Giancarlo Volpato. Biblioteche private, biblioteche pubbliche: dalle biblioteche veronesi un'analisi storico-funzionale. Manziana: Vecchiarelli, 2000. 270 p. (Dipartimento di storia e culture del testo e del documento. Università degli Studi della Tuscia. Viterbo. Pubblicazioni Università degli studi di Verona. Studi e testi; 13). ISBN 88-8247-046-6. L. 50.000.

Riunire in una monografia dodici saggi, che forniscano un panorama su alcune biblioteche pubbliche e private veronesi e non, è parsa all'autore una necessità storica. Infatti i singoli scritti, già pubblicati in diversi volumi o riviste, sono proposti in ordine cronologico dal 1987 al 1998 e sono frutto di un lavoro lungo e composito.
I dodici testi, alcuni dei quali in parte rivisitati, sono suddivisibili in due sezioni: nella prima (cap. 1-5) si tratta sostanzialmente della biblioteca centralizzata A. Frinzi dell'Università di Verona e dell'importanza di una auspicabile collaborazione tra tutte le biblioteche cittadine. La seconda (cap. 6-12) riguarda invece personaggi che hanno contribuito con le loro raccolte alla nascita o all'arricchimento di singole biblioteche, musei o archivi.
La necessità di fornire un buon servizio all'utenza induce Volpato a descrivere, nel primo intervento, la storia e le raccolte delle maggiori biblioteche cittadine, sottolineando tra le righe quante potenzialità abbiano in nuce.

Dell'ampio patrimonio librario, documentato nella Guida alla biblioteche veronesi curata dallo stesso Volpato nel 1991, si può avere un'idea nel secondo capitolo, dove sono denunciate anche lacune, quali il numero elevato di strutture fatiscenti e la mancanza di una biblioteca per ragazzi o di una mediateca; malgrado ciò viene ancora una volta auspicata la creazione di un sistema bibliotecario veronese affinché "le risorse documentarie siano rese […] disponibili in qualsiasi punto del sistema" senza che nessuna biblioteca "rinunci alla propria identità".

Ancora l'utenza è il punto di partenza per il terzo saggio. Ma in questo caso l'attenzione è rivolta ai frequentatori della biblioteca dell'ateneo veronese, che viene utilizzata soprattutto da studenti, ma anche da un pubblico non appartenente all'istituzione universitaria cittadina (circa un terzo delle presenze). Delle significative tabelle sottolineano che l'elevato numero di prestiti e consultazioni testimoniano di quanti servizi la biblioteca eroghi. Si tratta di cifre obsolete (triennio 1991-1993), ma che sicuramente, in questi ultimi anni, sono aumentate proporzionalmente alla crescita complessiva della biblioteca centralizzata.

Lo testimonia il quarto capitolo in cui si descrivono i progressi compiuti: dalla costituzione di un catalogo collettivo; dall'utilizzo di studenti assunti part-time per espletare servizi che il personale strutturato non riesce a effettuare; dallo sviluppo, ad esempio, del laboratorio linguistico, nel quale la biblioteca ha investito e dal quale, dopo la trasformazione in Centro linguistico d'ateneo, sono pervenute opere di consultazione generale. Né vanno dimenticati i servizi di reference e di document delivery o le facilitazioni per i lettori disabili.
Altri ancora sarebbero gli obiettivi da realizzare e Volpato auspica ancora una volta la creazione di una rete urbana per tutte le biblioteche che potrebbe essere realizzata anche grazie all'ausilio strutturale e tecnico della Frinzi.
Qualcosa in tal senso è stato fatto con il progetto JULIET (Jurisprudential Libraries Eletronic Trust), avviato nel 1998. Si è comunque lontani dall'idea di un catalogo unico e di una cooperazione continuativa tra le varie istituzioni.

È scontato, ma non banale, ripetere che le difficoltà da superare sono tante e la stessa biblioteca Frinzi, malgrado la nascita e lo sviluppo del sistema bibliotecario e l'avviato processo di formazione del personale, soffre ancora della mancanza di figure professionali qualificate, di strutture adeguate, mentre permangono le difficoltà di rapporto con i dipartimenti che vorrebbero rimanere degli "orti conclusi". Ed è il quinto capitolo a denunciare quanto sia faticoso organizzare e gestire patrimoni librari.

Il sesto capitolo ci avvicina alla seconda parte della raccolta, di taglio più storico perché attraverso la biografia di alcuni personaggi ed intellettuali del Settecento e dell'Ottocento, Volpato con la consueta sinteticità ed efficacia ci illustra altre biblioteche, meno note perché piccole nella loro consistenza, ma non per questo meno importanti come testimoni del nostro passato.
Incontriamo subito un saggio il cui protagonista è Giovanni Scopoli, del quale va ricordata, tra le molteplici attività, anche quella di "curatore" delle sorti della Biblioteca di Brera. Un suo fascicolo manoscritto, conservato presso la Biblioteca civica di Verona, intitolato Biblioteca di Brera, è stato studiato da Volpato perché descrive la storia delle più importanti biblioteche milanesi, narrando anche alcune tristi vicissitudini che hanno avuto la Braidense come protagonista, quali l'asportazione di una parte del patrimonio ad opera delle truppe di Napoleone. Due appendici allo scritto elencano quanto sottratto e quanto non recuperato.

La figura di Napoleone e gli anni che lo hanno visto protagonista sono oggetto del settimo ed ottavo studio. Nel primo il personaggio grazie al quale si sono potuti costruire agli inizi del Novecento il museo, la biblioteca e l'archivio a Rivoli è Luigi Galanti. Il Volpato concentra l'attenzione descrivendo per parti e sezioni il posseduto degli ultimi due e riporta in calce la descrizione dei documenti archivistici.
Altro collezionista di materiale napoleonico è stato Gustavo Alberto Antonelli che ha contribuito alla formazione del museo e della biblioteca di Arcole. Volpato descrive la vita e la biblioteca di questo architetto, sottolineando quale intimo rapporto si crea tra il libro ed il suo possessore; riporta inoltre la consistenza ed il titolo della sua biblioteca, catalogata in maniera rigorosa tanto da risultare ancor oggi di estrema utilità.
Nel nono capitolo vengono forniti esempi di quanti personaggi famosi abbiano "vissuto" le loro biblioteche, creandole in base alla cultura e agli interessi, e di come gli eventi storici contemporanei ne abbiamo condizionato l'esistenza (si veda ad esempio, quella di Giovanni Danese Buri, distrutta dopo quasi un secolo di vita durante la Seconda guerra mondiale, di cui Volpato ci offre la descrizione grazie al catalogo che si è conservato).

Della biblioteca di Francesco Fontana, protagonista del decimo capitolo, è rimasto un elenco testamentario, mal compilato e parziale, che Volpato correda di note e completa basandosi sul posseduto della biblioteca di Lazise, dove il materiale è in parte confluito. Il saggio è corredato anche da una rassegna degli scritti del Fontana, di cui si presenta un ampio profilo biografico.
Volpato, trattando sempre di biblioteche private, si occupa del catalogo e del fondo di Francesco Zantedeschi, conservato per sua volontà testamentaria, presso la biblioteca dell'Accademia.
Dopo aver redatto l'elenco del materiale e dei documenti appartenenti allo Zantedeschi, Volpato riserva alcune considerazioni al catalogo scientificamente compilato per mano di un erudito nelle discipline biblioteconomiche, identificabile nella figura di Ignazio Zenti (allora direttore della Biblioteca civica).
L'ultimo saggio si presenta un po' isolato rispetto ai precedenti. Infatti contiene un panorama sugli interessi scientifici a Verona tra la fine del Settecento e gli inizi dell'Ottocento. A fronte di uno scarso interesse e di una limitata produzione, emerge la figura di Battista Sembenini, compilatore dei dieci volumi inediti intitolati Indice delle scoperte (chimiche). Volpato sottolinea come la metodologia utilizzata nella compilazione di questo elenco, lo possa far considerare una sorta di tesauro ante litteram sull'argomento.

Federica Formiga
Università di Verona