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Internet in biblioteca: autorizzazioni, censura, galateo. Aspetti legali e organizzativi della rete

di Maurizio di Girolamo


Dal mito alla realtà, dalla poesia alla prosa: questo il "tema" che Claudio Gamba, moderatore della tavola rotonda, assegna ai partecipanti al dibattito su Internet in biblioteca, in programma a Milano lo scorso 23 gennaio nell'ambito della 7. Giornata delle biblioteche lombarde.
Due i filoni principali della tavola rotonda: l'organizzazione dei servizi di Internet in biblioteca, con gli esempi pratici della Biblioteca di Vimercate e del Sistema bibliotecario trentino, e la cosiddetta "questione delle autorizzazioni" cui le biblioteche dovrebbero attenersi ai sensi del Decreto legislativo 103/95.
Come si vede, un approccio decisamente pragmatico al problema, senza tante disquisizioni sul ruolo di Internet nella nostra società, o sugli scenari futuri che attendono le biblioteche. E pragmatici sono stati gli interventi, a cominciare da Angelo Marchesi, che si è soffermato, con l'entusiasmo di chi vede realizzarsi un progetto cui ha lavorato assiduamente, a descrivere il servizio di Internet in biblioteca fornito dalla Biblioteca di Vimercate e del suo Sistema bibliotecario composto da venti comuni.
Determinante nel successo dell'iniziativa è stata, a parere del relatore, la scelta di un unico provider per tutte le venti biblioteche del sistema, per sgravare le biblioteche più piccole da tutti i problemi pratici, tecnici ed amministrativi relativi al rapporto col provider, e per avere un'uniformità di tariffe e di comportamenti. «Per ciò che riguarda la tariffazione – afferma Marchesi – Internet dovrebbe essere fornita gratuitamente al pari dei servizi tradizionali della biblioteca (prestito, consultazione), altrimenti si avrebbe il paradosso per cui un utente che venga in biblioteca ed usi in prima persona Internet, magari dopo un breve corso di apprendimento da parte del bibliotecario, per fare una ricerca bibliografica dovrebbe pagare la mezz'ora di utilizzo del mezzo, mentre un altro utente, più pigro, che richieda al bibliotecario di effettuare la medesima ricerca e di fornirgli i risultati, non dovrebbe pagare nulla». Tale scelta si è però nei fatti rivelata insostenibile, di fronte alle rigide posizioni degli amministratori e dei politici, per i quali non è possibile non tariffare un servizio per qualche ragione connesso al telefono, la cui bolletta è a carico dell'amministrazione. Per questo motivo a Vimercate è stata adottata la soluzione di un rimborso minimo (3000 lire all'ora) sufficiente per coprire i costi, e comunque basso per gli utenti. Internet in biblioteca costituisce tuttavia di per sé un risparmio, ad esempio per quanto riguarda abbonamenti a risorse online come l'Enciclopedia Britannica, il cui costo si aggira sulle 500/600mila lire, contro le decine di milioni dell'acquisto dell'edizione cartacea, il cui utilizzo sarebbe comunque sporadico.
Marchesi ha poi accennato ai progetti in corso di realizzazione: per la gestione delle postazioni, si ricorrerà a una Intranet che permetterà di tenere sotto controllo ogni postazione, calcolando in automatico i tempi di connessione di ogni utente. Sarà inoltre predisposto il "borsellino elettronico di sistema" per cui l'utente caricherà sulla propria tessera della biblioteca una somma che potrà utilizzare, oltre che per Internet, per tutti gli altri servizi della biblioteca (fotocopie, stampa, ecc.). Infine si realizzeranno postazioni tematiche, con i links utili per ogni sezione tematica della biblioteca. Quanto all'assistenza agli utenti, in special modo per l'uso "tecnico" degli strumenti informatici, la biblioteca si avvarrà della collaborazione di studenti universitari, lasciando ai bibliotecari il lavoro di reference.
Altrettanto interessante è l'esperienza del Sistema bibliotecario trentino, raccontata da Daniela Della Valle. Nell'ambito del progetto viene offerto il collegamento ad Internet alle biblioteche trentine di ogni tipologia, collegate tra loro dal Catalogo bibliografico trentino in linea che permette tutte le funzioni (prestito, acquisti, ecc.). È garantita la circolazione dei documenti tra tutte le biblioteche con il prestito interbibliotecario. Le postazioni al pubblico sono utilizzabili per l'accesso completo a Internet oltre che per la consultazione del catalogo. Avviato all'inizio del 1994, il progetto prevede un collegamento per ogni biblioteca in linea commutata con accesso full service, ed assistenza garantita dalla società Informatica Trentina, che dovrà realizzare anche il sito Web di ogni biblioteca. La Provincia ha fornito a ogni biblioteca il PC e ha provveduto alla sua installazione e configurazione. Ma l'aspetto sicuramente più interessante della realizzazione trentina è rappresentato dalla stesura di uno "schema -tipo di regolamento" che le biblioteche sono tenute a recepire adottando regolamenti interni ad esso conformi. Per la sua stesura, sono stati consultati regolamenti di biblioteche statunitensi e sono stati interpellati esperti in materia. L'esigenza era quella di offrire il servizio Internet agli utenti con pari opportunità, di garantire l'omogeneità delle procedure e di sollevare il bibliotecario dalle responsabilità derivanti dall'uso di Internet da parte degli utenti. In primo luogo era necessario identificare l'utente utilizzatore del servizio come una persona che risponda degli illeciti eventualmente compiuti e tutelare i minori attraverso il coinvolgimento dei genitori. Il Regolamento nel suo insieme è costituito da una serie di raccomandazioni riguardanti modalità di uso, orari, assistenza alla navigazione. Vincolanti sono gli obiettivi del servizio: il servizio deve essere erogato in coerenza con la funzione primaria della biblioteca che è quella di essere centro informativo e da qui discendono le scelte operate. Ad esempio sono resi disponibili il servizio di consultazione www e telnet, lo scarico dei dati, la stampa, la posta elettronica presso fornitori di e-mail gratuite, la partecipazione a liste di discussione. Invece non vengono forniti al pubblico accounts di posta elettronica, non è possibile il chat, l'invio di file sulla rete, le telefonate virtuali, l'instant messages.
Come si può ben vedere, si è scelto di favorire l'accesso alle risorse informative e scoraggiare altri tipi di attività, pur proprie della rete. Vincolante per le biblioteche che hanno aderito al progetto è il principio della gratuità del servizio, perché è apparso ingiusto tariffare servizi del tutto analoghi a quelli tradizionali solo perché è più facile misurarne i costi attraverso gli scatti telefonici. Altro aspetto vincolante è l'obbligo dell'iscrizione per l'utente che vuole usufruire del servizio e l'obbligo di sottoscrizione a ogni sessione d'uso, in apposito registro della biblioteca, con l'identità, il giorno e l'ora di utilizzo. Ciò per affermare il principio della responsabilità personale in campo civile e penale. Poi c'è un punto specifico sulla responsabilità e gli obblighi per l'utente e l'obbligo dell'autorizzazione dei genitori per l'accesso ad Internet dei minori. Può apparire un po' "pilatesco", continua Della Valle, come se le biblioteche se ne volessero lavare le mani, ma il modulo di iscrizione prevede la sottoscrizione da parte dei genitori che debbono prendere visione del regolamento e di una serie di Raccomandazioni per la sicurezza della navigazione in Internet del minore. Il coinvolgimento dei genitori è parso il mezzo più efficace per richiamarli alle loro responsabilità per tutto quanto venga compiuto dai minori, e per metterli in guardia da tutti i rischi che i ragazzi potrebbero correre su Internet, senza demonizzarla (non solo per i siti violenti o scabrosi, i rischi circa la sicurezza finanziaria, invio di dati personali, eventuali illeciti legali per la violazione di copyright, privacy, ecc. ma anche circa l'attendibilità non garantita dei contenuti di Internet). Anche in quest'ottica vengono organizzati corsi di base ed avanzati sull'uso della rete.
Strettamente legato alle problematiche del comportamento in rete e della sua regolamentazione, in assenza di norme specifiche, è l'intervento di Daniela Redolfi, consulente della Rete Civica Milanese (RCM). Secondo la relatrice è molto importante il ruolo delle biblioteche per la diffusione delle norme di comportamento sulla rete, atte ad escluderne le responsabilità ma anche per favorire un processo di acculturazione. Naturalmente è sempre possibile fare riferimento alla normativa prevista dal nostro ordinamento cui può essere ricondotta anche la regolamentazione della rete, ma i codici di comportamento hanno invece altri scopi. La netiquette è stata la prima regola di comportamento sulla rete data dalla comunità scientifica: si tratta di regole di comportamento molto semplici, di galateo telematico, che tuttavia era necessario codificare proprio perché la comunità virtuale si è sviluppata molto rapidamente, a differenza di ciò che accade nella comunità reale dove queste norme non sono esplicitate perché sono nel sentire comune. Queste norme non intervengono nei rapporti giuridici che intercorrono tra gli utenti della Rete. Diverso è il caso delle regole in vigore presso comunità telematiche più circoscritte, ad esempio le reti civiche. Queste ultime si danno delle regole che hanno lo scopo di identificarsi come comunità. In questo caso si va oltre le semplici regole di "educazione": ad esempio, in RCM, vige il divieto di scambiarsi software o di fare pubblicità se non in ambiti ben definiti, oppure il divieto dell'anonimato, basato sul principio che in tutte le società civili si viene presentati attraverso il proprio nome e cognome. E quest'ultimo è un elemento di distinzione rispetto ad Internet dove l'anonimato è invece lecito, ed anzi ne è aspetto distintivo. Proprio perché queste regole cominciano a ricadere pesantemente sui rapporti giuridici, comincia a svilupparsi la discussione tipica di tutti i sistemi "reali" su chi possa modificarle e chi le debba fare applicare. Nelle reti civiche, da un galateo stabilito all'origine dall'ente che ha messo in piedi il servizio si sta passando alla sua discussione circa l'adesione alla norma. Ci sono esempi di sperimentazione della cosiddetta democrazia elettronica (ad esempio, la Città invisibile di Bologna). Ci sono poi i codici di comportamento nati nelle associazioni di categoria (ad esempio, quello dell'Associazione degli Internet providers, che mira ad escludere le responsabilità degli Internet providers rispetto ai messaggi che vengono diffusi sulla Rete da parte dei loro clienti). Ci si rende conto che al di là della normazione vera e propria, ci sono degli ambiti dove è la stessa categoria che determina delle regole: è il caso dell'AIP che recepisce molto spesso direttive europee (ad esempio, legge sulla privacy, tutela dei dati personali) prima del loro recepimento dall'ordinamento nazionale. «In RCM – spiega Daniela Redolfi – il controllo si manifesta attraverso la moderazione: tutte le conferenze sono moderate ed i messaggi devono venire approvati prima di esere resi pubblici; il controllo riguarda la pertinenza del messaggio, ma anche il rispetto delle regole di comportamento stabilite nel Galateo». Oltre alla giurisprudenza, anche la normativa sta andando nella direzione di una responsabilizzazione dei soggetti che hanno l'effettiva possibilità di esercitare un controllo su quanto viene immesso in rete. Qui potrebbero giocare un ruolo importante le biblioteche, in quanto erogatori di servizi sulla rete, e l'esempio del Sistema bibliotecario trentino va esattamente in questa direzione.
Di più ampio respiro l'intervento di Ornella Foglieni che, riallacciandosi alla situazione di carenza normativa rispetto ad Internet, sottolinea come, anche in ambito bibliotecario, siamo di fronte a un grande mutamento determinato dall'uscita di direttive comunitarie che di fatto rendono a volte superate anche le linee guida per le biblioteche. Ad esempio, la revisione delle Guidelines internazionali per le public libraries richiederà almeno tre anni, anche a causa dei continui mutamenti di scenario più generale che investono le biblioteche. Per tornare alla dimensione locale, la relatrice ricorda il "Piano dei servizi multimediali nelle biblioteche" a opera della Regione Lombardia. Le biblioteche non sono state toccate dalla riduzione delle risorse economiche almeno a livello regionale: nel 1998 sono stati spesi dalla Regione Lombardia, oltre ai fondi della legge 81, 6 miliardi e 250 milioni, altri 6 miliardi e mezzo in attrezzature, reti telematiche e prodotti per sviluppare servizi multimediali. Tutto ciò al fine di diffondere l'uso delle tecnologie nelle biblioteche e negli archivi. Anche nell'erogazione di nuovi servizi si deve tenere conto delle nuove tipologie di utenti, delle diversità nel territorio, delle comunità locali. Il bibliotecario del comune molto piccolo può offrire servizi analoghi a quelli del centro di ricerca aerospaziale, grazie alla tecnologia. é poi indispensabile confrontarsi con le realtà private: si devono individuare i servizi da tariffare. Per introdurre nuovi servizi i bibliotecari devono fare un progetto che segua le regole organizzative proprie del management, senza dimenticare gli aspetti "di fantasia" da affiancare a quelli tecnici. Nuove professionalità sono necessarie per gestire servizi multimediali in cooperazione.
Molto dibattuta anche la questione dell'applicabilità o meno alle biblioteche del Decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 103, Recepimento della direttiva 90/388/CEE relativa alla concorrenza nei mercati dei servizi di telecomunicazioni. Non ha dubbi in proposito Beppe Pavoletti 1, che con la consueta schiettezza motiva le ragioni del suo dissenso, che preferiamo riportare integralmente: «Dal momento che sono sempre stato un fautore di Internet in biblioteca, sono rimasto sconcertato dall'idea che gli obblighi del D. Lgs. 103/95 venissero applicati alle biblioteche dotate di postazioni Internet. Un paio di anni fa mi era venuta in mente una cosa simile, ma mi sembrava che l'accesso ad Internet fosse una risorsa per tutte le biblioteche ma soprattutto per quelle più piccole, più povere dal punto di vista del patrimonio librario. Non sono un giurista, ma mi pare che l'obbligo di cui al decreto sia quanto meno dubbio perché oggetto di questi obblighi è il servizio di instradamento di segnali sulla rete pubblica che può avvenire sia con una connessione commutata sia con una connessione permanente. Per come la intendo io la definizione di instradamento dei segnali vuol dire una cosa molto specifica e cioè il servizio di routing che permetta da un posto di lavoro di accedere ad una rete. Inoltre il decreto regolamenta l'offerta al pubblico di questi servizi. Caso mai si dovrebbe fare per quanto riguarda le biblioteche una distinzione che a mia conoscenza non ha fatto nessuno: le biblioteche che hanno una rete locale collegata ad Internet tramite un router si può dire che facciano instradamento di dati, quelle che hanno un singolo posto di lavoro oppure più posti di lavoro collegati fra loro oppure un server Proxy non si può dire che facciano instradamento di segnali. Inoltre è stupefacente che questo instradamento di segnali venga considerato un servizio offerto dalle biblioteche, perché le biblioteche offrono un servizio di accesso alle risorse informative, non l'instradamento dei segnali.
Applicato ai servizi tradizionali sarebbe come a dire che le biblioteche offrono un servizio di fornitura di carta perché danno agli utenti oggetti fatti di carta. Agli utenti interessa quello che c'è scritto sopra: i fornitori di carta sono le cartolerie e non le biblioteche. Quindi chi offre i servizi di instradamento dei segnali sono i fornitori di servizi di telecomunicazione e non le biblioteche. Si può anche far riferimento alle finalità della legge: le finalità sono quelle di regolamentare il mercato delle telecomunicazioni, quindi di essere applicabili alle imprese imprenditoriali che forniscono servizi di telecomunicazioni, non a quelle che forniscono servizi di accesso alle informazioni ed alla documentazione. Se invece si accettassero queste interpretazioni ci sarebbero rischi in prospettiva, perché chi ci dice che anche in altri casi le biblioteche non siano considerate alla stessa stregua di servizi di telecomunicazioni con conseguenze imprevedibili? Non ho ancora visto un elenco preciso delle biblioteche e degli Internet Cafè multati per questo motivo, non so se ci sia una giurisprudenza. In Liguria nessuno è stato multato. Sono venuto qui per capirne qualche cosa di più. In via informale ho consigliato alle biblioteche di non fare nulla, e di non chiedere l'autorizzazione, perché temo che la richiesta dell'autorizzazione instaurerebbe una prassi per cui la cosa diventerebbe quasi un obbligo, come succede in certi paesi dove i pazienti prendono l'abitudine di pagare con 10000/20000 lire il medico che li visita, e quelli che non lo fanno sembrano in torto.
Nel 1996, poco tempo dopo l'uscita del decreto, avevo pensato che questo fosse applicabile alle biblioteche che fornissero l'accesso pubblico ad SBN, perché dal punto di vista telematico era esattamente la stessa cosa. Allora avevamo chiesto un parere all'Ufficio legale della Regione che in data 2 agosto 1996 aveva risposto che le biblioteche non parevano rientrare fra coloro che dovessero adempiere agli obblighi del decreto in quanto utenti e non fornitori del servizio di telecomunicazioni. A me sembra che questa argomentazione posa ancora essere sostenuta».
Anche Daniela Redolfi conferma l'interpretazione di Pavoletti, spiegando che il Decreto non trova applicazione per due motivi: 1) la definizione tecnica di instradamento; 2) perché si tratta di una norma che fa riferimento e regola il mercato, quindi dei servizi che devono entrare in concorrenza fra loro, e non è il caso delle biblioteche. Aggiunge poi come la questione venga complicata ulteriormente dall'entrata in vigore della direttiva CEE 13/97 che stabilisce che dal 1 gennaio 1999 tutto il procedimento previsto dalla norma precedente diventa inefficace, quindi in questo momento ci troveremmo in una situazione di vacatio legis in cui la normativa in oggetto non dovrebbe trovare applicazione, nonostante la direttiva CEE non sia ancora stata convertita in legge. In altre parole si tratta di quelle norme che l'ordinamento considera direttamente applicabili anche se non esiste un recepimento normativo.
Per le biblioteche trentine, spiega Daniela Della Valle, è stata chiesta una consulenza legale da parte della Società informatica trentina che gestisce dal punto di vista tecnico il Catalogo bibliografico trentino e il progetto di Internet in biblioteca.
L'avvocato interpellato aveva escluso le biblioteche dall'ambito di applicazione del decreto in quanto non identificabili tra i soggetti a carattere economico, e questo richiamandosi anche al regolamento applicativo succeduto al decreto stesso ove si prevedeva addirittura l'iscrizione per questi soggetti alla Camera di Commercio. La stessa direttiva CEE 388/90 recepita dal decreto 103/95, relativa alla concorrenza nel mercato nei servizi di telecomunicazioni, fa esplicito riferimento alle nozioni di concorrenza, di mercato e al carattere economico imprenditoriale dei soggetti. «Quindi le biblioteche – sottolinea Della Valle – a parere dell'avvocato dovrebbero essere escluse dall'applicazione della norma, ma lo stesso avvocato ci ha suggerito di provvedere all'autodichiarazione, visto che stava per partire il progetto di Internet in biblioteca su vasta scala, che interessava tutto il territorio provinciale (vi hanno aderito 70 biblioteche su 85), e che ci trovavamo in una situazione delicata da questo punto di vista, dal momento che contemporaneamente eravamo stati contattati dai funzionari dell'ispettorato territoriale della Direzione generale del Ministero delle Poste e telecomunicazioni del Trentino Alto Adige, che ci avevano fatto presente la necessità di adempiere a quanto stabilito dal decretoè. Per questi motivi le biblioteche del Sistema bibliotecario trentino in data 27 marzo 1998 hanno inviato una dichiarazione ai sensi del comma 1 art. 3 del decreto 103, in quanto offrono il servizio di accesso a Internet avvalendosi di collegamenti commutati a rete pubblica, e quindi è stata fatta una dichiarazione cumulativa, e, come prescrive il decreto, decorsi i 60 giorni dalla presentazione della dichiarazione al Ministro delle Poste sono stati attivati i servizi di accesso a Internet, considerati autorizzati sulla base dell'istituto del silenzio assenso. «Ora – confessa Della Valle – ci sentiamo tranquilli anche perché è stata introdotta la duplice disciplina tra regime dichiaratorio e autorizzatorio, però non sono state emanate le condizioni relative a queste autorizzazioni e il decreto manca di regolamento di attuazione». L'unica cosa che è stata determinata con decreto ministeriale riguarda i contributi passati dal costo per coprire l'istruttoria relativa al rilascio dell'autorizzazione (un milione), alla richiesta di un milione per ogni sede.
A conferma di questa situazione particolarmente ambigua, dove in assenza di direttive chiare, le biblioteche preferiscono aderire al regime dichiaratorio, anche se concordano circa la loro estraneità al decreto, arriva anche l'intervento di Vanni Bertini, il quale a più riprese si è attivato sia nei confronti del Ministero delle Telecomunicazioni sia nei confronti dell'AIB per avere dei chiarimenti definitivi. E le risposte paiono andare nella direzione opposta a quanto fin qui esposto: «le biblioteche forniscono un servizio equiparabile ad un servizio in commutata, e quindi le biblioteche devono sottostare al regime dichiaratorio», avrebbero detto i funzionari del Ministero interpellati da Vanni Bertini. «Meglio aver paura che buscarle», è il commento ironico di Bertini alla scelta di molte biblioteche, fra cui quella da lui stesso diretta, di fare la dichiarazione, che non è onerosa economicamente a differenza dell'autorizzazione. Ma non può essere questa la soluzione, ed è auspicio comune che l'AIB si attivi in sede nazionale per avere chiarimenti, anche se la situazione appare oggi superata, dal silenzio assenso che sostituisce la dichiarazione. Ma Bertini va oltre: «Anche se l'interpretazione fosse quella più restrittiva, ci si dovrebbe attivare per modificare la legge, e non è a mio avviso neppure corretto fare una distinzione fra Internet Cafè e biblioteche, considerando queste ultime non a scopo di lucro, dal momento che esistono biblioteche private». L'unico dato apparentemente certo è rappresentato dal fatto che biblioteche universitarie non rientrano nella legge perché forniscono questi servizi ai propri utenti interni e non al pubblico.


1 Riportiamo le precisazioni di Beppe Pavoletti, inviate ad AIB-CUR in data 6 aprile 1999: «Mi riallaccio al recente messaggio che annunciava la pubblicazione su AIB-WEB degli atti della tavola rotonda su Internet in biblioteca tenuta a Milano il 23 gennaio per segnalare che il mio intervento lì riportato contiene un errore che mi aveva già fatto rilevare Vanni Bertini, che in quell'occasione era seduto vicino a me. Infatti io avevo argomentato come se il D. Lgs. 103/95 avesse come oggetto i servizi di "instradamento" di dati, mentre esso parla in realtà di "trasmissione e instradamento". Questo toglie valore ad una parte dei miei argomenti, anche se non a tutti, a meno che la legge non si possa interpretare (e qui spero che qualche giurista ci illumini) nel senso che suo oggetto sono coloro che offrono servizi SIA di trasmissione SIA di instradamento. Io non sono un giurista, per cui purtroppo nella lettura di una legge spesso mi sfugge qualche dettaglio».


Questo testo, arricchito da ulteriori links, è disponibile in AIB-WEB anche all'URL: https://www.aib.it/aib/sezioni/lom/re990123.htm.
DI GIROLAMO, Maurizio. Internet in biblioteca: autorizzazioni, censura, galateo. Aspetti legali e organizzativi della rete . «AIB Notizie», 11 (1999), n. 4, p. 8-11.
AIB-WEB | AIB Notizie | Sommario fascicolo 4/99
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 1999-05-26 a cura di Gabriele Mazzitelli