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La nuova laurea per la formazione primaria: senza libri?

di Antonio Iurilli


Per quanto controversa circa la data di avvio, è ormai realtà la nuova laurea per i docenti destinati alla formazione primaria, cioè ad insegnare nelle scuole elementari.
Non è il caso di rimarcare qui le ragioni che da non pochi anni inducono a progettare un nuovo e più qualificato modello di formazione del docente destinato a svolgere la sua funzione in un settore delicato e fondamentale dell'istruzione: quello della scuola primaria. Né è il caso di richiamare, se non per ribadirne l'importanza, i principi pedagogici che sostengono la centralità della formazione primaria all'interno di un modello di sviluppo delle capacità intellettuali e delle qualità civili e sociali del futuro individuo fortemente segnato dalle parole d'ordine della società postindustriale e post-moderna. Tanto meno è il caso di rievocare il problema di una rieducazione alla lettura (sia essa tradizionale, sia essa multimediale) da progettare per generazioni sulle quali incombe il rischio di un iperdosaggio di immagine e di una progressiva perdita di senso critico nell'organizzare il pensiero e la forma più comune di comunicazione di esso: la lingua.
In coincidenza forse non del tutto casuale, da un altro versante della società civile, quello delle biblioteche, altrettanto protagonista nei processi di formazione e di informazione, giungono segnali inequivocabili di un ormai consapevole ruolo da svolgere responsabilmente nei confronti di un'utenza, quella infantile-adolescenziale-giovanile, troppo a lungo segregata ai margini di una politica bibliotecaria che stentava a darsi una connotazione socialmente convincente.
All'ultimo Congresso nazionale dell'AIB, il messaggio è risultato chiaro: fin dalla relazione introduttiva e, in non pochi interventi, ci si è soffermati sulla socialità della biblioteca che si riconosce come trasformatrice di informazione in formazione, ma anche come avamposto nei confronti del degrado urbano. Questa costituisce senza dubbio la ragione fondamentale e l'asse portante dello svolgimento di una strategia di potenziamento del suo ruolo nella società del prossimo millennio.
Due tendenze, muovendo da due luoghi diversi, sembrano dunque convergere su di un unico obiettivo: quello di potenziare i processi educativi dell'età infantile-adolescenziale attraverso una modernizzazione della professionalità degli operatori e l'erogazione di servizi culturali sensibili alla specificità della domanda e capaci anche di sollecitarla.
Tale convergenza – direi naturale e comunque proficua – non sembra tuttavia aver trovato finora, nei non pochi progetti di "tabellazione" disciplinare del futuro corso di laurea per la formazione primaria, il suo riconoscimento operativo. Le cosiddette "discipline del libro" risultano, infatti, del tutto assenti dai curricula, che si fondano (opportunamente) su ben quindici aree organizzate intorno a un ben visibile disegno di interdisciplinarità.
A fronte di un ventaglio "enciclopedico" di proposte che sovverte vistosamente la tradizionale equazione fra processi educativi e discipline umanistiche, sconfinando nell'area medica, nell'area giuridica, in quella fisico-matematica e naturalistica, nonché in quella della comunicazione sonora e del disegno, appare evidente una disattenzione (casuale, voluta?) verso quelle discipline che consentono di conoscere storicamente i processi relativi alla informazione e alla comunicazione attraverso la conoscenza del libro e degli istituti che ne hanno curato la conservazione e la diffusione. Senza voler aggiungere che la più recente legislazione sul funzionamento degli istituti di formazione primaria promette un impegno particolare per la riorganizzazione delle biblioteche scolastiche, un tempo glorioso avamposto contro l'analfabetismo e centro di diffusione della pubblica lettura.
Appare, dunque, quanto meno contraddittorio il fatto che nell'area definita "socioantropologica", alla quasi totale assenza delle discipline del libro corrisponda la presenza di una Storia della cultura materiale, o di una Storia delle comunicazioni di massa, o di una Teoria della comunicazione. Per non parlare di vistose concessioni ad alcune parole d'ordine à la page che elevano al rango di rilevatori primari delle trasformazioni socioantropologiche dell'umanità la storia del cinema, dello spettacolo, e persino della danza e del mimo.
L'attuale corso di laurea in Scienze dell'educazione prevede un esame di Bibliografia e biblioteconomia proprio all'interno di quell'area che promuove la conoscenza dei processi di formazione e di comunicazione. Lo studente viene messo in condizione cos“ non solo di conoscere e apprezzare storicamente il ruolo storico svolto dalla cultura scritta nei processi di trasformazione della società, ma anche di consumare il primo approccio con le biblioteche e con gli attuali mezzi di acquisizione dell'informazione che in un corso di studi universitario dovrebbero essere imprescindibili acquisti curricolari. I fondamenti di biblioteconomia che egli riceve lo aiutano, infine, a corroborare la sua futura professionalità di educatore con la capacità di saper organizzare anche un fecondo rapporto fra discenti e biblioteca.
Perché allora rifondere un importante profilo professionale, quello dell'educatore primario, impedendogli di trarre profitto dallo studio di uno dei fondamentali percorsi di diffusione e di trasformazione delle conoscenze umane? Perché mortificare ancora di più il già avvilente rapporto della scuola (e della società) italiana nel suo complesso l'indiscusso, millenario protagonista del sapere: il libro?


IURILLI, Antonio. La nuova laurea per la formazione primaria: senza libri?. «AIB Notizie», 10 (1998), n. 3, p. 12.
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Copyright AIB, ultimo aggiornamento 1998-04-09 , a cura di: Andreas Zanzoni