Elaine Svenonius. The intellectual foundation of information organization. Cambridge, Mass: The MIT Press, 2000. xiv, 255 p. ISBN 0-262-19433-3. £ 25.50.

Consapevole dell'importanza delle tecnologie elettroniche e delle potenzialità insite nell'accessibilità immediata e nei sofisticati sistemi di recupero dell'informazione registrata in forma digitale, Elaine Svenonius sottolinea opportunamente che la loro efficacia è legata, come e più di quanto non fosse quella degli strumenti tradizionali di organizzazione e reperimento delle informazioni, alla coerenza e alla chiarezza dell'impostazione teorica che sottostà alla loro ideazione e realizzazione. Le sfide che hanno oggi di fronte i gestori dell'informazione digitale non sono in discontinuità con gli obiettivi della riflessione condotta dai bibliotecari, lungo l'arco di un secolo e mezzo, sui modi di rappresentare l'informazione e renderla, quindi, accessibile. E forse potrebbe suscitare qualche stupore che il problema principale della ricerca nel Web, fare fronte agli effetti della mancanza di precisione, fosse, a metà dell'Ottocento, al centro delle lamentele di Samson Low sull'impossibilità di recuperare materiale su soggetti specifici per effetto della generalità delle categorie utilizzate per definirne i contenuti.
Fa riflettere l'andamento carsico di certe consapevolezze all'interno della riflessione biblioteconomica, per cui lo stesso Lancaster poteva, ancora vent'anni fa, minimizzare la rilevanza di un problema, quello dell'insufficiente precisione, così precocemente rivelatosi centrale; come fa sorridere (o forse preoccupare) che oggi, in un contesto tanto modificato, si ascoltino proposte di soluzione coincidenti con quelle avanzate dallo stesso Low (l'uso delle parole dei titoli), queste sì, datate e destinate ad accrescere gli effetti negativi dei nuovi strumenti.
Il lavoro di Elaine Svenonius affronta in maniera unitaria il tema dell'organizzazione dell'informazione, articolandolo attorno ai principi intellettuali che i diversi approcci (ai documenti, alle opere, ai soggetti) hanno in comune perchè comuni sono le loro finalità ed è il perseguimento di quelle finalitˆ a dare efficacia e senso all'intera organizzazione.

Nella prima parte del volume si definiscono gli obiettivi di un sistema bibliografico, ripercorrendo la storia della loro chiarificazione (oltrechè del loro adeguamento agli strumenti tecnologici) a partire da Panizzi fino ai recenti Functional requirements for bibliographic records dell'IFLA. Agli istituzionali to locate, identify, select, obtain, viene aggiunto un navigation objective: garantire la possibilità di trovare, all'interno di una base di dati, opere in relazione con una certa opera per associazione, aggregazione, generalizzazione e attributi fra i quali intercorrano relazioni di equivalenza, di associazione, gerarchiche.
Nel capitolo 3 vengono definite le entità bibliografiche che sono l'oggetto dell'organizzazione: documenti, opere, "super-opere" o "ur-opere", edizioni, autori, soggetti, alla luce dei mutamenti indotti nella concezione di ciascuna di esse dalla trasformazione dell'universo della conoscenza, dei suoi contenuti, delle modalità della sua produzione intellettuale e materiale.
Si passa, quindi, all'illustrazione dei linguaggi bibliografici attraverso i quali si realizza l'operazione indispensabile all'organizzazione dell'informazione, vale a dire la descrizione, intesa come l'intero processo, unitario e sfaccettato, della sua rappresentazione, l'attività di creazione di tutti i metadata ad essa relativi. I linguaggi vengono divisi in linguaggi che descrivono l'informazione – le opere – e linguaggi che descrivono i loro documentary embodiments – i documenti nel solco di una discussione che, partita almeno negli anni Trenta, con il lavoro di Julia Pettee, passando per l'apporto fondamentale di Seymour Lubetzky fra gli anni Cinquanta e Settanta, è divenuta un punto centrale della riflessione del Gruppo di studio dell'IFLA sui requisiti funzionali delle registrazioni bibliografiche.
Fra i sottolinguaggi per la descrizione delle opere sono inseriti i linguaggi relativi ai soggetti, distinti in linguaggi di indicizzazione e linguaggi di classificazione e trattati a parte nei capitoli 8, 9 e 10.
Dei diversi linguaggi si descrivono le componenti, articolate in vocabolario, semantica, sintassi, pragmatica, e la loro realizzazione nella forma delle regole, nel rispetto delle quali le descrizioni sono realizzate, e delle registrazioni bibliografiche che ne risultano, completando sempre il piano logico con quello storico.
I linguaggi, distinti come si è detto, sono illustrati guardando ai principi cui debbono riferirsi: vantaggio dell'utente, che sottintende il principio dell'uso comune; rappresentazione, che si manifesta in particolare come accuratezza; sufficienza e necessità, come criteri guida nella scelta degli elementi da includere nella descrizione, sulla base della loro significatività bibliografica; normalizzazione; integrazione, intesa come capacità di un nucleo essenziale di regole di essere esteso a tutti i tipi di materiali.
Nella seconda parte dell'opera, a illustrazione dei linguaggi di descrizione di opere, documenti, soggetti (e dei relativi aspetti problematici), sono scelti, in considerazione della loro diffusione, la tradizione angloamericana e le AACR2R, la Classificazione decimale Dewey e le LCSH.

Il lavoro è, dunque, un tentativo, stimolante e ben articolato, affidato agli strumenti della concettualizzazione linguistica e fondato sull'adozione esplicita del modello entità-relazione, di ripensare in maniera olistica non le procedure di organizzazione dell'informazione, ma la prospettiva concettuale a esse sottesa, partendo dagli scopi di quell'organizzazione e avendo chiare in mente le esigenze nuove legate alle forme digitali di registrazione dell'informazione e alla diffusione dell'uso della Rete, con il conseguente sfaldarsi di formati e standard un tempo ben definiti, e alla necessità di provvedere al coordinamento fra livelli diversi, locale, nazionale, internazionale, di organizzazione e fruizione dell'informazione.
Malgrado la ricchezza e la complessità concettuale (e qualche riferimento filosofico un po' tirato via), l'esposizione, che evita il gergo e definisce sempre con chiarezza la terminologia tecnica utilizzata, è gradevole e accessibile anche ai non specialisti, centrando l'obiettivo dichiarato di rivolgersi non solo ai professionisti delle discipline biblioteconomiche, ma in generale a tutti coloro che si occupano, in varie forme, di sistemi di organizzazione dell'informazione.

Leda Bultrini
Biblioteca di area giuridico-economico-politica, Università Roma Tre