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DDL Levi "Nuova disciplina del prezzo dei libri"

al Presidente della Repubblica
ai Presidenti di Camera e Senato
ai Presidenti delle Commissioni cultura di Camera e Senato
e p.c. all'On. Levi

Signor Presidente,
desidero sottoporre alla Sua attenzione le conseguenze che la recente approvazione da parte del Senato della Repubblica del ddl Levi n. 2281-B, riguardante la nuova disciplina del prezzo dei libri, avrà sulle biblioteche italiane.

Il provvedimento dispone che la vendita di libri in favore di biblioteche, archivi, musei pubblici, istituzioni scolastiche e università (art. 2 c. 4 lett. b) possa essere effettuata con sconti fino ad una percentuale massima del 20 per cento sul prezzo di vendita fissato dall'editore. Questa previsione, che nelle intenzioni del legislatore deroga in senso positivo al tetto di sconto massimo fissato dalla norma (15 per cento), in realtà produrrà l'effetto opposto, compromettendo la possibilità di documentare adeguatamente nelle collezioni bibliotecarie la produzione editoriale corrente.
Le biblioteche, infatti, hanno goduto sino a questo momento di percentuali di sconto più elevate grazie alle politiche di vendita effettuate a loro favore direttamente dagli editori o dagli intermediari specializzati che competono sul mercato degli appalti pubblici di fornitura.
Questa situazione, determinata da dinamiche di libera competizione commerciale, ha compensato, almeno parzialmente, la significativa riduzione di risorse economiche disposta dagli enti titolari (lo Stato, gli Enti Locali e le Università in primis) a seguito degli interventi di contenimento della spesa pubblica emanati dal Governo; interventi che negli ultimi 5 anni hanno quasi dimezzato del peso delle biblioteche come acquirenti sul mercato editoriale, passato dal 5% del fatturato complessivo nel 2005 a circa il 3% nel 2010.

Da settembre, con l'entrata in vigore del DDL Levi, sarà come se sulle biblioteche d'Italia si abbattesse un'altra manovra finanziaria, che penalizzerà la possibilità di offrire servizi di accesso all'informazione e alla conoscenza di livello adeguato alle esigenze dei cittadini e toglierà strumenti di lavoro alla ricerca scientifica.
La nostra Associazione non è mai stata pregiudizialmente contraria all'esigenza di una regolamentazione che tutelasse le librerie indipendenti, un anello fondamentale nella filiera del libro e della lettura. Abbiamo tuttavia sottolineato l'esigenza di contemperare le specifiche esigenze dei diversi attori dell'intera filiera del libro, che non sono totalmente coincidenti.
La previsione di eccezioni per scuole e biblioteche, modellata su analoghi provvedimenti in vigore in alcuni Paesi comunitari, avrebbe dovuto tenere conto della carenza di politiche di sostegno, anche economico, da parte delle Istituzioni alle nostre biblioteche. Solo per fare un esempio relativo a due grandi aree metropolitane, l'indice di investimento pro-capite per il potenziamento delle dotazioni librarie nel 2008 era pari a 1,30 euro a Torino e 3,40 euro a Lione (dati IFLA - International Federation of Library Associations).
Per queste ragioni abbiamo sostenuto, inascoltati, la necessità di prevedere una piena esenzione per le biblioteche, che pur rientrando nella categoria dei "consumatori finali" rappresentano in realtà una categoria di mediatori della conoscenza e della cultura che agisce per rafforzare l'attitudine alla lettura e allo studio della popolazione e per favorire l'accesso ai prodotti editoriali; non, dunque, pericolosi concorrenti delle librerie ma preziosi alleati nella faticosa impresa di innalzare i livelli culturali della nazione e di aumentare la familiarità degli italiani con libri e lettura.
Le biblioteche offrono in forma gratuita un servizio pubblico di accesso alla cultura, alla conoscenza e all'informazione a tutti i cittadini, senza discriminazioni; forniscono un supporto a studenti, ricercatori e a quanti lavorano per creare le condizioni per una ripresa di competitività del Paese; conservano, valorizzano e trasmettono alle generazioni future attraverso le loro raccolte la memoria della nostra produzione culturale, che è il fondamento dell'identità nazionale. Temo che assolvere queste finalità a partire dal primo settembre sarà ancora più difficile.

Signor Presidente, se le biblioteche sono un bene comune come è possibile che una legge dello Stato non ne tenga conto?

Stefano Parise
Presidente AIB - Associazione Italiana Biblioteche

Roma, 1 agosto 2011
Prot. n. 145/2011


Risposta dell'on. Ricardo Franco Levi

Carissimo dott. Parise,
la ringrazio della sua lettera che, scritta dal punto di vista e con la passione del bibliotecario, va al cuore dei problemi del mondo del libro e della lettura che abbiamo voluto affrontare con la legge, appena approvata dal Parlamento, sulla "Nuova disciplina del prezzo dei libri". Una proposta che è il frutto di un lungo lavoro e la cui logica profonda e i cui effetti pratici vorrei ora cercare di illustrarle, andando subito al cuore della questione da lei sollevata, ossia della possibile penalizzazione inferta alle biblioteche.

Se confrontate con il regime previsto dalla proposta di legge e che, come lei giustamente ricorda, dispone uno sconto massimo del 20 per cento per le biblioteche e le pubbliche istituzioni, le condizioni di acquisto oggi praticate al sistema bibliotecario, con sconti, come dice lei stesso in un'intervista al Corriere della Sera, "in media tra il 25 e il 30 per cento" apparirebbero più favorevoli. Tanto che sembrerebbe logico affermare che con la nuova normativa si potrebbe determinare un danno per le biblioteche.
Così, tuttavia, non sarà. Per le ragioni che cercherò qui di seguito di illustrarle, non saranno questi gli effetti della nuova disciplina.

Nel mercato del libro così come esso è oggi organizzato, non esistono, di fatto, limiti agli sconti praticabili e si assiste, come logica conseguenza, a una vera e propria e sempre più aspra "guerra degli sconti".
Questo, da un lato, porta alla progressiva espulsione dal mercato dei soggetti più deboli, a partire dai librai indipendenti e dai piccoli editori, e quindi, a un grave impoverimento dell'offerta culturale e dello stesso pluralismo dell'informazione; dall'altro lato, crea le condizioni per un tendenziale aumento dei prezzi di copertina, poiché che, a fronte di sconti sempre più alti, gli editori logicamente rispondono con incrementi dei prezzi tali da ricostruire i margini di profitto.

Oltre a questi effetti di ordine generale, l'odierna totale assenza di regole determina un'altra conseguenza di interesse specifico per il sistema delle biblioteche.
Mi riferisco al fatto che, per quanto apparentemente favorevole se paragonato al 20 per cento previsto dalla nostra proposta di legge, il possibile, maggiore sconto spuntato dalle biblioteche non corrisponde in alcun modo alle migliori condizioni offerte dal mercato. Basta entrare in una delle grandi librerie di catena o, ancor più, in uno qualsiasi dei tanti super e ipermercati per trovare libri offerti con sconti ben più alti.
Pur potendo oggi comperare libri con quello che appare uno sconto assai consistente, il sistema delle biblioteche, mentre è esposto a un rialzo dei prezzi che erode gli sconti ottenuti, si vede nei fatti privato della certezza di avere acquistato alle condizioni migliori.

La nostra proposta di legge interviene su entrambi i versanti.
Ponendo dei tetti agli sconti praticabili nella vendita al dettaglio, essa indebolisce le ragioni per una concorrenza fondata sugli sconti e contribuisce a raffreddare la tendenza al rialzo dei prezzi di copertina, proteggendo così il valore reale della spesa delle biblioteche.
Prevedendo, poi, che lo sconto applicabile alle biblioteche non sia quello ordinario del 15 per cento praticabile dalle librerie e da tutti gli altri punti di vendita al dettaglio ai propri clienti ma un ben più "rotondo" 20 per cento, la proposta di legge garantisce alle biblioteche stesse la garanzia di acquisti alle migliori condizioni del mercato.
La nuova proposta di legge offre, poi, un'altra possibilità per mettere a frutto nel migliore dei modi le risorse a disposizione delle biblioteche.
Accanto agli sconti di competenza dei punti di vendita finali (librerie grandi e piccoli, cartolibrerie, grande distribuzione organizzata, attività di commercio su internet), la nuova disciplina prevede e disciplina le campagne promozionali degli editori, stabilendo che con esse gli editori, e solo gli editori, possano durante tutto l'anno escluso il mese di dicembre, offrire scelte ragionate dei loro cataloghi con riduzioni di prezzo fino ad un massimo del 25 per cento, uno sconto, cioè, assai vicino a quello di cui in media usufruiscono le biblioteche.

Sommando tutti questi elementi - la protezione contro gli aumenti dei prezzi di copertina, la garanzia di acquisti sempre alle migliori condizioni del mercato con uno sconto significativamente superiore a quello ordinario, la possibilità di sfruttare le promozioni degli editori offerte con sconti fino a al 25 per cento -, credo onestamente di poter dire che la legge, nel puntare all'obiettivo primario di difendere la ricchezza dell'offerta culturale e il pluralismo dell'informazione - valori di interesse generale, tutelati dalla Costituzione italiana e dall'Unione Europea e sommamente condivisi, ne sono certissimo, da tutti i bibliotecari italiani - si sia fatta efficacemente carico delle giuste e sacrosante ragioni del sistema delle biblioteche.
In ogni caso, a ulteriore tutela degli interessi di tutte le parti interessate e delle biblioteche e delle pubbliche istituzioni in primo luogo, abbiamo previsto che, a dodici mesi dall'entrata in vigore delle nuove norme, sia effettuata una indagine per verificare sul campo gli effetti concreti della nuova disciplina e per suggerire, se necessario, eventuali correttivi.

Se parliamo di biblioteche o di comuni impegnati a sostenerle, di certo non possiamo, però, fermarci alla questione degli sconti. Il problema vero - ma non ho certo bisogno di dirlo a lei, caro dott. Parise - è quello della lettura e, a questo strettamente legato, delle politiche da mettere in campo per sostenerla, a partire dalle risorse destinate alle autonomie locali e alle biblioteche, tra le quali, preziosissime nel servire i cittadini, le biblioteche civiche.
Questo, insieme, tra gli altri, proprio al Forum del Libro da lei ricordato, sarà il nuovo fronte sul quale immediatamente mi impegnerò.
Di nuovo ringraziandola per la sua lettera, resto a sua disposizione per qualsiasi ulteriore commento e le invio i miei più cordiali saluti.

P.S.: Ci tengo a sottolineare che la nuova legge è scritta in buon italiano per essere immediatamente e facilmente comprensibile da chiunque la legga.

Ricardo Franco Levi
Roma, 3 agosto 2011


Risposta del Presidente Parise alla lettera dell'on. Ricardo Franco Levi

Gentilissimo On. Levi,
desidero in primo luogo ringraziarla per la sua lunga e circostanziata risposta alla mia lettera al Presidente della Repubblica, che dimostra quanto la sua attenzione per le problematiche del mondo del libro sia accompagnata da sincera passione e competenza, qualità che la rendendono un interlocutore serio e credibile per la nostra Associazione e per tutto il mondo del libro.

Le sue considerazioni mi spingono a precisare meglio alcuni aspetti del problema e a formulare qualche considerazione generale sugli obiettivi della legge sulla "Nuova disciplina del prezzo dei libri" che nell'intervista non potevano essere esplicitati sia per ragioni di spazio sia per il fine che mi proponevo: attirare l'attenzione su un punto immediatamente comprensibile per tutti i lettori.
Vorrei provare a spiegare per quale ragione questa legge produrrà un danno reale alle biblioteche e perchè abbiamo sostenuto l'opportunità di prevedere un'esenzione a loro favore.

L'AIB condivide gli obiettivi generali della legge: non siamo infatti contrari a una regolamentazione che tuteli i soggetti deboli della filiera del libro e ritieniamo che il pluralismo delle idee debba essere salvaguardato come valore primario non solo per il suo corretto funzionamento ma per la tenuta democratica del nostro Paese. Le biblioteche hanno iscritti questi valori nel DNA, sono istituti della democrazia e una delle ragioni per cui ancora la collettività le finanzia - poco e male, devo dire... - è proprio perchè contribuiscono, con la loro presenza e attività, ad alimentare il confronto delle opinioni attraverso la bibliodiversità. Crediamo anche nella possibilità - anzi, nella necessità - di una collaborazione autentica con gli altri attori della filiera, che sia rispettosa delle prerogative e degli interessi reciproci i quali, tuttavia, non sempre coincidono, almeno sotto l'aspetto economico.
Se posso ricorrere a una metafora, editori, librai e bibliotecari condividono il medesimo terreno di gioco e devono sforzarsi di giocare con le stesse regole e con la lealtà richiesta da qualsiasi competizione sportiva, ben sapendo però che a tutti i contendenti verrà naturalmente voglia di piazzare il colpo vincente per guadagnare una posizione migliore in classifica; non mi scandalizzo per questo, ciascuno gioca con i mezzi di cui dispone. Non posso però fare a meno di osservare che, almeno in questo caso, le biblioteche sono state lasciate a bordo campo, nel senso che non siamo stati in grado di creare spazi reali per un'interlocuzione positiva durante l'iter parlamentare. Questo demerito va ascritto in qualche misura alla nostra incapacità di presidiare il terreno di gioco, s'intende.

Veniamo agli sconti. Sulla possibilità che il tetto massimo del 20% possa calmierare la corsa al rialzo dei prezzi e generare, in prospettiva, un beneficio, mi consenta una punta di scetticismo: nel segmento dell'editoria scolastica, che è sostanzialmente un mercato protetto in cui la GDO non pratica sconti superiori al 15% e nel quale le librerie indipendenti hanno una presenza trascurabile, il trend dei prezzi di copertina è in costante ascesa ed è accompagnato da operazioni editoriali molto discutibili, come la proliferazione di nuove edizioni che differiscono dalle precedenti in percentuale omeopatica (e nel prezzo). Non so se esistano ragioni produttive o commerciali che rendono differente il mercato della scolastica da quello di varia, ma a un osservatore esterno è difficile credere che l'ascesa dei prezzi possa dipendere in maniera sostanziale dagli sconti praticati al dettaglio. Viceversa, dal primo settembre, poiché il prezzo dei libri non diminuirà, l'entrata in vigore del provvedimento determinerà una riduzione istantanea del nostro potere d'acquisto.
Circa le percentuali di sconto praticate alle biblioteche, ho fatto riferimento ai livelli medi (sempre per la varia) ma le posso assicurare per esperienza diretta che si acquista tranquillamente anche al 35% in assenza di promozioni e senza andare all'ipermercato.

Il punto sostanziale, che giustifica la nostra richiesta di esenzione, è tuttavia il seguente: le biblioteche non acquistano al supermercato, non possono e non vogliono farlo.
Non possono perchè le forniture di beni sono regolate dal codice dei contratti e impongono procedure di selezione del contraente alle quali la GDO non partecipa; non vogliono perchè la fornitura di un libro è sempre accompagnata dalla richiesta di servizi di informazione e consulenza editoriale e di servizi specializzati che nessun super o ipermercato può garantire.
Si tratta di servizi che vanno dalla semplice informazione editoriale (ormai reperibile senza problemi in rete) alla redazione di bibliografie ragionate e proposte d'acquisto mirate, sino alla gestione di procedure d'ordine particolari e complesse (come avviene in ambito universitario con il cosiddetto "approval plan"), alla fornitura delle descrizioni standard da importare nei cataloghi (spesso accompagnata da elementi paratestuali, come copertine e sommari in formato digitale, che arricchiscono i nostri cataloghi on line rendendoli più simili ai portali delle librerie e, per questo, più appetibili all'utente) o alla messa a disposizione di strumenti per gestire acquisti cooperativi, che rendono immediatamente visibili alle biblioteche di un sistema le scelte effettuate da tutte le altre.

Mi scuso per questi dettagli tecnici, ma servono a spiegare per quale motivo le biblioteche, generalmente, non sono clienti esclusivi delle librerie indipendenti (è l'accusa che più spesso ci sentiamo rivolgere). Non siamo alla rincorsa dello sconto più elevato, anche se devo ammettere che questo fattore, nel tempo, ha acquistato rilevanza crescente per via dei tagli ai bilanci che ho ricordato nella lettera e nell'intervista al Corriere della Sera. A fronte della disponibilità di servizi a valore aggiunto o in presenza di professionalità come quelle di molti librai, la variabile sconto perde d'importanza: sappiamo bene che essi hanno un costo, che per essere organizzati ed erogati richiedono competenze, organizzazione, strutture e investimenti. Strutture e investimenti che nella maggior parte dei casi le librerie indipendenti non sono in grado di garantire e che rendono indispensabile il ricorso a fornitori specializzati. Sempre per esperienza diretta, posso testimoniare che si accettano tranquillamente forniture al 15% di sconto da parte di librerie, se accompagnate da uno o più servizi di consulenza specializzata: a Milano, il caso della Libreria dei Ragazzi è lì a testimoniarlo, da quarant'anni.

Se a ciò aggiungiamo uno sguardo ai comportamenti d'acquisto delle biblioteche, risulterà immediatamente evidente che l'esenzione richiesta, se accordata, non avrebbe prodotto alcun effetto negativo sui destini delle librerie. Le biblioteche non acquistano mai, se non in casi estremamente circoscritti, più di una-due copie per titolo. La nostra politica di servizio tende ad offrire agli utenti il massimo della varietà editoriale. Laddove possibile e consentito dalle risorse a disposizione, si tende a rappresentare (in molti casi a privilegiare) la produzione dei piccoli editori, che viene promossa in vario modo (al contrario dei top sellers, che pure vengono acquistati ma si promuovono da sè). Esistono numerose ricerche che dimostrano come queste due componenti - diversificazione degli acquisti e scarsità di copie disponibili al prestito - portino a una distribuzione molto differenziata (meno concentrata) delle letture in biblioteca rispetto alle vendite in libreria, prefigurando un ruolo complementare fra i due soggetti. Quindi le biblioteche fanno la loro parte per tutelare la bibliodiversità mentre servirebbero norme a tutela dei piccoli editori, che patiscono il giogo di dinamiche distributive eccessivamente concentrate (e controllate dai grandi gruppi editoriali...) esattamente come le librerie indipendenti soffrono la concorrenza spietata (e a volte sleale) dei supermercati.

Volevo fornire qualche elemento analitico di comprensione per argomentare la nostra posizione critica nei confronti degli effetti che prevedibilmente l'entrata in vigore della legge produrrà sull'attività delle biblioteche. Spero di esserci riuscito. Aggiungo un ulteriore dettaglio: scontistica e risorse disponibili stanno in rapporto di proporzionalità inversa. La legge francese, alla quale credo ci si sia ispirati nel modellare la nostra norma, nel prevedere uno sconto massimo per le biblioteche fissato al 9% ha parallelamente prodotto un rifinanziamento complessivo del sistema bibliotecario nazionale. Credo che questo debba essere uno degli obiettivi da porre al centro del tavolo di confronto che abbiamo avviato per una legge di iniziativa popolare sulla promozione della lettura.
Un tavolo a cui l'AIB siede con piena convinzione e con spirito propositivo, nella certezza che tutte le istanze e gli interessi rappresentati godano di eguale considerazione e dignità.

Torno a ringraziarla per l'attenzione che ha voluto accordarci e resto a sua disposizione per proseguire questo colloquio.
In attesa di rivederla, voglia gradire i miei più cordiali saluti

Stefano Parise
Presidente AIB - Associazione Italiana Biblioteche
Roma, 4 agosto 2011


Copyright AIB 2011-08, ultimo aggiornamento 2011-08-04 a cura della Redazione AIB-WEB.
URL: <https://www.aib.it/aib/cen/stampa/c1108.htm>

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