[AIB] Commissione nazionale catalogazione e indicizzazione

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Osservazioni sui documenti della Commissione RICA
Titoli uniformi e Intestazioni uniformi per le edizioni della Bibbia

Teresa Grimaldi (coordinatrice), Carlo Bianchini, Pino Buizza, Andrea Fabbrizzi, Stefano Gambari, M. Chiara Giunti, Stefano Tartaglia.

21 giugno 2006

La Commissione Catalogazione e Indicizzazione dell'AIB, Associazione Italiana delle Biblioteche, ha esaminato i documenti della Commissione RICA "Titoli uniformi" e "Intestazioni uniformi per le edizioni della Bibbia" disponibili al URL <http://www.iccu.sbn.it/upload/documenti/TitoliUniformi.pdf> [PDF 315 k], ed esprime le seguenti osservazioni, nell'intento di contribuire positivamente al processo di revisione delle RICA.

Osservazioni generali

La lettura della Premessa non può non suscitare approvazione, per l'approccio decisamente innovativo e coraggioso; in particolare sono condivisibili la scelta di dedicare un dispositivo specifico all'identificazione dell'opera nel catalogo e la distinzione netta e fondamentale tra principi e funzioni per l'accesso e principi e funzioni della descrizione.
Nel testo normativo tuttavia si nota una notevole incertezza, soprattutto quando le norme si allontanano dal tema del titolo uniforme dell'opera. Peraltro, la stessa Commissione RICA avvisa più volte che il testo, nella sua seconda parte, è provvisorio e in attesa di uno specifico documento destinato alle espressioni.
La prima difficoltà ad affrontare campi almeno parzialmente sconosciuti traspare evidente dalle numerose incertezze terminologiche, a partire dall'uso del termine titolo. Anche se il documento è dedicato -- a partire dall'etichetta -- ai titoli uniformi, il termine titolo non è definito; sono invece elencate le seguenti tipologie di titoli:

  1. Titolo uniforme. "Titolo con cui un'opera, o una sua parte, viene identificata ai fini catalografici" (§ 0.1.)
  2. Titolo collettivo. I "titoli collettivi, con funzione di raggruppamento, formulati in maniera uniforme" servono alla ricerca delle edizioni di una particolare opera e all'esame delle diverse opere di un autore e delle relative edizioni. Tali titoli collettivi possono essere usati anche "per facilitare la ricerca o il controllo di tipi particolari di opere o di documenti" (Premessa, p. 3).
  3. Titolo uniforme collettivo o convenzionale. "Titoli di raggruppamento formulati dal catalogatore in maniera normalizzata per registrare e organizzare nel catalogo raccolte di opere di uno stesso autore oppure più opere o pubblicazioni indipendenti che sia opportuno trattare collettivamente o collegare tra loro" (§ 0.4)
  4. Titolo tradizionale o convenzionale. Non è definito, (ma cfr. RICA 87), ed è utilizzato in modo incerto ("titolo tradizionale", "titolo tradizionale o convenzionale", "titolo con cui sono generalmente citati e identificati"), dal § 1.2.4.1 al § 1.2.5. L'aggettivo "convenzionale" è usato come alternativo di "collettivo" anche nell'espressione Titoli uniformi collettivi, o convenzionali (§ 0.4)
  5. Titolo correntemente usato. Non è definito (§ 1.2.6). (Usato da chi? Dalla tradizione? Per convenzione? Dagli utenti di una particolare biblioteca?)
  6. Titolo variante. "Sono considerate forme varianti di un titolo quelle in alfabeti o sistemi di scrittura diversi, o in lingue diverse, e le varianti grafiche o dovute a errori" (§ 1.3).
  7. Titolo complessivo. Non è definito (§ 1.4.2.1. e § 1.4.2.2)
  8. Titolo alternativo. Non è definito (§ 2.) (Ma si trova in RICA: "Secondo titolo introdotto da una o oppure da una espressione equivalente").

I titoli possono essere distinti e definiti in funzione di almeno tre criteri:

  1. dell'oggetto/entità al quale si riferiscono (ad esempio, Titolo o nome dell'opera, Titolo o nome dell'edizione ecc.);
  2. della funzione che svolgono (titolo uniforme, titolo di rinvio ecc.);
  3. delle modalità con le quali vengono scelti e formulati (titolo tradizionale, titolo nella/e lingua/e del catalogo, titolo della pubblicazione ecc.).

Non distinguere questi tre criteri può portare a confusione sul piano logico; un esempio è dato dal titolo variante; nel caso dell'alfabeto o scrittura, l'espressione titolo variante si riferisce a un titolo traslitterato di un'opera; nel caso di lingue diverse, l'espressione si riferisce a opere plurilingui, ma nel caso di varianti del titolo, l'espressione si riferisce prevalentemente a edizioni diverse dell'opera (come conferma la prima serie di esempi § 1.3.3). Perciò il dispositivo previsto dal concetto di titolo variante rimane identico (il rinvio da una forma ad un'altra) ma l'oggetto, cioè l'entità logica al quale si applica, varia.
La questione principale si pone però con il titolo uniforme; qui si apre il problema teorico: titolo uniforme di che cosa, esattamente?
Il prestito terminologico dalle RICA, che non distinguevano -- evidentemente -- i livelli logici di FRBR, e la semplice trasposizione di vecchie espressioni nelle nuove RICA non può che provocare confusione. Così il concetto di titolo uniforme, che è definito come "titolo con cui un'opera, o una sua parte, viene identificata ai fini catalografici" (§ 0.1), si trasforma radicalmente nell'ultimo capoverso di § 0.1, quando si aggiunge che "può essere utilizzato anche per identificare, con l'aggiunta di altri elementi, espressioni diverse dell'opera stessa e sue edizioni o manifestazioni" e poi può diventare anche, tramite le aggiunte convenzionali, un titolo per "identificare, raggruppare e ordinare le singole diverse espressioni o famiglie di espressioni (versioni, traduzioni, etc.) di un'opera, o le loro edizioni (o manifestazioni)" (cfr. § 0.5.).
Questa incertezza logica, lessicale e funzionale impedisce di realizzare concretamente il progetto della Premessa. Comprendere in un'unica espressione titolo uniforme la funzione rispetto a qualsiasi livello, apre prima di tutto un problema pratico: dover necessariamente individuare elementi distintivi e diversi di volta in volta per potere riconoscere quando ciascun 'titolo uniforme' si riferisce a una specifica entità logica. Ma apre anche un problema di carattere logico, perché si ammette che il titolo uniforme possa essere dell'opera, dell'espressione, dell'edizione e anche della manifestazione (senza oltretutto dimenticare che 'edizione' corrisponde sia al livello logico dell'espressione che a quello della manifestazione).
La Commissione AIB ha segnalato, nei precedenti commenti, la necessità di provvedere ad un preliminare chiarimento lessicale e logico dei termini in uso, prima di procedere alla redazione delle norme. Anche per questo documento tale analisi avrebbe certamente giovato. Nelle RICA si legge che il titolo è il "Nome con cui un'opera è pubblicata o generalmente conosciuta", cioè il titolo è un nome dell'opera -- soltanto -- scelto con il criterio editoriale o repertoriale. Titolo quindi si riferisce, si può riferire, fino a esplicita indicazione contraria (ma la Commissione RICA tace), soltanto all'opera. Titolo uniforme quindi potrà essere soltanto il titolo uniforme dell'opera. A questo punto è evidente che Titolo uniforme collettivo (o convenzionale !!!), che dovrebbe riferirsi a "raccolte di opere di uno stesso autore oppure più opere o pubblicazioni indipendenti che sia opportuno trattare collettivamente e collegare tra loro", è un'espressione che non può avere senso; se si riferisce infatti all'opera consistente nella specifica raccolta di opere, allora è semplicemente titolo dell'opera dell'autore della raccolta (cioè il titolo uniforme); se si riferisce invece all'edizione, non si può chiamare titolo uniforme, ma dovrà chiamarsi in altro modo (ad esempio, titolo uniforme dell'espressione collettiva, o altrimenti titolo uniforme dell'edizione collettiva, ecc.). Da queste considerazioni consegue che le funzioni del titolo uniforme stabilite al § 0.2. sono da rivedere.
Ancora una volta, non si è in grado di valutare il livello di adesione delle nuove RICA alla logica indicizzatoria introdotta dai nuovi modelli concettuali di analisi bibliografica: se si va verso l'individuazione degli oggetti della catalogazione e la definizione dei più opportuni elementi citazionali di tali oggetti, il documento è lontano dal garantire un trattamento organico e completo delle entità indicizzabili attraverso le relative categorie di titoli; inoltre, se si è intrapreso un nuovo percorso, perché non esplicitare il riferimento a FRAR, e non intitolare questo documento più semplicemente e coerentemente "Nomi delle opere"? E perché non intitolare per analogia, i documenti precedenti "Nomi delle Persone" e "Nomi degli Enti"? Pensare in termini di entità e di nomi di entità potrebbe così condurre alla consapevolezza della distinzione tra funzione specificamente identificativa e denotativa del nome e la diversa funzione organizzativa che di solito viene assegnata all'intestazione: e tenendo conto anche delle perplessità sollevate in sede di commento al glossario dei Principi di Francoforte, si potrebbe tentare di abbandonare il termine "intestazione", che è concettualmente pregno di una concezione e di una prassi catalografica di cui si auspica ormai il superamento: le RDA per es. hanno adottato la locuzione "titoli di citazione delle opere, delle espressioni..."ecc.

Un'altra questione fondamentale è quella della incerta natura del titolo uniforme, in bilico tra intestazione tradizionale per archivi catalografici e forma controllata di una precisa entità: la seconda tipologia sembra prefigurata da una esplicita dichiarazione della Premessa, in cui a p.1. capov. 5 si legge: "Il perfezionamento della struttura dei cataloghi elettronici tramite il modello FRBR dovrebbe condurre sia all'identificazione di tutte le opere rappresentate nel catalogo (non solo di quelle anonime o di quelle pubblicate con titoli varianti, tradotti, etc.), sia alla creazione di legami di responsabilità, una volta per tutte, solo al livello appropriato (al livello dell'opera per l'autore, al livello dell'espressione per il traduttore, etc.)."

Tuttavia, che si tratti di titoli definiti a fini catalografici si evince dalla prescrizione di qualificare il titolo attraverso l'intestazione principale, un elemento che pertiene ad un ambito diverso da quello della identificazione autonoma dell'opera: si citano di seguito i passi del documento RICA in cui si fa riferimento all'intestazione principale (evidenziati dalla nostra sottolineatura):

Dalla Premessa,
p. 1, capov. 2
Il documento che presentiamo, pur se da completare e da perfezionare, si propone invece di offrire un insieme di norme che consentano un trattamento organico e completo, nei cataloghi elettronici, di tutte le opere che vi sono registrate, indipendentemente dalla loro tipologia e dall'applicabilità di un'intestazione principale.
p. 2, capov. 1
...a ogni titolo uniforme dovrebbero essere legate una volta per tutte le eventuali intestazioni pertinenti (intestazione principale, intestazioni alternative per secondo e terzo coautore, intestazioni secondarie relative all'opera e non a sue particolari versioni), oltre ad eventuali altri elementi di identificazione o caratterizzazione dell'opera e ad eventuali punti di accesso d'altro tipo.

Dal documento Titoli uniformi.
0.3
L'impiego del titolo uniforme è obbligatorio per tutte le opere, sia per quelle che hanno l'intestazione principale a un autore (vedi la Parte Terza) sia per quelle che non la hanno.
0.6
Nelle liste o indici i titoli uniformi a cui corrisponde un'intestazione principale devono essere visualizzati insieme a questa (vedi il par. 3 e, per la scelta dell'intestazione, la Parte Terza). Il titolo uniforme e la relativa intestazione possono essere presentati in posizioni distinte, accompagnati da indicazioni esplicative, oppure l'una di seguito all'altro, separati da una barra diagonale.
L'intestazione principale per l'autore dell'opera può essere seguita dalle intestazioni per eventuali coautori.
2.
Elementi del titolo uniforme e loro ordine:.....I complementi del titolo non sono inclusi nel titolo uniforme, se non quando devono essere utilizzati al posto di una qualificazione per distinguere titoli identici di opere diverse che non abbiano un'intestazione principale (vedi il par. 3.3).

Cosa si intende con intestazione principale? Finora essa è stata intesa come un elemento che pertiene alla registrazione bibliografica della pubblicazione. Ma se l'oggetto del documento è il titolo uniforme che identifica l'entità opera è incongruo che questa venga connotata da un elemento, l'intestazione principale, che pertiene all'entità pubblicazione-manifestazione, e che può variare nelle varie pubblicazioni, a seconda delle particolari situazioni bibliografico-editoriali di presentazione dell'opera.

Un altro caso di dipendenza della formulazione del titolo da elementi descrittivi piuttosto che da criteri identificativi si rileva a proposito della prescrizione del § 2.3: Formulazioni di responsabilità legate al titolo. "Formulazioni di responsabilità personali presenti nel titolo o ad esso legate grammaticalmente si omettono quando non ne costituiscono parte integrante."

Es.: De architectura
(nome dell'autore ed estensione dell'opera si possono omettere, senza alterare le altre parole)
< Vitruvi De architectura
< Vitruvii De architectura libri decem
......
Inspiegabilmente diverso, rispetto alla logica interna del documento, è invece il comportamento nel caso di formulazioni di responsabilità relative ad enti che siano presenti nel titolo o ad esso legate grammaticalmente:
"Formulazioni di responsabilità relative ad enti che siano presenti nel titolo o ad esso legate grammaticalmente si conservano quando questa è la forma prevalente del titolo stesso."
Es.:
Costituzione della Repubblica italiana
< Costituzione italiana

Codice civile
< Codice civile del Regno d'Italia
< Codice civile italiano

Statuto dell'Istituto di studi etruschi ed italici
Atti della Conferenza sulla cooperazione scientifica tra le università del Mare Mediterraneo

In questi casi perché non si è fatto ricorso alla "intestazione principale"? Forse perché gli enti non sempre hanno la funzione di autore e quindi intestazioni principali? Si tratta in ogni caso di meccanismi incongrui rispetto ai fini della identificazione delle opere: questo è un problema complesso e ancora aperto, intorno a cui la comunità catalografica sta ancora riflettendo, in relazione soprattutto alla eventualità di presentare le opere e le espressioni attraverso descrizioni autonome, senza alcun legame con le descrizioni catalografiche.

Nel documento sembra quindi prevalere la concettualizzazione del titolo uniforme come intestazione ai fini catalografici, confermata anche dalle prescrizioni del §3: Qualificazioni e altri elementi usati per distinguere titoli identici. "Le qualificazioni sono elementi che si aggiungono al titolo uniforme allo scopo di identificare un'opera più chiaramente e compiutamente o di distinguerla da altre con lo stesso titolo, in assenza di un'intestazione principale (cfr. il par. 0.6) o quando questa non è sufficiente..."

In caso di titoli identici la qualificazione che prevale è ancora l'intestazione principale; es:

Storia della letteratura italiana / Allodoli, Ettore
Storia della letteratura italiana / Apollonio, Mario
Storia della letteratura italiana / Azzarone, Pietro
(non occorrono qualificazioni dato che i titoli sono legati a intestazioni principali diverse)
Manuale di diritto privato / Gazzoni, Francesco
Manuale di diritto privato / Torrente, Andrea
Statuto / Università degli studi di Milano
Statuto / Università degli studi di Padova
Book of common prayer / Church of England
Book of common prayer / Episcopal Church

E ancora:
"Quando, fra più opere con titolo identico, una non è distinta dall'intestazione principale, la si qualifica se questo aiuta a identificarla".
Ettore Fieramosca / Azeglio, Massimo d'
Ettore Fieramosca / Borioli, Umberto
Ettore Fieramosca / Salini, Luigi
Ettore Fieramosca
(è opportuno qualificare l'ultimo titolo, anche se il catalogo non include al momento titoli omonimi privi di intestazione principale, per identificare con chiarezza l'opera a cui si riferisce).
Quest'ultima osservazione potrebbe risultare impropria, dato che il documento della Commissione RICA intende riferirsi a intestazioni e non a registrazioni di autorità (che richiedono informazioni complete e strutturate, definibili sulla scorta di GARE e FRAR), e in considerazione del fatto che in precedenti documenti la stessa Commissione ha messo sull'avviso dal non confondere, e sovrapporre, le une con le altre. In ogni caso, pur rimanendo nell'ambito delle intestazioni catalografiche, sarebbe opportuno definire a quale livello catalografico si configura la situazione bibliografica di compresenza di titoli identici. Se il contesto di riferimento primario sono i cataloghi collettivi elettronici, come risolvere il problema della compatibilità tra uso locale (che oggi può significare anche nazionale) e contesto globale, internazionale e multiculturale?
Infine, nel ribadire, anche a proposito dei titoli, l'opportunità di adottare una logica indicizzatoria unificata, che non si limiti a considerare solo le opere coinvolte nella relazione di autore, si richiama la necessità di rifondare, oltre che il codice, anche la politica di indicizzazione, con un rilancio di una attività informativa e catalografica realmente e organicamente partecipata tra le diverse istituzioni che dovranno concordare una divisione del lavoro di indicizzazione, al fine di costituire archivi letterari, musicali, cinematografici, documentari, ecc. comuni, omogenei e integrati.

È evidente che il commento della Commissione AIB è fortemente influenzato dalle considerazioni di ordine concettuale introdotte da FRBR e FRAR, e non tiene conto delle restrizioni e dei condizionamenti alla applicazione dei nuovi concetti derivanti dalla necessità di confrontarsi con il formato UNIMARC per lo scambio dei dati (in questo caso di autorità), in cui:

  1. si parla di Heading-Uniform title (230), Heading-Collective uniform title (235), Heading-Name-title (240), Heading-Name/ Collective uniform title (245), cioè di intestazioni di raggruppamento di record relativi alla stessa opera, o di record relativi a tutte le opere di un autore, o di record relativi a opere o documenti in serie, di record relativi alle varie opere e tipologie e forme di opere di un autore prolifico;
  2. i record raggruppati descrivono manifestazioni; manca quindi il riferimento ad altre entità e la rispondenza tra nome e entità che il nome denota: abbiamo invece bisogno di una chiara demarcazione tra i nomi delle opere, i nomi delle espressioni, e i nomi delle manifestazioni, al fine di delineare la struttura completa e organica degli indici per le opere, le versioni, e i documenti relativi alla stessa opera, in cui ogni indice potrà costituire uno snodo efficace per individuare e identificare le relazioni pertinenti tra le entità bibliografiche e documentarie indicizzate.

Si ritiene quindi opportuno seguire più da vicino i tentativi di evoluzione del formato MARC in adeguamento ai nuovi modelli concettuali di analisi bibliografica e di identificazione delle entità e relazioni, prima di perpetuare, in un nuovo codice, meccanismi catalografici desueti (quali il ricorso a intestazioni di raggruppamento/ordinamento, che fanno pensare a organizzazioni di cataloghi sequenziali e non relazionali) o dubbi (quali l'uso di intestazioni e sotto-intestazioni formali).

Osservazioni specifiche

§1. Scelta del titolo uniforme. Per quel che riguarda il nome proprio delle opere, l'alternativa tra rispondenza al criterio editoriale o al titolo della tradizione citazionale/repertoriale si risolve opportunamente in favore di quest'ultimo, che comporta anche l'uso della lingua originale. Il ricorso alla forma in lingua italiana è previsto solo quando il titolo originale non sia noto o determinabile o non sia comunemente in uso. Tuttavia, si ricorre al titolo comunemente noto in italiano:

  1. per i testi sacri (§1.2.3) [ma diversamente, per altri tipi di opere di carattere religioso (citate in §1.2.4.1-.5) è previsto l'uso della lingua originale]; e
  2. per i trattati, concordati, convenzioni o accordi internazionali. È inoltre da rilevare che in relazione alla indicizzazione delle opere liturgiche ufficiali della Chiesa cattolica, degli ordini religiosi e delle organizzazioni locali (§ 1.2.4.1) si verifica una duplice improprietà: la prima è che la nota 8 prescrive che "Negli esempi di questo paragrafo, per chiarezza, i titoli sono sempre accompagnati dalle relative intestazioni principali [...].": ci sembra che i titoli delle opere debbano essere accompagnati dai nomi delle persone o enti responsabili della loro creazione, non dalle "relative intestazioni principali" perché il responsabile dell'opera è tale anche se non è una intestazione principale. La seconda è che il titolo tradizionale dell'opera in lingua originale risulta qualificato dall'intestazione principale in italiano.

§ 1.2.2: il caso di edizioni di manoscritti o documenti è tautologico rispetto alla definizione di titolo data dalle RICA ("Nome con cui un'opera è pubblicata o generalmente conosciuta"); perciò, a meno di sostenere che il titolo è quello dell'originale manoscritto -- che è legittimo, ma non sembra in linea con l'attuale impostazione del lavoro -- la norma risulta contraddittoria ("pubblicati con una designazione tradizionale o convenzionale che non è propriamente il titolo"), ma anche inutile se riferita all'opera e fuori luogo se riferita all'edizione.
§§ 1.2.4.2 -- 1.2.5.2: si usa alternativamente l'espressione "si adotta come titolo uniforme" o "si registrano sotto"; non è chiaro se la seconda espressione significa "si adotta come titolo uniforme" oppure ci si riferisce alla registrazione a livello della pubblicazione.
§ 1.3.1.1 (forma latina del titolo per i titoli in alfabeti o sistemi di scrittura diversi): in realtà dagli esempi si deduce che il titolo uniforme non è la forma latina, ma la forma latina e la trascrizione della forma greca unite dal segno di uguale. Allo stesso modo, al § 1.3.1.2, la forma traslitterata o trascritta in alfabeto latino precede la forma nella lingua e nel sistema di scrittura originale (ciò comporta probabilmente differenze nell'ordinamento dei titoli uniformi ...). Anche il rinvio (p. 19) è dalla traslitterazione o trascrizione e forma originale, e non dalla forma originale e trascrizione (cfr. I protocolli dei savi Anziani di Sion).
§ 1.3.2: nel caso di opere pubblicate in più lingue con titoli diversi, "si fa rinvio dai titoli nelle altre lingue o, se queste sono molto numerose, dalle più diffuse"; sarebbe meglio suggerire che sia il singolo catalogo a stabilire un ordine di preferenza delle lingue, in funzione della propria utenza.
§ 1.3.3: lascia perplessi l'adozione, in caso di varianti grafiche, della "Forma corrente nell'uso moderno o più diffusa" per identificare i titoli di opere antiche.
§ 2. Elementi del titolo uniforme.
Sotto questo paragrafo non sono citati tutti gli eventuali elementi di identificazione e qualificazione del titolo dell'opera, ma i criteri di determinazione del titolo dell'opera in assenza di un titolo tradizionale o convenzionale. Questa situazione bibliografica dovrebbe forse essere meglio espressa nel titolo del paragrafo. È evidente che il criterio di indicizzazione non può essere che quello editoriale: in questo ambito, tuttavia, si dovrebbe problematizzare esplicitamente la relazione e l'efficacia indicizzatoria dei vari titoli editoriali: titolo proprio dell'edizione originale dell'opera, titolo sotto cui l'opera è stata pubblicata, titolo proprio della manifestazione originale (secondo la tipologia dei titoli presente in FRAR). È invece adottato un unico criterio: la forma del titolo proprio prevalente nelle pubblicazioni. La proposta del 5. capoverso ("Titoli molto lunghi o prolissi possono essere abbreviati [...]"), sul piano descrittivo, con i dovuti distinguo, potrebbe essere ragionevole; sul piano identificativo dell'opera, invece, questa operazione non ha senso (per restare alla analogia, parzialmente infondata, tra titoli delle opere e nomi degli autori, quale impiegato dell'anagrafe si permetterebbe di abbreviare il terzo, quarto ecc. nome per finire prima la registrazione e rischiare di non identificare la persona?); lo scopo principale del titolo uniforme è l'identificazione, non l'accesso.
§ 3. Qualificazioni e altri elementi per distinguere titoli identici.
È opportuno ribadire quanto espresso nelle considerazioni generali: nel documento RICA il problema al quale il par.3 cerca di rispondere è quello dell'identificazione dell'opera "in assenza di una intestazione principale o quando questa non è sufficiente". Tuttavia, la formulazione del primo paragrafo: "Le qualificazioni sono elementi che si aggiungono al titolo uniforme allo scopo di identificare un'opera più chiaramente e compiutamente o di distinguerla da altre con lo stesso titolo, in assenza di un'intestazione principale (cfr. il par. 0.6) o quando questa non è sufficiente..." crea incertezze riguardo al livello logico al quale appartiene il procedimento: si tratta di indicazioni relative alla costituzione della registrazione di autorità? O si tratta invece di un procedimento relativo alla creazione di una intestazione (definita come "formulazione, a volte piuttosto complessa, che il catalogatore stabilisce, seguendo norme precise, per rappresentare nel catalogo una determinata entità (una persona o un ente, un'opera, un tema, ecc.)"; cfr. A. PETRUCCIANI, Ragioni e principi della revisione delle RICA, Bollettino AIB, 2005, 2: 149-184)? O, ancora, si tratta di un processo di identificazione di una manifestazione di un'opera, come indurrebbe a pensare il riferimento, in verità infelice, alla "intestazione principale"?
In ogni caso, se si tratta, come sembra, di creare prima di tutto un'anagrafe delle opere, nel quale il termine "intestazione" costituisce il punto di accesso controllato per l'opera, sarebbe opportuno, se non altro per chiarezza, togliere qualsiasi riferimento, nel dispositivo di identificazione dell'opera (il titolo uniforme), alle intestazioni, principali o secondarie.
§ 4. Aggiunte convenzionali al titolo uniforme.
Sono anticipati in questo paragrafo alcuni elementi che si suppone saranno sviluppati più dettagliatamente e sistematicamente nel preannunciato documento sulle "espressioni": valuteremo questo argomento quando si avranno maggiori informazioni.
§ 4.2. A parte la valutazione dell'opportunità di trattare in questo documento i titoli delle espressioni, rimane il dubbio che il suggerimento della nota 18 sia valido, cioè se sia effettivamente possibile ricavare automaticamente un elemento di qualificazione relativo ad un titolo di una espressione da una registrazione che si riferisce, necessariamente (cfr. IME ICC), al livello logico della manifestazione. Il titolo uniforme è un dispositivo di recupero artificiale che non ha necessariamente riferimento ad una specifica pubblicazione; pubblicazione e titolo uniforme dell'espressione si trovano su due livelli logici differenti.
§ 5. Titoli uniformi collettivi. Questo paragrafo è da riformulare, dopo aver chiarito la funzione e la natura di questi titoli.

Per quanto riguarda le "Intestazioni uniformi per le edizioni della Bibbia", si ritiene che il grappolo delle intestazioni, rinvii e richiami presentati nella Lista alfabetica siano esemplificativi e non esaustivi, data la formulazione dei titoli esclusivamente in italiano e latino, laddove nel documento sui "Titoli uniformi" è presente, per es., anche la forma greca del titolo. Inoltre, nel "Prospetto in ordine sistematico", perché non diversificare la simbologia dei richiami ascendenti da quelli discendenti? E ancora, anche per l'indicizzazione delle varie versioni e traduzioni (espressioni) della Bibbia ci sarà un capitolo ad hoc?


Copyright AIB 2006-07, ultimo aggiornamento 2006-07-21 a cura di Stefano Gambari e della Redazione AIB-WEB.
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