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Le nuove frontiere della bibliologia

di Massimo Gatta


«Accidenti, e ora dove li mettiamo!» -- furono queste le prime parole che il direttore della nostra Nuova Biblioteca Virtuale proferì subito dopo avere abbassato la cornetta del telefono. La conversazione col rettore era stata breve e cordiale. Mi guardò fisso negli occhi, ero seduto di fronte a lui e stavo lì per caso quando era giunta la telefonata. Il direttore mi fissò ancora qualche istante poi mi liquidò con un leggero cenno del capo. Ma quello che successe nei giorni seguenti è davvero interessante e vale la pena di essere ricordato, ma procediamo con ordine.

Ricordo perfettamente quei giorni anche se è passata un'eternità. Oggi, seduto di fronte a questo mare calmo, i ricordi fluiscono leggeri senza alcuno sforzo. Erano gli ultimi tempi in cui qualche biblioteca ospitava ancora libri veri, di carta, prima della grande GIC (Glaciazione Informatica Cartacea). Allora c'era ancora la possibilità di sfogliare pagine, opuscoli, trattati, classici, libri veri intendo. Poi lentamente tutto sarebbe inesorabilmente cambiato, trasformandosi in altro. Ricordo che proprio in quel periodo, come altrove ho raccontato, fu realizzato il grande camino nella Sala Lettura della nostra Biblioteca, un camino enorme, inaugurato con tutti gli onori del caso dalle autorità politiche e accademiche. Sorse così, tra le prima nell'intero Paese, la Nuova Biblioteca Virtuale (NBV), che vedeva finalmente realizzato il progetto decennale del grande piano strategico legato all'AOC (Abolizione Opere Cartacee), un progetto che aveva visti impegnati decine di specialisti chiamati da ogni dove. Era questo, nell'immaginaro del nostro illuminato direttore, il grande futuro del libro, il progresso che correva sull'impapabile, l'invisibile. Dopo un mese, come ho già ricordato, l'enorme camino aveva ingoiato nella sua bocca di pietra l'intero patrimonio librario per fare spazio a ... già a cosa? beh, ora non lo ricordo più, però qualsiasi cosa fosse fu grandiosa. Ma torniamo alla telefonata di quella mattina. Il giorno successivo il direttore convocò tutti i suoi più stretti collaboratori in una delle sale, ormai tutte deserte, della Nuova Biblioteca Virtuale. Dopo un attimo di silenzio disse solenne: «Signori, collaboratori, amici, ho ricevuto ieri la telefonata del nostro rettore che mi informava di un fatto davvero insolito, sicuramente importante, e che dobbiamo comunque accettare, ob storto collo. Insomma pare ci siano due personaggi locali, peraltro assai illustri, che hanno deciso di donare alla nostra Grande Biblioteca Virtuale il primo decine di manoscritti, si avete capito bene MA NO SCRI TTI, pare del XIII e XIV secolo; l'altro alcune centinaia di rari volumi a stampa, pare incunaboli o cose del genere. Lo so che vi sembra un'idea bizzarra destinare tale materiale alla nostra Biblioteca, che solo da poco tempo è finalmente riuscita a concludere positivamente il Grande Piano Strategico di Abolizione Opere Cartacee (GPSAOC), ma che possiamo farci? mica potevo rifiutare la donazione, vi pare? Ora però il problema numero uno è: dove diavolo li mettiamo i manoscritti e i volumi?». Tutti tacquero imbarazzati, alcuni abbassando lo sguardo per evitare di essere direttamente coinvolti nell'annosa soluzione del problema. Poi il direttore, che non era abituato certo alla discussione, tagliò corto: «Bene, per ora è tutto. Aspetto da tutti voi utili e costruttive proposte per risolvere questa situazione, che solo in parte intacca i piani di ristrutturazione generale della nostra biblioteca, creandoci qualche problema di immagine, dopo tutti i soldi pubblici spesi per realizzare il GPSAOC. Comunque vi ringrazio dell'attenzione e della collaborazione. E ora al lavoro».

Nel giro di qualche giorno si giunse finalmente ad una soluzione che, per quanto apparisse strana per una biblioteca virtuale come la nostra, era pur sempre una soluzione: collocare le donazioni in due apposite sale, la prima destinata ai "Manoscritti", la seconda ai volumi "Rari a Stampa" (del resto l'unica cosa che non mancava nella nostra Nuova Biblioteca Virtuale erano le sale). Dopo aver comunicato al rettore la disponibilità dei locali, e aver provveduto ad arredarli con orribili e antiquate librerie in noce, giunsero finalmente in biblioteca le casse col materiale donato. Furono settimane di intensi conciliaboli. Alcuni di noi ricordavano perfettamente di avere, qualche rara volta, sfogliato materiale simile; alcuni ricordavano persino i nomi che si usavano per indicarli. I manoscritti, poi, erano bellissimi, alcuni nei colori brillanti delle miniature che li ornavano, quei rossi, quegli ori, quei verdi, quegli azzurri; d'accordo, completamente inutili per la nostra NBV, ma pur sempre di qualche valore, almeno venale. Sistemammo tutto come meglio si poteva e le librerie in noce furono presto sommerse da antichi volumi a stampa e manoscritti su pergamena. Due sale che in un certo senso stridevano con il resto, completamente asettico, dove aleggiava soltanto il leggero ronzio dei videoterminali, la luce biancastra degli schermi, le "videate", come si dice in gergo. Le sale vennero chiuse a chiave in attesa dell'inaugurazione, che il rettore voleva fosse in grande stile.

Circa un mese dopo, lo ricordo come fosse oggi, il direttore chiamò alcuni di noi nella sua stanza e ci confidò: «L'inaugurazione, e la presentazione alla stampa, della fastidosa donazione avverrà lunedì prossimo. Saranno presenti personalità del mondo politico, religioso e accademico non solo locale, un evento mediatico per la nostra piccola regione, mi raccomando. Inoltre la prolusione la farà un noto politico di queste parti, con ampie conoscenze in ambito bibliografico; pare che abbia pubblicato diversi saggi su questo argomento. Uno studioso quindi di chiara fama, consulente culturale di varie istituzioni nazionali, amico della nostra università e della nostra biblioteca, un uomo di cultura prestato alla politica, come spesso accade. Non facciamo brutta figura mi raccomando. Per ora è tutto, buon lavoro».

L'atteso giorno arrivò. L'elegante aula magna era addobata a festa e stracolma di studenti, professori, bambini, semplici curiosi e poi giornalisti e operatori di televisioni pubbliche e private. In prima fila si riconoscevano il vescovo, il comandante dei carabinieri, il questore e il prefetto, l'assessore alla viabilità e quello alla sanità, il comandante dei vigili del fuoco e dei NAS, il direttore sanitario, il capo ufficio stampa della RAI regionale, il capo ufficio stampa della Croce Rossa, il preside dell'istituto alberghiero e quello del locale conservatorio di musica, il direttore della biblioteca e vari presidi scolastici, insomma un parterre di prima grandezza. Al lungo tavolo dei relatori, invece, sedevano il sindaco, gli assessori all'agricoltura, al turismo e ai trasporti, il presidente della regione e quello della provincia, il rettore, il sottosegretario alle attività produttive e infine colui che avrebbe tenuto la lectio magistralis, lo studioso e politico di chiara fama. Nell'aula magna non ci fu più posto a sedere e fu quindi allestito all'esterno uno schermo gigante; i pochi bibliotecari che avrebbero voluto ascoltare le dotte relazioni dovettero, a malincuore, rinunciare e tornare in biblioteca.

Quando tutti i relatori ebbero terminato il loro intervento, prese la parola lo studioso-politico. Guardò fisso l'uditorio, i suoi colleghi al tavolo e alzando lo sguardo al soffitto disse: «È con vera gioia e orgoglio personali che inauguro quello che presto diventerà il luogo più celebre di questa Regione e forse dell'intero Paese. Un luogo, lasciatemelo dire, sacrale, nel quale confluiranno documenti di inestimabile valore, benchè ormai del tutto privi di significato e valore per la nostra Grande Biblioteca Virtuale che da tempo persegue come ben sapete il suo mandato culturale: il Grande Piano Strategico di Abolizione Opere Cartacee (GPSAOC), così fortemente voluto dalla Regione, la Provincia e il Comune, dal direttore della biblioteca stessa, appoggiato dagli organi accademici di questa università con in testa il nostro amato rettore, e infine non ultimo dall'intero mondo politico locale e in parte nazionale. Ebbene, dicevo, è un grande onore per me inaugurare oggi, celebrandole in questo fausto giorno, le due sale che ospitereranno la donazione di "Manoscritti Rari a Stampa", munifico gesto di due nostri insigni concittadini, una doppia donazione che, con non celato orgoglio, tendo a considerare più unica che rara e tra le maggiori al mondo sia per la qualità che per la quantità dei manoscritti a stampa offerti. Una donazione che proietterà la nostra Nuova Biblioteca Virtuale ai massimi vertici tra le istituzioni culturali del mondo intero. Leggo nei vostri sguardi una certa perplessità, uno stupore che era anche il mio quando all'inizio seppi di questa donazione. Poi, col tempo, mi sono reso conto che era tutto vero, che un grande patrimonio bibliografico, sicuramente un unicum, sarebbe giunto tra le mura di questa nostra università per dare ancor maggior lustro alla nostra amata biblioteca. Gioiamo quindi insieme, amici e colleghi».

A queste parole, per un attimo che parve non finire più, l'intero uditorio tacque e un profondo silenzio invase la sala, per poi sciogliersi in un grande, commosso applauso. Con evidente soddisfazione il rettore, e il suo maggiore conferenziere, iniziarono a stringere mani, a sorridere soddisfatti e orgogliosi. La notizia in breve fece il giro delle redazioni di radio, giornali e televisioni, anche di quelle estere. Era la prima volta che, a memoria d'uomo, saltavano fuori manoscritti a stampa, una notizia che avrebbe siuramente scolvolto e rivoluzionato il mondo della bibliologia, e non solo. Nel giro di qualche giorno arrivarono per posta e al fax della biblioteca decine di lettere da tutto il mondo, soprattuto dalle grandi biblioteche pubbliche, ma anche da prestigiose istituzioni culturali, da singoli studiosi, storici, bibliotecari, docenti di fama internazionale. Tutti i maggiori storici del libro, bibliografi di prima grandezza, incunabolisti e medievisti, filologi e storici celeberrimi, tutti chiedevano notizie di quella che sembrava essere la vera rivoluzione nella storia della civiltà: la scoperta di manoscritti a stampa, una scoperta che dopo secoli univa in un unico abbraccio, annullandone le differenze, il mondo medievale legato al manoscritto coi principi rivoluzionari della stampa a caratteri mobili. Due mondi opposti che finalmente trovavano, dopo secoli, un punto di contatto. Il manoscritto a stampa era infatti paragonabile alla scoperta del fuoco, del ferro, del cannocchiale. D'ora in avanti non ci sarebbero state più differenze tra il mondo degli amanuensi e quello degli stampatori, tra gli scriptoria e le tipografie, tra il calamo e il torchio. Termini questi che da oggi andavano riscritti, annullandone le differenze. Il manoscritto a stampa, difficile certo da immaginare, sarebbe stato sotto gli occhi di tutti, bastava solo attendere l'apertura delle sale che avrebbero ospitato tali tesori. L'intera storia della comunicazione era certo da riscrivere e alcuni storici già assaporavano questo nuovo, affascinante, campo di studio (e al diavolo Elisabeth Eisenstein e quel suo stramaledetto "La rivoluzione inavvertita". Gliel'avrebbero fatta vedere loro a quella donna spocchiosa come andava adesso riscritta l'intera storia della stampa).

La scoperta del manoscritto a stampa era qualcosa di inaudito, il superamento dell'ossimoro, la coniunctio oppositorum di cui tanto avevano scritto gli alchimisti, l'unione dei contrari, l'apoteosi della mediazione tanto cara alla politica e alla diplomazia; insomma una notizia bomba.

Ma durò poco. Quando la donna delle pulizie ritrovò, appallottolato e sgualcito, il foglietto con il discorso che un solerte collaboratore aveva preparato al dotto politico per la sua relazione, e che la donna consegnò non ricordo bene a chi, ebbene si scoprì con raccapriccio che in realtà tra le parole "Manoscritti" e "Rari a Stampa" il relatore, a causa della tensione accumulata, aveva dimenticato di leggere proprio la congiunzione "e". Particolare di nessun conto per molti dei presenti e sfuggito del tutto al dotto uditorio. Chi fa caso infatti, in una circostanza come quella, ad una piccola, insignificante "e".

Una rivelazione che, anche se per qualche giorno, aveva stravolto il corso culturale dell'intera civiltà e posto la nostra Nuova Biblioteca Virtuale ai vertici delle istituzioni culturali del mondo intero.

I giorni che seguirono furono apparentemente normali. Il direttore colse subito l'occasione per rimandare ai mittenti le donazioni, e al diavolo le autorità accademiche e i politici che ancora non avevano ben chiaro il motivo di tutta quella cagnara.

 


Copyright AIB 2007-01-17, ultimo aggiornamento 2007-01-17, testo di Massimo Gatta, a cura della redazione AIB-WEB.
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