[AIB] Associazione italiana biblioteche. BollettinoAIB 2002 n. 2 p. 217
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RECENSIONI E SEGNALAZIONI


Tommaso Urso. Una biblioteca in divenire: la biblioteca della Faoltà di lettere dalla penna all'elaboratore. Firenze: Firenze University Press, 2000. 184 p. ISBN 88-8453-000-8. Eur 18,08.

Nel frequentare in anni giovanili la Biblioteca della Facoltà di lettere dell'Università di Firenze, non mi sono mai posta domande sulle sue origini: godevo dei suoi tesori, dando per scontato che tutte quelle meraviglie fossero lì, proprio in quel luogo, da tempo immemorabile. I pezzi più antichi, da qualche secolo, almeno. E invece le cose sono andate in modo assai diverso, come ci svela Tommaso Urso, già valente bibliotecario fiorentino, che ama presentarsi come manovale della cultura piuttosto che come storico certificato. Scopriamo come la nascita dell'Università degli studi di Firenze sia stata travagliata sin dall'inizio, a ridosso dell'Unità d'Italia: la situazione politica particolare, la mancanza di adeguate risorse economiche, l'ostilità delle altre università, la mancanza di una sede dignitosa, il numero modesto di docenti: tutto questo condizionò pesantemente l'Ateneo e le sue biblioteche, impedendone uno sviluppo sereno e continuo nel tempo.

Urso ricostruisce fedelmente la cronaca degli avvenimenti, dalla costituzione di un piccolo fondo donato e destinato ai pochi studenti allora iscritti al cosiddetto Istituto di studi superiori sino agli anni Cinquanta del secolo scorso, in cui cominciavano i primi cambiamenti epocali che avrebbero trasformato in modo radicale il mondo delle biblioteche.
Dall'excursus di vicende amministrative e burocratiche spesso in contrasto con la volontà di coloro che difendevano strenuamente le sorti del loro Istituto, emergono episodi significativi o curiosi: l'adozione nel 1889 del celebre sistema Staderini per gli schedari, l'offerta di vendita della biblioteca personale del prof. De Gubernatis che era caduto in miseria, il lungo contenzioso con un docente che aveva la non inconsueta abitudine di trattenere presso di sé libri presi in prestito con la esplicita richiesta da parte del presidente della Facoltà di pesanti conseguenze sulla liquidazione e dell'assegno di pensione, il dono fatto dal prof. Romani del proprio patrimonio di libri e carte con annessi scaffali e precise disposizioni testamentarie sul loro uso e destinazione, la sospensione dal servizio del sottobibliotecario Begliomini per insanabili contrasti con il superiore e così via.

Con il procedere dei decenni vengono al pettine alcuni nodi essenziali: il ruolo del personale operante in biblioteca, scarso, mal pagato, oberato di lavoro, senza un effettivo riconoscimento e la politica degli acquisti, a tratti casuale ma sempre legata agli interessi scientifici dei singoli docenti. Pur nella sua tipicità, da cui emerge un'immagine letteraria costellata di patetici monsù Travet oberati da problemi economici, la vicenda della Biblioteca fiorentina sembra richiamare tratti comuni alla storia tutta italiana delle nostre istituzioni universitarie, sempre combattute fra missioni da compiere e difficoltà economiche, pasticci burocratici e lotte intestine, opere meritorie di tanti singoli sconosciuti ed incomprensibili ostacoli ministeriali: solo l'inizio dell'automazione, con il passaggio «dalla penna all'elaboratore elettronico» sembra chiudere una secolare, faticosa stagione, costellata tra l'altro di guerre e di disastri naturali, per approdare ad una dimensione diversa.

Ciò non è casuale: l'automazione, come già era successo nelle realtà bibliotecarie più evolute, si è rivelata uno strumento potente di innovazione nei processi gestionali e nella preparazione professionale dei bibliotecari, la cui coscienza di sé è ormai un dato incontestabile, ed è esattamente ciò che si può definire un autentico successo, frutto del lavoro di tanti colleghi che, come dice Urso «nessuno ricorderà mai».

Sonia Cavirani
Area Biblioteche, Università di Camerino


N.B. Sorry, no English abstract is available.
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