[AIB-WEB] Associazione italiana biblioteche. Congresso 1999

 

Qualità dei servizi e benchmarking

Gian Luca Rivalta, Biblion s.c.r.l. 
Benchmarking, eccellenza aziendale, valutazione del servizio: una riflessione di fondo

Vorrei iniziare proponendo una domanda, su cui ancora negli ultimi tempi sto molto riflettendo, anche per il delicato incarico che mi è stato assegnato dalla Biblion S.c.r.l.. La questione fondamentale è: <<Che cosa fa il bibliotecario?>>. E’ in riferimento a questa domanda che intendo portare il mio modesto contributo alla discussione sul Benchmarking e sulla Qualità nei Servizi in questo 45° Congresso Nazionale dell’AIB. Una domanda che intendo discutere in base alla sua ambiguità, all’ambiguità che rende possibile l’esistenza di diversi piani di lettura della stessa. Così come potremmo pensare, p. es., a un modo diverso di leggere il titolo del precedente intervento della collega: "Benchmarking: stato dell’arte e suo significato". Titolo che potrebbe leggersi non tanto come "Lo stato dell’arte del benchmarking e il significato di quest’ultimo", ma piuttosto come "Lo stato dell’arte e il significato di quest’ultimo, in relazione al Benchmarking".

Di questo passo, pensando a "ciò che fa il bibliotecario", possiamo chiederci che senso può avere cominciare (o continuare) ad osservare lo stato dell’arte nelle attività aziendali di biblioteche diverse e, magari, di altri tipi di istituti e di aziende. Che senso ha cercare di eguagliare lo stato dell’arte nelle prestazioni organizzative e, magari, di superarlo, per poi puntare a superare sé stessi? E’ un problema di Benchmarking? E’ un problema della biblioteca? E’ un problema? Ma perché questo sforzo manageriale e organizzativo deve costituire un problema, quando da molte parti viene invece pubblicizzato come una opportunità di miglioramento, di risoluzione di altri problemi? Eppure, oggi siamo in grado di ammettere che il Benchmarking, così come altre strategie di miglioramento prestazionale può davvero rappresentare un problema, magari anche più grosso di quello rappresentato da basse prestazioni nel servizio all’utenza.

Proprio in relazione al Benchmarking, Robert Camp, citato nell’intervento di Rosangela Colombo, ha detto cose certamente giuste. Taluni concetti fondamentali, che sono "parole chiave" nel tema del management in qualità totale, rimangono pur sempre molti di quelli pronunciati dall’autore: ricerca, prassi operative, prestazioni, successo aziendale, obiettivi, informazioni, alterità, prassi direzionali, raggiungimento della superiorità. Ma ci dobbiamo chiedere ora come poterli ordinare, combinandoli con ulteriori elementi fondamentali, in frasi valide e utili per il discorso aziendale, come nel caso dell’organizzazione di una biblioteca. Come possiamo andare, cioè, "oltre il passato", visto che si parla di migliorare per il futuro?

Normalmente, sia nel discorso fatto sui testi specializzati sia in quello condotto durante le lezioni in aula, quando si parla di applicare il Benchmarking in azienda, si giunge presto al nodo problematico della complessità del metodo da mettere in campo per realizzare il progetto considerato. Si tratta di una complessità che può essere anche notevole (il metodo proposto dal Camp nella sua "bibbia" del Bm, p. es., raggruppa ben 10 fasi principali, ognuna delle quali può costituire un progetto complesso). Una complessità che, ben presto, può portare gli attori aziendali a desiderare la prematura conclusione del progetto, che così contribuisce a confermare la ben nota "Legge di Murphy", secondo cui, se una cosa può andare male, lo fa! Ciò che del resto può accadere facilmente anche per altri tipi di progetti a largo respiro che riguardano, in genere: il miglioramento della qualità del servizio, la riduzione dei costi, lo snellimento della struttura organizzativa, il coinvolgimento e la responsabilizzazione del personale.

Per il Benchmarking, di solito, occorre provvedere a: decidere l’oggetto del confronto, individuare e selezionare gli interlocutori e i partner con cui eseguire il confronto, definire indicatori e misure coerenti, realizzare la raccolta dei dati, valutare lo scarto nelle prestazioni, stabilire gli obiettivi di miglioramento, avviare e coordinare le azioni d’intervento, gestire il "follow-up", ecc.. Occorre inoltre corredare il tutto con le necessarie attività "trasversali" di: comunicazione interpersonale e interaziendale, negoziazione e promozione dell’iniziativa, pianificazione strategica, rilevazione e misurazione, controllo di gestione del progetto, controllo della qualità, ecc..

Bene, normalmente dopo tutto questo elenco di cose da fare emerge un ultimo aspetto, di certo poco… marginale: come iniziare? E a questo aspetto segue, poi, quello non meno complesso del "come proseguire?". Ciò diventa davvero molto complicato, a meno di accontentarsi di una conduzione banale del progetto in stile "vacanza di lavoro" da cui, però, non possiamo aspettarci altro che risultati anch’essi… in stile. Uno stile che ricorda la "moda", con tutti i suoi problemi di stagionalità e di variabilità, obsolescenza. Oggi, del resto, si parla sempre più spesso di "mode del management", come di un qualcosa di molto costoso che sempre meno aziende possono permettersi di indossare.

Gestire progetti di Benchmarking, oppure di Total Quality Management, oppure ancora di Business Process Reengineering, può risultare così complesso che, alla fine, ci si ritrova quasi sempre a dover amministrare una nuova "azienda nell’azienda", con tutti i problemi tipici di conti che non tornano, di risorse umane insufficienti e stressate, di tempi sempre più lunghi e scadenze sempre più strette, di superiori che non capiscono quello che vogliamo dire loro, di clienti insoddisfatti, di azionisti e stakeholders che storcono il naso, di budget che esplodono, ecc.. Un’azienda "aggiuntiva", in competizione con quella vera per conquistarsi le risorse disponibili. Un "intruso", quasi una malattia, da gestire, oltre al "normale" tran tran consistente nel dover condurre l’azienda, quella vera, quella che deve continuare a lavorare malgrado tutti i nostri tentativi di… "ostacolarla" con la scusa del miglioramento! E l’analogia con la malattia, a questo punto, non mi pare esagerata: anche il consulente Tom Peters ha da tempo denunciato il fenomeno della "miglioramentite" che può assalire le aziende nella loro "ricerca dell’eccellenza".

Figuriamoci, poi, se si tratta di confrontare le proprie "rogne" (per i pessimisti e i "rompessimisti") o i propri "punti di forza" (per gli ottimisti e gli "idiottimisti") con altri enti, magari in competizione con noi per l’acquisizione di alcune risorse e/o clienti. Ciò che è, poi, quanto viene richiesto in pratica dal metodo del Benchmarking.

Alla fine del discorso, scopriamo di essere nuovamente di fronte al modo complicato e molto diffuso di manifestarsi della condizione cognitiva, quasi un destino, che accomuna gli esseri umani e, in particolare, le persone che vivono e agiscono nelle organizzazioni, istituti e aziende. Il destino, e il pericolo, di esagerare nel "fare a fette" il mondo per poterlo conoscere e controllare. Ricordiamolo pure: la fondamentale azione epistemologica che caratterizza il comportamento umano consiste, infatti, nel "fare distinzioni", nel distinguere tra loro le cose del mondo e nel distinguerle rispetto ad uno sfondo più confuso.

In azienda, nell’impresa, così come nella biblioteca, noi facciamo continuamente delle distinzioni in base alle quali possiamo stabilire se un risultato è soddisfacente oppure no, se un concorrente si comporta o no meglio di noi, se un dipendente è più o meno produttivo di un altro o rispetto alla media, ecc.. Inoltre, così facendo, noi possiamo arrivare a decidere di avviare progetti di Benchmarking, piuttosto che di Total Quality Management, piuttosto che di Business Process Reengineering, piuttosto che di Quality Function Deployment. Noi distinguiamo continuamente ognuno di questi metodi da tutti gli altri e, così, ci complichiamo la vita e ci precludiamo molte delle possibilità di un loro utilizzo concreto.

La nostra scelta può indirizzarsi verso l’esigenza di migliorare una prestazione aziendale o di servizio che noi crediamo di distinguere come peggiore rispetto ad un’altra (che, ovviamente, crediamo di distinguere come migliore!). In pratica, di distinzione in distinzione, pensando di dover migliorare a tutti i costi le nostre prestazioni, decidiamo di realizzare una soluzione che presto può trasformarsi nel nostro vero grande problema: spendere denaro, tempo e altre scarse risorse in attività di "management di frontiera", in iniziative votate a rivoluzionare i metodi di lavoro e di organizzazione del nostro istituto o della nostra azienda. Iniziative che troppo spesso non riusciamo a conciliare a lungo con le esigenze dell’attività di routine che consiste, poi, come è naturale, nel fare il lavoro per cui siamo pagati da chi… ci paga… per il lavoro che dobbiamo fare.

Queste metodologie di management, in pratica, ci possono indurre facilmente a "violentare" la natura organizzativa e fenomenologica che caratterizza la nostra azienda, la nostra biblioteca, il nostro istituto. Si tratta di qualcosa che deve sovrapporsi alle nostre strutture e ai nostri processi lavorativi, un "qualcosa" che a forza si deve innestare, implementare, tra le nostre procedure e i nostri sistemi tecnologici, perché pensiamo che così le prestazioni possano finalmente migliorare. Si tratta di qualcosa che "viene da fuori", che noi dobbiamo imparare ad utilizzare, a far funzionare all’interno dei nostri uffici, durante le migliaia e migliaia di "momenti della verità" che ogni anno viviamo a fianco e al servizio dei nostri clienti. Si tratta di dover cambiare tutto!

Ma quanti sono quegli organismi viventi disposti a migliorare "allegramente" i propri risultati nel fare qualcosa in un dato modo, se ciò viene loro imposto con la violenza, con la devastazione e con la presunzione? Qual è quel sistema ecologico che accetta incondizionatamente qualsiasi forma di "inquinamento", di appesantimento, a carico dei suoi normali cicli vitali? E le aziende, gli istituti, le biblioteche e qualsiasi altra forma di organizzazione sociale sono ormai ampiamente riconosciute alla stregua dei sistemi viventi ed ecologici. E che dire, poi, degli individui, dei lavoratori? Proprio loro che, dopo lunghi decenni di aberranti interpretazioni del Taylorismo e del Fordismo, sono fuor di dubbio finalmente assurti al primato di esseri viventi, di "persone", anche quando sono sul loro posto di lavoro?

Le distinzioni che la fretta di migliorare ci porta a fare, per stare al passo coi tempi, normalmente, ci spingono a loro volta a ricercare dei modi "strani" per migliorare le nostre prestazioni. Questi modi si chiamano: Benchmarking, Focus Group, Project Management, Qualità Totale, e via dicendo. Molti anni di tentativi e molti, moltissimi fallimenti di progetti, anche semplici, per migliorare la qualità dei risultati aziendali, in contesti anche molto diversi, devono farci pensare che la nostra strategia, la strategia di miglioramento e, se vogliamo, di "riscossa" delle biblioteche deve immediatamente riferirsi a modi alternativi di pensare il management. Un’alternativa alla "tradizione razionale del management", per dirla con Terry Winograd e Fernando Flores. Una forma mentale, una filosofia e un paradigma aziendale diversi, in grado di pensare alle aziende e alle biblioteche come alle migliori "macchine" capaci di svolgere la loro missione, migliorandosi continuamente.

Occorre sviluppare una cultura aziendale in grado di percepire in profondità la partecipazione di ogni azienda e di ogni parte d’azienda ad un reticolo più ampio di interessi reciproci, di reciproci impegni e di continui scambi di valore e di servizi. Istituto, azienda, biblioteca, unità organizzativa, mercato, settore, network e partnership inter-organizzative: si tratta sempre di sistemi in cui e attraverso cui circola il valore e il servizio necessari allo sviluppo sostenibile dell’intera società, di tutti gli stakeholders, di coloro che sono interessati alla (e dalla) vita aziendale. L’alternativa? Detta con una metafora evangelica, l’alternativa sembra essere solo quella di ritrovarsi "con una trave nell’occhio là, dove c’è solo pianto e stridore di denti"! E tutti, chi più chi meno, almeno una volta, abbiamo provato sulla nostra pelle l’esperienza di grandi aspettative deluse da ambiziosi progetti di cambiamento mai giunti a termine.

Solo quando sono inquadrati in un sistema complesso e integrato, il Benchmarking, il Focus Group, il Project Management, la Qualità Totale, e via dicendo, diventano prassi aziendali veramente applicabili con successo, in modo naturale e a bassi, bassissimi costi e rischi. E in tempi brevi, se non brevissimi. Solo così, finalmente, non dovremo più preoccuparci del Benchmarking, della certificazione ISO9000, del Quality Function Deployment, della "voce del Cliente", del coinvolgimento dei dipendenti, della soddisfazione degli azionisti e di altre mostruosità che, altrimenti, diventano estranee alla nostra realtà vitale! Solo così, alla fine, potremo tornare a fare con piacere e con amore il nostro lavoro, quello per cui siamo stati scelti e quello che ci siamo scelti (magari senza saperlo). Tornare a lavorare con la consapevolezza illuminata dell’artista. Per noi, "aretê", con il suo significato antico di eccellenza, vuol dire "ar" "e" "te" e, cioè, "ar" – "te", "arte",… arte del management aziendale, management dell’arte aziendale. Ci vuole un processo di "illuminazione aziendale"!

In sintesi, tutto ciò significa: "vita aziendale". In particolare: "vita della biblioteca". Ecco che cosa penso sia il tema del Benchmarking e, più in generale, la questione del management, del lavoro, della Qualità Totale. Molti anni di esperienza e di ricerca hanno determinato nel sottoscritto questa conclusione. Resta ben poco d’altro da dire, forse solo queste ultime parole. E dire è fare. Che cos’è l’Arte del management? A questo punto verrebbe quasi da rispondere come un ipotetico maestro di vita che, alla domanda del suo giovane allievo <<Che cos’è lo stato di persona illuminata?>>, risponde <<lavare il proprio piatto dopo aver mangiato il cibo>>. E l’arte della Biblioteca, nella sua Qualità Totale d’azienda, ha questa potenzialità: la capacità di essere d’esempio in risposta a domande simili, a domande su cosa sia l’eccellenza aziendale.

Bene! Ora mi sento di dire che sappiamo tutto quello che realmente occorre sapere per fare Benchmarking. Ora non resta altro che… aspettare. Ma sappiamo bene tutti come sia inutile e pericoloso indugiare ulteriormente all’appuntamento obbligato con l’eccellenza aziendale. Ci siamo dentro e ci siamo fuori, ed è dentro e fuori. Così come per ogni aspetto della "vita aziendale". Voi della Biblioteca sapete tutto quello che occorre sapere per fare qualità, progetti, clienti soddisfatti, dipendenti eccellenti. E sapete bene che anche il benchmarking è l’unica strada per essere i migliori. E così è per il benchmarking del benchmarking e per la qualità della qualità. Possiamo costruire l’arte della biblioteca, in ogni istante, in ogni frangente, in ogni situazione. Come sempre. E un po’ alla volta, improvvisamente, tutti noi ce ne renderemo conto.

<<L’arte della biblioteca!>>, ecco cosa mi aspetto di sentir dire prontamente, sicuramente, quasi d’istinto, in risposta a quella "ambigua" domanda posta all’inizio del discorso: <<Che cosa fa il bibliotecario?>>. E sarà vera eccellenza aziendale quando soggetto e oggetto, infinitamente, si confonderanno. La Qualità Totale sarà lì, altrimenti non potrà esistere alcuna biblioteca!

Anche se alla fine di questo intervento può sembrare il contrario, io ho tutto l’interesse umano, professionale e commerciale a far sì che le biblioteche italiane si avviino sul cammino del benchmarking, della valutazione del servizio e dell’eccellenza aziendale. Ed è per questo motivo che, in sintonia con l’intervento della collega Rosangela Colombo, ho cercato di portare un primo significativo contributo alla riuscita dei progetti di miglioramento di chi tra Voi li avvierà, non senza stupore, con equilibrio e armonia nei tempi del "dopo congresso". Arrivederci e grazie!

Per ulteriori informazioni sul tema del management aziendale e bibliotecario è possibile consultare le seguenti pagine Web:

  • http://www.ipsnet.it/personal/biblion/index.htm
  • http://space.tin.it/economia/grivalta.

  • N.B.: Questi siti Internet sono in corso di ristrutturazione e, prossimamente, vi saranno evidenziate alcune iniziative e alcuni servizi rivolti al management in qualità totale della biblioteca.


    Copyright AIB 1999-05-22 a cura di Susanna Giaccai

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