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La classificazione come investimento nella qualità dell'informazione

di Claudio Gnoli


Testo dell'intervento al seminario "Lo scaffale aperto nelle nuove biblioteche di Ca' Foscari : ipotesi per l'adozione di sistemi di collocazione classificata", organizzato dal Sistema bibliotecario di ateneo dell'Università di Venezia "Ca' Foscari", Venezia, 22 maggio 2003. Vedere anche alcuni commenti di Luca Rosati.


Sommario

1 : Siamo nel futuro o nella preistoria?

2 : La qualità non fa moda

3 : Un esempio: le faccette nella BC2

4 : Classificazione generale o speciale?

5 : Gli incroci producono ibridi vitali?

6 : Conclusione salomonica

Bibliografia


1 : Siamo nel futuro o nella preistoria?

Tra le tecniche dell'attività bibliotecaria, la classificazione occupa una posizione piuttosto strana. Da un lato appare naturale, anche agli stessi utenti, aspettarsi che i documenti di una biblioteca siano organizzati secondo un qualche principio connesso al loro contenuto, e tutti intuiscono che proprio questa organizzazione sia uno dei prodotti più pregevoli che la biblioteca può offrire. D'altro lato, è raro che la classificazione si trovi effettivamente applicata nelle biblioteche in tutte le sue potenzialità, e in modi pienamente convinti: per i bibliotecari essa tende piuttosto a rimanere qualcosa di astratto, appartenente alla teoria biblioteconomica classica, per non dire passata, piuttosto che al reale lavoro quotidiano dei loro uffici. Con l'avvento dei computer, i bibliotecari, per quanto refrattari, si sono gettati in una perenne rincorsa alle esigenze sempre mutevoli dei software [1], rischiando così di trasformarsi in subalterni dei colleghi informatici, e conservando scarse energie per le attività più fini e specialistiche dell'indicizzazione, che invece costituirebbero uno dei nuclei della loro professione. Non è un caso che anche la ricerca teorica sulla classificazione bibliografica, che attorno agli anni Sessanta aveva raggiunto alti livelli di raffinatezza con il lavoro di Ranganathan e del Classification research group inglese, non abbia da allora compiuto progressi particolarmente influenti e conosciuti.

Ma allora come è giusto considerare oggi lo status della classificazione [2]: la quintessenza stessa del lavoro di organizzare l'accesso ai documenti, oppure una vecchia disciplina accademica ormai superata dagli eventi? [3-5] Questo dilemma paradossale si può forse spiegare considerando come l'indicizzazione semantica, e la classificazione in particolare, rappresentino un investimento per le biblioteche che la utilizzano. Come tutti gli investimenti, nel breve termine la classificazione comporta dei costi rilevanti: costi che difficilmente si sarà disposti ad affontare fintanto che si sia impegnati a cambiar d'abito alle biblioteche secondo l'ultimo grido delle tecnologie, delle scelte di immagine o dei cambiamenti di poltrona... Ma, come tutti gli investimenti, se impostata e seguita oculatamente, nel lungo termine darà anche immancabilmente i suoi frutti, sottoforma di un patrimonio documentario organizzato unitariamente, recuperabile e fruibile attraverso tecniche di ricerca potenti ed efficaci nella loro semplice coerenza. Si tratta quindi di comportarsi da investitori avveduti, valutando costi e benefici delle diverse tecniche di indicizzazione, per adottare le strategie che più si addicono alle caratteristiche e alle possibilità delle proprie biblioteche.

La recente scarsità di investimenti negli strumenti semantici, quale prezzo pagato per il grande impegno profuso negli aspetti più tecnologici, si rispecchia anche nella situazione attuale degli opac italiani: gli accessi per soggetto, e ancora di più quelli per classe, non sono certo proposti come quelli principali, quando non siano addirittura inutilizzabili in fase di ricerca, o validi solo per una porzione non dichiarata delle biblioteche comprese nell'opac, o completamente assenti [6]. Eppure, per la grossissima frazione di utenti che non abbiano la fortuna di possedere già il riferimento bibliografico esatto di un documento disponibile in biblioteca, l'accesso più desiderabile sarebbe proprio quello semantico. E del resto, anche in seguito a una ricerca per autore e titolo, l'opportunità di esaminare i documenti di contenuto affine a quelli individuati inizialmente (che all'atto pratico potrebbero risultare non ideali, o semplicemente già in prestito) è un mezzo fondamentale affinché il patrimonio delle conoscenze presenti sugli scaffali venga sfruttato al meglio. In realtà gli opac, di per sé, non sono affatto incompatibili con le classificazioni; anzi, al contrario potrebbero essere costruiti integrandovi la classificazione a un livello profondo della struttura dei dati, a beneficio in primo luogo della ricerca per classi -- nella quale le funzioni di troncamento dei termini e di scorrimento per liste, disponibili in qualsiasi opac, sono proprio ciò che occorre perché la struttura gerarchica e ordinata di una classificazione sia sfruttata alla perfezione --; ma anche a beneficio della ricerca di documenti affini a quelli già trovati, un ordinamento significativo dei risultati (particolarmente utile quando essi siano numerosi), e un loro inquadramento nell'ambito dello schema generale di classificazione, che magari corrisponda alla posizione dei volumi negli scaffali della biblioteca.

Sarebbe questa l'effettiva realizzazione moderna dell'idea di classificazione promossa da Ranganathan. Il grande studioso indiano, infatti, non vedeva la classificazione semplicemente come uno dei diversi strumenti di indicizzazione, a lui particolarmente caro in quanto soddisfava le sue personali inclinazioni matematiche (peraltro condivise solo da una minoranza di persone: "most people are not mathematically minded" [7]...); bensì come il linguaggio comune che dovrebbe pervadere tutti gli aspetti del lavoro bibliotecario: da una politica degli acquisti adeguatamente bilanciata per i diversi settori, alle statistiche di circolazione dei documenti, alla consultazione a scaffale aperto, al servizio di reference, alla segnalazione delle nuove acquisizioni confezionata su misura per i diversi utenti abituali... Tutto questo, anche grazie all'automazione, sarebbe realizzabile facilmente e a basso costo come sottoprodotto naturale della classificazione, se solo questa fosse integrata fin dall'origine nella struttura informativa della biblioteca. Il fatto che per molti anni si sia investito ben poco nella classificazione fa sì che un'enorme parte del potenziale degli opac sia ancora sprecata: in un momento nel quale gli stessi guru di Internet stanno parlando di superare l'era dei brutali motori di ricerca attraverso lo sviluppo di un Web semantico, se non vogliamo che anche le ultime peculiarità delle nostre competenze professionali ci sfuggano sotto il naso, è decisamente arrivato per noi bibliotecari il momento di investire in opac semantici!


2 : La qualità non fa moda

Si tratta quindi di una questione strategica: una volta effettuata la scelta, la classificazione può e dovrebbe diventare un linguaggio che permei e arricchisca l'attività di tutti gli uffici della biblioteca [8]; è evidente, pertanto, che la responsabilità della scelta meriti una valutazione pacata e accurata, dal momento che non sarà possibile tornare sui propri passi o cambiare linguaggio pochi mesi o pochi anni dopo, prima ancora che l'investimento abbia cominciato a dare i suoi frutti più maturi.

Da queste proprietà di tipo inerziale deriva anche un altro fenomeno, tipicamente linguistico: il fatto che il valore pratico di una classificazione non necessariamente coincide con il suo valore tecnico. In altre parole, il linguaggio più diffuso non è sempre il migliore, ma è comunque conveniente proprio perché diffuso. Molti autori, tra i quali il drammaturgo George Bernard Shaw, hanno notato quanto la grafia dell'inglese risulti (per ragioni storiche) irrazionale e inutilmente complessa rispetto alla sua pronuncia attuale, più di quella della media delle altre lingue; eppure è proprio l'inglese la lingua che abbiamo adottato come mezzo di comunicazione internazionale, producendo così la dannazione di milioni di scolari non anglofoni in ogni parte del mondo: ma questa lingua non è certo stata scelta sulla base delle sue caratteristiche grafiche, bensì per effetto del dominio dei paesi anglofoni nell'economia e nella cultura contemporanee. Una situazione simile si riscontra fra i progetti di lingue internazionali ausiliarie: tra essi, l'esperanto è il più noto, ed è effettivamente utilizzato, anche se in un ambito limitato, da cultori di ogni parte del mondo, potendo vantare anche una produzione scientifica e letteraria degna di rispetto; tuttavia, l'esperanto è un progetto risalente al 1887, allora innovativo, ma oggi superato nel suo settore da progetti successivi che hanno continuato la stessa strada: a partire dall'ido, una derivazione dell'esperanto nella quale alcune irregolarità e irrazionalità (quali il caso accusativo, gli inusuali segni diacritici, ecc.) sono state eliminate; eppure, la lingua artificiale più conosciuta è di fatto l'esperanto -- per giunta seguita dal klingon, idioma degli alieni di "Star trek", e dal quenya, idioma degli elfi di Tolkien, lingue la cui popolarità ha giustificazioni ancora meno tecniche...

Tra le classificazioni, che con le lingue artificiali hanno non pochi punti di contatto, la CDD riveste lo stesso ruolo dell'esperanto: è un buon linguaggio, che ha permesso la diffusione di alcune delle maggiori innovazioni nel settore, ma che dal punto di vista tecnico oggi è obiettivamente superato da figli e colleghi più giovani. L'analogo dell'ido è chiaramente la CDU, che dalla struttura della CDD ha evoluto alcune funzionalità aggiuntive. Ma soprattutto è riconosciuta unanimemente tra gli esperti come un progresso fondamentale l'introduzione della classificazione a faccette, realizzata nella Colon classification di Ranganathan (CC) e poi nella seconda edizione della Bibliographic classification di Bliss (BC2), pubblicata a partire dagli anni Settanta: e per quanto si tenti di applicare tale principio anche alle edizioni recenti della CDD, questo non può che avvenire in modo imperfetto, innestandosi su un impianto sostanzialmente non faccettato. Perciò Cavaleri ha argutamente definito CDU e BC2 "i Betamax delle classificazioni" [9]: di minor successo in termini di popolarità nonostante i loro superiori pregi tecnici. Prendendo in considerazione la diffusione di manualistica, documentazione e strumenti compatibili, l'analogia potrebbe estendersi ad altri prodotti tecnologici, quali i personal computer IBM e Macintosh, i sistemi operativi Windows e Linux, e così via. L'effetto della "guerra degli standard" è tale che, per l'influenza delle grandi biblioteche statunitensi, è alquanto diffusa anche la classificazione della Library of Congress (LCC), di concezione addirittura più arretrata della CDD.


3 : Un esempio: le faccette nella BC2

Consideriamo, quale esempio, la classe Religione della seconda edizione della Bibliographic classification: in essa, come in ogni altra classe della BC2, compaiono suddivisioni che esprimono le diverse caratteristiche (faccette) secondo le quali la materia può essere analizzata:

P   Religione
PB     Teologia sistematica
PBB       Prove e fondamenti della religione
PBC          Teologia naturale
PBF          Teologia rivelata
PBJ             Rivelazione attraverso le scritture, libri sacri
PBL             Miti, mitologia
PBO       Teologia dottrinale, dogma: natura di Dio, del mondo
PBW       Esperienza religiosa, misticismo
PC        Teologia morale
PD     Pratica della religione, culto
PDE       Agenti: mondo naturale, persone, mondo soprannaturale, manufatti...
PEB       Attività: quando, per chi, forme (rituale, devozionale)...
PF     Sistemi religiosi
PFB       Istituzioni, ecclesiologia: ordini religiosi, movimenti, eresie...
PG     Religioni e mitologie
PGB       Per forma di credenza, ecc.: pastorale... panteistica... umanistica...
PGJ       Religioni antiche e morte
PI        Moderne: induismo, buddhismo, ebraismo, cristianesimo, islam...

Nell'introduzione alla classificazione è spiegato:

"Il vocabolario di ciascuna classe è organizzato primariamente in faccette generali. Per esempio, la classe J Istruzione riconosce faccette quali Discenti (le persone che vengono istruite), Argomenti insegnati, Metodi di insegnamento, ecc. La classe P Religione riconosce faccette quali Sistemi religiosi, Pratiche religiose, Teologia sistematica, ecc. La classe C Chimica riconosce faccette quali Sostanze, Componenti e strutture delle sostanze, Reazioni, Operazioni sulle sostanze (ossia chimica pratica e analitica), ecc. Queste faccette riflettono diverse relazioni all'interno della classe; p.e. possono riflettere la relazione di un prodotto finito nell'ambito della classe (p.e. i Discenti sono il "prodotto finito" in Istruzione); o di una parte (p.e. atomi, elettroni, superfici ecc. sono parti di una sostanza chimica; legislature, esecutivi, partiti ecc. sono parti di un sistema politico); o di un'azione (p.e. l'analisi è un'azione esercitata su una sostanza, l'insegnamento è un'azione esercitata su un discente); o di un'agente di azioni o processi (p.e. attrezzi agricoli, edifici agricoli ecc. sono agenti delle operazioni agricole; servizi civili ecc. sono agenti di operazioni nella pubblica amministrazione). Ciascun termine nel vocabolario di ciascuna classe è assegnato a una faccetta definita esplicitamente". [10]

È chiaro che la possibilità di combinare le diverse faccette per formare un simbolo di classe offre importanti vantaggi: le tavole della classificazione, invece che enumerative, risultano alquanto compatte, lasciando al momento dell'indicizzazione la scelta di quali elementi utilizzarne per formare le combinazioni necessarie a descrivere i documenti effettivamente presenti, con un ambito di flessibilità assai più ampio che in una classificazione enumerativa. I diversi aspetti di un argomento possono così essere analizzati in modi più logici, ed espressi con una notazione coerente, indipendente dalla sottoclasse nella quale compare il concetto e dalla sua posizione nell'ordine di citazione: il che consentirebbe applicazioni molto interessanti anche nella fase di ricerca in un opac [11]... Naturalmente, però, per arrivare a questo occorre munirsi della documentazione relativa a questa particolare classificazione (nel caso della BC2 disponibile solo in lingua inglese), acquisirne i principi, ed impostare su di essi tutto il lavoro di indicizzazione.


4 : Classificazione generale o speciale?

Un altro aspetto della popolarità delle classificazioni riguarda la diffusione degli schemi speciali dedicati a singole discipline: alcuni di questi schemi sono di fatto assai utilizzati nelle rispettive aree (MSC per la matematica, PACS per la fisica e l'astronomia, CCS per l'informatica, JEL per l'economia) [12], non soltanto per l'indicizzazione e la collocazione nelle biblioteche in esse specializzate, ma anche per l'organizzazione e gli indici di servizi bibliografici internazionali (oggi disponibili anche sotto forma di basi dati digitali consultabili via Internet), prodotti o riconosciuti dalle principali associazioni del settore, al punto di essere spesso indicate dagli editori direttamente sulle pubblicazioni stesse. Accade così che i ricercatori di quelle discipline abbiano autononomamente acquisito, prima ancora di utilizzare gli strumenti della biblioteca, una familiarità considerevole con questi schemi e con le loro notazioni corrispondenti agli argomenti di proprio interesse.

In questa situazione, per una biblioteca specializzata può diventare conveniente adeguarsi alla popolarità di uno schema e adottarlo per classificare e/o collocare i propri documenti; ciò pur essendo consapevoli che esso non rappresenta il meglio dal punto di vista tecnico: infatti i principi della moderna teoria della classificazione, come l'analisi a faccette, non sono generalmente utilizzati in tali schemi, se non in forme parziali e implicite, prevalendovi invece gli aspetti pragmatici e le consuetudini diffuse all'interno della disciplina.

Queste circostanze, influenzate da fattori contingenti e dall'inerzia storica in modi diversi in ciascuna particolare biblioteca, pongono grossi problemi nel momento in cui ci si proponga di applicare la classificazione a livello di un opac collettivo di ateneo o provincia, di un opac regionale o nazionale, o addirittura di un metaopac, nei quali occorrerebbe integrare in modo coerente dati provenienti da numerose fonti. Tale esigenza spingerebbe a propendere per uno schema di classificazione generale di largo uso, come la CDU o la CDD. Tuttavia può risultare difficile imporre tale schema a tutte le biblioteche partecipanti all'opac, i cui utenti possono ignorare o disapprovare il suo uso per la loro particolare disciplina; quando poi non ci si trovi ad agire già a posteriori su dati preesistenti, come avviene nel caso di un metaopac.


5 : Gli incroci producono ibridi vitali?

Il conflitto tra diverse consuetudini di sistematizzazione è certo un fattore limitante oggettivo per lo sfruttamento della classificazione nei grossi cataloghi. Il che tuttavia è un po' paradossale, se si considera che proprio la classificazione sarebbe un linguaggio concepito per organizzare i documenti più diversi in un sistema unico [13], tanto più potente e utile quanto più grande è il patrimonio documentario a cui venga applicata. Più che una classificazione generale, quello che occorre sarebbe un qualche metalinguaggio, che potesse fungere da ponte tra i diversi schemi utilizzati più localmente.

La stessa Colon classification, del resto, è concepita in un certo senso come un metalinguaggio: infatti, è vero che essa raggruppa tutte le classi in uno schema unico, nel quale le suddivisioni sono sempre ricondotte alle cinque faccette fondamentali "generali" (personalità, materia-proprietà, energia, spazio, tempo); ma lo fa cercando, in fin dei conti, di rispettare le esigenze e le categorie caratteristiche di ciascuna disciplina: tanto è vero che per ciascuna classe principale viene definita una diversa successione di faccette (la cosiddetta facet formula), le quali possono anche susseguirsi in più round. Le cinque faccette generali assumono così, di volta in volta, significati corrispondenti agli aspetti principali della disciplina in questione. Anche i lavori del Classification research group fanno riferimento all'idea che diverse classificazioni speciali possano essere riconnesse attraverso uno schema generale, nel quale siano definiti alcuni principi di massima (quali le faccette e i livelli integrativi) secondo i quali le sottoclassi di ogni classificazione sono organizzate [14].

In modo analogo, gli schemi di metadati che oggi vengono elaborati per permettere almeno una rozza indicizzazione delle miriadi di documenti digitali non puntano tanto a una struttura univoca, quanto all'interoperabilità, ossia alla compatibilità fra informazioni di fonti e forme diverse nell'ambiente globale di Internet. In questo senso, lo schema di metadati generale Dublin Core prevede di accogliere, all'interno dell'elemento keyword, metadati che esprimano il contenuto del documento in qualsiasi modo, comprese parole chiave, soggetti attribuiti da biblioteche, o numeri di classe di schemi come la CDD (che dovrebbero almeno essere corredati dei loro equivalenti verbali, rendendoli così ricercabili attraverso termini della lingua naturale). Questo tipo di pragmatismo appare a molti come una soluzione facile ed economica. Tuttavia "non esistono pasti gratis": infatti, in assenza di un unico schema omogeneo, viene a mancare quella coerenza che è uno dei principali valori dei vocabolari controllati che caratterizzano soggettari e classificazioni. Possiamo quindi considerarlo un caso di incremento del richiamo, attingendo da una più abbondante fonte di documenti, a prezzo di una minore precisione.

Lo stesso problema si presenta in modo tanto più grave quanto più eterogenee sono le fonti da cui derivano i dati. Diversi strumenti recenti integrano addirittura in un programma unico, definito talvolta integrated library system (ILS), la ricerca in descrizioni bibliografiche secondo lo standard ISBD, eventualmente corredate di soggetti e classi, con quella in archivi bibliografici di libri e articoli descritti in tutt'altra forma, nonché in abstract e in testi completi di documenti posseduti dalla biblioteca in forma digitale, e in repertori di altre risorse presenti su Internet. È vero che per questa via si permette agli utenti di cercare per termini in tutte le fonti di informazione disponibili, attraverso un'unica interfaccia; ma, senza che essi se ne rendano conto, al contempo si perdono tutte le garanzie di precisione, coerenza e completezza dei risultati, alle quali si era pervenuti grazie a decenni di ricerca sull'indicizzazione semantica. Infatti, la parola economia ha valore ben diverso a seconda che compaia in un testo completo, in un riassunto, in un titolo, in un soggetto, o nell'equivalente verbale della classe CDD 330...

Anche nel settore dell'informatica vengono sviluppati progetti che tentano di conciliare schemi di diverse origini. Ad esempio, l'italiano EDAMOK si propone "un approccio distribuito alla gestione della conoscenza" [15], accettando in partenza l'autonomia delle ontologie in uso presso strutture diverse che gestiscano e utilizzino informazioni. Secondo gli autori, tale autonomia non soltanto sarebbe inevitabile, ma anzi costituirebbe una ricchezza, in quanto gli schemi locali contengono un patrimonio di conoscenze fini non completamente esprimibili all'esterno del loro contesto, mentre qualsiasi schema generale che si pretendesse oggettivo e neutrale sarebbe comunque viziato da un qualche particolare punto di vista. La necessaria coordinazione fra le ontologie autonome sarebbe garantita da un programma in grado di confrontarle automaticamente, in base ai termini in esse contenuti, con un sistema intermedio, costituito dal grande tesauro digitale di pubblico dominio WordNet. L'utilizzo di tecniche sofisticate di elaborazione linguistica costituisce in effetti una possibilità nuova per affrontare questi problemi. È tuttavia da notare che il ricorso a WordNet rappresenta di fatto un suo riconoscimento quale schema generale di riferimento: cosicché si ritorna alla classica e cruciale questione di quale struttura debba avere tale schema generale, e come la si possa far corrispondere alla struttura di singoli schemi locali.


6 : Conclusione salomonica

Mentre quindi ogni metalinguaggio comporta inevitabilmente una perdita di finezza per le ricerche, la soluzione ideale per soddisfare le diverse necessità sarebbe quella di utilizzare più linguaggi in parallelo, affiancandone uno universale, ossia uno schema di classificazione generale, a quelli particolari più adatti alle situazioni locali. Gli strumenti informatici, infatti, permettono tranquillamente la coesistenza, per una stessa registrazione, di accessi paralleli riferiti a più schemi coesistenti.

Beninteso, è necessario che anche la gestione delle basi dati e delle interfacce del catalogo sia impostata e sviluppata correttamente, tenendo conto del significato bibliografico dei dati: cosa che non è avvenuta per molti software, come ad esempio il vecchio gestionale di SBN con sistema operativo Unisys, nel quale qualsiasi classificazione diversa dalla CDD è marcata con un unico codice di "classificazione locale" (denominazione tra l'altro impropria nel caso degli schemi speciali internazionali), impedendo così di separare in fase di ricerca i dati indicizzati secondo schemi differenti. Un problema analogo si verifica in molti opac, anche di buona qualità, che schiacciano qualsiasi simbolo di classificazione proveniente da diverse fonti in un unico campo, ottenendo il bizzarro effetto che, cercando per esempio con il simbolo 34, si ottengano insieme documenti sul diritto indicizzati secondo la CDU, e documenti sulle equazioni differenziali ordinarie indicizzati secondo la Mathematics subject classification!

Ma questi sono problemi dovuti soltanto alla mancanza di cura e di coordinamento in tutte le fasi di realizzazione del catalogo: pertanto, non certo insuperabili. Se invece ci si impegnasse seriamente nel classificare gli stessi documenti con diversi sistemi, si fornirebbero strumenti aggiuntivi affinché tanto la ricerca quanto l'ordinamento dei risultati, attingendo a uno stesso archivio unificato, possano avvenire secondo il canale più adatto alle caratteristiche di una particolare utenza, conservando l'unità dell'opac come luogo di integrazione di tutto il patrimonio.

Questa scelta rappresenta da un lato un investimento ancora maggiore nelle operazioni di classificazione, dall'altro un grosso passo in direzione del pieno sfruttamento delle potenzialità informative delle biblioteche a tutti i livelli, sia locali che globali. Considerando che l'inserimento dei dati negli archivi può avvenire anche in diverse fasi successive, può essere opportuno valutare la sequenza delle priorità per le biblioteche in questione, pianificando in modo distinto gli interventi a breve e a lungo termine, che saranno man mano realizzabili a seconda delle forze a disposizione.

Aldilà del progresso dei mezzi tecnologici, come si vede, molte questioni e scelte di fondo sull'utilizzo delle classificazioni rimangono quelle individuate e dibattute già decenni fa dagli esperti più illustri...

"La discussione successiva alla relazione è stata aperta da Evans (Biblioteca del Ministero dei Lavori pubblici), il quale ha affermato che se fosse un dittatore metterebbe Wells in un campo di concentramento, insieme alla commissione proposta da Wells, finché non venissero fuori con la classificazione ultimata. Per il bibliotecario all'opera, i casellari nella pratica sono più utili della più logica delle classificazioni, e ai fini della cooperazione la cosa più importante è il fatto che tutti i bibliotecari dovrebbero utilizzare gli stessi casellari. Questa faccenda di inventare classificazioni è un passatempo intellettuale divertente, meglio degli acrostici o delle parole crociate. Nel frattempo, i bibliotecari di biblioteche speciali devono cooperare utilizzando quello che hanno, fino a quando verrà sostituito da qualcosa di meglio. I sistemi in concorrenza producono difficoltà. Wells e la Conferenza della Royal society sull'informazione scientifica (1948) hanno fatto ogni sforzo per trovare la classificazione ideale, e tutta questa ricerca è eccellente e dovrebbero continuare; ma, come per la ricerca della pietra filosofale, nel frattempo occorre trovare qualcos'altro di utile.

Barbara Kyle (Istituto reale per gli affari internazionali) ha affermato che forse siamo all'inizio di una nuova era della classificazione, e Evans, che finora è stato un pensatore all'avanguardia, potrebbe ritrovarsi ad essere un tradizionalista di vecchio stampo. L'epoca della CDU sta finendo; ma quando cominciò sicuramente furono fatte le stesse critiche, e fra 25 anni anche la classificazione di Ranganathan potrà essere sostituita, a dispetto di resistenze di questo genere.

J[ason] Farradane (Tate & Lyle Ltd.) ha affermato che la pietra filosofale veniva cercata allo scopo di produrre la trasmutazione degli elementi, ma oggi questo è stato realizzato! Quindi infine si troverà anche la giusta teoria della classificazione..." [16]


Grazie ai colleghi, tra i quali in particolare Michele Santoro, che hanno acconsentito a discutere criticamente diversi temi qui trattati, arricchendo così il punto di vista dell'autore.


Bibliografia

1. Alla prova del fuoco, il bibliotecario è salamandra, o semplicemente refrattario? / Eugenio Gatto. "ESB forum", <http://www.burioni.it/forum/bo95-eg.htm>, 2003.

2. Do we still need classification? / Eric Hunter. In: The future of classification / Rita Marcella, Arthur Maltby eds. Aldershot: Gower, 2000. [Recensione] / Pino Buizza. "Bollettino AIB", 41 (2001), n. 2, p. 242-245 <https://www.aib.it/aib/boll/2001/01-2-242.htm>.

3. La disarmonia prestabilita : per un approccio ibrido alla conoscenza e ai suoi supporti / Michele Santoro. "Biblioteche oggi", 20 (2002), n. 5, p. 46-57.

4. Mezzo o messaggio? : le classificazioni all'inseguimento delle conoscenze in evoluzione / Claudio Gnoli. "Biblioteche oggi", 21 (2003), n. 1, p. 17-19.

5. Sulle spalle dei giganti : riflessioni ex-post su una proposta di interpretazione / Michele Santoro. "Biblioteche oggi", 21 (2003), n. 1, p. 21-30.

6. Indicizzazione semantica nell'era digitale / Claudio Gnoli. "ESB forum", <http://www.burioni.it/forum/gnoli-sem.htm>, 2002.

7. The subject approach to information / A. C. Foskett. 5th ed. London: Library association, 1996. Trad. it: Il soggetto. Milano: Bibliografica, 2001. [Recensione] / Carlo Revelli. "Bollettino AIB", 42 (2002), n. 1, p. 75-77 <https://www.aib.it/aib/boll/2002/02-1-075.htm>.

8. Classificazione: una scelta strategica? : l'esperienza alla Bicocca / Maurizio di Girolamo. In: Collocazione a scaffale aperto : sistemi di classificazione a confronto : corso di aggiornamento professionale, Venezia, 27 novembre 2002 / Università di Venezia Ca' Foscari. Diapositive accessibili da "E-LIS" <http://eprints.rclis.org/archive/00000144/>.

9. Sistemi di classificazione per una biblioteca di area economica : CDD, JEL, Bliss e LC a confronto / Piero Cavaleri. In: Collocazione a scaffale aperto : sistemi di classificazione a confronto : corso di aggiornamento professionale, Venezia, 27 novembre 2002 / Università di Venezia Ca' Foscari. Diapositive accessibili da LIUC <http://www.biblio.liuc.it/classhtm/classnovembre2002.htm>.

10. Bliss bibliographic classification second edition. Introduction and auxiliary schedules / J[ack] Mills, Vanda Broughton. London; Boston: Butterworths, 1977, sezione 6.31. Trad. mia.

11. Coordinazione, ordine di citazione e livelli integrativi in ambiente digitale / Claudio Gnoli. "Bibliotime", 6 (2003), n. 1 <http://www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-vi-1/gnoli.htm>.

12. Interconnessioni tra classificazioni scientifiche e classificazioni generali nel mondo digitale / Antonella De Robbio, Dario Maguolo. "Bibliotime", 4 (2001), n. 2 <http://www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-iv-2/derobbio.htm>.

13. [Classificazione e automazione] / Eugenio Gatto. In: Quali spazi per le classificazioni? tavola rotonda organizzata da AIB sezione Piemonte, Torino, 20 gennaio 2001.

14. Concerning general and special classifications / Douglas J. Foskett. "International classification", 18 (1991), n. 2, p. 87-91.

15. The role of classification(s) in distributed knowledge management / Matteo Bonifacio, Paolo Bouquet, Roberta Cuel. In: Proceedings of the 6th international conference on Knowledge-based intelligent information engineering systems and allied technologies (KES 2002), Amsterdam, 2002 <http://edamok.itc.it/documents/papers/kes20021.pdf> [149 Kb]. Per la segnalazione di EDAMOK sono grato a Vittorio Marino.

16. How to choose a special classification for your special library / A. J. Wells. "Aslib proceedings", 3 (1951), p. 107-122. Cit. in: A historical and critical exploration of the Classification research group of London, England / Alexander Earle Justice. Thesis for the degree Master of LIS, University of California Los Angeles, 2001. Trad. mia.


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2003-04-28, testo di Claudio Gnoli, a cura di Claudio Gnoli. Ultimo aggiornamento 2010-02-21
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