Giovanni Solimine - Anna Galluzzi. L'efficacia delle biblioteche pubbliche in Toscana: la valutazione delle prestazioni come strumento di lavoro in un'indagine della Regione Toscana. Firenze: Regione Toscana: Pagnini e Martinelli, 2000. 116 p. (Toscana beni librari; 14). ISBN 88-8251-089-1. L. 20.000.

Vede la luce delle stampe la prima indagine ufficiale della Regione Toscana sulle biblioteche pubbliche, dopo oltre un ventennio. Durante questo arco di tempo la Sezione Toscana dell'AIB si era fatta carico di produrre un'indagine, pubblicata nel 1997 a cura di Grazia Asta, Elena Boretti e Carlo Paravano e anticipata da una presentazione dei dati quantitativi su "Bibelot" nel 1996. Durante l'intervallo fra le due pubblicazioni, le biblioteche pubbliche toscane hanno veduto l'uscita della nuova legge regionale n. 35 del 1999 per le biblioteche e si sono confrontate con i nuovi metodi di programmazione definiti dai piani di indirizzo annuali e i nuovi obbiettivi definiti nella legge stessa, primo fra tutti la formazione delle reti bibliotecarie.
Dal punto di vista metodologico entrambe le indagini discendono direttamente dal primo risultato prodotto dal Gruppo Gestione e valutazione dell'AIB, pubblicato nel "Rapporto AIB" n. 4, ma questa seconda indagine ha potuto usufruire anche dell'ulteriore riflessione messa a punto dal medesimo Gruppo e maturata nella pubblicazione delle Linee guida per la valutazione delle biblioteche pubbliche italiane (Roma: AIB, 2000).

Gli anni di riferimento per la raccolta dei dati sono il 1994 per l'indagine AIB e il 1998 per quella della Regione Toscana e sia per l'uniformità del metodo sia per la coestensione dell'oggetto dell'indagine, i risultati presentati dalle due pubblicazioni sono quasi totalmente confrontabili.
Le biblioteche oggetto della ricerca infatti non sembrano essere variate sostanzialmente neppure per numero: quelle rispondenti, quelle chiuse e quelle che alcuni Comuni non hanno mai fondato (la vecchia legge n. 33 del 1972 prevedeva che ogni Comune se ne dotasse), sono più o meno quantitativamente identiche. Un fattore che invece modifica abbastanza la comparabilità di alcuni degli indicatori è il fatto che la data che definisce la raccolta moderna, destinata all'uso del servizio corrente al pubblico, è stata spostata dal 1972 al 1970, come anno di accessione dei documenti in biblioteca.

Ma, a proposito di confrontabilità, Solimine e Galluzzi richiamano spesso nel libro la necessità di poter contare su dati certi, non sporchi e ben controllati, e anche per questo la Regione ha creato un'opportunità di formazione per gli operatori di tutte le biblioteche toscane. Se è vero che in questo l'indagine AIB scontava la pena di giungere per prima a chiedere il rilevamento dei dati secondo un certo metodo, occorre però tenere presente tutta una serie di rischi dai quali forse anche questa indagine potrebbe non essere immune: le accessioni per data, le accessioni separate per provenienza da acquisto o da cessione gratuita, gli iscritti al prestito attivi annualmente sono tutti dati che, come altri, il sistema di automazione dovrebbe essere in grado di elaborare, e che invece, per l'arretratezza del livello di automazione dimostrato dalle biblioteche toscane, difficilmente è garantito. Ma, per sintetizzare il grado di salute delle biblioteche pubbliche toscane, potrebbe bastare dire solo che nel 1994 il 33% delle accessioni proveniva da doni e che nel 1998 gli acquisti erano poco più del 50%. Se si mette in correlazione questo fatto con la realtà di una consistente parte di queste biblioteche che conserva anche patrimonio storico e con la chiara insufficienza delle sedi in termine di superfici, di inadeguatezza degli edifici storici, di messa a norma degli impianti e sicurezza per le persone e i documenti, che non sono garantite a livelli di diffusione quali ci si aspetterebbe, se si considerano tutte queste cose, che in gran parte sono anche ben visibili ed evidenti agli occhi degli stessi cittadini, si potrà immaginare che non è il caso di aspettarsi molto sul versante dei risultati del servizio. Invece, viste le premesse, i risultati verificati dall'indagine, seppur modesti e non molto diversi tra il 1994 e il 1998, non sono tuttavia disastrosi. Innanzitutto all'insufficienza delle sedi si sforza di far fronte l'attenzione a riservare al pubblico la maggior superficie, la disposizione di scaffali aperti finché possibile, un orario di apertura ampio, ben dislocato nelle ore di maggiore accessibilità. Gli iscritti al prestito erano infatti quasi il 10% della popolazione nel 1994, forse un poco calati nel 1998 (ma potrebbero esservi lievi discrepanze sulle modalità di calcolo), mentre la media nazionale risultava essere del 10,76% nel 1991, del 13% nel 1994; i prestiti per abitante sono in Toscana 0,31 nel 1994 e 0,35 nel 1998, ed erano in media in Italia 0,62 nel 1991 e 0,98 nel 1994. Si tratta di risultati molto modesti per la Toscana ed anche se la tendenza sembra essere generalmente in crescita, il distacco è molto forte soprattutto nel confronto fra Toscana e media nazionale sullo stesso anno 1994. È evidente il ritardo della Toscana, da interpretare però molto più in termini di efficacia che in termini di efficienza: in termini di programmazione politica quindi, e di destinazione delle risorse, piuttosto che in termini di capacità di organizzazione ed erogazione del servizio da parte del personale. Vediamo infatti il confronto fra Toscana e media nazionale relativamente ai dati di input, facendo maggiore attenzione ai dati dello stesso anno 1994: dotazione documentaria Toscana 0,88 volumi per abitante nel 1994 e 1,36 nel 1998 (qui si tenga conto dello spostamento di data dal 1972 al 1970); media nazionale 0,98 nel 1991 e 1,69 nel 1994; indice di incremento del patrimonio in Toscana 38,3 nel 1994 e 47,1 nel 1998; media nazionale 53,7 nel 1991 e 67,3 nel 1994. Risulta trasparente dalla lettura di questi dati che il ritardo della Toscana rispetto alla media nazionale è maggiore sui dati di input che su quelli di output. Inoltre, se guardiamo agli indici di impatto e di prestito nel 1994 e confrontiamo la Toscana con la media nazionale, vediamo che questa è superiore alla Toscana del 220% per l'indice di prestito, mentre per l'indice di impatto è superiore solo del 30%: probabilmente le aspettative che l'utenza rivolge alle biblioteche toscane, come in ogni altro luogo, restano abbastanza deluse dall'offerta, i libri desiderati non vengono trovati e ne consegue il basso indice di prestito. A questi ritmi la ripresa non potrà che essere lenta, senza contare la necessità di investire in promozione, affinché il servizio bibliotecario riacquisti una visibilità che da decenni ha ormai perduto. Giova qui anticipare una delle riflessioni conclusive dell'indagine: il 25% delle biblioteche toscane è al di sotto dei valori minimi accettabili, il 75% si trova a livelli stimabili come molto bassi.

È chiaro quindi che l'indagine della Regione ha un merito rilevante per il fatto di testimoniare una volontà di ripresa della politica per lo sviluppo delle biblioteche, e di testimoniarlo a partire dall'assumere un impegno preciso nel proseguimento di questi rilevamenti statistici, che avranno, infatti, un ciclo quinquennale, con quattro anni di raccolta di dati essenziali e uno di indagine più approfondita. Dalle riflessioni fin qui esposte risulta chiaro che la programmazione dovrà comunque sforzarsi di agire perché aumentino gli investimenti non solo per acquisti, ma anche per rinnovamento, ampliamento e miglioramento delle sedi, altrimenti non si potrà assistere a una crescita dell'utenza.
Sul personale i dati esposti dalla pubblicazione sono molto sintetici e non trovano facile paragone con l'indagine della Sezione Toscana, ma sembra di poter dire che tra il 1994 e il 1998 il personale di ruolo e non di ruolo, se si attestava sullo 0,40 ogni 2000 abitanti, è ora andato concentrandosi nelle città capoluogo, calando drasticamente in tutte le altre. Il fenomeno va forse interpretato meglio, se è vero quanto afferma la pubblicazione della Regione: il personale non di ruolo sembra essere ora impiegato molto più nelle biblioteche dei capoluoghi e molto meno nelle altre. Si potrebbe pensare con ottimismo che forse sono calati i ricorsi al volontariato e all'obiezione di coscienza, mentre si può ipotizzare che le biblioteche più grandi fanno maggior ricorso che in passato a personale professionale reperito tramite appalti esterni. Sarebbe molto importante che la Regione provvedesse ad analizzare in modo approfondito le tendenze in atto, separando il rilevamento del personale professionale da quello paraprofessionale, oltre che di quello in ruolo e non in ruolo. Assieme a questo sarebbe molto utile monitorare l'offerta di aggiornamento e il livello di rinnovamento e di mobilità sul mercato della professione, tutti parametri che andrebbero posti sotto osservazione per studiare una politica di miglioramento, tanto necessaria, quanto è vero che dall'interno della vita associativa dell'AIB si vede bene la totale stasi dell'offerta di lavoro per la professione bibliotecaria in Toscana.

Quest'indagine regionale introduce rispetto alle precedenti l'uso dell'indice di fidelizzazione (prestiti per iscritto al prestito), analizzato in combinazione con altri indicatori. Sul suo uso si possono fare molte e diverse riflessioni, che toccano una grande problematica relativa alla misurazione in Toscana: la grande e diffusa presenza di patrimonio storico nelle biblioteche pubbliche.
La fidelizzazione è infatti un indicatore di difficile interpretazione e bisognerebbe poterlo mettere in relazione all'analisi della comunità. Questo indice sarà probabilmente più alto se gli iscritti al prestito risultano essere anziani. La presenza di concorrenza da parte di altre biblioteche e anche la raggiungibilità in tempi ragionevoli di alternative concorrenziali sono fattori che agiscono sull'indice di impatto, prestito e fidelizzazione: l'indice di impatto è probabilmente basso nelle biblioteche dei piccoli centri a causa della limitatezza dell'offerta e quindi dell'appetibilità, ma in compenso coloro che trovano soddisfazione anche in una raccolta molto limitata si concentrano sull'uso di quella sola biblioteca, soprattutto se il piccolo centro non è dislocato presso le più veloci e comode vie di comunicazione. Si tenga presente che proprio per queste ragioni gli standard IFLA prevedono dati di input proporzionalmente più alti per le comunità più piccole, cosa che non avviene in Toscana e che potrà essere modificata solo con una speciale programmazione e con la buona gestione delle reti.
È possibile invece che le biblioteche dei centri maggiori raggiungano un indice di impatto migliore per l'interesse presentato dalla loro offerta, ma anche un indice di prestito inferiore per una maggiore concorrenza, legata alla presenza di altri servizi o a una maggiore mobilità della popolazione. La grande visibilità conquistata dal Sistema bibliotecario intercomunale dell'area fiorentina (SBIAF), dimostrata anche dalla forte domanda di prestiti interbibliotecari proveniente da tutta l'area regionale, e l'alto indice di impatto, potrebbero essere letti in conflitto con il basso indice di fidelizzazione se non si dovesse tenere conto che i dati devono essere messi in relazione con le enormi carenze del Comune di Firenze: la popolazione fiorentina si riversa sulle biblioteche dello SBIAF (aumento degli iscritti al prestito), ma poi si rivolge anche alle grandi biblioteche fiorentine statali ed universitarie (calo dell'indice di fidelizzazione).

Se il servizio di prestito è un indicatore centrale, ma anche molto incompleto per misurare il servizio delle biblioteche pubbliche, questo è ancora più vero per le biblioteche toscane, in special modo per quelle dei capoluoghi, depositarie quasi tutte di ingenti patrimoni storici. Il patrimonio anteriore al 1970, presente in quasi tutte le biblioteche, è ammesso al prestito e le regole stabilite per esso sono varie e diverse in ogni biblioteca. L'indice di prestito rileva i prestiti per abitante, non i prestiti di libri ingressati dopo il 1970. Una fetta dell'utenza delle biblioteche con patrimonio storico trova interesse proprio in questo: se ne trova conferma nel fatto che l'indice di fidelizzazione sale quando l'indice di prestito cala, a segnale di una specializzazione della raccolta. Nei capoluoghi inoltre l'offerta all'utente da parte della biblioteca pubblica trova spesso concorrenza nella presenza di altre biblioteche, come statali, speciali, universitarie e scolastiche e questo contribuisce al calo dell'indice di prestito.
Le biblioteche dei capoluoghi più di tutte le altre non sono misurabili solo in termini di indice di prestito, e sarebbe necessario definire per esse una programmazione con obiettivi diversificati per quanto riguarda la parte storica e il servizio corrente. Se l'indice di prestito è basso nei capoluoghi sarà necessario tenere conto che raramente è stato possibile organizzarle a scaffale aperto: ne è probabile conferma il basso indice di circolazione, che dimostra che non tutto il potenziale risultato ottenibile dalla raccolta è raggiunto. Ma sull'analisi del patrimonio storico ci sarebbe moltissimo da dire: innanzitutto bisogna ammettere che esso resta a tutt'oggi in buona parte sconosciuto, infatti i questionari non sono stati compilati se non in modo del tutto incompleto e insufficiente. Si è quindi perduta la visione d'insieme di una realtà che una semplice osservazione rivelerebbe molto più significativa di quanto si è ottenuto dalle risposte. Occorre quindi che la Toscana lavori molto di più proprio sulle raccolte, analizzando e definendo la composizione dei patrimoni, ed impegnandosi anche proprio su quella parte, schematicamente assegnabile al Novecento, sulla quale mai sono state programmate politiche di scarto e che forse oggi richiede in certi casi politiche di tutela in modo coordinato. Tutto questo richiama alla necessità di gestire con programmazioni di rete non solo il patrimonio dopo il 1970, ma anche tutto il precedente. Ma, a proposito delle reti, occorre una riflessione anche sui periodici. Solimine e Galluzzi trovano che le biblioteche più piccole dovrebbero fornirsi di una dotazione di periodici più adeguata all'utenza, ma questa inadeguatezza è invece una conferma di corretta gestione, considerata l'incertezza di risorse in cui le biblioteche toscane si trovano: per garantire continuità agli abbonamenti, la percentuale da destinare ai periodici è stabilita sul finanziamento previsionale minimo annuale. Siccome più piccola è la biblioteca, maggiore è il rischio di finanziamento prossimo allo zero, al bibliotecario non resta che stabilire di destinare ai periodici una quota minima. Le biblioteche più grandi, nella scelta di adeguare in modo migliore l'offerta di periodici, non sono guidate da uno sforzo di supplenza, quanto dal fatto di poter contare su livelli di bilancio con una soglia minima di ben diversa consistenza, anche negli anni peggiori. A riprova di questa analisi, si pensi alla discontinuità che si manifesta nella crescita di acquisti, una discontinuità, come si vede dall'andamento dell'indice delle acquisizioni, tanto maggiore quanto più piccole sono le biblioteche.

È necessario pensare quindi a gestire in rete, tra i vari acquisti, prima di tutto gli abbonamenti a periodici e banche dati, sia per ottimizzare la capacità di spesa sia per il coordinamento delle scelte. Parallelamente all'eventuale impegno in questo obiettivo sarà necessario introdurre il rilevamento dei dati di frequenza dell'emeroteca, che forse potrebbero fornire qualche risultato rassicurante sull'impatto delle biblioteche pubbliche. È evidente che le reti, in ogni caso, non potranno più essere un impegno a carico della biblioteca più forte, ma occorrerà poco alla volta definire i centri di rete come strutture autonome, con bilanci separati ed oneri ripartiti equamente a carico di tutti i partecipanti.
L'indagine si conclude con una parte dedicata all'analisi delle reti, di cui si elaborano gli indicatori principali, e un'analisi per aree provinciali, considerate come forma di zonizzazione per la formazione delle reti. Infine, sulla scorta delle Linee guida per la valutazione delle biblioteche pubbliche, viene proposto il sistema di autovalutazione per le biblioteche nella forma delle quattro fasce di rendimento adeguate ai valori toscani.

Si tratta quindi di un lavoro molto ampio e completo, interessante sotto ogni profilo anche al di là dei confini regionali che sono stati oggetto della ricerca. Bisognerà ora vedere come la Regione Toscana vorrà mettere in relazione il monitoraggio dei dati con la programmazione e sarà molto interessante seguire tutte le varie fasi di sviluppo di questo impianto, che, è bene ricordarlo, è previsto dalla stessa legge n. 35 del 1999. Mentre quindi il lavoro deve procedere sul piano della programmazione, organizzazione e gestione dei servizi, non sarà però inutile che altri proseguano la riflessione su metodi di misurazione e valutazione delle biblioteche pubbliche, in modo da poter rendere le tecniche più sofisticate e rispondenti alla necessità di esaminare territori che, come quello di un intero bacino regionale, e in particolare quello toscano, tra i più ricchi di patrimonio bibliografico nel mondo, devono poter comprendere nell'osservazione elementi come analisi di comunità, fenomeni connessi alla mobilità sul territorio, analisi dei patrimoni, delle finalità e dei servizi dei diversi istituti bibliotecari funzionanti, interrelazioni fra il servizio pubblico da un lato, e dall'altro la conservazione e tutela.

Elena Boretti
Biblioteca comunale centrale, Progetto Biblioteche "Sala Borsa", Bologna