[AIB] Associazione italiana biblioteche. BollettinoAIB 2003 n. 3 p. 376-377
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RECENSIONI E SEGNALAZIONI


Annalisa Bruni. Storie di libridine. Mariano del Friuli: Edizioni della Laguna, 2002. 112 p. ISBN: 88-8345-099-X. Eur 9,00.

Questo libro parla di noi. Delle biblioteche e dei bibliotecari. Delle biblioteche intese come luoghi di lavoro con la loro realtà fisica, fatta di libri e di scaffali, ma anche di depositi e uffici, e dei bibliotecari con i loro tic, le loro manie. Le biblioteche come luoghi della memoria, ma anche come luoghi della cronaca, dove accadono o si architettano delitti e si consumano amori "da magazzino" (inteso proprio come il luogo di incontro privilegiato per tresche fra colleghi). Se la professione è unica, le biblioteche sono tipologicamente diverse e che Annalisa Bruni lavori in una biblioteca come la Marciana di Venezia traspare da molte pagine del libro, tanto che nel racconto Una brillante carriera fa anche capolino la figura del temuto Direttore generale per i Beni librari.

Annalisa Bruni conosce bene la materia che descrive, conosce l'ambiente e la schizofrenia di tanti bibliotecari, basti pensare ad Emilia Palmieri nel racconto Non più di dieci o a Marvino Zambòn, abilissimo ghostbuster nel già citato Una brillante carriera, descritto come "afflitto da paranoia persecutoria progressiva e incalzante, erotomane inibito e di conseguenza sessuofobico".
Naturalmente Annalisa Bruni gioca con i suoi personaggi, così come con le parole. Si pensi ad Amore antiquario: una fitta paginetta di termini che iniziando per "a" concorrono a costruire una narrazione di senso compiuto.

In questo libro l'autrice si compiace di dichiarare la sua passione per i gialli ideando non uno, ma due ispettori di polizia e divertendosi a far apparire nella narrazione le maschere (siamo a Venezia, non lo dimentichiamo) di famosi ispettori e se non è detto che tutti coloro che leggono molto abbiano anche velleità di scrittore (e forse per fortuna), in linea di massima è vero che chi scrive ha molte letture alle spalle. Annalisa Bruni non lo nasconde, anzi lo dichiara programmaticamente, visto che il racconto che apre la raccolta Rito iniziatico è tutto costruito attorno ai libri, descrivendo una sorta di educazione sentimentale a lieto fine che dimostra quanto le letture possano incidere nella vita di ciascuno di noi. E la fondamentale importanza dei libri è ribadita nel racconto, anch'esso brevissimo, dal titolo Alla fermata, in cui parimenti l'autrice scopre le sue carte e non ci fa troppo faticare per cercare alcuni suoi possibili autori di riferimento. Anche se è altresì evidente che il mondo letterario della Bruni è molto vasto e spazia attraverso molte letterature. Il fascino della lettura, ribadisco, è quasi sempre l'altra faccia del coraggio di scrivere. E utilizzo non a caso questo termine "coraggio", perché cimentarsi in prove letterarie e arrivare fino alla pubblicazione di un volume è spesso sogno di gioventù di molti, ma il 'demone' del dilettantismo aleggia sempre su molte di queste prove: la Bruni è senz'altro una professionista della scrittura come testimonia il racconto Il sacrificio, sospeso nell'attesa di una fine "ad effetto".

Come tu lo vuoi, il racconto che chiude il volume, ci proietta nell'editoria elettronica, in un mondo di e-books a pagamento in cui la mescolanza di generi e personaggi operata dall'elaboratore raggiunge risultati apprezzabilissimi, dando finalmente la soddisfazione a ciascuno di poter confezionare il proprio libro.
Perché certo anche la necessità della scrittura, che a volte sconfina nell'ossessione, attraversa queste pagine: è un male incurabile o una difesa strenua, l'ultima barriera contro la banalità del quotidiano.
L'autrice scherza, gioca, si diverte, utilizza i suoi racconti 'bibliotecari' anche per uscire, per evadere proprio da questo mondo che a volte sembra davvero troppo stretto. Ma per chi legge questo libro essendo del mestiere, è impossibile non operare una riflessione extra-letteraria, che sarebbe forse inopportuna per un approccio critico che volesse partire dal testo e alimentarsi solo di questo, ma che è inevitabile dato il nostro contesto.

Dunque con una marcata e sapiente ironia Annalisa Bruni descrive il mondo delle biblioteche. Per noi è un po' come guardarci allo specchio. E Gogol' ammoniva di non dare colpa allo specchio se il nostro naso è ricurvo. Perché, insomma, ammettiamolo: questo naso, il nostro naso, il naso delle biblioteche, nella pur difficile armonia del volto del nostro paese, non sarà colpa nostra, ma appare ricurvo. È difficile non far correre il pensiero alla situazione complessiva delle biblioteche italiane: esistono senz'altro delle situazioni privilegiate, ma anche l'insoddisfazione generale è latente. Un'insoddisfazione spesso condivisa da bibliotecari e utenti. Bisogna essere ottimisti, segnare come un successo i molti passi avanti fatti, ma complessivamente sono ancora tanti i nodi che devono essere sciolti.

Il problema delle biblioteche è un problema sociale e culturale al tempo stesso. Rientra nell'ambito dei problemi complessivi della scuola, dell'istruzione, ma anche dello studio, della ricerca scientifica, della conservazione della memoria storica. Un problema sociale è il riconoscimento della professione e non solo come una mera rivendicazione di natura sindacale, pure legittima, ma come uno dei problemi cardine della crescita democratica della nostra società civile.
Non voglio assolutamente distrarre la nostra attenzione dal volume per parlare di "massimi sistemi", ma vorrei invece sottolineare come anche questo può essere un altro piano di lettura di questo libro. In un suo breve racconto giovanile dal titolo La biblioteca pubblica Isaak Babel', così descrive la biblioteca e i bibliotecari: «Si sente subito che questo è il regno del libro. La gente addetta alla biblioteca è stata sfiorata dal libro, dalla vita riflessa, tanto che sembra soltanto un riflesso di gente autentica e viva». Ecco, nella scrittura della Bruni da un lato mi pare di poter riscontrare echi di questo straordinario autore russo di short stories e dall'altro in qualche misura mi pare di poter affermare che proprio nel momento in cui molte pagine del libro di Annalisa sembrano confermare quanto sostiene Babel', c'è invece da parte dell'autrice la volontà di affrancare chi svolge questo lavoro dal giudizio o pregiudizio di una distanza quasi inevitabile dalla vita di tutti i giorni. Perché anzi è vero proprio il contrario, al di là di tutti i possibili stereotipi.

Storie di libridine parla di noi. Non a caso una delle sessioni del 50 congresso dell'AIB, nell'ambito di Bibliocom 2003, si intitola La storia siamo noi. Oggi, seppure indirettamente, questo titolo è anche un omaggio doveroso a Giorgio De Gregori, scomparso di recente, alla sua infaticabile attività per le biblioteche e per l'AIB, al suo equilibrio, alla sua straordinaria umanità. Dunque la storia siamo noi, o almeno anche noi, perché noi bibliotecari, e dobbiamo rivendicarlo con orgoglio, da sempre per vocazione ci occupiamo e ci preoccupiamo del grano, delle spighe che devono riempire il piatto della storia.

Gabriele Mazzitelli
Biblioteca Area biomedica,, Università degli studi di Roma "Tor Vergata"


N.B. Sorry, no English abstract is available.
Copyright AIB 2003-10-27, a cura di Giada Costa
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