della sua identità, pietre miliari di un percorso di rifondazione e di crescita ancora in atto. Il volume si chiude con queste bellissime parole: «Tutto quanto ho detto vuole stimolare i bibliotecari a non restare spettatori. Tutto quello che abbiamo fatto finora ha certamente un grosso valore sia nella direzione di una qualificazione del servizio e di un adeguamento al contesto europeo. La riuscita di tutto questo è nelle mani dei bibliotecari i quali devono svolgere una funzione di controllo e indirizzo soprattutto ora che ci sono tanti finanziamenti quanti mai se ne erano visti nel contesto delle biblioteche. Fallire significherebbe perdere per sempre la credibilità».

È triste sentire, con tanta malinconia, la voce di un'amica e maestra, che non finiremo mai di rimpiangere. È bello constatare quanto siano attuali le sue parole e vedere con quanto affetto, con quanta stima, i bibliotecari di oggi la ricordano ancora.

Giovanni Lazzari
Roma