Nicole Robine. Lire des livres en France des années 1930 à 2000. Paris: Electre-Èditions du Cercle de la Librairie, 2000. 254 p. (Bibliothèques). ISBN 2-7654-0782-7. FF 250.

La principale e un po' scontata reazione suscitata nel lettore italiano dal libro di Nicole Robine, del Centre d'ètude des media dell'Università di Bordeaux, è probabilmente il rammarico per l'inesistenza nella nostra letteratura professionale di uno strumento analogo. Vedere ordinatamente studiate oltre cinquanta inchieste nazionali francesi sul libro e la lettura, analizzate le metodologie, classificate le caratteristiche e i diversi obiettivi, messi a confronto i risultati, problematizzato molto acutamente lo strumento dell'inchiesta statistica sulla lettura, fa inevitabilmente risaltare la confusione di cifre alla quale si trova di fronte l'italiano che volesse farsi un'idea di quanto leggono gli italiani oggi e quanto di più o di meno rispetto a ieri.

Lire des livres en France rappresenta innanzitutto un notevole sforzo di sintesi rispetto all'attività di rilevazione statistica, di elaborazione e di pubblicazione dei risultati nella seconda metà del Novecento. Molto spazio è dedicato a una periodizzazione delle diverse stagioni attraversate dall'inchiesta sul libro. Robine individua dopo l'epoca dei precursori (dalla fine del XX secolo al 1954), un «tempo delle lotte sociali e dell'educazione popolare», fra 1955 e 1973, un «tempo dei media e della cultura di tutti» (1974-1998) che sovrappone in parte a un «tempo delle mediazioni e delle valutazioni» (1984-2000).
Per ognuno di questi periodi si segnala lo sforzo di contestualizzare nel clima culturale dell'epoca la pratica della rilevazione statistica sulla lettura, i suoi obiettivi non meno dei criteri utilizzati nella valutazione. Una attenzione particolare, per esempio, è dedicata nei primi capitoli al ruolo avuto da Sartre e al nuovo sguardo posato sulla lettura attraverso correnti di pensiero come la scuola di Costanza, che mette il lettore al centro dell'analisi letteraria.

Nell'arco temporale preso in esame, la studiosa francese osserva come la volontà di comprendere le modalità di diffusione e di uso del libro, di tracciare i profili sociali e demografici dei lettori, più tardi di capire le dinamiche interne della lettura, si siano intrecciate alle preoccupazioni pedagogiche e morali, alle speranze di emancipazione, all'obbiettivo di misurare l'efficacia delle politiche culturali e dei servizi organizzati intorno alla lettura.
Lo sforzo di stabilire quanto leggono i francesi si è accompagnato sempre più al desiderio di capire cosa leggono e molto più recentemente come leggono. Al termine di oltre mezzo secolo di inchieste, gli studiosi comprendono appieno la necessità di immergere la lettura nella società: «solo un aspetto di tutto un insieme di atti comunicativi e di interazioni sociali», come preconizzava già negli anni Settanta Robert Escarpit.

Non manca una parte di analisi sul merito, per così dire, delle inchieste. Cioé una sintesi, oltre che delle metodologie, dei risultati empirici. Un primo bilancio quantitativo è presentato nel quinto capitolo. A fine secolo i francesi che leggono sono più numerosi, ma leggono meno libri. Con una dinamica analoga a quella registrata nel nostro paese, sono aumentati i lettori "deboli" (da 1 a 9 libri all'anno, passati dal 23 al 34% della popolazione fra 1973 e 1997), sono stabili i lettori "medi" (da 10 a 24 libri l'anno, dal 24 al 23%), mentre sono diminuiti i "forti" lettori (più di 25 libri l'anno, dal 22 al 14%). L'aumento è più evidente nei bambini che negli adolescenti e negli adulti, in ogni caso i segnali di miglioramento rallentano alla fine degli anni Ottanta. Fra le costanti invece, la più spettacolare, sottolinea Robine, è senza dubbio la distanza fra le classi sociali. Le classi più abbienti leggono di più in proporzioni che non hanno subito significative evoluzioni. Constatazione questa che l'opinione pubblica francese dovette fare, di nuovo e bruscamente, intorno al 1990, «dopo dieci anni di sforzi senza precedenti di democratizzazione nella scuola e nella cultura, nel momento in cui politici e mediatori della lettura credevano di raccoglierne i frutti».

A un bilancio di tipo qualitativo è dedicato il capitolo sesto, sull'evoluzione degli usi e dei gusti, probabilmente il più stimolante dell'intero volume, insieme alle conclusioni generali che del resto ne prolungano le riflessioni. «L'evoluzione delle relazioni con il libro si presenta come una flessione nelle pratiche, accompagnata da un indebolimento dei valori tradizionalmente associati al libro».
Possedere e scambiarsi libri diventa una pratica comune, si prediligono stabilmente il romanzo (con un ricambio parziale degli autori) e la divulgazione storica, mentre l'evoluzione del gusto coinvolge piuttosto gli stili di scrittura interna ai generi che i generi stessi; il nuovo pubblico della lettura si orienta infine su libri e riviste d'informazione e di pratica utilità. A questo coerente processo di banalizzazione è frequente la tentazione di contrapporre con rimpianto un passato nel quale la lettura era segno distintivo. Ma non è solo la concorrenza di altri media a diminuire la pratica della lettura, paradossalmente è il suo diffondersi, il mutamento profondo nel suo stesso statuto.

All'origine della diminuzione misurata nella pratica della lettura nei francesi, suggerisce Robine sulla scorta di analisi recenti e dalle metodologie più sofisticate, vi è forse la mancata rilevazione di altre pratiche di lettura non letteraria, sottovalutate sia dagli studiosi sia dagli stessi membri dei campioni di popolazione a cui sono sottoposti i questionari. «Il dominio del modello intellettuale di lettura letterata (leggere un libro di letteratura, un romanzo, dalla prima all'ultima pagina) ha occultato a lungo (e nasconde ancora spesso) gli altri modi di leggere e i pubblici non conformi al modello di lettore della tradizione borghese».
Le più recenti inchieste e le ultime tendenze di studio "qualitativo" della lettura possono in questo senso far emergere dall'ombra una pluralità di nuovi e insospettati lettori. «Gli interrogativi sulla sopravvivenza del libro – conclude l'autrice – non ci sembra possano essere applicati alla lettura. L'introduzione di nuovi supporti di scrittura, il fascino di nuove sfaccettature della cultura, la migliore diffusione di tutte le forme assunte dalla creazione artistica intensificano e rinnovano le pratiche di lettura nella loro dimensione intima come sociale».
Chiude il libro, in forma di appendice, la schedatura di cinquanta inchieste nazionali in ordine cronologico dal 1955 al 1997, che comprende una loro accurata descrizione e classificazione tipologica.

Fabio Bazzoli
Biblioteca comunale “Fausto Sabeo” di Chiari (BS)