[AIB-WEB] Associazione italiana biblioteche. Congresso 1999

 

Dai servizi nazionali alla carta dei servizi

Elena Boretti, Commissione nazionale biblioteche pubbliche, 
I servizi nazionali nella prospettiva delle biblioteche pubbliche

Non vi nascondo che quando mi è stato richiesto di fare questo intervento, dedicato al punto di vista delle biblioteche pubbliche in una sessione intitolata "Dai servizi nazionali alla Carta dei servizi", mi sono molto preoccupata. Ho avuto l'impressione, che conservo ancora, che mi si chiedesse di colmare un baratro, di parlare sul vuoto. Dipenderà forse dal fatto che ho lavorato in biblioteche che non hanno partecipato allo sviluppo di SBN, in una regione, la Toscana, in cui la partecipazione di biblioteche pubbliche a SBN non è diffusa. Però ho pensato anche che è proprio questa la realtà della maggioranza delle biblioteche pubbliche in Italia.

Ma questa impressione di vuoto non è da addebitare a SBN.

Forse mai come oggi chi lavora nelle biblioteche pubbliche ha sentito tanto il divario fra le aspettative del cittadino e i servizi che si riescono effettivamente ad erogare.

Publica, l'azione concertata, ha riunito l'agosto scorso i direttori di biblioteche pubbliche di 23 nazioni europee ed ha emesso il comunicato ufficiale di Leuven, con il quale, elaborando il manifesto Unesco, si assegnano alla biblioteca pubblica quattro ruoli chiave nella società dell'informazione: democrazia e cittadinanza, sviluppo sociale ed economico, educazione permanente, diversità linguistiche e culturali. Questa è la missione che la Comunità europea assegna alla biblioteca pubblica nella società dell'informazione.

Proviamo ciascuno di noi a tradurre questa missione nella carta dei servizi della nostra biblioteca: forse ora potete capire meglio quella mia sensazione di vuoto da colmare. Tra ciò che è e ciò che vorremmo che i nostri servizi fossero, o meglio ciò che dovrebbero essere, la differenza è troppo grande.

E' chiaro che la prospettiva che l'Unione Europea vuole realizzare nella biblioteca pubblica della società dell'informazione è quella di un universo documentario distribuito e collegato, ovunque accessibile, da qualcuno chiamato biblioteca virtuale; e nella stessa prospettiva c'è anche l'accessibilità a testo completo, permanente, articolata e integrata, definita come la biblioteca digitale. Se questa è la missione, proviamo a tornare al nostro tema di oggi: "i servizi nazionali nella prospettiva delle biblioteche pubbliche". I ruoli si confondono, tutto appare sotto una diversa luce, nasce quasi il sospetto che ci possa essere una sovrapposizione. Il problema è quello tutto italiano delle non chiarezze, per cui le stesse funzioni vengono disseminate su diversi istituti e i risultati, o mancati risultati, non provocano nessuna misura. Le biblioteche si chiamano pubbliche allo stesso modo se siano nazionali, dello Stato o dei Comuni, ma l'Italia resta molto lontana dall'assolvere alla soddisfazione di questo fondamentale diritto dei cittadini, un servizio efficace e diffuso di biblioteca pubblica.

E' importante che la recente ripresa di discussione sui servizi nazionali e gli interventi su SBN sul Bollettino AIB riportano al centro il servizio al cittadino: è importante che si parli di cittadino, non solo di utente. E' chiaro che solo in una dimensione di collaborazione che ci vede tutti impegnati a realizzare il medesimo obiettivo si può cominciare a sperare di non fallire in una missione così ardua come quella assegnata alle biblioteche pubbliche. Assegnata, facciamo attenzione, non tanto da documenti o Enti ufficiali, ma dal cittadino, che non solo crede a ciò che viene promesso, ma che vede anche bene, per l'esperienza che sta facendo direttamente di certi nuovi strumenti tecnologici, che le cose dette sono anche veramente possibili, e quindi giustamente le pretende.

Le nuove tecnologie ci danno per la prima volta un'occasione nuova per poter cooperare, è Internet che ci permette di immaginare la biblioteca virtuale. A questo punto, però, occorre anche rimettersi in discussione, provare a rivedere le definizioni del passato e ripensare i ruoli in dipendenza dalle funzioni che ogni livello è chiamato ad assolvere.

Se il nostro obiettivo comune diventa garantire carte dei servizi migliori al cittadino, cioè dare maggiore certezza ai suoi diritti, occorre pensare a reti di servizi integrati, a un'architettura articolata, occorre darsi una nuova organizzazione che sia funzionale, prima che istituzionale o territoriale, e comunque non solamente territoriale.

Stiamo assistendo in Italia a un processo di rinnovamento della pubblica amministrazione, purtroppo molto lento per quanto sarebbe necessario agli scopi di riorganizzazione dei servizi bibliotecari, ma certamente positivo. E' necessario non solo saper cogliere il senso di questo rinnovamento, ma assumere delle responsabilità nei confronti dei politici. L'AIB ha presentato agli organi competenti un disegno di legge quadro per le biblioteche, che ha ottenuto molta attenzione. Tra le tante cose c'è scritto che ogni cittadino ha diritto ai servizi di biblioteca pubblica dal suo Comune. Siamo però ancora in un paese con oltre 8.000 Comuni, e dovremo pertanto pensare a gestioni associate, definire dimensioni territoriali e demografiche adeguate. Quali strumenti hanno però i Comuni per la gestione di servizi culturali in modo associato? Sono molto diffusi i consorzi, le aziende, tramite le quali si gestiscono trasporti, nettezza urbana, acqua e gas e molte altre cose, ma uno strumento adeguato alla gestione dei servizi bibliotecari non c'è.

Tommaso Giordano al seminario su SBN tenutosi a Firenze questo aprile sottolineava che la sua ipotesi di agenzia per la gestione di alcuni servizi nazionali nasceva dall'idea di una maggiore responsabilizzazione dei bibliotecari, e quindi dalla possibilità di gestire i rapporti fra istituti su un piano semplicemente di domanda e offerta. Non si può che essere molto d'accordo, ma quel che manca in Italia è l'autonomia degli istituti bibliotecari, e con questa di conseguenza anche la piena responsabilità del bibliotecario, e quindi la possibilità di gestire i rapporti in autonomia, con la verifica dei risultati. In Italia non è stato ancora acquisito che la biblioteca pubblica non è un ufficio del Comune, e si toccano con mano ogni giorno tutte le conseguenze del caso, sia sul servizio che sul personale bibliotecario.

In attesa che qualcosa possa cambiare, occorre adoperarsi per favorire la cooperazione, la concertazione, l'affermazione della sussidiarietà: un principio ancora non ovvio, soprattutto nel rapporto fra Stato e Regioni, eppure l'unico percorso possibile perché si possa cominciare veramente a colmare quel vuoto di cui parlavo all'inizio. Se non vi sono strumenti significativi per la gestione associata di servizi come le biblioteche in accordo fra più Comuni, perché le convenzioni sono uno strumento troppo debole, le istituzioni non hanno autonomia giuridica, non c'è assolutamente niente che configuri rapporti innovativi tra i diversi livelli istituzionali. Una biblioteca dello Stato e una di Ente locale sono ancora, e non possono che essere, allo stato attuale delle cose, che due monadi separate.

Sappiamo comunque che già molte reti di biblioteche pubbliche sono realtà, almeno in certe aree del paese, ed altre si vanno creando. Senza sottovalutare che il futuro delle biblioteche e dei bibliotecari si sta giocando moltissimo sul piano politico delle riforme e dell'attuazione del decentramento, non mi voglio soffermare oltre su questo.

Ho sentito non di rado affermare che la biblioteca pubblica è un servizio diffuso, e che le grandi biblioteche, statali o delle Università, vedono utile la nascita di un rapporto per favorire il decentramento dei servizi. Non vorrei allarmare nessuno, ma è riduttivo vedere in questi termini la questione. Se vogliamo riconoscere di avere un obiettivo comune, garantire servizi migliori al cittadino, probabilmente il costituirsi di nuove relazioni comporterà anche una ridefinizione reciproca di ruoli.

Proviamo allora a ripercorrere quello che le biblioteche pubbliche avrebbero bisogno fosse loro garantito dai servizi nazionali, per assolvere alla loro missione. Non ho nulla da inventare, elencherò solamente una serie di ben note funzioni:

Sono molte cose, per le quali possono essere anche molteplici i referenti, ma tutte ugualmente necessarie perché la biblioteca pubblica possa sperare di non fallire la sua missione. Quel che sto cercando di dire è che forse si potrebbero pensare anche Carte dei servizi nazionali, dove i diritti da salvaguardare potrebbero non essere solo quelli degli utenti, ma anche quelli delle biblioteche pubbliche: la biblioteca pubblica, in sostanza, vista come il cliente interno. Infine, ma non ultima per importanza, è necessaria una riflessione sul personale. Per realizzare servizi efficaci occorre investire sul personale. E' ben noto che le migliori riforme falliscono quando non cambia la mentalità di chi deve applicarle. Realizzare in Italia il diritto di tutti i cittadini al libero accesso alla conoscenza, alla cultura, all'informazione è una riforma culturale importante, direi radicale, dalla quale siamo ancora molto lontani. Per favorire questa innovazione potrebbe essere una grande agevolazione la possibilità della mobilità del personale, della circolazione fra enti diversi e con gli altri paesi europei. Non dico niente di nuovo, una parte della proposta di legge quadro dell'AIB parla a lungo di queste cose, ma sono cose che voglio ricordare perché sono profondamente convinta che abbiano una sostanziale importanza. Invece nel nostro paese i contratti di lavoro non prevedono inquadramenti equivalenti indipendentemente dal comparto di appartenenza, con il risultato che non solo la mobilità, ma persino un percorso di carriera che passi attraverso i diversi comparti è reso impossibile. Questo è un danno gravissimo ed un ostacolo enorme anche alla comprensione stessa delle reciproche specificità e quindi alla individuazione di come possano essere realizzati, nella cooperazione, obiettivi comuni.


Copyright AIB 1999-05-22 a cura di Susanna Giaccai

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