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Commissione nazionale libro antico e collezioni speciali

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Angela Nuovo

Il progetto Et amicorum della Commissione AIB Libro Antico

Il programma della Commissione AIB Libro Antico (2008-2011) si è identificato integralmente in un progetto di ricerca, incentrato sul tema delle provenienze dei libri: il titolo richiama naturalmente (ma vuole essere solo una suggestione) la formula vergata dagli umanisti sui loro manoscritti, formula che si diffonde largamente sui libri a stampa, soprattutto nel Cinquecento. Già da diversi anni, il tema delle provenienze si è imposto come uno dei temi di punta dello studio delle collezioni antiche a livello internazionale. In estrema sintesi, identificare le provenienze dei libri attraverso i segni sui libri stessi consente due principali percorsi di ricerca: a partire dalla provenienza, lo studio di nuclei librari riconducibili a un medesimo proprietario, individuale o collettivo; a partire dall’edizione di un’opera così come testimoniata dal singolo documento, la sua fortuna, i suoi lettori e le modalità di lettura e studio cui, nei secoli, è stata sottoposta.

La maturità cui il tema (per altro mai scomparso dagli interessi dei bibliotecari e degli studiosi) è giunto in Italia è dimostrato dalla pubblicazione del volume Provenienze: metodologia di rilevamento, descrizione e indicizzazione per il materiale bibliografico, documento elaborato dal Gruppo di lavoro sulle provenienze coordinato dalla Regione Toscana e dalla Provincia autonoma di Trento; a cura di Katia Cestelli e Anna Gonzo. [Trento]: Provincia autonoma di Trento, Soprintendenza per i beni librari e archivistici; [Firenze], Regione Toscana, Giunta regionale, 2009.

Non si tratta solo di un manuale di rilevazione e registrazione delle provenienze (per altro, a questo livello di complessità, unico al mondo) ma soprattutto di un contributo scientifico allo studio degli esemplari. Dopo una meditatissima Premessa (p. 15-22), volta a chiarificare concetti e metodi di lavoro, il volume offre una metodologia di lavoro affidabile e certa, corredata da tutta una serie di strumenti (di definizione, ad esempio, e di esemplificazione) volti alla normalizzazione del processo di rilevamento e registrazione. A questo lavoro si possono oggi rinviare tutti coloro che debbano affrontare il problema.

Per quanto riguarda la Commissione, preliminare all’avvio dell’attività è stata l’analisi di quanto già fatto all’estero, non tanto nell’ambito del rilevamento delle provenienze, quanto nell’ambito della comunicazione elettronica di questo tipo di ricerche così come messa a punto negli ultimi anni. Il punto di partenza immediato è stato la risorsa Provenance Information sul sito del CERL. Il sito presenta due risorse, I cataloghi on-line On-line provenance resources (diviso per nazioni) e Incunables: OPACs and lists with Provenance Data che dimostra una maggior enfasi sugli incunaboli, sui quali esiste il maggior interesse, vedi anche iniziative come l’Index possessorum incunabulorum.

Ad una analisi ravvicinata, le tipologie di trattamento delle provenienze riscontrate sono raggruppabili in tre diverse categorie:

  1. risorse che offrono una semplice lista di possessori, senza rilevazione documentaria dettagliata, con rimando al numero del repertorio in cui l’edizione èdescritta (ISTC) e caso mai alla segnatura del volume di biblioteca. A volte si tratta di una messa a disposizione in rete di risorse che la biblioteca possiede su carta: ad esempio, il Provenance Index to UMI-STC microfilms (1475-1640), oppure l’indice Provenance names della Canterbury Cathedral Library
  2. risorse che offrono un’indicizzazione dettagliata delle provenienze, con o senza riproduzione digitale. A ogni possessore corrisponde una scheda molto approfondita, e che fa riferimento a un volume di cui vengono rese disponibili le riproduzioni digitali delle parti interessate. Può difettare in questo caso, o riuscire piuttosto elaborato, il legame con la descrizione bibliografica del volume, nell’OPAC interno, o in riferimento a repertori bibliografici: ad esempio, il Provenance & Binding Indexes del St John's College (University of Cambridge), oppure l’eccellente base di dati Provenance des livres anciens della Biblioteca Municipale di Lione, dove il link bibliografico non va sempre direttamente alla notizia, o non in modo completo, ma dà talvolta l’impressione di "buttare fuori" e costringe a ripetere da capo la ricerca, perché l’OPAC non è interrogabile direttamente dal nome del possessore. Questo accade perché la risorsa dei possessori è stata costituita in un tempo differente da quello in cui si è costituito l’OPAC. Esemplare è invece il trattamento della stessa informazione nel catalogo Antics posseïdors del Fondo Antico dell’Università di Barcellona, ove ogni scheda è corredata dalla riproduzione digitale e dal contestuale rinvio all’OPAC.
  3. i veri e propri OPAC, di singole istituzioni o collettivi o specializzati, già progettati per contenere l’area delle provenienze, e interrogabili a partire da queste. Consentono l’integrale ricostruzione delle collezioni storiche, sono agevolmente interrogabili: ad esempio, l’eccellente risorsa Opera poetica Basiliensia, che offre la possibilità di ricerca per possessori (Vorbesitzer) con molte illustri provenienze complete di riproduzioni digitali.

Naturalmente, la soluzione degli OPAC (o delle risorse di provenienze dotate di un link agli OPAC, per quanto queste ultime siano interrogabili solo a partire dalla notizia di provenienza) è la migliore in quanto tiene in equilibrio le notizie sull’edizione e quelle sugli esemplari, scaturendo, almeno in via metodologica, da un solo atto di analisi dell’oggetto. Ma per quanto possiamo verificare sugli Opac stranieri, anche molto accurati e affidabili, la rilevazione delle provenienze rimane sempre un atto complesso che richiede competenze non facilmente delimitabili. Gli errori (o le omissioni) non sono rari, e risultano più gravi in quanto, in assenza di riproduzioni digitali sistematiche, l’utente non è in grado di correggere o integrare l’informazione. Un esempio che si può citare tra i tanti che riguarda un libro della Biblioteca Complutense di Madrid, biblioteca che ha negli ultimi tempi incrementato enormemente il numero di riproduzioni integrali di libri antichi grazie alla sua adesione al progetto Google Books. La riproduzione qui riportata non è disponibile in linea.

[ill. 1]

Si tratta della nota di possesso di un volume medico, stampato a Lione da una società di editori italiani tra cui Giovanni Giolito. Vediamo chiaramente due note di possesso. La prima è di uno spagnolo, Chavez («soy de Chavez»), che lo ha comprato nel 1741. Qui il prezzo dimostra l’esistenza di un mercato per questo libro a piú di due secoli di distanza dalla pubblicazione. Ma piú interessante è quella che sarà da considerarsi la piú antica provenienza, che qui trascrivo: 1522 D. D. h. 13 25 martij Venetijs. Hunc ego Michael Lippus Bellunensis emi librum per L. 2 s. 10 (tre parole forse crittografiche) et per ligatura L. 1 s.

[ill. 2]

Così il libro fu stampato a Lione ma acquistato a Venezia circa 10 anni dopo, da Michele Lippo di Belluno, il primo possessore a farlo legare, non abbastanza ricco si direbbe da farsi allestire una legatura con il suo stemma ma capace di farci comunque sapere delle sue nobili origini. Infatti al verso del frontespizio egli stesso disegna l’aquila imperiale con il cimiero e le sue iniziali M[ichael] L[ippus] B[ellunensis] e il suo titolo Me[dicinae] Do[ctor] e i suoi colori («verde, roso»).

[ill. 3]

La memoria di un uomo, e delle sue ambizioni, è racchiusa in questo libro. Sono note di possesso come queste a fornire affascinante spessore biografico alla ricerca bibliografica. Però purtroppo, quando andiamo a cercare la notizia sull’OPAC, solo il possessore Chavez, che è di fatto anche la provenienza del libro, viene segnalato; il possessore precedente, e tanto più interessante anche perché primo e ben più loquace, non esiste. [ill. 4]

Secondo quanto è stato concordato dalla Commissione nel suo insieme, la modalità attraverso la quale la ricerca si formerà e verràcomunicata prevede principalmente, sulla scorta dell’esempio del lavoro fatto dal CERL, la creazione di una risorsa elettronica dedicata alle provenienze rilevabili sui libri stampati nel Quattrocento e nel Cinquecento. I secoli sono stati scelti per vari motivi tutti intuibili, ma soprattutto perché si voleva lavorare su un periodo che godesse di una copertura catalografica affidabile.

Lo svolgimento diciamo così “centrale” della ricerca, ovvero quanto di competenza della Commissione, prevede un programma modulare articolato in varie fasi. Dico “centrale” perché questo lavoro ha senso se mette in moto un movimento e riesce a coinvolgere il maggior numero di colleghi sia nella discussione che nella realizzazione del lavoro. L’obiettivo è quello di costruire un punto di riferimento on-line dove raccogliere risorse in modo da facilitare la ricerca e il confronto. Sono forniti perciò, in una prima fase, strumenti bibliografici che facciano il punto della situazione, la base di partenza italiana: un elenco commentato dei vari OPAC italiani che riportano i dati di provenienza (di Giuseppina Vullo), una bibliografia di cataloghi a stampa completi di provenienze (di Anna Gonzo).

La Commissione cercherà poi di promuovere, con la collaborazione dei referenti regionali, la costituzione di risorse ricavate da registrazioni preesistenti presso le biblioteche italiane allo scopo di offrire a studiosi e bibliotecari un primo strumento di ricognizione sulla provenienze di collezioni librarie antiche. La collaborazione sollecitata potrà riguardare sia la digitalizzazione di risorse attualmente su carta, sia la fornitura di liste di possessori o di record Unimarc (o in altri formati) da cui verranno estratte e rielaborate le informazioni utili.

La Commissione cercherà, per quanto è nelle sue possibilità, di promuovere nuovi progetti di rilevazione delle provenienze, ora possibili grazie all’esistenza di un documento scientifico per la rilevazione disponibile per tutti, il già citato volume Provenienze: metodologia di rilevamento.

Al fine di instradare le nuove imprese, come anche per renderci meglio conto dei termini di grandezza e complessità dei problemi che si sarebbero dovuti affrontare, abbiamo varato l’allestimento di una sorta di progetto-pilota, la creazione di una nuova risorsa relativa alle provenienze, ovvero la rilevazione delle provenienze degli incunaboli braidensi ad opera di Carla Giunchedi e Aldo Coletto, che ringrazio per l’appassionata disponibilità a farsi coinvolgere in questo progetto.

Si é lavorato su una collezione di incunaboli di 2.360 esemplari; 656 esemplari hanno palesato la presenza di dati utili, quindi circa un terzo. La rilevazione dei possessori era in parte già presente in biblioteca, sia in un catalogo “storico” a schede della Biblioteca, che, limitatamente agli incunaboli milanesi, grazie alla ricerca della dottoressa Katia Toia che molto gentilmente ha concesso il riutilizzo del suo lavoro. Voglio però sottolineare ed enfatizzare l’importanza che queste rilevazioni, che non godono della stessa standardizzazione della catalogazione descrittiva, siano affidate a personale bibliotecario che ha passato tutta la sua vita lavorativa in una determinata istituzione, e ha sviluppato competenze notevolissime sulla storia dell’istituto. Pare infatti che questo modello di bibliotecario/a legato all’istituzione sia in via di estinzione, e non é chiaro che modello lo sostituirà, perché per il momento tali lavoratori non vengono rimpiazzati in alcun modo.

Gli incunaboli sono stati ripresi in mano e le provenienze sono state rilevate seguendo le direttive del volume Provenienze: metodologia di rilevamento. Il lavoro che ne è scaturito é disponibile in un semplice file di testo che consente tutti i tipi di ricerca per parola e che potrebbe, se lo si ritiene necessario, diventare un Opac. Normalmente infatti, gli incunaboli non sono compresi negli OPAC delle biblioteche (tra le eccezioni l’Ambrosiana, la Riccardiana, la Casanatense, la Biblioteca degli Intronati di Siena e la Biblioteca Comunale di Trento). Complessivamente l'elenco della Braidense corrisponde meglio alla proposta del manuale per il livello minimo di descrizione e indicizzazione (p. 142-146), applicata con alcune delle precisazioni richieste per il livello più ampio (l'accuratezza delle trascrizioni, le precisazioni cronologiche per gli enti e le persone e le forme utilizzate nell'indicizzazione). É disponibile attualmente in formato word come tabella, e in pdf, che dovrebbe essere la versione in cui la Biblioteca intende metterlo a disposizione del pubblico. Gli indici finali permettono di rendersi subito conto dell’importanza dei vari nuclei di provenienza, mentre i dati sono ancora abbastanza limitati da poter essere reperiti con una ricerca per parola (o numero).

Ma naturalmente l’aspetto innovativo e al quale oggi é quasi impossibile rinunciare é la riproduzione dell’immagine. É infatti previsto un link alle immagini delle provenienze. Di fatto é evidente che, per quanto possano essere ampie le competenze dei bibliotecari (che nel caso in questione sono ottime) alcuni possessori possono essere identificati con certezza solo da coloro che conoscono, per altre vie, elementi quali grafia del possessore, usi scrittori, stemmi/emblemi o altri dati di contesto. Ma la semplicità di questa proposta mira a rendere facilmente imitabile questo progetto-pilota, nella speranza che altre biblioteche promuovano simile rilevazione.

Non sono poche le biblioteche a possedere rilevamenti di provenienza, realizzati in vari periodi, che si potrebbero rielaborare e mettere a disposizione del pubblico in rete in un tempo relativamente limitato - in Braidense questo lavoro è stato miracolosamente attuato in soli due mesi e mezzo - oggi che abbiamo delle regole fissate sulle modalità e le logiche della rilevazione. La realizzazione di queste risorse potrebbe avvenire laddove non esistono progetti di ricatalogazione delle collezioni antiche, soprattutto incunaboli, che accolgano nel record bibliografico la rilevazione della provenienza, fornendo nel contempo l’immagine digitalizzata che difficilmente è presente negli OPAC.

Il ruolo della Commissione dovrebbe essere quello di promotore e collante, soprattutto attivo nella predisposizione di un sito web in cui riunire le varie risorse. Naturalmente, l’esperienza delle grandi imprese italiane nel campo della bibliografia retrospettiva indica la necessità di una regia nazionale, o per lo meno regionale, ma ovviamente questa prospettiva implica delle risorse adeguate, e un coinvolgimento istituzione, che sono da considerarsi al di fuori della portata della Commissione AIB Libro Antico. Sempre l’esperienza pregressa dimostra però che le grandi imprese non nascono da zero, ma quando già esiste una massa critica di lavori pre-esistenti e un pubblico che ha ne coscienza, un pubblico-cliente. Così é successo ad esempio con i cataloghi stampati di cinquecentine (anche qui la Braidense fu all’avanguardia) che hanno preceduto il censimento, oggi Edit16. Se ci sono voluti circa tre secoli per un censimento mondiale degli incunaboli, e almeno cinquant’anni per le cinquecentine italiane, oggi forse le tecnologie ci danno la possibilità di abbreviare i tempi. Oggi siamo perfettamente consci del fatto che una rilevazione sistematica delle provenienze porterebbe dati nuovi e fondamentali anche alla storia della circolazione libraria, della lettura, dell’accesso al libro, del costo del libro, aprendo nel contempo prospettive inedite per la storia della cultura.

Recentemente, in una conferenza tenuta a Roma, William StClair, uno dei più grandi storici del libro di oggi, ha rivolto un appello alle nuove generazioni affinché emulino gli illustri studiosi che ci hanno preceduto lasciandoci formidabili repertori catalografici, bibliografici e d’ambito archivistico, nel costruire nuove risorse di dati fattuali, ovvero grandi masse di informazioni empiriche tratte dalle fonti materiali. In particolare, StClair va diffondendo l’impresa da lui appena varata insieme a Simon Eliot dal titolo Record of Historic Book Production and Prices (HBPP). L’idea che muove questo progetto é quella di concentrare la ricerca sulla rilevazione di dati informativi nell’ambito di due elementi di centrale interesse per lo storico del libro: tirature e prezzi. Le prime possono essere ricavate quasi solo da dati d’archivio, ma per le seconde le annotazioni sui libri sono forse le uniche davvero probanti (più degli inventari di bottega e delle liste dei librai, potendo sussistere senz’altro una differenza tra la fissazione di un prezzo e il prezzo, di volta in volta, effettivamente pagato). Per una storia delle lettura e del reale accesso al libro, ci sono ben poche fonti, soprattutto per i primi secoli, che diano queste informazioni con tale precisione.

I nostri predecessori, talvolta veri e propri giganti della bibliografia, con la modesta tecnologia allora disponibile, furono in grado di produrre repertori, bibliografie e cataloghi di libri antichi in grado di forgiare la nostra comprensione di molte questioni storiche, allestendo strumenti a cui continuiamo a ricorrere. Nella stessa tradizione, la nostra generazione, che ha dimostrato di essersi già adattata alle nuove tecnologie, deve essere in grado di raggiungere nuovi traguardi. É più un problema di visione e di obiettivi, nonché di organizzazione del lavoro, che un problema tecnico.

Dal punto di vista della ricerca, la storia del libro é stata in grado di costituirsi come disciplina e di svilupparsi ampiamente usando i dati fino ad oggi a disposizione in modo brillante, ma con dei limiti che si fanno via via più evidenti; se essa non amplia la base empirica e fattuale del suo oggetto di studio, come esiste l’opportunità di fare oggi, allora la sua potenzialità di porre questioni storiche più ampie e profonde rimarrà compromessa.

© AIB 2010-01-16, a cura di Aldo Coletto e della Redazione AIB-WEB ([MAIL:]  <AW-cg-tecn@aib.it>)
URL: <https://www.aib.it/aib/commiss/libro/prog.htm3>

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