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Le biblioteche statali universitarie e le università: quale integrazione?

Bologna, Aula Magna della Biblioteca Universitaria
18 e 19 dicembre 1998


Relazione

di Gabriele Mazzitelli

Da anni perseguiamo, consentitemi di parafrase il titolo di un'opera di Pasolini, "il sogno di una cosa": la creazione in Italia di un sistema bibliotecario armonico. Vicende storiche e situazioni contigenti hanno condizionato e condizionano fortemente la realizzazione di questo sogno: la cooperazione e la possibile integrazione delle risorse appare difficile in molti settori del nostro vivere civile. Le biblioteche non sono da meno e le difficoltà sono molte anche laddove gli sforzi non mancano.
A partire dalla fine degli anni ottanta e, forse, anche grazie al diffondersi di SBN, nelle Università si è assistito al tentativo di costituire i primi sistemi bibliotecari di Ateneo. Dopo anni di separatismo e di divisioni ci si è resi conto che sarebbe stato un vantaggio per tutti poter disporre delle informazioni bibliografiche presenti nell'intero Ateneo: infatti se alle biblioteche di istituto si erano più o meno gradualmente sostituite le biblioteche dipartimentali, il particolarismo, lo spezzettamento delle risorse restava. E per molti la parola d'ordine è stata quella di creare un catalogo unico, quale risultato di un sistema di biblioteche organicamente costituito.
Oggi il gruppo del MURST coordinato dal prof. Sdralevich si pone l'obbiettivo di creare un Sistema bibliotecario dell'Università: progetto forse ambizioso ma che spiega quanto l'esigenza di quell'armonia di cui dicevo all'inizio è fortemente sentita da docenti e bibliotecari.
Tra l'altro lo sviluppo della rete e la possibilità di rendere disponibili in linea i cataloghi hanno reso più facile anche da un punto di vista tecnico lo scambio di informazioni.
In questo quadro come giudica la Cnur il possibile passaggio delle biblioteche universitarie del Ministero per i Beni e le attività culturali alle Università? Ovviamente condividiamo in pieno tutte le osservazioni e le critiche avanzate ripetutamente dal CEN all'articolato che è poi stato approvvato. Ma, fatte salve quelle critiche, vorrei anche lapidariamente aggiungere che non avremo nulla da eccepire se questo passaggio avverrà con buon senso e raziocinio.
La molteplicità dei problemi invita alla prudenza. Dobbiamo non perdere di vista degli obbiettivi generali, ma non possiamo nemmeno far finta di ignorare quella realtà che è spesso oggetto di critica anche da parte nostra.
Vedete ho la sensazione che così come sarebbe opportuno cambiare la dizione "biblioteche pubbliche statali", al tempo stesso l'aggettivo 'universitarie' che oggi si dà a queste biblioteche non risponda a una connessione davvero organica con le Università. Anzi, il trasferimento di competenze avvenuto nel 1975, ha sostanzialmente fatto considerare alle Università queste biblioteche come dei corpi estranei. Ancor di più: si direbbe quasi che sia nata una sorta di insanabile conflittualità tra queste biblioteche e le Università che spesso le ospitano nei loro locali. E se non si tratta di conflittualità è quanto meno indifferenza.
Certo non possiamo dimenticare che il trasferimento del 1975 avvenne quando ancora non esisteva il MURST e forse già in un momento in cui si andava evidenziando un mutamento di sostanza: da biblioteche, chiamiamole così, centrali delle università queste biblioteche si stavano trasformando in luoghi di conservazione di fondi spesso pregiati, ma senza avere più la forza di competere con le accresciute necessità della specializzazione disciplinare a cui erano più capaci di rispondere le biblioteche degli istituti prima e dei dipartimenti poi.
Questo solco si è, però, andato accentuando dopo il 1975. Si pensi anche ai finanziamenti: non v'è dubbio che le università negli ultimi anni hanno potuto destinare alle biblioteche una quantità di denaro senz'altro superiore a quanto non ne potesse stanziare il Ministeri per i Beni culturali. Un altro esempio evidente è l'avvento di Internet e il ritardo con cui queste biblioteche si sono potute dotare di connessioni che senz'altro le biblioteche delle università hanno avuto con maggiore facilità
Certo se oggi il passaggio sancito dall'articolo 151 deve essere inteso come la volontà del Ministero di liberarsi di un peso (anche contabile), per passarlo a un altro Ente dello Stato oppure come la realizzazione del desiderio di qualche Rettore di riappropiarsi di spazi fisici, si è legittimati a pensare che questo trasferimento risponda a logiche non proprio in linea con quel riformismo da tutti auspicato, ma piuttosto con il solito scaricabarile. Scambiate le parti si ripresenteranno gli stessi problemi gestionali che esistono adesso. E come ignorare il problema del personale? Verranno istituti dei ruoli a esaurimento? Si consentirà una mobilità tra le diverse strutture universitarie? Si avrà nelle biblioteche delle Università l'invasione di none qualifiche da molti paventata?
Pare strano che per definire questo possibile passaggio la scelta del legislatore sia stata quella di non definirlo. Anche se, diciamo la verità, nasce il sospetto che questo fosse l'unico per proporlo. Di fronte alla complessità dei problemi non è nuovo l'espediente di ignorarla. Di modo che sia poi l'uso a fornire un possibile regolamentazione. Se poi l'uso diviene abuso, altre leggi interverranno.
Ma tra le troppe regole e nessuna deve esistere una strada mediana. Almeno il buon senso dovrebbe farci sperare che istituti che hanno spesso tradizioni secolari non vengano abbandonati a se stessi, ma siano resi partecipi di uno sforzo coordinato delle Università per creare un efficiente sistema di interrelazioni bibliotecarie sul territorio. Le opportunità che ci vengono oggi offerte dalla rete possono farci superare delle difficoltà che prima sembravano insormontabili. Al tempo stesso l'aumento dei costi di gestione spinge verso la creazione di consorzi, di unità operative formate da più realtà bibliotecarie, meglio se da più università. E allora perché non pensare che queste biblioteche universitarie assumano una funzione di centri di servizi. Fatte salve le dotazioni di base e la tutela dei fondi di pregio, forse è inutile che queste biblioteche 'rincorrano' le biblioteche delle università, ma che invece diventino poli regionali o interregionali di gestione di servizi, quali il document delivery, la gestione dell'editoria elettronica, insomma di servizi avanzati per l'utenza. So che questo contrasta con quel gap tecnologico di cui dicevo, ma in un progetto di sviluppo questo gap potrebbe pur essere superato, come per altro già adesso sta avvenendo.
Certo, per far ciò ci vuole almeno un'autonomia gestionale completa e la possibilità di ricevere finanziamenti da soggetti diversi. In questo quadro la dipendenza amministrativa assume un valore assolutamente secondario. Che l'Ente di riferimento sia il Ministero o il Murst o la singola università poco importa. Magari potrebbero essere le università di una o più regioni ad avere interesse a finanziarie servizi bibliotecari avanzati di una biblioteca che avoca a sé non la gestione del patrimonio, ma quella di servizi per l'utenza.
Ho in mente un sistema federale, in cui queste biblioteche universitarie, abbandonato l'attuale modello di sviluppo e le generiche attribuzioni previste dal regolamento del 1995, diventino il punto di raccordo regionale della ricerca e della documentazione scientifica, in stretto rapporto d'azione con le biblioteche delle università già esistenti, nell'ottica della creazione della Biblioteca nazionale italiana quale risultato di una effettiva collaborazione di tutte le biblioteche operanti sul territorio nazionale, indipendentemente dal software di gestione utilizzato e dall'appartenenza tipologica. In ogni singola realtà si dovrebbe procedere a un'attenta analisi della situazione bibliografica esistente, valutare la validità delle biblioteche operanti, agire di concerto per raggiungere il massimo benificio con il minor costo.
So che questa idea può apparire azzardata. La propongo alla vostra attenzione non perché non conosca i problemi quotidiani, ma perché il nostro sistema bibliotecario ha bisogno di una rivoluzione copernica a cui tutti dobbiamo cercare di contribuire. Questo scorcio di secolo ci ha fatto assistere a mutamenti che solo venti anni fa sarebbero sembrati impensabili. Il nostro Paese fa molta fatica a perseguire la via delle riforme. Esistono situazioni sedimentate nel tempo e nessuno ha voglia di rischiare: è umano ed è comprensibile. Ma se davvero cambiare è necessario dobbiamo anche accettare qualche rischio. Certo le preoccupazioni non mancano, ma non deve venir meno neanche uno spirito progettuale. Non è possibile che l'unico sbocco di certe lamentele sia la lamentela stessa, nella certezza che ogni rimedio sarà peggiore del male.
Di sicuro sarebbe meglio se vi fosse un armonico rapporto tra tutti i soggetti interessati al cambiamento. Auspicheremmo che i Ministeri si sburocratizzassero, che i docenti universitari si rendessero conto che il cattivo funzionamento delle biblioteche testimonia di un scarsa qualità scientifica complessiva delle università in cui insegnano e non va a detrimento dei singoli bibliotecari, che tutti noi fossimo disposti a studiare, a aggiornarci, a rendere viva la nostra professione.
I problemi non si risolvono in un giorno e nemmeno con una legge o con una mezza legge, ma la coscienza che noi tutti abbiamo della necessità di un mutamento deve spingerci a nutrire con Pasolini quel "sogno di una cosa" che può assumere forme e modi diversi, ma che sarà il risultato solo di uno sforzo comune e serio. Spesso dimentichiamo che il nostro compito è quello di risolvere i problemi, non di crearli. E a questo problema una soluzione bisognerà trovarla: meglio se tutti quanti assieme cerchiamo di dare il nostro contributo critico e fattivo, malgrado l'inevitabile pessimismo della ragione.
Un sistema bibliotecario armonicamente strutturato è il punto di arrivo di un processo culturale che l'integrazione europea e il diffondersi di Internet possono notevolmente aiutare. La strada che porta dal "sistema bibliotecario che non c'è" a un sistema bibliotecario armonico deve essere percorsa con prudenza, ma anche con decisione. Deve aumentare la nostra capacità di incidere sulle istituzioni, devono sostenerci delle leggi ben fatte, ma anche la coscienza che se un mutamento è necessario, spesso siamo anche noi stessi a dover accettare dei cambiamenti. Il fatto che il Ministero per i Beni culturali e per le attività culturali sia disposto ad abbandonare la gestione delle biblioteche universitarie può anche rappresentare un'occasione per queste biblioteche. So bene che immaginare un percorso lineare in cui, fatti salvi gli interessi di tutti, si operi nel pieno rispetto del buon senso è abbastanza utopistico. Credo, comunque, che il nostro compito sia quello di essere presenti, di intervenire, di proporci come interlocutori credibili.
Come ricordavo all'inizio, il Comitato esecutivo nazionale dell'AIB ha preso una posizione decisa su questo argomento. Questa posizione è ovviamente anche la nostra. Sarebbe davvero preoccupante se in nome dell'art. 151, invece di potenziare i servizi per l'utenza, si ottenesse il risultato di cancellare biblioteche che rappresentano, comunque, dei punti di riferimento per lo studio e la ricerca. E' bene che le Università che vogliono avvalersi di quanto previsto dal'articolo lo facciano con intelligenza e raziocinio, avendo ben presente la complessità dei problemi. Da parte nostra possiamo assicurare che saremo attenti e vigili: coltivare dei sogni non vuol dire annegare nel sonno i dispiaceri.


Copyright AIB 1999-03-23, a cura di Elena Boretti
URL: http://www.aib/it/aib/commiss/cnsbnt/mazzitel.htm


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