[AIB]AIB-WEB. Contributi


Accessibilità dei formati e selezione dei documenti digitali

Una discussione telematica della redazione di "AIB-WEB"

con interventi di Vanni Bertini, Elena Boretti, Marcello Busato, Antonella De Robbio, Maurizio di Girolamo, Mauro di Vieste, Claudio Gnoli, Gabriele Mazzitelli, Rossana Morriello, Mariateresa Pesenti, Alberto Petrucciani, Riccardo Ridi

a cura di Claudio Gnoli


Estratti scelti di una discussione svoltasi fra l'8 ottobre e l'1 novembre 2001 sulle liste di lavoro per posta elettronica della redazione generale di "AIB-WEB" <aw-tecn@aib.it> e dei redattori delle sezioni regionali <aw-reg@aib.it>.

Dallo spunto di questioni pratiche riguardanti la pubblicazione in "AIB-WEB" di alcuni nuovi documenti e il loro formato, rapidamente si passa a interrogarsi in generale sull'opportunità delle scelte di formati rispetto all'accessibilità dei documenti. Le diverse voci esprimono aspetti diversi del problema, pur nell'ambito della già consolidata politica redazionale (curata nei suoi aspetti tecnici soprattutto da Eugenio Gatto e Vanni Bertini), orientata a uno stile sobrio e concentrato sull'accessibilità dei contenuti.


[Bertini]
Vi sottopongo una pagina [...] che rappresenta un tentativo di soluzione al problema dei file di formato diverso da HTML o TXT nelle pagine di "AIB-WEB". In questo caso si è scelto di mettere il file su un altro sito e poi di fare il link, e di fare il link ad Adobe per scaricare Acrobat, ma senza mettere il logo (già vituperato da Riccardo [Ridi] alla riunione di Roma).

Francamente sono perplesso: la mia impressione è che si tratti di una soluzione che formalmente rispetta le decisioni prese a Roma, ma sostanzialmente le viola. Però vorrei sentire le vostre opinioni. Credo che comunque a Roma avesse ragione Antonella [De Robbio], quando si parlava dei file powerpoint della sua presentazione, che non sono stati ospitati sul server ma che però sono stati linkati: Antonella diceva che se non si accettano i formati, non si fa nemmeno il link.

 
[Ridi]
Mah, parliamone. Il link ad un altro sito lo trovo corretto se il sito in questione è coinvolto nella edizione/redazione del documento...

 
[De Robbio]
Sì, sono decisamente contraria a fare link a formati non previsti da "AIB-WEB". Questo per ragioni di coerenza: o si accettano questi formati o non si accettano. I compromessi personalmente non li accetto. Per un principio sono anche disposta a fare crociate, ma non dalla parte bigotta ;-) La verità è che non tollero i conservatori, che volete farci, sono fatta così ;-)

 
[di Vieste]
Secondo me, come diceva Gatto a Roma, un po' di HTML ci vuole per consentire ad un eventuale interessato di arrivare al documento tramite un motore di ricerca internazionale (non diceva esattamente questo ma è una conseguenza). Poi se il documento con tutti i suoi accessori più o meno importanti lo si vuole rendere disponibile, si fa una valutazione di redazione e magari si dà anche il benestare per il PDF (senza logo Adobe e senza link ad Acrobat).

"Ma un po' di benedetto testo me lo vuoi dare sì o no?!" [Gatto]

 
[Pesenti]
Non riesco bene a capire questa opposizione ai file di formato PDF. Che senso ha oggi rifiutare un formato come il PDF, che è leggibile con un software comunque ottenibile gratuitamente e che tra l'altro è anche indicizzato -- sebbene con qualche trucco -- da Google, il maggiore strumento di ricerca oggi disponibile?

Non sarebbe un po' come dire che in biblioteca non ci devono essere i CD-ROM perché richiedono degli strumenti di lettura diversi dagli occhi di cui siamo tutti dotati gratis?

Per quanto riguarda gli altri formati, ha senso prendere una decisione "di principio"? Non sarebbe meglio concentrarsi sui contenuti, ergo dire che se il contenuto è interessante -- anche se il formato non è quello ottimale -- lo si mette comunque a disposizione... e chi vorrà leggerselo si darà da fare per cercarsi il software necessario?

 
[Petrucciani]
La cosa veramente imprescindibile, a mio parere, è che ogni link a materiale non HTML (o non TXT) indichi chiaramente il formato (e le dimensioni). Ossia avverta che cliccando si esce da uno spazio standard, soggetto ad una serie di requisiti semplici, e che bisogna perciò essere muniti di altri programmi, conoscere la loro eventuale pericolosità, ecc.

Ma la questione del link (divieto) sinceramente non la capisco. Noi pensiamo (in maggioranza) che sia meglio non usare formati proprietari ecc. ecc., e diamo il buon esempio non usandoli in "AIB-WEB", ma questo non vuol dire che vogliamo sopprimere le informazioni sui medesimi, o veicolate con i medesimi. Che facciamo, sopprimiamo anche tutti i link a siti con Java, con troppe immagini, con la reclame della Cocacola, con il proclama di Bin Laden, ecc. ecc.? O (quanto alla leggibilità da parte dei motori di ricerca) vogliamo smettere di acquistare, leggere, linkare, tutte le pubblicazioni che non hanno indici?

 
[Bertini]
Devo dire che su molte cose sono d'accordo con Antonella: il link allo stesso documento da noi prodotto parcheggiato su un altro sito equivale a metterlo sul nostro sito.

Su altre cose non sono d'accordo. Non sono d'accordo sul fatto che non debbano esistere in assoluto link a documenti in formati non accessibili: se trovo un'informazione interessante che io non tengo sotto controllo perché non è prodotta da me, posso provare a cercare una versione più accessibile, ma se non c'è ho il dovere di segnalarla. Ho l'impressione che Antonella, peraltro in ottima compagnia, faccia un po' di confusione sul discorso dell'accessibilità, che definisce principi teorici e consigli pratici per i produttori di informazione, siano essi webmaster o redattori o analisti software (l'accessibilità riguarda anche il software in sé e anche il mondo informatico fuori dal Web), e non per gli utenti di questa informazione (nel momento in cui faccio un link sono un utente di quella informazione). Nessuno si è mai sognato di sconsigliare i link ai documenti non accessibili: con questo principio si arriverebbe a non dovere segnalare siti che non siano accessibili, con il risultato di ridurre l'informazione disponibile.

Altro punto importante: non sono d'accordo sul termine "conservatore". L'iniziativa WAI <http://www.w3.org/wai/> è conservatrice? E perché? Powerpoint è rivoluzionario? E perché? Opporsi a un certo tipo di evoluzione non significa automaticamente essere definiti conservatori, così come proporla non significa essere definiti rivoluzionari.

Attenzione: se la logica è quella che mi pare di capire, in realtà siamo tutti conservatori e stiamo difendendo posizioni arretrate e superate dalla storia, non solo io ed Eugenio Gatto ma anche Antonella e Marcello Busato: il formato rivoluzionario non è ormai più PDF o PPT, ma Flash. Se accettate PDF, dovrete presto accettare anche Flash, che crea bellissime presentazioni assai difficili e faticose da trasporre in TXT o HTML, e che però è supportato dai principali browser, e comunque basta scaricare il plug-in dal sito Macromedia. E dopo Flash, quali altre rivoluzioni dovremo vedere?

 
[De Robbio]
Non faccio affatto confusione sul discorso accessibilità. Il discorso sull'accessibilità tocca vari livelli: uno è appunto quello dei software proprietari e no, open source e via dicendo ed è più che altro un discorso di mercato... Un altro è quello dell'accessibilità che tocca due sottoaspetti, uno quello dell'accessibilità in relazione alle varie disabilità, ma l'altro quello in relazione alle "disabilità della macchina"... cioè macchine di bassa potenza che devono poter comunque consentire un accesso a contenuti posti su media sofisticati.

 
[Bertini]
Ci tengo a spiegarmi meglio. Dobbiamo analizzare meglio quello che facciamo quando costruiamo pagine web e creiamo link. Occorre distinguere due livelli.

Il primo è quello della ricerca di risorse, informazioni, siti ecc. che consideriamo utili per i nostri utenti e nell'ambito in cui operiamo (che può essere specialistico, geografico, generale ecc.) A questo livello dobbiamo fare il lavoro normale del bibliotecario: selezionare, valutare ecc. Dobbiamo anche valutare l'accessibilità delle fonti e privilegiare quelle più standard. Se troviamo la stessa informazione in formato HTML e in PDF, tendenzialmente privilegiamo e quindi segnaliamo quella in HTML. Se però l'informazione è utile e la troviamo solo in formato poco o per niente accessibile (come il DOC o il PPT), è chiaro secondo me che dobbiamo comunque fornire la segnalazione, e quindi fare il link, usando tutte le cautele che conosciamo. Da questo punto di vista infatti le WAI non mi prescrivono niente.

Esiste però un secondo livello (in ordine di esposizione, non è detto che sia meno importante), che è quello in cui siamo noi a produrre l'informazione. Tutte le pagine di "AIB-WEB" e i materiali ad esse collegati, cioè tutti quelli prodotti direttamente dalla redazione o da essa promossi, e quindi anche gli articoli pubblicati all'interno delle rubriche-rami ecc., fanno parte della produzione editoriale di "AIB-WEB". A questo livello siamo, più o oltre che bibliotecari, editori-redattori. Questo secondo livello è quello in cui trovano applicazione in modo pieno le WAI. Su tutto ciò che mettiamo on line abbiamo una responsabilità precisa e diretta, e quindi anche sulla scelta dei formati e sul livello di accessibilità. E questo è del tutto indipendente dal luogo fisico in cui depositiamo il file: non basta che sia fuori dal dominio aib.it, perché siamo sempre noi i responsabili della pubblicazione.

 
[Morriello]
Sono assolutamente d'accordo su tutta la linea con Vanni [Bertini] e con Antonella quando parla di coerenza nella linea editoriale: se non si accettano formati diversi in "AIB-WEB" non si accettano nemmeno link a file che, sebbene residenti su altri server, risultano comunque come prodotti editoriali di "AIB-WEB". Ben diverso il discorso sui link a siti esterni -- come fa notare Vanni -- sui quali per noi non c'è nessuna responsabilità se non -- come fossero riferimenti bibliografici -- la validazione e valutazione del sito.

È una questione di tempo, certo, ma i redattori di "AIB-WEB" -- ma in generale di un sito che vuole garantire una certa qualità -- credo che debbano mettere in conto di mettere a disposizione un po' del loro tempo. Allo stesso modo sarebbe molto più veloce mettere i documenti che acquistiamo in biblioteca subito a disposizione del pubblico, eppure prima li cataloghiamo, li indicizziamo, e usiamo degli standard per farlo...

E poi mi chiedo se l'apertura a formati diversi non generi alla lunga un mostro. Cioè, una volta che si è iniziato ad accettare altri formati, sicuramente più rapidi e facili da mettere online, come si fa a dire di no a tutti coloro che, ovviamente e proprio perché è più veloce metter su un file PPT o PDF già bell'e pronto, vorranno farlo? Con quali criteri si deciderà questo sì e questo no, i file di questa persona sì e i file di quest'altra no ? Bisognerà accettarli tutti, o no ?

 
[De Robbio]
Giuliano Artico, mio utente matematico e peraltro coinvolto nei lavori AIPA sull'accessibilità dei siti web, con il quale ho discusso a lungo sulla questione dei formati accessibili, mi rimanda al sito Adobe, dove mi segnala:

"Online conversion tools for Adobe PDF Documents

This section provides tools to help visually disabled users whose screen reader software is not compatible with the Adobe Acrobat Reader 5.0. These online tools convert PDF documents into either HTML or ASCII text, which can then be read by a number of common screen reader programs. These tools approximate the logical reading order of the text in an Adobe PDF document and reformat it into a single column of text. This solution provides three benefits:

 
[Bertini]
Anche loro danno indicazione di convertire il PDF in HTML.

 
[De Robbio]
Certo, è ovvio. Laddove un utente non vedente incontra un PDF, per poterlo leggere lo deve convertire. Mentre un utente non in condizione di disabilità abbisogna di un lettore per aprire il PDF, l'utente non vedente procede in altro modo, ma può riuscire comunque a "leggere" un PDF meglio di altri formati (meglio per esempio di un RTF). I non vedenti cybernauti sono molto più esperti di molti nostri bibliotecari che non sanno neanche la differenza tra i formati esistenti. Quasi tutti operano in ambiente Unix e si "muovono" anche tra i PDF convertendo i PDF in HTML attraverso servizi posti su server specializzati. Vi sono siti che mettono gratuitamente a disposizione "convertitori". Uno di questi è il sito Trace Research and Development Center, Università del Wisconsin, Madison che offre un ottimo servizio gratuito per convertire i documenti PDF (anche quelli protetti) in file HTML. Basta inviare il file PDF come attachment al seguente indirizzo: <pdf2html@sun.trace.wisc.edu>. Nel giro di pochi minuti si riceve in risposta un file HTML perfettamente leggibile con Lynx.

Questo è uno dei siti, ve ne sono altri. Questo per dire che da sempre i non vedenti aprono i PDF meglio di utenti "vedenti" che neanche sanno scaricarsi da Web i lettori giusti ;-) E comunque va anche detto che il nuovo Adobe è in grado di creare documenti PDF accessibili.

Ora per esempio se andiamo a vedere la famigerata circolare AIPA -- la troviamo sul sito AIPA predisposto, con la parola chiave "siti accessibili", andare a vedere per credere -- ci si trova davanti a due versioni della circolare, nessuna in HTML ovviamente e tanto meno in TXT: le due versioni offerte in un sito che parla di accessibilità sono una RTF e una PDF <http://www.aipa.it/servizi[3/normativa[4/circolari[2/Aipacr32.asp>. Un non vedente a questo punto va al Trace Center messo a disposizione dall'Università del Wisconsin e chiede la conversione inviando un mail a <pdf2html@sun.trace.wisc.edu> con allegato il file PDF. Il risultato è questo e non è niente male per un file che non era un PDF accessibile: <http://www.math.unipd.it/artico/aipacr32.htm>.

Se si conoscono gli strumenti che esistono e se una redazione seria si dota di strumenti adatti, pagine informative adeguate o quant'altro, si può fare una cosa accessibile senza tagliare informazione. Fare un sito accessibile costa e lo sappiamo tutti e noi siamo tutti volontari con poco tempo a disposizione. È inutile raccontarci le favolette che basterebbe impegnarci un poco di più... Credo che molti di noi stiano già dando molto e non si può chiedere di lavorare otto ore ad un file Word per renderlo HTML. Questo dobbiamo comprenderlo tutti.

 
[Bertini]
Obiezione: tutta questa storia dei convertitori disponibili in rete mi convince fino a un certo punto, per due motivi:

(1) Non si lavora solo per utenti esperti che si muovono su queste cose con facilità, ma per tutti gli utenti. E quelli svantaggiati, oltre che essere di varia tipologia e non solo ciechi, hanno anche loro diversi livelli di esperienza. Inoltre se tali convertitori esistono e funzionano così bene, non vedo perché non li possiamo usare noi redattori e non mettiamo subito in linea le versioni convertite. Così risparmiamo fatica a tutti, non vi pare? A quanto pare invece la cosa non è così semplice, se un nostro redattore dice che vuole mettere in linea il PDF perché ci vuole troppo tempo a convertirlo.

(2) Non è solo questione di PDF, ma di tutti gli altri formati possibili. Non è solo una questione di principio (che per me esiste sempre: "AIB-WEB" è anche un fine, ma per me è anche un mezzo, un modo per far vedere come si dovrebbero fare certe cose). Concretamente, abbiamo già visto come al PDF si sia accodato subito anche Powerpoint. Non scordiamo che il discorso del PDF è partito dal rifiuto di ospitare lo stesso testo in DOC. Cioè se passa il discorso sul PDF poi ci troveremo inevitabilmente a discutere se ammettere gli altri formati. Alla fine per assurdo (ma non tanto) potrei anche arrivare a accettare testi di articoli e libri scansionati e messi in TIFF, perché tanto poi basta che il non vedente o simili abbia un OCR che glielo converte, e se lo legge.

Infine, la circolare AIPA per fortuna è disponibile anche in HTML, anche se non sull'orrible sito AIPA: <http://www.governo.it/sez_dossier/linee_web/circ6set2001_aipa.html.

Il problema dell'informazione da convertire in HTML è legato anche alla valutazione dell'importanza di questa informazione. Secondo me se scopriamo un documento inedito di Ranganathan manoscritto in pali, capace che investiamo qualche milione e qualche giornata di lavoro per pagare il traduttore e l'impaginatore e per pubblicarlo in HTML purissimo. Se abbiamo invece un documento scritto in Word da un socio qualsiasi, probabilmente preferiamo che non sia pubblicato perché il nostro lavoro di conversione non è giustificato dalla qualità dell'informazione. Non vale la pena, insomma. Altrimenti il tempo lo troviamo, prima o poi. Faccio un esempio concreto: con Elena Boretti un anno e mezzo fa abbiamo pensato di mettere in linea le tesi di Viareggio. L'unica versione disponibile era quella su "Bit", cartacea, in pessime condizioni, tutta fatta a colonne e riquadri. Però, visto che la consideravamo importante, abbiamo fatto la scansione, ricomposto i vari riquadri, passato l'OCR, corretto il tutto dai numerosissimi errori che erano rimasti, convertito in HTML, impaginato, creato l'indice interno ecc. Tempo totale: non ho calcolato, ma siamo vicini alle 8 ore famose, direi. Morale: per le Tesi di Viareggio si spendono, perché vale la pena, per altri documenti no perché non sono importanti. È giusto che sia così, e possiamo dormire tranquilli.

 
[di Girolamo]
Giuste e condivisibili, IMO, le ragioni di entrambi i contendenti, sia quelle di principio sia quelle "pratiche" delle gestione quotidiana. Dobbiamo trovare il modo di salvaguadare la funzione paradigmatica di "AIB-WEB", il web da bibliotecari, senza perdere quella di strumento di diffusione di contenuti informativi.

O riduciamo "AIB-WEB" alla sua funzione di repertorio (come nel caso della sezione "Il mondo delle biblioteche in rete"), ed in questo caso non abbiamo problemi di gestione di documenti; o troviamo il modo di conservare, catalogare e diffondere (non soltanto rendere più accessibili, ma diffondere nella maniera più efficace dal punto di vista della comunicazione e della usabilità) la nostra "produzione editoriale" (non solo quella ufficiale, "Bollettino" e "AIB notizie"). Per questa seconda funzione è necessario ricorrere agli strumenti più efficaci.

"AIB-WEB" ha una sua (piccola?) sezione di documenti che potrebbe benissimo entrare a far parte di una biblioteca digitale. Le biblioteche digitali (commerciali e pubbliche) ai cui servizi ci abboniamo contengono documenti in diversi formati e la chiave del loro successo è l'offerta parallela del medesimo documento in diversi formati appunto.

Non raccontiamocela su: è evidente che l'efficacia informativa e comunicativa di un documento formattato in una certa maniera sia superiore a quella dello stesso documento con testo monospaziato. Tutti ammiriamo ed apprezziamo i grafici di Gatto realizzati in ASCII, ma se andiamo a fare una presentazione pubblica preferiamo usare le "torte" o gli istogrammi colorati.

 
[De Robbio]
E veniamo al famigerato PPT. Allora o non metteremo mai le presentazioni sul nostro sito (dubito che resisteremo a lungo, conservate questo mail e staremo a vedere ;-)), e ciò può anche andarmi bene. Oppure chiediamo a tutti i relatori, conferenzieri, tavola-rotondisti, insomma a tutti quelli che partecipano agli eventi di casa nostra di creare presentazioni accessibili. Vi sembra una strada percorribile? Secondo me non lo è.

 
[Gnoli]
Infatti PPT serve specificamente per fare presentazioni al pubblico... Io peraltro ho imparato proprio da "AIB-WEB" i vantaggi di HTML, e adesso faccio con HTML anche le dispense dei corsi e le presentazioni (e giocando con i colori mi pare di riuscire a movimentarle un po'), così mi porto dietro su dischetto soltanto un file leggerissimo, lo parcheggio per sicurezza anche in rete, e non devo preoccuparmi se nel posto dove vado c'è o no Office o qualsiasi altro programma. E con un documento già nato in HTML, anche per usi locali, è poi molto più facile fare aggiornamenti, rielaborazioni ecc.

 
[De Robbio]
Orbene ci sono anche qui strumenti che consentono di "fare informazione" prima di tutto, ma anche di estrarre da un formato PPT qualcosa che sia minimamente accessibile. Ora so che esistono progetti all'Università dell'Illinois dove esistono strumenti gratuiti per la generazione di file di testo equivalenti. Sinceramente non li ho provati, ma credo che sarebbe opportuno andare in questa direzione.

Deve essere chiaro che accessibilità è altra cosa da formalismo integralista... alla Bin Laden dallo sfondino verde (concedetemi qualche battuta, o volete mettermi il burqa?). Vale a dire che se rendo un file accessibile può anche risultare graficamente poco estetico, ma a me utente quello che interessa è il contenuto, cioè raggiungere l'informazione. Quindi dobbiamo sganciare i due aspetti.

Se si mettono a disposizione informazioni chiare, un utente disabile o anche no può raggiungere l'obbiettivo, cioè ottenere il documento. Meglio questo per conto mio che non mettere affatto l'informazione. E questo deve essere il nostro obbiettivo "da bibliotecari". Invece mi pare che ci si fermi all'oggetto forma, come sempre. Il formalismo prevale sui contenuti. E a me questo non sta bene. L'utente vuole raggiungere il documento: è nostro dovere fare in modo che questo avvenga. Siamo nell'era dell'accesso e nessuno mi convincerà che sia meglio non mettere l'informazione solo perché non conforme, in un cyberspazio "libero" dove tutti hanno "diritto di esistere" (formati compatibili e non compatibili, standard o non standard, gratuiti o proprietari...) .

Il nostro compito è quello di rendere l'accesso agevolato, non di negarlo. La bellezza del Web è proprio quella di agevolare ciò che la stampa rendeva complesso e inaccessibile. Certo, con tutti i rischi che ben conosciamo. Ma la libertà si porta appresso rischi, questo è il prezzo che si paga.

Se invece vogliamo assolvere come giustamente dice MdG [di Girolamo] ad una funzione tipicamente e solo repertoriale, benissimo allora chiudiamo qui tutti i discorsi sui formati e pace amen. Ma allora non facciamo informazione nel senso di "entrare nel circuito comunicativo" della Rete. Perché nella Rete ci sta di tutto e quindi, che ci piaccia o no, dobbiamo farci i conti. Questo significa che dobbiamo attrezzarci, non nasconderci dietro paraventi formali.

 
[Petrucciani]
Non so se interpreto esattamente quanto diceva Antonella, ma io non sarei assolutamente d'accordo sull'idea che più informazione è sempre e comunque meglio. Per essere più precisi (e gesuiti?) che più parole, più pagine, più documenti, sia sempre un fatto positivo. Quando dirigevo il "Bollettino", se uno sponsor (o la stessa AIB) mi avessero autorizzato a raddoppiare le pagine, non avrei cambiato di una virgola i criteri che seguivamo rispetto all'accettare o meno un articolo. A mio parere, per una buona informazione, è in genere meglio produrre meno testi, più brevi, ma più curati, che in poco spazio e tempo raccolgano informazioni maggiori e migliori (compresa l'accessibilità, nel senso di questa discussione e in altri ancora). È formalismo o "contenutismo"? Si potrebbe molto discutere. Nella selezione può allignare, ovviamente, il rischio della censura o dell'appiattimento, ma non li si combatte con la proliferazione per la proliferazione (nel campo dell'editoria, come si sa, la proliferazione porta a che i banconi delle librerie siano occupati quasi solo da libri di Mondadori, e lo stesso può succedere e forse già succede nel Web: la
proliferazione facilita chi può comprarsi la visibilità).

Ultima considerazione, ancora da uno spunto di Antonella. Con PPT si fanno dei lucidi molto belli, si dice. E la bellezza conta, si dice pure. Poi scapicollandosi qua e là si possono convertire in orridi puri testi. Qui conta anche la bruttezza, immagino, o non conta più? Allora li rendiamo un pochino meno brutti rimettendoci le mani? E in questi pellegrinaggi alle sette chiese (con enne MB di RAM e enne Mbps o come si chiamano) siamo sicuri di guadagnarci qualcosa? Non sono un fondamentalista dell'ambiente, ma non mi pare che siamo condannati per forza a produrre sempre più rifiuti e sempre più inceneritori, così come non siamo condannati a guidare con l'acceleratore o il freno sempre a tavoletta. Troppo banale cercare buoni compromessi tra accessibilità ed estetica, semplicità e leggibilità, ecc. ecc.?

 
[di Girolamo]
Sono d'accordo fino a un certo punto e solo in linea teorica. In pratica temo che documenti di alto valore contenutistico resterebbero tagliati fuori per una questione di mancanza di tempo per la conversione in HTML da parte della redazione, fino a divenire obsoleti, mentre altri, magari meno validi o comunque meno approfonditi finiscono immediatamente online perché formattati correttamente...

 
[De Robbio]
Certo che noi dobbiamo selezionare, ma la selezione la si fa sui contenuti non sui formati, cioè non sulla forma fisica dei contenuti selezionati. Non dimentichiamo che il formato non è la "forma espressiva di un'idea" e tanto meno la sua "manifestazione", se vogliamo parlare in termini da bibliotecari. Ma corrisponde all'item, al documento al suo più basso livello di catena... Basso livello ma essenziale perché in quel documento ci sta il contenuto. E l'utente cerca il contenuto al di là del suo supporto/non supporto.

Se per leggere un libro su carta mi servono gli occhiali, brutti occhialacci antiestetici e sono allergico alle lenti a contatto, che faccio non metto gli occhiali? ;-) Per arrivare al contenuto che sta nel documento, se questo è elettronico, ho bisogno di avere dispositivi che mi consentano di raggiungere l'informazione, tavolta. Che facciamo? Non mettiamo l'informazione perché il dispositivo non ci piace? Per dispositivo intendo l'insieme di hardware ma anche software.

Quindi per rispondere ad Alberto [Petrucciani] non è che se dico "libertà" significa non selezione o mettere dentro di tutto in "AIB-WEB", ma significa selezionare i contenuti al di là delle forme fisiche in cui sono incarnati. Mi viene in mente un aneddoto... Quando 20 anni fa arrivai in biblioteca trovai chiusi in armadi inesplorati decine e decine di cosiddetti "scheletri", credo sia capitato a tutti... Tra questi vi erano testi di matematica assai importanti, ma di formati giganti, atlanti matematici enormi nella loro dimensione fisica... impossibile collocarli in scaffali tradizionali ;-) Quindi furono sbattuti in un armadio chiuso, etichettati con una segnatura strana A4-33 (armadio 4 pezzo 33)... anche perché nel frattempo l'armadio era stato rimosso e quindi spostato con tutti i suoi contenuti inaccessibili ;-) Di un'opera ve ne erano più copie, a significare che era stato richiesto e ordinato più volte ...

Voglio dire che il formato corrisponde niente di più che alla forma fisica del supporto (non al supporto, ma alla sua forma).

 
[Bertini]
Bene, la discussione sta andando avanti e qualche risultato lo stiamo ottenendo. Mi sembra che si possa dire che siamo d'accordo tutti su questi punti:

(1) Si possono fare link a risorse esterne di qualsiasi tipo. Il fatto che siano in PDF, DOC o altro non è di per sé un ostacolo, anche se conviene segnalarlo.

(2) Per i documenti prodotti dalla redazione o comunque nel suo ambito, la soluzione di mettere il documento su un altro sito e di fare poi il link facendo finta che si tratti di roba prodotta da altri è scorretta, farisaica e da evitare.

(3) Quando si parla di convertitori, si intende dire che dovrebbe essere la redazione a lavorare per usare questi convertitori e mettere a disposizione su Web i documenti già convertiti in formati accessibili.

(4) Credo che si possa aggiungere che nessuno è contro il PDF in quanto tale. Questo formato è accettato, tuttavia alcuni di noi (per ora la maggioranza) ritengono che debba essere sempre affiancato da una versione testuale accessibile, preferibilmente in HTML.

A partire da questi elementi in comune, iniziano le differenze. I documenti in PDF possono essere normalmente convertiti in HTML, ma alcuni sono particolarmente complessi, e poi esistono altri formati, in particolare si parla di Powerpoint ma possono essercene anche altri. Sono d'accordo con Antonella sul fatto che il discorso è molto più articolato e che c'è bisogno di un ragionamento più lungo, e spero che la discussione possa continuare e si possa arrivare a un risultato. Provo a fare una piccola rassegna dei problemi principali e a fare alcune osservazioni mie:

è giusto pensare che si debba fare di tutto per mettere a disposizione più informazione possibile? Io sto con Alberto Petrucciani e aggiungo che è anche nostro compito selezionare le informazioni che vogliamo segnalare e produrre come nostre. Quindi niente di male se certe cose non vengono messe in rete;

si accettano oppure no i principi dell'accessibilità? Vogliamo che siano nostri oppure no? Ricordo che uno dei criteri fondamentali dell'accessibilità è quello che richiede di fornire comunque un equivalente testuale. Siamo d'accordo o no? Per esempio Marcello Busato sostiene che è d'accordo ma che ci possono essere alcune eccezioni, che vanno trattate come tali senza rinunciare al principio generale. Le ultime affermazioni di Antonella invece sembrano volere ampliare di molto queste eccezioni, facendole divenire una regola (anche se ancora da calibrare). Questo è il punto fondamentale, richiamato con la consueta passionalità da Eugenio Gatto a Roma.

 
[Busato]
La validità dei principi fissata dalle raccomandazioni WAI è autoevidente e quindi non ha senso discuterne. Quello che, a mio giudizio, si può mettere in discussione è la loro modalità di applicazione. L'applicazione rigida del tipo "quello che non è HTML non si pubblica" salva i principi WAI ma manca il loro obbiettivo che è quello di rendere accessibile ad un pubblico più vasto le informazioni. Enuncio una massima alla Catalano: è meglio che il 90% della gente veda un documento in formato PDF piuttosto che il 100% della gente non veda lo stesso documento in formato HTML.

Se la coerenza alle WAI fosse spinta all'estremo occorrerebbe bandire anche tutti i link in formati diversi da quelli prescritti presenti su "AIB-WEB". Per fortuna non siamo ancora arrivati a questo punto.

 
[Morriello]
Ma qui la scelta non è tra il 90% della gente che vede il documento in PDF e il 100% che non lo vede in HTML. Si tratta di fare in modo che il 100% lo veda e l'HTML o TXT soltanto lo consentono. E poi che veda il 100% di ciò che si decide, per politiche editoriali e per valutazione sulla qualità, valga la pena vedere. Sono d'accordo con Petrucciani sulla necessità imprescindibile di selezionare le risorse e di non lasciarsi attirare dal voler mettere di tutto di più sul Web perché è informazione. Certo tutto è informazione, ma è tutta di qualità, è tutta utile? Credo che una riflessione sui formati da accettare aiuti anche a fermarsi un attimo a valutare l'effettiva utilità e necessità dei documenti da inserire.

L'esempio fatto da Antonella ("la selezione la si fa sui contenuti non sui formati cioè non sulla forma fisica dei contenuti selezionati") è calzante dal punto di vista dell'utente, del lettore, ma visto dalla prospettiva di chi fornisce informazione il problema è ben diverso. Io non posso fornire nella mia biblioteca una serie di documenti senza anche dare gli strumenti per fruirli. Non posso riempire la mia biblioteca di CD-ROM o DVD e dire agli utenti: questo documento ha un contenuto informativo di valore e io ve lo fornisco indipendentemente dal formato, ma per leggerlo dovete procurarvi un PC e un lettore DVD, perché io certo non ve li metto a disposizione.

 
[De Robbio]
Infatti, è il nostro compito: far in modo che l'utente acceda all'informazione. Fare servizio significa anche questo. Se l'informazione muta i suoi movimenti, i suoi flussi, le sue dinamiche noi dobbiamo convertirci insieme ai formati che essa ci propone. È il ruolo della nostra professione in cambiamento, mi pare che se ne parli da decenni... ;-) Altrimenti saremmo ancora alle tavolette di argilla.

 
[Morriello]
Mah, io ero rimasta a che il nostro ruolo era di "intermediare", valutando e selezionando, non di seguire passivamente la cresta dell'onda ;-)

Inoltre, dato che gli esempi presi dall'erba del vicino abbondano sempre, guardiamo anche a cosa si fa all'estero in ambito bibliotecario. Non dimentichiamoci che siamo bibliotecari e che "AIB-WEB" è un sito da e per bibliotecari che, come qualcuno ricordava, deve porsi un po' come modello. In Gran Bretagna si creano associazioni di bibliotecari per favorire l'accessibilità (sotto qualsiasi aspetto) dei servizi (tutti) delle biblioteche a tutti gli utenti, in collaborazione con le università, e anche con il sostegno del governo che sta investendo molto in questo senso.

L'accessibilità dei contenuti di documenti elettronici si colloca in pieno nel più generale discorso di favorire o perlomeno non ostacolare l'inclusione sociale dei cittadini, che è compito del bibliotecario dappertutto, ad eccezione dell'Italia dove questo discorso arriva a rilento. D'altra parte ci abbiamo messo un bel po' anche a decidere di progettare edifici senza barriere architettoniche, figuriamoci il resto... E i bibliotecari e gli altri fruitori di "AIB-WEB" (che ovviamente non è usato solo da bibliotecari) fanno eccezione? Perché? Perché in quanto bibliotecari hanno tutti gli strumenti a disposizione? O perché in Italia siamo tutti più esperti di tecnologie informatiche o ne disponiamo più facilmente? Non credo sia neanche il caso di ricordare che non è così, non è per nulla così.

Credo che alla domanda che faceva Vanni Bertini in un suo messaggio: "vogliamo che siano nostri i principi dell'accessibilità?" e per la quale richiedeva una risposta precisa, la risposta non possa che essere sì (almeno per me lo è).

 
[De Robbio]
Allora non ci capiamo: la qualità non la fa il formato di un documento, ma il suo contenuto. Non per niente quando si parla di editoria oggi, in particolare di editoria elettronica, non si parla più di industria dell'informazione, bensì di industria di contenuto.

Si possono anche selezionare opere di valore in edizioni belle e pregiate, può essere una politica di acquisizione anche questa, perché quando si va a creare un sito o lo si accresce, a mio avviso, dobbiamo sempre riferirci alle dinamiche classiche che la biblioteconomia ci insegna. Ma il contenuto resta indipendente dalla forma fisica in cui esso è incarnato, sia essa cartacea o elettronica. La costruzione delle raccolte non la si fa attraverso i formati. Personalmente nel valutare un contenuto non posso fermarmi alla sua forma. Posso valutare come questa forma "limiti" l'accesso a ciò che contiene, ma appunto per questo devo essere in grado come esperto dell'informazione di rendere agevoli e accessibili i percorsi.

Accessibilità significa dare accesso, non negarlo. Come spiegato sono molti gli utenti disabili che utilizzano i PDF. Sta a noi rendere accessibili i contenuti. Siamo bibliotecari per questo.

 
[Morriello]
Certo, ma dal formato non si può prescindere. Come dice Eco il mezzo ormai precede il messaggio, solo che spesso dopo aver creato il medium non si sa bene cosa metterci dentro e nemmeno se c'è effettivamente qualcosa da metterci dentro. E la mia personalissima opinione -- anacronistica e primitiva quanto vuoi -- è che la valutazione dell'editoria elettronica richieda perlomeno il doppio dei criteri e dell'oculatezza utilizzati dall'editoria tradizionale. E sono anche convinta che spesso ci facciamo abbagliare dal fascino del formato (dei nuovi formati) solo perché sono "trendy" ;-) Ma questo è un discorso più generale e qui off-topic.

Nessuno dice di fermarsi alla forma, ma la forma va valutata in relazione al contenuto, è uno dei criteri da utilizzare. Posso anche decidere di non acquistare un'opera cartacea perché ha una rilegatura a fogli mobili che non si adatta a stare in biblioteca, se il contenuto non è così unico e autorevole da valere l'acquisto, mentre in altro formato magari non mi fermerei nemmeno a pensarci e a mettere in relazione i due aspetti. E soprattutto non acquisterò un CD se non ho un PC per consultarlo. Semmai prima compro un PC e poi acquisto il CD, cioè prima creo e fornisco gli strumenti e poi rendo disponibili i documenti. Questo era il punto.

 
[Bertini]
Busato dice di essere d'accordo in tutto e per tutto con i principi WAI, ma che decidendo di pubblicare solo in HTML si manca l'obiettivo principale di questi principi, che è quello "di rendere accessibile ad un pubblico più vasto le informazioni", e che in questo senso è meglio garantire l'accesso al 90% degli utenti.

Mi ricorda l'elogio di Bruto a Cesare :-)

C'è infatti un piccolo particolare, e non capisco se sia ignorato a proposito o per disattenzione: le Linee guida WAI sono state fatte per l'appunto per garantire accesso ai contenuti del Web a tutti gli utenti, ossia al 100%! Sono state fatte proprio per evitare che una minoranza di utenti debba essere esclusa, in tutto o in parte.

Garantire l'accessibilità comporta dei costi maggiori, questo non l'ha mai negato nessuno. E questi costi non sono proporzionali: costruire un marciapiede con gli scivoli costa molto di più, considerando il numero di persone che poi li sfruttano. Ma nessuno ormai si sogna di fare marciapiedi senza scivoli. Costa di più? La soluzione è allora di fare meno marciapiedi, ma di farli in modo che possano essere usati da tutti. Lo stesso deve essere per il Web e per noi: si metterà qualche pagina in meno, perché si dovrà dedicare un po' più di tempo a trasformare qualche documento più complesso. E allora? Dove sta il problema?

Io lo vedo, dove sta il problema: nella scelta politica. In questo caso facciamo le stesse scelte che nel resto della vita: decidiamo di costruire un mondo un po' più giusto e un po' più eguale, rallentiamo un po' per dare una mano a chi va più piano o parte da più lontano, oppure continuiamo la nostra corsa frenetica in avanti? L'idea di dovere pubblicare sempre per forza tutto non mi piace, almeno non nel caso di "AIB-WEB". Risponde a una logica di produttività, quasi una logica del profitto che non vedo perché debba essere la nostra. Lo so che il mondo va in questa direzione, ma ci sono tante direzioni che il mondo ha preso che non mi piacciono, e non vedo perché le debba cavalcare per forza. Per esempio è tutto da dimostrare che chi chiede la pace in un mondo che sceglie la guerra sia un sostenitore di valori superati ed archeologici; ugualmente è da dimostrare che il fatto di pretendere l'accessibilità significhi un rimanere indietro. Anzi, a me sembra che si esprima una posizione di avanguardia, che sia un movimento nuovo.

 
[Busato]
Ci sono dei principi superiori alla WAI. Sono principi di economicità e buon senso.

Il lavoro dei redattori, come è noto, è un lavoro volontario. "Rubiamo" qualcosa del nostro tempo per mantenere in piedi un servizio che per noi ha un significato. La limitata disponibilità di tempo comporta a mio avviso l'accettazione di alcuni compromessi.

Le raccomandazioni WAI, in quanto raccomandazioni, non sono leggi. Solo dei consigli per pubblicare nel Web. Non dicono che l'informazione deve raggiungere tutti. Enunciano invece che la loro applicazione è motivata dalla volontà di raggiungere un "pubblico più vasto". Più vasto non vuol dire necessariamente il 100% delle persone.

Il criterio di economicità e di buon senso dice che: se non ho il tempo di HTMLizzare un documento, perché pieno di grafici, tabelle e quant'altro (documento che peraltro io non ho creato), piuttosto che lasciarlo morire nella directory C:\Documenti\Aib\ del mio disco fisso per ottemperare alle WAI, cercherò di renderlo disponibile in un formato alternativo e "di comodo". Il formato che, per le sue caratteristiche specifiche di gratuità, inalterabilità e salvataggio completo dell'informazione originale, corrisponde meglio a questa "scelta di compromesso" è, a mio avviso, il PDF.

Il mio è soprattutto un invito al pragmatismo ed invece ho la sensazione che la discussione stia prendendo una piega ideologica alla quale non credo di essere preparato.

 
[Bertini]
Vorrei dire che mi spiace ma l'ideologia è necessaria. Fare informazione lo presuppone, e noi con "AIB-WEB" facciamo (anche) informazione. Qualsiasi nostra scelta è ideologica, che lo si voglia esplicitare oppure no. Il principio dell'economicità difeso da Marcello ha una sua dignità, non è campato per aria, c'entra poco col buon senso, piuttosto ha un suo preciso presupposto ideologico, quello della "produttività". Che è quella su cui io non sono d'accordo, almeno per quanto riguarda "AIB-WEB". La maggior parte delle cose che si fanno in una biblioteca pubblica non tengono presente tanto il principio della economicità quanto quello della non esclusione. Che è lo scopo di WAI, le cui linee guida in effetti non sono leggi ma indicazioni cui si aderisce per libera scelta (anche se esiste una circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che insomma qualche valore giuridico credo ce l'abbia). E lo scopo è quello di creare accesso per tutti gli utenti. Il "pubblico più vasto" è per i contenuti multimediali. Cito ancora una volta:

"L'obiettivo principale di queste linee guida consiste nel promuovere l'accessibilità. Seguendole, si otterrà il risultato di rendere i contenuti web più facilmente fruibili da tutti gli utenti, a prescindere dal particolare interprete in uso (ad es., browser normali, browser basati su dispositivi di sintesi vocale, telefoni cellulari, personal computer per automobili, ecc.) o da eventuali limitazioni a cui essi possono essere costretti (ad es., ambienti rumorosi, stanze sottoilluminate o sovrailluminate, ambienti in cui occorra avere in qualunque momento le mani libere , ecc.). Il conformarsi a queste linee guida consentirà agli utenti di reperire sul Web informazioni in maniera più veloce. Queste linee guida non invitano gli sviluppatori di contenuti a non utilizzare immagini, video, ecc., suggeriscono invece come rendere i contenuti multimediali accessibili a un pubblico più vasto."

 
[di Vieste]
Io non starei a discutere sul valore del documento che "assolutamente" deve essere messo in PDF per considerazioni di tipo economico o di buon senso: perché a volte certi documenti si condannano da soli, altre volte invece sono rilevanti: la questione per me è che sempre si può fare l'HTML semplificato del testo, sempre si può dare un senso a ciò che c'è scritto "dentro", non foss'altro che ci metti un <p> all'inizio e un </p> alla fine, eliminando quindi anche le tabelle portandole a testo. A questo punto la redazione decide della "rilevanza" del contenuto e del valore di una formattazione accurata e in questo documento HTML a quel punto si fa anche il link al PDF. So bene di scontentare sia i "puristi" sia gli "innovatori", però credo che certi documenti abbiano effettivamente l'esigenza di una corretta impaginazione con i relativi grafici e tabelle (ma solo certi, non tutti).

Tenete presente che grandi fette di popolazione mondiale non ha linee ISDN o ADSL (ormai scarse anche per noi). In questa discussione non ragionerei solo del nostro orticello di 60 milioni di potenziali utenti altrimenti che senso ha fare il web?

 
[Mazzitelli]
Sto seguendo con grande interesse il dibattito e, pur nel rispetto delle opinioni di tutti, credo che si debba avere, certo, una "linea generale" condivisa, ma che possano esserci delle eccezioni e dei compromessi (come spesso capita nella vita quotidiana). Apprezzo il coraggio di Vanni nel reclamare un'ideologia: di questi tempi è davvero un atto di coraggio, ma consentitemi anche una citazione (a memoria) di J.P. Sartre: "Le ideologie sono libertà mentre si fanno e prigione una volta realizzate". È bene avere un'ideologia sempre in fieri, dunque capace di essere mobile proprio per evitare di rimanerne imprigionati.

 
[Boretti]
Sono fermamente convinta che noi dovremmo rispettare pienamente i criteri indicati dal W3C. Si vedono in giro pagine che dicono di rispettare WAI e non si riesce a capire come possano affermarlo.

A mio parere spesso si scambia un problema di contenuti e di funzionalità della loro resa con un problema di gradevolezza e presentazione, per una loro migliore appetibilità o proposizione didattica. Sono importanti tutti e due gli aspetti, il difficile è mantenerli in accordo. Secondo me "AIB-WEB" dovrebbe sperimentare il massimo del risultato possibile senza rinunciare al massimo dell'accessibilità. Sono convinta che molti pensano che noi di "AIB-WEB" siamo pedanti, noiosi e arretrati, e fanno confusione fra accessibilità da un lato e meraviglie della tecnologia dall'altro. Mi piacerebbe cominciare a far vedere che invece accessibilità e gradevolezza vanno anche d'accordo.

 
[Ridi]
Il discorso di sta forse un po' troppo frastagliando. Cerco di mettere alcuni punti (abbastanza) fermi.

(1) C'è una forte differenza fra documenti "interni" editi e ospitati da "AIB-WEB" e link fatti da "AIB-WEB" a documenti "esterni" editi e ospitati da altri. Talvolta può non esser facile identificare le responsabilità, specie se multiple, ma la distinzione, almeno in linea di principio, resta. La linea di condotta che adottiamo per i primi documenti (prodotti e ospitati in casa) non necessariamente deve coincidere con quella adottata per i secondi (solo linkati).

Sul primo fronte sintetizzo la linea che mi sentirei di adottare a questo punto del dibattito. Sì senzaltro a HTML e TXT, no senzaltro a PPT e DOC, uso solo eccezionale (da motivare e concordare con la redazione centrale) per PDF e RTF. Da analizzare caso per caso altri formati e casi complessi o ambigui (ad esempio i PPT trasformati solo formalmente in HTML).

Sul secondo fronte sintetizzo invece così: è cura dei curatori del contenuto delle singole pagine "AIB-WEB" che linkano verso l'esterno (magari consigliati dai rispettivi curatori dell'HTML, più consapevoli delle problematiche dell'accessibilità) scegliere quali documenti e in quale formato linkare, seguendo criteri di rilevanza, qualità e accessibilità che dovrebbero essere ovvi per dei bibliotecari ma che comunque spero si siano ulteriormente chiarificati durante il dibattito. Quando il curatore ritiene indispensabile un link a un file esterno PDF, RTF, DOC o PPT esso dovrà obbligatoriamente essere commentato indicando formato e dimensione del file linkato.

Anche per le dimensioni dei file vale la medesima distinzione. Quelle proposte da Vanni vanno benone per i "nostri" documenti, e va benone proporle, quando ce n'è l'occasione, anche ad autori "esterni", ma non possono costituire un limite perentorio per i documenti esterni da linkare. Fino a un anno fa il più completo e aggiornato repertorio internazionale di opac era una sberla di 500K, sebbene in HTML. Era (e sarebbe ancora) impensabile non linkarlo dal nostro repertorio specializzato nell'argomento solo per questo motivo, anche se fosse stato in PDF.

(2) La decisione sul fare o non fare un link è comunque tutta di tipo editoriale/redazionale, quindi di totale pertinenza dei redattori/collaboratori "AIB-WEB" (includendo sia i curatori del contenuto che i curatori dell'HTML) e non degli autori del documento linkato. Su questo punto esiste un grosso dibattito internazionale ("deep linking" etc.) ma la linea "politico-filosofica" di "AIB-WEB" è chiaramente per il libero link. L'autore può dare consigli, chiedere favori o minacciare rappresaglie: il redattore cercherà di venirgli incontro nei limiti del possibile ma la scelta finale resta sua (del redattore). Ne sa qualcosa la redazione della sezione "OPAC italiani", cui arrivano spesso richieste di link a pagine non in linea con un obiettivo qualificante del nostro repertorio (link diretti alle maschere di ricerca).


Copyright AIB 2002-01-21, ultimo aggiornamento 2002-01-21, testo di Vanni Bertini et al., a cura di Claudio Gnoli.
<https://www.aib.it/aib/contr/bertini1.htm>
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