[AIB] Associazione italiana biblioteche. BollettinoAIB 2003 n. 1 p. 83-85
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RECENSIONI E SEGNALAZIONI


Dario D'Alessandro. Il codice delle biblioteche. Milano: Editrice Bibliografica, 2002. xii, 538p. (I manuali della biblioteca; 4). ISBN 88-7075-582-7.

Un Codice delle biblioteche manca imperdonabilmente nella letteratura professionale italiana dal 1949, anno della seconda edizione, a cura dell'Istituto poligrafico dello Stato (una vera e propria pubblicazione di fonte istituzionale, potremmo dire rimpiangendo l'attenzione pubblica all'esigenza della disponibilità di un corpus organico di regole normative per il bibliotecario) di quel Codice delle biblioteche italiane di Ugo Costa, la cui prima edizione da Mondadori del 1937 apparteneva alla fortunata collana del periodo fascista «Enciclopedia del libro». Certamente non sono mancati studi di legislazione bibliotecaria, alcuni fondamentali, come le ricerche sulla legislazione regionale o sulla biblioteca pubblica di Paolo Traniello, né tentativi ambiziosi di raccolte normative, come quello di Vincenzo Morlicchio, sul finire degli anni Ottanta, ma un codice, con caratteristiche di aggiornamento e completezza, era ancora non disponibile, fino a questa meritoria ed encomiabile iniziativa di Dario D'Alessandro, il quale, dalla sua postazione di direzione della Biblioteca "Gabriele D'Annunzio" di Pescara ci aveva abituato a una sorta di continuazione sul soggetto Biblioteca provinciale e che ora ci sorprende con una pubblicazione che molti avevano cercato di curare, ma poi si erano arresi di fronte alla sua grande difficoltà intrinseca.

La scommessa di D'Alessandro, e dell'Editrice Bibliografica, evidentemente, è stata che le difficoltà derivanti dalla vastità della materia, dal suo perdersi in infinite ramificazioni in discipline lontane (l'architettura, il management, la pubblica amministrazione, la tutela, le norme di sicurezza o sugli appalti, i diritti dei cittadini ecc.) e insieme dalla sua specificità, laddove le norme non sono mai confinate al livello primario delle leggi e dei decreti, ma scendono per i rami dei regolamenti, generali e particolari, e delle regole di servizio o degli standard, non potessero frenare l'esigenza di ricostituire un quadro normativo unitario e organico, considerati i profondi, anzi sconvolgenti cambiamenti del contesto istituzionale e normativo delle biblioteche italiane dal dopoguerra a oggi. Lo sviluppo della professione, soprattutto nell'ultimo ventennio, la crescita culturale delle biblioteche e della biblioteconomia italiana mantenevano paradossalmente un'insufficienza da colmare, rimossa per molti anni, ma ormai intollerabile, anzi quasi segno emblematico di una maturità non ancora perfetta. Ora, finalmente, i bibliotecari italiani possono avere sul tavolo, al pari delle altre professioni, il loro Codice. Esso è forse incompleto, non perfettamente organico, meritevole di una cura costante, da ora in avanti, di aggiornamento, da rendere disponibile su altri supporti, ma c'è, e questo, e non solo questo, è il suo primo innegabile merito.

L'istituzione del Ministero per i beni culturali e ambientali e la sua riforma, l'istituzione delle Regioni e l'attuazione del dettato costituzionale in materia di competenze sulle biblioteche di ente locale, la riforma delle autonomie locali, l'affermarsi dell'autonomia universitaria, l'istituzione dei corsi di laurea in beni culturali e scienze dell'informazione dal 1949 a oggi è cambiato il mondo delle biblioteche e sono cambiate profondamente le loro pratiche, i loro servizi, la loro stessa identità, anche a seguito delle trasformazioni istituzionali e normative. Il Codice delle biblioteche non poteva restare ancora allo stato di progetto, coraggiosamente occorreva raccogliere e pubblicare le leggi e i regolamenti, vincere quella preoccupazione di esaustività e ordine che aveva finora paralizzato gli sforzi di chi si era cimentato nell'impresa. La lacuna è stata finalmente colmata e il libro risulta ora uno strumento utilissimo per la professione.

È da condividere, nel libro di D'Alessandro, la scelta, sempre discutibile, della struttura organizzatoria del materiale, del palinsesto, potremmo dire. Le due sezioni fondamentali trattano rispettivamente di Legislazione statale e norme collegate e di Normativa regionale. Una terza sezione, naturalmente più disomogenea e quantitativamente minore raccoglie, sotto il titolo Altre fonti documentali, atti, dichiarazioni, manifesti, risoluzioni, cioè atti non aventi forza e valore di legge, ma incidenti sulla vita delle biblioteche e la professione del bibliotecario, di istituzioni nazionali, come l'AIB (ci sono lo Statuto, il regolamento dell'Albo professionale e il Codice deontologico) e internazionali, come l'Unesco (il Manifesto per le biblioteche pubbliche), l'IFLA (il Manifesto sulle biblioteche e sulla libertà intellettuale e il recentissimo Manifesto su Internet) e (ma qui ci permettiamo una nota critica, avvertendo una distonia, quantomeno sul piano della qualificazione delle fonti) l'Unione Europea. Del diritto comunitario, che è in sostanza il terzo fondamentale attore della normativa, anche bibliotecaria, insieme allo Stato e alle Regioni, l'autore riporta alcune Risoluzioni del Consiglio e del Parlamento europeo e l'importantissimo documento a cura del Consiglio d'Europa e di Eblida Linee guida per la legislazione e le politiche in materia di biblioteche in Europa. Mancano qui invece (ma sono citate nel paragrafo sul diritto d'autore, all'interno della sezione dedicata alla normativa statale) le numerose Direttive, che invece hanno cogenza normativa sul diritto interno e che hanno regolamentato minuziosamente, fino alla recentissima 29/2001/CE la delicata tematica del diritto d'autore. Ma se ci perdessimo nella palude delle mancanze e omissioni inevitabili (e ciò sarebbe ingeneroso e ingiusto, per la labilità e l'incertezza dei confini della materia, come sopra accennavamo) faremmo torto all'impegno scientifico dell'autore: non è un rilievo di insufficienza che avanziamo, bensì, più propriamente, un suggerimento per il futuro: l'Europa sicuramente merita una sezione, nel libro alla sua seconda edizione o in una auspicabile edizione elettronica, per così dire, pari ordinata.

La sezione dedicata alla normativa regionale è quella che appare, invece, come la più organica e ordinata. Qui la caratteristica di suddivisione è più certa, e più facile ne risulta la presentazione; ma il merito di D'Alessandro è non solo quello di fornire un quadro esauriente, anzi completo dell'ultima generazione di leggi regionali, bensì quello di offrire una documentazione "ragionata" con interessantissime premesse, per le singole Regioni e presumibilmente, come appare nella tabula gratulatoria all'inizio del volume, con la collaborazione dei colleghi funzionari regionali, sull'evoluzione legislativa, sul quadro istituzionale, sui principi fondamentali espresse in ciascuna relativamente, per esempio, all'organizzazione dei servizi e alla problematica del personale. Ne emerge un quadro collettivo che evidenzia il maggiore o minore interesse, nel territorio, per la funzione delle biblioteche e la professione del bibliotecario, quella "macchia di leopardo" che è la caratteristica fondamentale del sistema territoriale italiano, con le sue punte di eccellenza e i suoi ritardi. Interessantissima la notazione sulle Regioni a statuto speciale, tempestivamente costituite ma inerti, in materia di biblioteche, fino alla stagione del decentramento del 1972.

Più problematica, perché oggettivamente più difficile da ingabbiare in un disegno esaustivo e coerente, la parte dedicata allo Stato. Qui D'Alessandro sceglie di riferirsi in prima istanza al punto di vista istituzionale, partendo dalle norme che istituiscono e regolamentano l'attività del Ministero che, rispetto alle biblioteche, ha centralità di riferimento. La sezione presenta quindi un primo capitolo con le norme di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali e dei suoi istituti, un secondo capitolo Le biblioteche, che dà conto, in verità con norme di diversa posizione nella gerarchia delle fonti (da regolamenti emanati con d.P.R., come nel caso delle pubbliche statali a regolamenti interni per l'accesso, come per la Biblioteca della Camera, a leggi, come per le biblioteche capoluogo di Provincia, a decreti rettorali, come per il Sistema bibliotecario d'ateneo della Statale di Milano) delle diverse tipologie di biblioteche. In questo capitolo è estrapolata la tematica della gestione delle biblioteche di ente locale, riferibile più coerentemente alla sezione relativa alla normativa regionale, e sono riportate le norme pertinenti della legge n. 142/90 come novellata dal Testo unico n. 267/2000, in materia di forme di gestione dei servizi pubblici locali (sarebbe stata utile anche la citazione delle norme sugli istituti della cooperazione); vengono anche riportati alcuni regolamenti di biblioteche e di sistemi territoriali. Il terzo capitolo della sezione è una sorta di contenitore delle norme nazionali, complementari al servizio di biblioteca: qui trovano posto le leggi e i decreti sul deposito obbligatorio, sullo scambio internazionale delle pubblicazioni, sul diritto d'autore, sulla privacy, sulla sicurezza, sul prezzo dei libri (la recente riforma dell'editoria), sul restauro e la legatura. Qui avremmo visto con piacere un cenno al perverso (per come è stato gestito da governi di diverso colore e non certo in linea di principio) processo di privatizzazione, sfociato nella istituzione della Patrimonio S.p.a. e nell'art. 33 della legge finanziaria per il 2002, che ha previsto la possibilità dell'affidamento a privati del "servizio globale", misure temibili, contro le quali non vale l'assicurazione dei governanti di «non voler vendere il Colosseo».

L'ultimo capitolo della prima sezione si riferisce al tema Formazione professionale in biblioteca e, a parte un documento relativo al tirocinio presso la biblioteca dell'AIB, riporta normativa di carattere più generale, in quanto tale applicabile anche agli aspiranti bibliotecari, in materia di promozione dell'occupazione e volontariato. La domanda che si pone è: dove sono le norme relative alla professione, allo status, alla formazione?: molte di esse si ritrovano distribuite nei diversi capitoli, sotto il titolo Biblioteche delle università, per esempio, o all'interno delle singole leggi regionali. Sarebbe stato preferibile evidenziare questa centralissima problematica, con riferimenti anche al settore della formazione universitaria, in una specifica sezione? Ma sarebbe stato possibile, senza pregiudicare l'organicità dell'esposizione e senza ridondanze, estrapolare la materia dai suoi differenti contesti tipologici? Sono queste le domande, insieme a quelle sulle omissioni e lacune del corpus normativo pubblicato, che probabilmente hanno indotto alla rinuncia coloro i quali, prima di D'Alessandro hanno tentato un progetto di pubblicazione di un Codice per i bibliotecari e quindi da queste domande occorre adesso prescindere.

Noi ci auguriamo che l'utilità del libro si rifletta ora non soltanto sugli studi, soprattutto e ovviamente nel settore della legislazione bibliotecaria, ma che esso possa rimettere al centro del dibattito quella "preoccupazione normativa" che è nelle migliori tradizioni dell'impegno dei bibliotecari italiani e della loro Associazione. Tanto più urgente appare oggi la ripresa convinta di quell'impegno, nel momento in cui la riforma del Titolo V della Costituzione, e in particolare la riallocazione dei poteri in chiave federalistica nel nostro settore di competenza, inducono a un ripensamento radicale delle istanze del decentramento e della necessaria unitarietà nazionale, sul piano dei principi. La legislazione bibliotecaria è oggi materia di "legislazione concorrente", come si esprime la nuova norma costituzionale: occorre evitare il centralismo, nazionale e regionale, ma anche, in nome del principio di sussidiarietà, la frammentazione e l'accentuazione del vizio storico delle disparità territoriali. Forse non dovremo più chiamare "Legge quadro" l'obiettivo per cui in questi ultimi quindici anni ci siamo impegnati, e che non abbiamo raggiunto, ma l'esigenza di un contesto nazionale di principi, entro il quale iscrivere le autonomie regionali e locali, è tuttora vivissima. La fotografia che ci consegna D'Alessandro con questo suo Codice rende ancora più evidente quell'esigenza e, di conseguenza, ancora più utile risulta, per i bibliotecari ma non solo, la sua fatica.

Gianni Lazzari
Già Biblioteca della Camera dei Deputati


N.B. Sorry, no English abstract is available.
Copyright AIB 2003-06-19, a cura di Giada Costa
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