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OSSERVAZIONI SU

Functional requirements for bibliographic records : final report

Pubblicato anche in: BollettinoAIB Settembre 1999 (Vol. 39, n. 3)

Il documento IFLA (Functional requirements for bibliographic records si trova sulle pagine di IFLANET, Section on Cataloguing) merita innanzitutto elogi per la novità dello studio e la qualità del risultato. È stato ripreso il tema della registrazione bibliografica, dopo anni di sopravvivenza sulla rendita dei principi di Parigi e sul successo delle ISBD. Si è presa in considerazione un'esigenza vivamente sentita e lo si è fatto con un approccio non empirico, ma con una riflessione attenta ad enucleare criteri di metodo validi per l'analisi (e riproponibili di fronte a situazioni nuove e a oggetti diversi), e a proporre soluzioni non a livello operativo o normativo, ma attraverso principi che possano stare alla base di qualsiasi realizzazione tecnica e prescrizione normativa che debba seguire per l'applicazione nel concreto lavoro bibliografico. Vengono enucleate in via preliminare le richieste che prevalentemente sono rivolte a cataloghi di biblioteche e bibliografie nazionali, così che l'elaborazione risulta basata su e finalizzata a queste, e su queste si può valutarne la funzionalità, mentre elaborazioni teoriche più astratte richiamano di necessità una coerenza logica rigorosa che non esce però dai confini dell'indimostrabile, essendo tali i suoi assunti iniziali. Nessuna pretesa di assolutezza, quindi, ma semplice desiderio di corrispondere a situazioni ed esigenze reali. Apprezzabile in questa linea l'analisi del valore relativo dei singoli attributi in rapporto alle quattro funzioni richieste a cataloghi e bibliografie.

Sicuro pregio è l'approccio globale, che tiene cioè conto di esigenze di descrizione, di indicizzazione, sia semiotica che semantica, e di gestione; che prevede la ricerca e l'utilizzazione delle registrazioni in ambiti e contesti diversi: cataloghi, bibliografie, liste, in biblioteche e basi di dati, nella documentazione e nel commercio. La scelta del modello entità-relazioni va salutata positivamente per la chiarezza con cui esso permette di analizzare realtà complesse e di relazionarne gli elementi significativi in archivi duttili a molteplici usi, per la sua validità collaudata in vari campi, per la sua relativa semplicità di comprensione e applicazione. L'elaborazione risulta dettagliata nello sviluppo, giustamente si propone di esaminare tutte le tipologie di materiali documentari scoprendone e rispettandone le peculiarità, pone attenzione alle novità, soprattutto tecnologiche, riconoscendo che la continua evoluzione richiede risposte sempre adeguate.

Nel documento sono esplicitamente riconosciuti alcuni limiti, relativi a problemi da affrontare in altra sede o in seguito (gli archivi di controllo delle voci d'autorità, la serialità, le risorse elettroniche, i formati di registrazione e i sistemi di archiviazione), ed è importante constatare che su tutte queste tematiche l'IFLA sia già attiva.

Problemi aperti

Si evidenziano alcuni problemi di ampia portata su cui si riflette alla ricerca di maggior chiarezza.

Entità del primo gruppo: opera, espressione, manifestazione, copia

Molto opportuno è l'inserimento dell'espressione a distanziare le due entità finora prevalentemente considerate (opera e pubblicazione, ora detta più genericamente manifestazione). Chiare le definizioni e abbastanza netti i confini delle diverse entità, ma pare che sull'espressione siano appiattite entità in realtà diverse, fra cui sarebbe forse opportuno e non inutilmente puntiglioso distinguere. Le varie e diverse espressioni di un'opera, se accumulate senza distinzione, non permettono una chiara rappresentazione delle relazioni. In genere c'è una prima realizzazione dell'opera (il primo manoscritto di un'opera testuale, la prima stesura di una partitura, la prima esecuzione musicale o rappresentazione scenica di un'opera improvvisata... ), una specie di espressione originaria, cui si può riconoscere un rango di capostipite, che non interessa qui tanto per elevare le sue caratteristiche specifiche a dato originario di confronto, quanto per determinare secondo la sua natura la tipologia originaria dell'opera con cui si ha a che fare (testo, musica, immagine, suono... ). Non sempre di tale prima espressione resta traccia documentale (opere antiche, testi e musiche di tradizione orale... ), ma è possibile determinare quale sia la tipologia originaria. Un poema nato e raccontato da una tradizione orale, non ha espressione originaria finché la sua realizzazione non è proponibile attraverso un supporto, normalmente uno scritto, oppure una registrazione sonora: a tale espressione, da considerare originaria, potrà seguire la registrazione di una lettura o una trascrizione del dettato; una musica creata direttamente allo strumento non ha espressione originaria finché non è presentata in notazione musicale o, se questo passaggio è saltato, su supporto sonoro, come la registrazione dal vivo di un'opera improvvisata. Le altre espressioni di quell'opera (oltre l'espressione originaria) si possono distinguere secondo tre tipi. Al primo appartengono quelle che realizzano l'opera esprimendola in specifiche forme intellettualmente diverse, ma sempre secondo lo stesso medium della espressione originaria (redazioni, edizioni, esecuzioni ... diverse - successive o contemporanee che siano). Al secondo tipo appartengono quelle espressioni che, conservando le stesso medium, cambiano il canone o codice di riferimento attraverso una trasposizione (traduzioni, trascrizioni musicali per organico differente... ). Al terzo tipo appartengono quelle espressioni che si differenziano dall'espressione originaria perché usano un diverso medium (recita di un testo scritto, interpretazione di una partitura, rappresentazione di uno spettacolo... ). Le espressioni del primo tipo si avvicinano al concetto tradizionale di nuova edizione (variata, rivista, corretta, aumentata... ). Le espressioni del terzo tipo hanno vita soprattutto in ambito multimediale, per le opere che si prestano a diverse forme rappresentative. Le espressioni del secondo e terzo tipo in realtà sono espressioni di altre espressioni (rispettivamente del primo tipo e del primo o secondo tipo) di quell'opera. Assumendo l'esempio delle Variazioni Goldberg , si può riconoscere secondo il Report questa articolazione: opera (entità astratta) sono le variazioni concepite da Johann Sebastian Bach, espressione è la forma di notazione musicale che la rappresenta nella partitura, manifestazioni sono il suo manoscritto e le edizioni a stampa, copie i singoli esemplari. E' considerata espressione alla pari, anche se in altra forma, l'interpretazione, quella di Glenn Gould come ogni diversa interpretazione, di cui sono manifestazioni le edizioni registrate, e copie i singoli dischi, audiocassette, etc. Ma in realtà ogni interpretazione (espressione del terzo tipo) non è legata direttamente all'opera, ma lo è attraverso l'espressione leggibile in forma di partitura (manoscritto o sue edizioni successive), se non addirittura attraverso le sue manifestazioni a stampa, o una precisa copia di una di queste (come a volte è segnalato nell'opuscolo allegato al disco). Espressione (del secondo tipo) è anche una trascrizione o arrangiamento per altro organico (con diversa partitura), ed espressione (del terzo tipo) è pure l'interpretazione di una trascrizione: il Report, considerandole indifferentemente espressioni in senso generico, lascia sottintesi in quest'ultimo caso i due passaggi intermedi del percorso: opera - partitura - arrangiamento - interpretazione, saltando da opera direttamente a interpretazione. I diversi tipi di relazione previsti nel Report permettono sì di distinguere e ricostruire in parte i diversi ruoli delle entità (per esempio le relazioni di trascrizione e arrangiamento sono correttamente previste come relazioni fra espressioni, non fra espressione ed opera, cfr. p. 71), ma restano associate indistintamente fra le espressioni entità di natura diversa. Analogamente per i testi, sono espressioni della stessa opera indifferentemente le successive edizioni del testo (per esempio, modificato per revisione... ) e le sue traduzioni, che più correttamente sono traduzioni di una precisa redazione del testo, anche se ciò non è sempre o facilmente verificabile. Si constata che più spesso la relazione si segnala fra espressione e opera (cfr. p. 74), per la difficoltà di accertare con quale altra espressione quella considerata andrebbe relazionata (su quale partitura è basata l'interpretazione?). L'appiattimento sull'entità espressione sembra cioè giustificato dalla necessità di unire all'opera anche le espressioni il cui intermedio non è noto. E' una difficoltà reale, perché in molti casi non ci sono dichiarazioni esplicite, ma non sembra sufficiente a far eliminare del tutto anche l'indicazione di relazioni facilmente rilevabili e di sicura importanza per molte ricerche. Sempre in ambito musicale: non sarà indifferente trovare le partiture delle Variazioni Goldberg distinte dalle interpretazioni (e all'interno di queste le esecuzioni al clavicembalo distinte da quelle al pianoforte), oppure le esecuzioni del Boris Godunov di Musorgskij basate sulla versione del 1869 distinte da quelle basate sulla revisione del 1872, oltre che dalla versione rivista da Rimskij-Korsakov, e così quelle con testo russo distinte da quelle con testo tradotto... Non sarebbe opportuno, e possibile, ricostruire correttamente tutte le relazioni, a partire dalle espressioni che realizzano l'opera secondo il suo medium originario (quelle del primo tipo, come la notazione musicale per restare agli esempi), cui correlare le espressioni del secondo e/o del terzo tipo (trascrizioni, etc., o interpretazioni, o trascrizioni, etc. e loro interpretazioni)? Oppure non sarebbe opportuno, possibile e forse più praticabile, distinguere innanzitutto le forme espressive assunte dall'opera, e all'interno delle singole forme distinguere le diverse espressioni? Ad una creazione musicale (opera) sarebbero relazionate la partitura e l'interpretazione (forma espressiva notazionale e sonora), a cui sarebbero relazionate rispettivamente trascrizioni e arrangiamenti (espressioni della prima forma) e le varie esecuzioni (espressioni della seconda forma); le manifestazioni (manoscritti ed edizioni a stampa della partitura, varie edizioni discografiche... ) sarebbero correttamente relazionate alle rispettive espressioni, e così di seguito le copie sarebbero relazionate alle rispettive manifestazioni. L'opera sarebbe così collegata direttamente alle diverse forme espressive assunte, tramite queste alle singole espressioni di ciascun medium. Questa specie di articolazione gerarchica non è proposta per risponde ad un'esigenza di classificazione che qui forse è poco pertinente (il modello entità-relazioni non prevede un grafo dendritico, ma piuttosto reticolare). Essa viene indicata perché, se per la funzione descrittiva (che risponde alle richieste di tipo 2 e 3: identificare e selezionare) è forse sufficiente dichiarare ed esplicitare nella registrazione gli attributi e le relazioni fra entità, per soddisfare la funzione indicale, che è repertoriale e collocativa, si rende necessaria anche un'ordinata distinzione e aggregazione di entità omogenee (in forme tutte da vedere: per fare un esempio che non richiede molta fantasia rispetto alla pratica catalografica corrente, con l'indicazione in intestazione di elementi multipli relazionati e relazionabili, come: autore, titolo uniforme, forma del documento). Detto altrimenti: allo sguardo che si rivolge alla singola registrazione è sufficiente una corretta indicazione della relazione manifestazione-espressione-opera, anche occultando come implicito qualche passaggio; ma allo sguardo che si rivolge ad un archivio di registrazioni è necessaria, per una corretta ricerca, l'ordinata esplicitazione di tutte le relazioni intermedie. In senso analogo, per le entità del secondo gruppo (persone ed enti collettivi), le relazioni sono correttamente distribuite verso le entità del primo gruppo (cfr. 3.1..2 e fig. 3.2), così da legare alla manifestazione solo l'entità responsabile della produzione, diffusione, distribuzione, mentre la funzione creativa va riportata all'opera, e quella di modificazione intellettuale e/o di esecuzione o di interpretazione va riportata all'espressione, e soltanto percorrendo le relazioni fra le entità del primo gruppo tali funzioni sono riportabili alla manifestazione e alla copia: ciò che è predicato di un'entità è implicitamente predicato a livello delle entità derivate, ma non come in una relazione genere-specie: sento la musica di Bach, il suono di Gould, ma Bach e Gould non hanno relazione diretta col disco, bensì mediatamente in quanto autore ed esecutore delle variazioni registrate dalla CBS e pubblicate poi dalla Sony.

Il lavoro di controllo

Queste riflessioni tendono a chiarire e, al tempo stesso a complicare gli schemi abituali della catalogazione più di quanto non faccia già il Report, e introducono l'analisi segmentata delle entità d'interesse bibliografico. Dalla chiarificazione sulle entità discende che si debba realizzare il controllo non soltanto sulle opere (che è già un'aggiunta rispetto al controllo delle sole intestazioni a cui ora siamo abituati), ma anche sulle espressioni, e si apre così la strada ad una nuova stemmatica che utilizzi le storie letterarie delle discipline e le fonti biobibliografiche per precise ricognizioni delle ascendenze e dipendenze, compresi ed aggiunti i complicati e normalmente non esplicitati rapporti fra le entità relative ai documenti elettronici. Tutte le volte che una manifestazione appaia non essere l'unica esistente di un'opera, si rende necessario risalire all'opera evidenziando l'espressione (o le espressioni) attraverso cui passa la relazione, nonché le relazioni con altre espressioni, opere e manifestazioni. Si configura cioè una mappatura via via sempre più completa delle opere, delle loro espressioni e manifestazioni e delle relazioni che le legano fra loro e alle altre entità (persone ed enti collettivi in primis). A ciò si aggiunga che ci sono opere che sono parte di un'altra opera. Le Variazioni Goldberg, ad esempio, sono la quarta parte del Clavier-Übung, mentre si compongono a loro volta di un'aria e di trenta variazioni: ciascuna di queste entità, che può presentarsi come espressione o manifestazione isolata dal contesto, va considerata opera, e tutte sono collegate da relazioni del tipo intero/parte. La mappatura di cui si diceva deve quindi contemplare anche l'esistenza di parti di opere (dipendenti o indipendenti, come precisa il Report), non solo nel senso ovvio di prevederne l'esplicitazione delle opportune relazioni nelle registrazioni, ma anche nel senso di ricostruirne stemmi. Questa mappatura è nello stesso tempo origine e risultato del lavoro bibliografico: avere già pronti stemmi precisi delle opere degli autori e delle loro espressioni è comoda premessa alla compilazione di archivi bibliografici, ma è solo attraverso questo lavoro e lo studio della tradizione dei testi che gli stemmi si creano, si completano e poi si aggiornano. E non è di nessuno la competenza 'filologica' (o gli strumenti per farsela) in ogni campo del sapere, in ogni ambito documentario, mentre qui pare che chi compila registrazioni bibliografiche debba potersi basare su repertori che in realtà esistono solo per le tradizioni più consolidate (ad esempio nel caso della musica classica con i cataloghi dei compositori) e quando esistono non sono facilmente disponibili, oppure debba improvvisare indagini, confronti e collazioni su e fra opere, espressioni e manifestazioni e loro parti, sconfinando nel campo dello studioso della disciplina. Non è un problema nuovo, ma la nuova versione di un dilemma del catalogatore, risolta normalmente nei cataloghi di biblioteche col criterio dell'economia e dell'evidenza della pubblicazione, accontentandosi cioè dei riferimenti più facilmente disponibili, e spesso poco verificati, a titoli originali o a titoli di edizioni precedenti. Il nuovo modello prospetta invece metodiche la cui chiarezza richiede il massimo di precisione e completezza, se si vuole che i risultati corrispondano effettivamente al rigore concettuale dell'impostazione; ma spaziando in ambiti che si vanno tanto allargando, tali precisione e completezza potranno soltanto essere il traguardo di un lungo e attento lavoro condiviso da soggetti che sappiano coprire settori parziali e riferirsi con competenza specifica a tutti gli strumenti disponibili. Il mezzo per la stabilizzazione dei risultati di questo lavoro di riconoscimento delle opere e delle loro espressioni non può essere che una forma di authority control, attraverso cui tali entità vengano nominate in modo univoco (titolo uniforme) e correlate con i riferimenti ad altre forme (titoli equivalenti, titoli correlati... ). Così elementi descrittivi la cui trascrizione è tradizionalmente (e anche secondo il Report) lasciata alla forma libera della pubblicazione, dovranno essere formalizzati in modo univoco per essere riconoscibili come equivalenti. Quello che già avviene in catalogazione per i nomi degli autori, trascritti come appaiono nel documento per il riconoscimento della pubblicazione, ma riscritti in modo uniforme per il riconoscimento delle opere dell'autore, dovrà avvenire per tutti gli altri elementi a cui alla funzione rappresentativa dell'oggetto descritto si voglia aggiungere la funzione di recupero dell'informazione: titoli delle opere, delle parti di opere, di collane, nomi di editori, di località... , e inoltre titoli delle espressioni... Contestualmente si dovranno creare legami con tanti archivi quante sono le categorie di entità interessate a questo aspetto, in cui siano collegate fra loro le forme equivalenti.

Nel Report inoltre è previsto il caso di manifestazioni che concretizzano più espressioni di più opere. Un recital pianistico o di un cantante lirico, per restare nell'esemplificazione musicale, in cui sono normalmente eseguiti vari brani, nella registrazione su disco che lo concretizza si configura come la manifestazione di più espressioni (dato che l'esecuzione di ogni opera va considerata un'espressione distinta - piuttosto che considerare il recital un'unica espressione), ciascuna delle quali è realizzazione di una diversa opera (che può essere anche una singola parte di opera). E' chiaro a questo punto (e non è ancora l'esempio più difficile, basti pensare alle complessità dei documenti multimediali, alle parti chiamate 'systemic' nel Report) che l'intreccio di relazioni diventa sempre più fitto, multidimensionale, con ramificazioni dalle opere verso la moltitudine delle loro manifestazioni, ma anche da singole manifestazioni verso molteplicità di opere in esse contenute, ed è quindi difficilmente riconducibile a schemi semplici.

Nel Report è implicitamente presente un principio di economia, quando gli estensori si preoccupano della riduzione delle spese per le registrazioni bibliografiche e quando lasciano alla scelta delle agenzie bibliografiche di tralasciare taluni dati ritenuti non essenziali. Eppure il Report non propone un risparmio di lavoro, bensì un aggravio: scomposizione in entità, ricerca delle relazioni e mappatura, formalizzazione e controllo. E' una contraddizione apparente perché si prevede che in seguito l'aggravio sarà ricompensato da maggiore ricchezza, migliore precisione e quindi accresciuta funzionalità degli archivi? Oppure il modello è solo un riferimento concettuale ideale, che serve a guidare i casi più complicati di una catalogazione che rimane sostanzialmente tradizionale? Le soluzioni abbreviate consentite dove non si veda l'utilità di taluni elementi sembrano confermare questa interpretazione. Ma queste scorciatoie, se, come è prevedibile, saranno troppo diffuse, non vanificheranno l'intento complessivo? Ed è possibile la convivenza di registrazioni esaurienti nel mostrare le entità e le relazioni, con registrazioni semplificate senza dar luogo a confusioni e fraintendimenti?

A parte queste considerazioni sulla realizzabilità del modello, ci si chiede ancora: se la registrazione bibliografica deve rappresentare la complessità di cui sopra e i cataloghi devono consentire la ricerca corretta di ogni entità, parrebbe allora logico e importante aggiungere esplicitamente come quinto compito che il catalogo debba permettere di svolgere, oltre che trovare, identificare, selezionare, ottenere, quello di oltrepassare (procedere oltre), di correlare le entità trovate (identificate, selezionate, ottenute), nel senso di permettere, anzi facilitare il passaggio dai dati di una prima ricerca insoddisfacente o non pienamente soddisfacente (oppure, al contrario, stimolante) ad altre registrazioni di dati in relazione con i primi. E' una funzione che dà il senso di unità e organicità dei cataloghi e delle bibliografie. Nel modello spetta essenzialmente alle relazioni di realizzare questa funzione, che effettivamente è citata, ma senza particolare enfasi, con l'ormai consueta metafora del navigare in 5.1 (p. 56).

Le relazioni

L'individuazione ed elencazione dei possibili tipi di relazioni sembra molto analitica e precisa, anche con la distinzione fra parti dipendenti e indipendenti, fra espressioni referenziali e autonome. Il loro ruolo essenziale è di svelare, precisare e nominare i rapporti fra le entità; in tal modo ne facilitano la distinzione e l'identificazione: le espressioni si identificano in relazione alle opere, e le manifestazioni in relazione alle espressioni... Riconosciuto questo, ci si chiede: come sono rappresentate le relazioni? Si ritrovano all'interno dello stesso record espresse linguisticamente (tipico esempio sono le note sui titoli tradotti), oppure con l'accostamento dei dati descrittivi (il nome dell'editore all'interno di una descrizione, il nome dell'autore collegato in intestazione... ), oppure anche inespresse ma implicite (quando il titolo della manifestazione è contemporaneamente titolo dell'espressione e/o dell'opera). Qui, quanto più sono esplicite, tanto più permettono la corretta comprensione dell'oggetto descritto nel suo contesto letterario ed effettuale. Ma all'interno del record vanno esplicitate tutte le relazioni? Vanno rese operative, cioè le due entità della relazione vanno nominate in modo identificabile (cfr. p. 57), pena l'incapacità di segnare i percorsi di ricerca da un'entità all'altra? E quanto si gonfiano in questo modo i record e gli archivi? Le relazioni dovrebbero essere il filo che lega, il ponte che connette entità diverse, quindi agganciate ma esterne rispetto alle entità. Ci si deve chiedere allora: dove stanno le entità? e qual è il rapporto fra entità e registrazioni? Una completa rappresentazione delle entità e relazioni sembra possibile solo creando tante registrazioni quante sono le entità considerate, corredandole degli attributi relativi a quell'entità stessa e dei legami con le altre entità in relazione; così che ogni entità appaia una sola volta nell'archivio, ma la sua registrazione possa essere richiamata da qualsiasi altra entità sia in relazione con essa. Pare invece che l'esercizio logico di distinguere opere, espressioni, manifestazioni e copie e le entità dei gruppi due e tre (autori e soggetti), si riassorba poi in una registrazione ancora di tipo tradizionale che associa intorno ai dati della manifestazione quelli pertinenti alle altre entità, senza però presentare di queste la completezza degli attributi, né consentire quell'autonomia che permetta loro di essere nodo per relazioni con altre entità. Infatti se non è registrata a sé, ma sparsa nelle registrazioni delle manifestazioni, l'espressione non può svolgere la funzione di riunire tutte le manifestazioni che la concretizzano, né analogamente l'opera sparsa nelle registrazioni delle espressioni può svolgere la funzione di riunire tutte le espressioni che la realizzano. A questo scopo tra l'altro sarà necessario applicare le relazioni sempre a doppio senso: non solo per risalire dalla copia, alla manifestazione, all'espressione e all'opera, ma anche al contrario per raggiungere tutte le espressioni dell'opera, e da ciascuna di queste tutte le manifestazioni e copie.

La nuova configurazione che sembra dover assumere il record si allontana, quindi, sia dalla sequenza unitaria delle otto aree prevista dall'ISBD, sia dalla scheda con la descrizione completata da intestazione, segnatura e tracciato, sia dalle tradizionali forme unitarie delle citazioni bibliografiche. Si presenterebbe invece come una costellazione composta da un nucleo centrale, un nodo cui stanno collegate in vari modi altre entità, il cui ruolo satellitare può trasformarsi, spostando il fuoco della visuale, in nucleo centrale di altra costellazione. Andrebbe esaminata quale sia la dimensione necessaria o conveniente della costellazione da presentare nelle singole visualizzazioni e nelle diverse registrazioni bibliografiche estrapolate da questo universo (il nucleo con quanti e quali legami? Indicativi in questo senso i pesi assegnati agli attributi e alle relazioni nel cap. 6, e i requisiti di base per le bibliografie nazionali nel cap. 7). Il catalogo non si presenterebbe più come lista, ma come l'universo di questo reticolo, percorribile per tappe contigue a partire da qualsiasi punto; un elenco bibliografico sarebbe una scelta di percorso attraverso il reticolo; la singola citazione una costellazione più o meno articolata. Ritorna inoltre evidente la necessità di prevedere diversi livelli di completezza delle registrazioni, secondo il contesto a cui sono destinate (ad esempio, una citazione rispetto ad un catalogo di biblioteca) prima ancora che secondo le disponibilità del compilatore. Infatti anche una registrazione bibliografica semplificata ed abbreviata al minimo non potrebbe prescindere dall'analisi svolta sulle entità coinvolte nel processo di realizzazione dell'unità fisica da registrare: l'esame della copia come esemplare della manifestazione rimanda sempre al livello dell'espressione e dell'opera per individuarne le responsabilità intellettuali, i soggetti pertinenti. Inoltre la semplificazione non dovrebbe mai cancellare l'aggancio, l'indizio di collegamento con altre entità correlate. Si tratta di un punto centrale, ancora da approfondire ed esplicitare.

Si possono riproporre qui confermate le considerazioni svolte sopra riguardo all'economicità e, quindi, alla realizzabilità effettiva del modello.

Osservazioni su aspetti e problemi più circoscritti

Un'ultima serie di osservazioni si rivolge ad aspetti più particolari, singoli punti del Report che sono sembrati poco chiari o poco coerenti, ma il cui peso non inficia minimamente il valore del documento.

Entità del gruppo due: persone ed enti collettivi.

Il tema è poco sviluppato, perché si suppone l'uso parallelo di authority files. Si potrebbero evidenziare almeno le possibili relazioni fra entità del gruppo: fra persona ed ente collettivo nei casi di affiliazione o di rappresentanza ("è membro, è rappresentante di... ", "ha come membro, ha come rappresentante... "); fra ente ed ente nei casi di organo o sezione subordinata ("è organo di, è sezione di... ", "ha come organo, ha come sezione... ") e nei casi di successione ("ha come successore... ", "succede a... ").

Entità del gruppo tre: soggetti.

Dalle definizioni, spiegazioni ed esempi relativi alle entità che servono come soggetti, risulta che i concetti sono soltanto concetti astratti (sostantivi singolari, come "Romanticism"), gli oggetti, gli eventi ed i luoghi sono individui (formulazioni o nomi propri, singolari, come "Apollo 11", "The Age of Enlightenment", "Bristol"). Non sono previsti come soggetti i concetti che rappresentano una classe di oggetti, eventi o luoghi (ad esempio, navi, terremoti, deserti... )?

Entità aggregate ed entità componenti

Il paragrafo 3.3 allarga l'accezione di opera ad entità aggregate ed entità componenti, da mettere in relazione di intero/parte. Ciò è corretto concettualmente, ma forse sarebbe opportuno cogliere l'occasione di quest'analisi così rigorosa e approfondita per precisare e limitare meglio la possibilità di considerare opera tali entità, offrendo un contributo ad un dilemma irrisolto. Una collana editoriale può essere considerata un'opera o la sua natura non appartiene piuttosto all'ambito della manifestazione? Per vari obiettivi, è tradizionalmente considerato comodo utilizzare la collana come insieme di monografie da tenere unitario (per il controllo di acquisizione in biblioteca, per la disposizione negli scaffali in libreria... ). In realtà appartenere ad una collana significa per lo più condividere un insieme di caratteristiche comuni fra libri di uno stesso editore: formato e legatura, grafica e layout, un certo taglio culturale, livello di approfondimento, a volte un ambito disciplinare, ed ovviamente un titolo di collana. Per appartenere all'ambito dell'opera o dell'espressione invece la collana dovrebbe qualificarsi essenzialmente come creazione o realizzazione intellettuale o artistica, elementi che sono senz'altro presenti nel lavoro di direzione e redazione della collana, ma sempre subordinatamente alla pubblicazione delle opere monografiche che fanno parte della serie. Per converso, un'opera singola può essere parte di un'opera-collana solo se nasce in quella e muore in quella, dato che il legame fra opere è stabile, cioè l'opera singola se è parte dell'opera collana lo è sempre, in qualsiasi sua espressione e manifestazione. L'attuale tendenza a considerare la collana titolo autonomo, con legame di appartenenza dei titoli monografici, è un'operazione funzionale a raccogliere e trovare tutti i titoli apparsi in quella collana, ma assomiglia di più al ritrovare tutti i titoli pubblicati da un editore. Come entità la collana è qualificabile più col concetto di iniziativa editoriale, che col concetto di opera. E qualora i titoli di collana non fossero distinti dai titoli di monografie o di pubblicazioni periodiche, sorgerebbero gravi problemi di identificazione e distinzione degli oggetti bibliografici. Sussiste anche il problema di definire che cosa è opera quando esistono relazioni intero/parte. In questi casi infatti, se sia l'intero che la parte sono opere, legate da una semplice relazione che non fissa anche qual è l'entità principale, non sembra possibile la corretta organizzazione del catalogo. Per esempio, se Du coté de chez Swann e Il giardino dei Finzi-Contini possono apparire indifferente\mente come opere in sé e come parti, rispettivamente, di À la recherche du temps perdu e del Romanzo di Ferrara, con una relazione senza capo né coda, sarà ben difficile trovarne tutte le edizioni senza sommare ricerche multiple.

La responsabilità intellettuale, artistica, etc. rispetto alle entità del gruppo uno è risolta stabilendo relazioni con entità del gruppo due. Le formulazioni di responsabilità sono poi presentate come attributi delle manifestazioni (p. 31 e 4.4.2) in quanto dati da loro esibiti, mentre l'opera è un'astrazione, e l'espressione non ha paratesto, ragion per cui queste due entità non hanno una particolare presentazione di indicazioni di responsabilità da trascrivere come elemento descrittivo e di riconoscimento. E' così possibile che i nomi accuratamente distinti come non pertinenti alla manifestazione, ma all'opera o all'espressione, appaiano proprio come attributi della manifestazione. Le ISBD, che forniscono lo schema per la maggior parte di questi attributi e che per loro natura non applicano un modello entità-relazioni, ma distinguono soltanto fra le aree elementi pertinenti alle diverse entità, mostrano qui la loro funzione limitata alla descrizione della pubblicazione. Il modello le accoglie ed incorpora in una registrazione bibliografica che, attraverso le relazioni, ridistribuisce gli elementi nelle entità appropriate e con le forme univoche scelte in funzione della ricerca. Senza rimescolare le diverse funzioni, pare però importante che le ISBD siano rinnovate in modo da rispecchiare meglio la natura delle informazioni che forniscono.

Per la completezza della funzione di ottenere accesso all'entità descritta e data la prevedibile applicazione del modello attraverso registrazioni magnetiche in costante aggiornamento, sembra utile aggiungere fra gli attributi della copia la sua disponibilità, la segnalazione cioè della indisponibilità temporanea quando il documento è in uso, come avviene nei sistemi che integrano il catalogo con la gestione della circolazione dei documenti.

Infine sono citati soltanto in modo sporadico i numeri di classificazione e gli abstract . Sarebbe interessante fosse precisata la loro funzione e collocazione logica.

Copyright AIB, 1999-10-06, ultimo aggiornamento 2000-09-09, a cura di Elena Boretti
URL: https://www.aib.it/aib/commiss/catal/frbrit.htm

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