[AIB]

54º Congresso nazionale AIB

Le politiche delle biblioteche in Italia
Il sistema bibliotecario nazionale

Firenze, Palazzo dei Congressi
6–8 novembre 2007


Programma 54º Congresso AIB

Relazione del Presidente

Mauro Guerrini
Presidente, Associazione Italiana Biblioteche

Dedicato a Luigi

Il 54º congresso AIB è dedicato a Luigi Crocetti, scomparso lo scorso marzo. Luigi ha seguito da vicino la politica che abbiamo cercato di svolgere fin dall'inizio del nostro mandato; una settimana prima della fine, Claudio Leombroni e io siamo andati a trovarlo nella sua casa fiorentina; era seduto su una poltrona, nel bel salotto dal pavimento in parquet verde opaco, fumava un'odiabile sigaretta, teneva ben vicini a sé una copia degli atti di un congresso AIB, le Regole di catalogazione angloamericane e alcuni romanzi. Gli abbiamo parlato della volontà di rileggere criticamente e aggiornare le Tesi di Viareggio, e del tema del congresso AIB del 2007, inserito entro la cornice triennale de Le politiche delle biblioteche in Italia; con voce flebile ma percettibile ha formulato parole di gioia per la vitalità ritrovata dell'Associazione e si è congratulato per la scelta del tema – Il sistema bibliotecario nazionale –, consapevole tuttavia che non avrebbe potuto partecipare ai lavori congressuali. La Biblioteca Servizi Bibliografici della regione Toscana, da lui fondata, porta ora il suo nome. Lo ricordiamo ancora una volta, lui maestro di tutti noi.

Dal 52º al 54º: un congresso lungo un triennio

Oggi s'inaugura la tappa conclusiva di un percorso congressuale di durata triennale, volto ad approfondire lo stato dell'arte dei servizi, della professione e dei sistemi bibliotecari in Italia a vent'anni dalle Tesi di Viareggio, un documento fondamentale per tutta l'azione politica dell'AIB nei decenni successivi. Con lo stesso spirito riformatore orientato allo sviluppo delle biblioteche come infrastruttura scientifica e culturale del paese, ma consapevoli di uno scenario profondamente diverso da quello di vent'anni fa, ci siamo posti l'obiettivo di concludere il triennio di mandato elettorale con la presentazione di una nuova dichiarazione di indirizzi capace di adeguare all'epoca presente la visione e la strategia della nostra Associazione.

Il 52º Congresso, Roma, 2005. Il percorso è cominciato con il 52º Congresso, seguito dall'incontro di Bologna del 2006. Si è discusso in quelle sedi di servizi: qual è la fisionomia di un moderno servizio bibliotecario? Quale il suo apporto al progresso delle conoscenze e allo sviluppo del territorio? Quali le specificità delle diverse tipologie di biblioteca e i fattori che ne influenzano il funzionamento? Rappresentanti delle diverse entità bibliotecarie (Stato, università, enti territoriali) hanno illustrato evoluzione e obiettivi delle rispettive aree d'intervento – tutela, conservazione, documentazione e integrazione delle risorse; promozione culturale e sostegno alla crescita della competenza informativa dei cittadini; supporto alla ricerca scientifica e all'editoria accademica; sviluppo delle biblioteche digitali. Sono state evidenziate le criticità dovute a penuria di risorse, disomogeneità normative e organizzative, mercato editoriale affetto da oligopoli internazionali. Gli interventi di operatori e studiosi delle biblioteche si sono concentrati sull'importanza della valutazione dell'attività bibliotecaria come strumento per farne emergere il valore sociale e per mostrarne i punti di forza e le criticità; sulle azioni possibili per fronteggiare tagli ai bilanci e normative sul copyright sempre più restrittive; sulle nuove implicazioni del diritto d'accesso all'informazione e ai documenti nel contesto sociale, tecnologico e normativo nazionale ed europeo; sullo sviluppo delle raccolte digitali e sulle soluzioni innovative per la loro integrazione. Integrazione delle risorse, cooperazione interbibliotecaria, cultura della valutazione, strategie di advocacy a più livelli si configurano come le leve su cui puntare per il rilancio del servizio bibliotecario pubblico. L'apporto dell'AIB alla qualità del servizio pubblico è centrata sulla definizione e promozione di standard di servizio e buone pratiche, come pure (e particolarmente in questo triennio) sul presidio politico e istituzionale dell'attività legislativa, per esempio in materia di copyright e di deposito legale.

Il 53º Congresso, Roma, 2006. Con il 53º Congresso sono state esaminate le numerose "faccette" del tema della professione: dall'organizzazione del lavoro alle prospettive di riconoscimento; dalla crucialità dell'etica professionale come componente essenziale del bagaglio professionale del bibliotecario alla necessità di identificare i contenuti della professione, ovvero le diverse specializzazioni richieste nei vari contesti organizzativi, a partire da una base comune di competenze e abilità; dall'esame dell'offerta formativa al tentativo di delineare gli obiettivi dell'apprendimento in base ai fabbisogni e di identificare possibili strategie d'intervento. Gli interventi di referenti istituzionali, sociologi, rappresentanti di associazioni professionali, datori di lavoro, rappresentanti di cooperative e aziende di servizi, bibliotecari con contratti atipici, docenti e operatori nel settore della formazione hanno fatto emergere una situazione di profonda crisi. L'evoluzione del servizio bibliotecario, i tagli alla spesa pubblica e le nuove forme di organizzazione del lavoro hanno determinato due effetti contrastanti: il primo è la maggiore attenzione, da parte dei datori di lavoro, ai risultati delle attività e, quindi, una maggiore consapevolezza della qualità di professione intellettuale del lavoro del bibliotecario; il secondo è quello dei contratti atipici, delle esternalizzazioni "al ribasso" e dei concorsi per competenze avanzate ma con inquadramenti bassi. In altre parole, il mercato del lavoro esige sempre meno impiegati generici e sempre più professionisti esperti, però li lascia privi di riconoscimento e di tutela. Questo problema, che affligge ormai molti settori professionali, è particolarmente drammatico nel caso dei bibliotecari, visto che proprio il settore pubblico è per essi la principale fonte di occupazione. Occorre quindi un forte impegno, da parte di associazioni come l'AIB, a favore del riconoscimento giuridico delle professioni non ordinistiche e un'attenzione maggiore che in passato all'applicazione dei codici deontologici, non solo con riguardo ai doveri verso gli utenti, ma anche con attenzione ai doveri verso i colleghi, in particolare quelli atipici e discontinui. A questo scopo, l'AIB partecipa attivamente al CoLAP, coordinamento di associazioni professionali non ordinistiche, e segue con attenzione l'evoluzione parlamentare del dibattito per l'approvazione del disegno di legge "Mastella". Ha inoltre provveduto ad elaborare alcune proposte di riforma dello statuto associativo volte a rafforzare l'importanza e l'autonomia dei probiviri, organo di controllo sul rispetto delle norme etiche. Infine, sta elaborando una riforma del Codice deontologico, che si prevede di portare all'approvazione dell'Assemblea di primavera 2008. Quanto ai contenuti della professione, appare necessario definire, a partire da un nucleo di competenze richieste a tutti, quali specializzazioni sono richieste nei diversi contesti organizzativi. Anche la definizione dei profili professionali dovrà essere collegata a precisi profili d'inquadramento. Il tema dei contenuti è poi strettamente intrecciato con quello dell'offerta formativa: nonostante la crescita numerica dei corsi universitari e privati di biblioteconomia e gli accresciuti investimenti delle pubbliche amministrazioni per l'aggiornamento del personale, non ci si può sottrarre all'impressione dell'assenza di una visione sistemica degli interventi necessari. Proprio nei giorni del Congresso, abbiamo proposto alla Commissione Biblioteche della CRUI un tavolo di lavoro sul tema della qualità dell'offerta formativa. Inoltre, di recente abbiamo somministrato ai bibliotecari italiani un questionario per la rilevazione dei bisogni, i cui risultati serviranno da guida alla programmazione nazionale delle attività 2008, anche in collaborazione con agenzie pubbliche e private.

Tutto il lavoro precedente ha costituito la premessa per giungere preparati al 54º Congresso, dedicato ai sistemi. Questa è infatti la tappa che concluderà il nostro ciclo congressuale e che (nelle nostre intenzioni) aprirà una nuova, forte prospettiva allo sviluppo delle politiche bibliotecarie in Italia.

A vent'anni dalle Tesi di Viareggio

Il 54º Congresso, Firenze, 2007. Vent'anni fa, in Versilia, dal 28 al 31 ottobre, si tenne un congresso storico della nostra Associazione; storico perché in quella occasione fu discusso un documento a tesi denominato Scelte di politica bibliotecaria che molti considerano la vetta politicamente più alta toccata dall'AIB, all'epoca presieduta da Luigi Crocetti. Il documento è noto: si tratta delle cosiddette Tesi di Viareggio, con cui si stabilivano alcune priorità per gli anni a venire; citiamo le prime cinque, che hanno una valenza di fondo: il diritto all'informazione per il cittadino; l'importanza del progetto culturale; la dimensione di servizio della biblioteca; la diversità delle biblioteche come ricchezza imperniata su un nucleo di funzioni comuni; l'importanza dell'integrazione cooperativa delle funzioni, che deve prevalere sulle competenze amministrative; il ruolo svolto dall'architettura nazionale dei servizi bibliotecari.

In particolare, la considerazione con cui il CEN di allora commentò la quinta tesi era lapidario quanto impegnativo per l'Associazione, perché presupponeva che la politica bibliotecaria che ne sarebbe scaturita avrebbe dovuto affrontare un problema storico per l'Italia, derivante dalla frammentazione amministrativa ereditata dagli stati pre-unitari: «La caratteristica saliente del sistema bibliotecario italiano è che non è un sistema».

Ciò significava (e significa) disorganizzazione, duplicazione di funzioni, mancanza d'integrazione e sinergia fra biblioteche, conseguenti «sprechi e sovrapposizioni», il mancato «sfruttamento ottimale delle risorse, anche finanziarie, a disposizione delle biblioteche» e, cosa più grave, un generale stato di arretratezza delle biblioteche italiane rispetto ai paesi a «biblioteconomia avanzata» e agli standard internazionali, con conseguenze ovviamente negative per i cittadini e la qualità dei servizi [1].

Sono passati vent'anni: è cambiato qualcosa in questo lasso di tempo? L'insieme delle biblioteche italiane è diventato un sistema o sussiste una quota di disorganizzazione e casualità? Quali progressi si sono verificati?

La diffusione e lo sviluppo che hanno subito le reti informatiche è un dato acquisito: dal Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN) alle reti a esso esterne, nate in ambiente universitario e nell'ambito degli enti locali, quest'ultime create in molti casi su impulso delle leggi regionali in materia di biblioteche.

Anche le università hanno organizzato le proprie biblioteche in sistemi bibliotecari di ateneo dotate di infrastrutture comuni e pratiche di servizio e di gestione condivise, riducendo lo stato di frammentazione esistente. Si tratta probabilmente del cambiamento più significativo dal 1987, assieme all'apertura di SBN, recentemente avviata, di cui parleremo più avanti. Le biblioteche universitarie fino agli anni Ottanta erano ancora "un caso di oscurantismo", come le definì Alfredo Serrai.

Possiamo dire di essere pervenuti a una reale integrazione dei servizi bibliotecari su tutto il territorio nazionale, oppure siamo ancora di fronte a squilibri fra aree d'eccellenza e aree con servizi arretrati o addirittura mancanti? Possiamo dire di avere raggiunto una condivisione di obiettivi di servizio fra i diversi livelli istituzionali parte di quell'articolato sistema di competenze in materia di biblioteche che caratterizza il nostro ordinamento?

La tradizione dell'AIB

I concetti di sistema bibliotecario italiano e di servizi bibliotecari nazionali sono presenti con continuità nella tradizione e nell'azione politica dell'AIB: basti pensare ai nomi di Renato Pagetti, Giorgio De Gregori, Angela Vinay e Luigi Crocetti; l'impegno dell'Associazione ha radici lontane e queste grandi figure di bibliotecari hanno saputo caratterizzare la recente storia delle biblioteche del nostro Paese.

In merito all'imminente ristrutturazione del Ministero della pubblica istruzione, al 21º Congresso AIB di Perugia del 1971 Renato Pagetti dichiarava che «i bibliotecari italiani vogliono una struttura centrale moderna ed efficace, in grado di risolvere i grandi problemi bibliotecari che rivestono carattere nazionale ed internazionale» [2]. Sui servizi nazionali per le biblioteche attuali risultano le parole pronunciate, sempre dal Presidente dell'AIB, nel 1974, in occasione del 24º Congresso: egli rivendicava la messa a punto di servizi nazionali d'acquisizione e d'informazione organizzati attorno a una biblioteca nazionale centrale con funzioni di «archivio della produzione nazionale; bibliografia nazionale [...]; centro informazioni bibliografiche; centro metodologico delle procedure biblioteconomiche; centro di coordinamento dello sviluppo del sistema bibliotecario nazionale e della preparazione professionale».

Nel medesimo congresso di Perugia Giorgio De Gregori sottolineò come l'azione dell'AIB dovesse concretizzarsi in un «programma integrale di politica bibliotecaria» [3]. Perno di questo programma doveva essere un sistema bibliotecario nazionale fondato su una razionale distribuzione degli istituti bibliotecari tramite il trasferimento alle regioni di una serie di biblioteche definite "nazionali", "statali" e "universitarie". De Gregori, auspicando lo spostamento di Angelica, Casanatense e Vallicelliana alla Nazionale Centrale di Roma, suggeriva di abbandonare «lo schema di biblioteca nazionale (centrale) comune a quasi tutti i paesi» per «impostare la soluzione sul concetto, piuttosto, di servizi nazionali centrali, da ripartire tra le due biblioteche, non più autonome l'una dall'altra, ma riunite sotto la direzione di un Comitato opportunamente costituito» [4].

Al Congresso AIB di Alassio del 1975, Alberto Guarino ribadì che l'istituzione del Ministero dei beni culturali doveva costituire «l'occasione per avviare una politica per le biblioteche, rivolta a tutelare e valorizzare il patrimonio bibliografico nazionale e a dotare il nostro Paese di moderni ed efficienti servizi bibliotecari, provvedendo, innanzitutto, all'elaborazione di una legge generale che regoli tutta la materia» [5].

A partire dalla fine degli anni Settanta iniziò l'avventura del Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN) [6], sulla quale la nostra associazione ha profuso tante energie. Angela Vinay, al tempo direttrice dell'ICCU e presidente dell'AIB, delineò in modo lucido e lungimirante il progetto del Servizio bibliotecario nazionale: esso doveva essere organicamente incentrato su tre presupposti: il controllo bibliografico fondato su un archivio nazionale del libro e su una bibliografia nazionale, la disponibilità universale delle pubblicazioni basata su un servizio nazionale di prestito interbibliotecario e sull'adesione ai relativi programmi internazionali, la formazione professionale del bibliotecario affidata a rinnovati programmi delle università e a una contemporanea apertura da parte della Pubblica Amministrazione che si impegnasse ad accettare un profilo professionale aggiornato.

Con Luigi Crocetti il processo di analisi della realtà bibliotecaria nazionale e di «autoanalisi» inerente al ruolo da assumere da parte dell'Associazione giungeva a una formulazione complessiva che precisava «una collocazione in largo senso politica» [7]: si tratta delle menzionate Tesi di Viareggio.

Si prendeva atto di un cocente paradosso: che l'auspicato decentramento regionale, a favore del quale l'AIB si era schierata in maniera netta e convinta, non aveva prodotto risultati pari alle attese. Molte regioni avevano investito sull'incremento numerico delle biblioteche senza favorire né interventi generali, né il quadro generale. Nella relazione introduttiva di presidente, Crocetti sembra quasi suggerire, con sferzante ironia, che il reale oggetto del decentramento fosse costituito, più che dal potere politico e amministrativo, dal modello del disinteresse statale per le biblioteche; «le amministrazioni regionali – afferma – hanno forse perduto un'occasione irripetibile» [8]. Crocetti, inoltre, sottolineava che i politici della seconda metà dell'Ottocento, non tanto diversi dai contemporanei, considerassero le biblioteche importanti per il progresso culturale del Paese (come fu il caso del ministro Coppino); viceversa, i politici attuali, quando sono a colloquio con i bibliotecari, ostentano quello che per noi è diventato il proverbiale "occhio vitreo": sono cioè assenti, "lontanissimi col pensiero" scriveva Crocetti, non capiscono, in definitiva, che cosa si stia loro dicendo [9].

Il panorama bibliotecario italiano attuale

L'attuale panorama bibliotecario italiano è probabilmente speculare alle più generali vicissitudini dello sviluppo economico del nostro Paese e non può che riflettere le problematiche più generali e ampie che caratterizzano la nostra società: quasi la metà delle biblioteche è localizzata al Nord; le restanti sono suddivise fra il Centro e il Sud; non vi sono rilevazioni statistiche esaustive concernenti le biblioteche pubbliche e le indagini compiute evidenziano disomogeneità nella distribuzione geografica e nella qualità dei servizi. «Tutti i dati e gli indicatori peggiorano mano a mano che si scende lungo la penisola» [10]; circa la metà delle biblioteche possiede meno di 5 000 documenti, una quantità insufficiente a garantire un accesso anche solo di base alla cultura; aderiscono a SBN circa 2 800 biblioteche di diversa appartenenza amministrativa su un totale di oltre 15 000 e i frequentatori delle biblioteche sono stimati attorno ai 10 milioni (circa 1/6 della popolazione italiana). Disomogeneità dei servizi e radicamento debole sembrano essere i pilastri su cui si reggono le biblioteche italiane, e ciò nonostante indubbie punte d'eccellenza e ottime pratiche esistenti nell'ambito delle biblioteche pubbliche e delle biblioteche universitarie.

I nodi cruciali rimangono quelli di sempre: il controllo bibliografico (tramite la bibliografia nazionale corrente) e la disponibilità delle pubblicazioni. In tal senso non vi sono servizi bibliotecari diffusi su tutto il territorio nazionale che sappiano assicurare su tutto il territorio nazionale in modo tempestivo e aggiornato tali funzioni, nonostante il nostro Paese faccia parte dei G8.

A queste carenze hanno tentato di supplire il Servizio bibliotecario nazionale (SBN) e reti di cooperazione come ACNP (Catalogo Nazionale dei Periodici), NILDE (Network Inter-Library Document Exchange), LIR (Libri in Rete della regione Toscana), per citarne alcuni.

In questa situazione lacunosa è sorta anche una bibliografia nazionale italiana parallela e privata – Libri – realizzata da Casalini di Fiesole, che ha ottenuto un successo tale che persino un noto software di gestione bibliotecaria in commercio ne ha implementato pochi giorni fa la funzione di import.

Rimane infine insoluta la questione posta con lucidità da Diego Maltese nel 1978 e ripresa nel 1987 in due interventi importantissimi relativi all'articolazione dei servizi nazionali e dei servizi locali [11].

I servizi nazionali. Le proposte dell'AIB

I servizi nazionali esistono e svolgono una funzione insostituibile anche con l'attuale livello di parzialità, ma è necessario che essi compiano un significativo salto di qualità.

Quali sono le proposte dell'AIB in merito? Quali sono gli obiettivi per la realizzazione dei quali l'Associazione intende lavorare e che costituiscono la sua posizione, la sua proposta per una politica bibliotecaria? Ci sono alcune priorità che per l'Associazione costituiscono punti irrinunciabili.

  1. Biblioteca Nazionale d'Italia e Bibliografia Nazionale Italiana: è auspicabile la costituzione della Biblioteca Nazionale d'Italia che dovrebbe includere almeno le attuali biblioteche nazionali centrali, l'ICCU, la Discoteca di Stato e la Patologia del Libro; alla Biblioteca Nazionale d'Italia dovrebbe essere garantita autonoma, sotto il profilo scientifico e sotto quello finanziario - amministrativo [12]. Lo Stato dovrebbe concentrare le proprie risorse sui servizi infrastrutturali che non possono che coincidere con la Biblioteca Nazionale d'Italia e la Bibliografia Nazionale Italiana. In alternativa possiamo immaginare una sorta di federalismo bibliografico per aree disciplinari distribuito sul territorio nazionale e in collaborazione con le maggiori università. Il controllo bibliografico dovrebbe essere tempestivo, centralizzato e dotato di personale scientificamente competente; l'agenzia bibliografica nazionale dovrebbe immettere per prima in SBN la notizia bibliografica relativa a una novità editoriale, senza farsi superare, come in vari casi accade, dalle biblioteche comunali o da qualche biblioteca universitaria; non è accettabile, poi, che su <http://www.internetculturale.it> alcune pubblicazioni italiane, recenti o meno che siano, risultino disponibili un po' dappertutto tranne che nelle Nazionali centrali di Firenze e Roma;
  2. completamento del processo di riorganizzazione del Servizio Bibliotecario Nazionale tramite la ridefinizione dell'ambiente cooperativo, l'integrazione con la Biblioteca digitale italiana, l'effettiva "apertura" ad altri software, come pure ad altre realtà cooperative;
  3. la costruzione di basi di dati retrospettive: occorrono interventi strutturali e coordinati affinché sia disponibile il catalogo esaustivo della produzione bibliografica italiana dal primo libro stampato a Subiaco all'ultimo romanzo edito a Milano. È necessario che una bibliografia nazionale retrospettiva realizzi il controllo dell'intera produzione italiana. Pensando al futuro, è necessario che realizzi un sistema efficiente e coordinato di deposito legale e di collaborazione con le università, con i centri di ricerca e gli editori universitari, in modo da tenere conto di risorse elettroniche e di letteratura digitale; si potrebbe pensare alla costituzione di repository istituzionali dedicati e integrati con la Biblioteca Nazionale d'Italia; la legge attuale (L. 106 del 2004) presenta elementi contraddittori quali:
    1. l'incertezza dei finanziamenti;
    2. il rinvio di tematiche cruciali riguardanti il digitale;
  4. la redazione e divulgazione di norme e standard: le singole biblioteche e le singole aree di cooperazione dovrebbero concentrarsi sul progetto culturale e di servizio, e non occuparsi della redazione dei protocolli bibliografici, descrittivi e semantici, perché questo lavoro dovrebbe essere svolto dalla Biblioteca Nazionale d'Italia, la quale dovrebbe fornire all'intera comunità italiana gli "strumenti di lavoro" del bibliotecario affinché la sua "cassetta degli attrezzi" sia aggiornata, controllata e affidabile;
  5. la gestione di un authority file nazionale, basato su un'integrazione reale delle varie biblioteche specializzate sotto il profilo disciplinare e sulla collaborazione con gli editori (come avviene per esempio in Gran Bretagna); si tratta di un'opera, basilare e indispensabile, di promozione della nostra cultura.

L'AIB ritiene inoltre indispensabile una campagna nazionale per le biblioteche e la lettura che impegni tutte le istituzioni pubbliche e private coinvolte. Nondimeno è necessario un dibattito pubblico su tematiche cruciali per l'accesso all'informazione, in primis il diritto d'autore (vedi il documento emanato dall'AIB). Ricordo in proposito che siamo riusciti a inserire quattro soci esperti nei comitati consultivi: un successo.

I servizi locali

A livello locale l'AIB chiede il massimo sforzo possibile, prospettando forme nuove di gestione associata dei servizi per consentire un servizio bibliotecario diffuso e un'ampia concertazione fra tutti i livelli istituzionali coinvolti. Da questo punto di vista ci sembra necessario chiedere la ripresa dell'attività del Comitato previsto dall'accordo avente a oggetto le Linee di politica bibliotecaria per le autonomie sottoscritto fra ANCI, UPI e regioni.

Il bibliotecario

Infine, una considerazione è dovuta rispetto alla figura professionale del bibliotecario. Il bibliotecario – e ciò è vero sia ai livelli d'ingresso nella professione sia ai livelli dirigenziali – non è un burocrate ma, appunto, un bibliotecario: pare invece che il contenuto della professione, soprattutto ai vertici della carriera, sia quello di occuparsi di questioni amministrative e finanziarie, dei rapporti con i sindacati, degli orari e delle turnazioni del personale, con uno spazio sempre più risicato per l'elaborazione del progetto culturale della biblioteca e la gestione delle sue finalità di servizio. Se la missione culturale della biblioteca e l'organizzazione di servizi coerenti con essa costituiscono il fulcro del suo lavoro, è necessario che queste competenze ricoprano la dovuta rilevanza sin dall'inizio, vale a dire in occasione delle procedure e dei criteri che guidano la vittoria di concorsi per ruoli di responsabilità e di affidamento di incarichi interni. Lo sappiamo, le mansioni non sempre sono basate sulle competenze e sulla cultura acquisita dai candidati a partire dal proprio curriculum, ma talora sul corpus di simpatie, raccomandazioni e appoggi di varia natura – politica, sindacale, accademica – di cui i candidati possono godere. Anche qui è necessario rigore, se non altro per evitare che siano vanificati gli investimenti che gli individui, a spese proprie, e le amministrazioni pubbliche, a spese del contribuente, fanno nella formazione universitaria e di altro genere; quale segnale e quale incentivo diamo ai giovani per progredire nello studio, nell'approfondimento delle competenze professionali e nello sviluppo di una qualche forma di empatia per la sede di servizio e per il proprio lavoro se poi è negata loro la possibilità di raccogliere i frutti del proprio impegno e la carriera è consentita solo a pochi eletti, con modalità talora fumose, ascientifiche, personalistiche, politicizzate? Non si compromette così il benessere organizzativo di un'amministrazione, peraltro fondamentale per conseguire risultati di qualità? Non si gettano così le basi per creare disinteresse per il proprio lavoro, e dunque per l'efficienza e l'efficacia della biblioteca nei confronti dell'utente? Non sono questi atteggiamenti, infine, segno di profonda miopia gestionale, perché, oltre a produrre un forte calo della produttività, incentivano bibliotecari con preparazione di livello universitario a volgere lo sguardo altrove per dare corpo alle proprie passioni ed esercitare la propria creatività?

Conclusioni

Nella maggior parte dei casi, il confronto con gli altri e con un ambiente di respiro internazionale è foriero di ricadute positive per qualsiasi realtà professionale: si ha in tal modo l'occasione di confrontare le proprie pratiche con quelle provenienti da contesti altrimenti organizzati, di cogliere i punti di forza altrui, ma anche di evidenziare meglio i nostri, di apprendere dalle esperienze degli altri. Abbiamo alle porte, sempre più imminente e sempre più impegnativa per quanto concerne il lavoro di organizzazione, un'occasione storica e forse irripetibile nel breve periodo per rinnovare noi stessi e le biblioteche in cui lavoriamo, occasione sulla quale l'AIB e una parte rappresentativa della comunità professionale italiana sta spendendo una quota crescente di energie, impegnando peraltro una serie di interlocutori di tutto prestigio (Ministero, enti locali, ecc.). L'IFLA è un perno irrinunciabile per confrontare le nostre idee e le nostre esperienze di bibliotecari italiani con quanto accade all'estero, e il Congresso di Milano del 23-27 agosto 2009 costituirà un'occasione fondamentale per la promozione interna e internazionale delle biblioteche italiane e il ri-conferimento a esse di un elevato e prestigioso ruolo culturale e sociale.

Grazie al Congresso IFLA le biblioteche italiane acquisiranno una visibilità che potrà rivelarsi utile per la realizzazione delle cinque priorità bibliotecarie prima enunciate e ciascuno di noi avrà modo di entrare in contatto con una panoramica aggiornata che potrà dare ispirazioni, suggerimenti e innovazioni da introdurre nelle nostre biblioteche; potremo ampliare i nostri contatti personali e di lavoro, avremo l'opportunità di estendere le nostre pratiche di cooperazione, o anche solo di scambio intellettuale e professionale, a una portata assai più ampia di quella in cui siamo abituati a operare – possiamo chiamarla, ricorrendo a un termine forse un po' antipatico, un'occasione di "sprovincializzazione" delle nostre biblioteche e della professione?

Non è la prima volta, e neanche l'ultima, che in questa sede rinnovo l'invito affinché la comunità professionale italiana si senta protagonista e partecipe di questo evento. L'Associazione si impegnerà a informare passo dopo passo lo stato della preparazione della conferenza, cercherà di dare un'informazione puntuale e tempestiva su quanto si sta facendo per far sì che il Congresso possa essere svolto nel migliore dei modi, accogliendo i colleghi provenienti dall'estero con l'ospitalità mediterranea che ci caratterizza (ne aspettiamo 4 o 5 mila) e costituendo un appuntamento sentito come importante per tutta la comunità italiana dei bibliotecari. Faremo il possibile per facilitare la partecipazione di un numero elevato di bibliotecari italiani: chiedendo alle amministrazioni locali di favorire l'iscrizione (stiamo predisponendo una lettera da firmare insieme all'ANCI e all'UPI e al Coordinamento delle regioni; è in programma un incontro con la CRUI), con il riconoscimento di permessi da parte dei ministri PI, MBAC, MIUR e il riconoscimento della partecipazione alla Conferenza come corso di formazione.

Grazie a tutti e buon congresso.

 


Note

[1]   Si veda: Scelte di politica bibliotecaria. Documento a tesi per il XXIV Congresso nazionale AIB (Viareggio 28-31 ottobre 1987), in: Bollettino d'informazioni, n.s., 27 (1987), n. 2, p. 227-234, consultabile anche all'indirizzo <https://www.aib.it/aib/commiss/cnbp/tesi.htm>.

[2]   Renato Pagetti, Relazione del Presidente, in: I congressi 1965-1975 dell'Associazione italiana biblioteche, a cura di Diana La Gioia, Roma: Associazione italiana biblioteche, 1977, p. 183.

[3]   Giorgio De Gregori, La politica per le biblioteche in Italia, in: I congressi 1965-1975, cit., p. 184.

[4]   Ivi, p. 190.

[5]   Alberto Guarino, Per una legge di riforma delle biblioteche. Relazione del Consiglio direttivo, in: I congressi 1965-1975, cit., p. 255-256.

[6]   In proposito si veda Cfr. Claudio Leombroni, Il Servizio bibliotecario nazionale. Idee, passioni, storia, in: Paolo Traniello, Storia delle biblioteche in Italia. Dall'Unità a oggi, con scritti di Giovanna Granata, Claudio Leombroni, Graziano Ruffini, Bologna: Il mulino, 2002, p. 371-430.

[7]   Luigi Crocetti, Introduzione, 34º congresso, Viareggio, 1987, in: Il nuovo in biblioteca e altri scritti raccolti dall'Associazione italiana biblioteche, Roma: Associazione italiana biblioteche, 1994, p. 91-98.

[8]   Ivi, p. 94.

[9]   Ivi, p. 95-96.

[10]   Giovanni Solimine, La biblioteca. Scenari, culture, pratiche di servizio, Roma; Bari: Laterza, 2001, p. 167.

[11]   Cfr. Diego Maltese, Servizi bibliotecari nazionali e articolazioni regionali, in Organizzazione e funzionamento del sistema bibliotecario. Atti del Seminario di studi, 8-15 aprile 1978, organizzato dal consorzio dei Comuni del comprensorio della Valdelsa e del medio Valdarno col patrocinio della Giunta regionale toscana, Firenze, Giunta regionale toscana, La Nuova Italia, 1979, p. 19-23, e Diego Maltese, Servizio nazionale e servizio locale, in: Servizio bibliotecario nazionale e servizio locale : la realizzazione di Ferrara, a cura di Alessandra Scappini, con la collaborazione di Giancarlo Paciello, Ferrara: Edizioni Arstudio C, stampa 1988, p. [23]-28.

[12]   La questione sembra costituire ancora oggetto di controversia e sembra essere lontana da una definitiva approvazione, si veda per esempio: <http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getcomunicato&id=996>.


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