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Quale politica per il nuovo Ministero per i beni e le attività culturali

L'attuazione della riforma del Ministero per i beni e le attività culturali sta mettendo in luce un disegno che va nel senso di depauperare le risorse tecnico-scientifiche del Ministero stesso a favore di una progressiva devoluzione ai privati delle funzioni chiave (inventariazione, catalogazione, conservazione e restauro) relative alla ricerca nel campo dei beni culturali.

Poiché la sperimentazione prende il via sempre da settori di minore impatto pubblico, basta verificare quello che sta accadendo nel campo dei beni librari: in febbraio si è tenuta la "Giornata della comunicazione sulle biblioteche statali" durante la quale sono intervenuti e hanno preso la parola soltanto esponenti di imprese private o comunque esterne ai beni culturali mortificando la componente scientifica interna ridotta al ruolo di mero spettatore.

La strategia che sembra presiedere all'attuazione di questo progetto è di segno univocamente negativo e si basa sulla pretesa efficienza che verrebbe dall'affidamento ai privati dei fondamentali processi che riguardano il patrimonio culturale ( sintomatica è l'ispirazione della formulazione iniziale dell'articolo 22 nel disegno della legge finanziaria), ignorando che la padronanza di tali processi è il frutto di investimenti di lungo termine basati sulla formazione e sull'aggiornamento continuo di personale operante all'interno dell'amministrazione.
Al contrario è oggi in atto un impoverimento continuo di personale tecnico-scientifico a causa del mancato turn-over che ormai dura da anni.

Un ulteriore segno del degrado che investe il Ministero è il metodo seguito nella scelta dei dirigenti degli istituti scientifici che oscilla tra superficialità e clientelismo: il quadro che inevitabilmente si produrrà sarà quello di indebolire le strutture portanti cui dovrebbe essere affidato il ruolo propositivo e di controllo delle principali attività di valorizzazione e di tutela del nostro patrimonio culturale.
Il primo esempio è quello dell'Istituto centrale per la patologia del libro dalla cui direzione sta per essere rimosso un dirigente competente e di nota esperienza nel campo della conservazione e del restauro.

Le speranze suscitate dalla riforma del Ministero a favore di una struttura basata sulle autonomie e sulle competenze tecnico-scientifiche aperte ai nuovi settori dei beni e delle attività culturali rischiano di essere frustrate da questa strisciante controriforma miope e di corto respiro.

Va in questa direzione il comportamento tenuto dal Governo che, in Parlamento, ha preso l'impegno di riunire sotto un unico centro di responsabilità tutti gli Istituti centrali, mentre nei fatti essi sono divisi tra il Segretariato generale e la Direzione generale per i beni librari.
E` questo un grave pregiudizio per l'unitarietà e continuità dell'azione tecnica-scientifica, tenuto conto che essi già operano congiuntamente e in cooperazione per il raggiungimento di progetti e programmi di ricerca.
A ciò si aggiunga la totale disattenzione per la possibilità offerta dalla riforma in ordine alla costituzione di nuovi istituti di carattere generale e speciale idonei alla tutela e alla valorizzazione di altre tipologie di beni culturali che rischiano così di essere abbandonati a logiche meramente burocratiche o pseudo aziendali


Copyright AIB 2002-04-24, ultimo aggiornamento 2002-04-25 a cura di Vittorio Ponzani
URL: https://www.aib.it/aib/cen/mbac.htm

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