[AIB]AIB Notizie 5/2002
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Multiple names e diritto d'autore:
i casi di Luther Blissett e Wu Ming

di Vittorio Ponzani

Anche questo mese in AIB-CUR ritorna il tema del diritto d'autore, ma questa volta in una prospettiva del tutto particolare rispetto al passato. Un messaggio, infatti, mette a confronto le frasi sul diritto d'autore riportate sul retro del frontespizio di due libri che rappresentano due modi antitetici di concepire la proprietà intellettuale e il copyright. La prima frase recita così: «È vietata la riproduzione anche parziale, effettuata a qualsiasi titolo, eccetto quella ad uso personale. Quest'ultima è consentita nel limite massimo del 15% delle pagine dell'opera, anche se effettuata in più volte, e alla condizione che vengano pagati i compensi stabiliti dall'art. 2 della legge vigente. Ogni fotocopia che eviti l'acquisto di un libro è illecita ed è severamente punita. Chiunque fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per farlo, chi comunque favorisce questa pratica commette un reato ed opera ai danni della cultura». Nel secondo caso si legge: «È consentita la riproduzione parziale o totale dell'opera e la sua diffusione per via telematica a uso personale dei lettori, purché non a scopo commerciale».
La radicale differenza di impostazione rende evidente che il tentativo di risolvere le complesse problematiche relative al diritto d'autore dovrebbe passare, più che per raffinate disquisizioni giuridiche, soprattutto per un'approfondita analisi di carattere culturale sul significato e l'importanza dell'accesso all'informazione. Nell'ambito di questa discussione è fondamentale il ruolo dei bibliotecari nel portare avanti una riflessione che sia in grado di conciliare i diritti di proprietà intellettuale degli autori con i diritti dei cittadini e soprattutto del mondo della ricerca scientifica ad accedere alle informazioni senza eccessive limitazioni e oneri economici.
Le accese discussioni sul diritto d'autore che si stanno susseguendo negli ultimi mesi in AIB-CUR, al di là di prese di posizione talvolta eccessive da una parte e dall'altra, si possono certamente ritenere un momento importante di crescita professionale e culturale, che speriamo possa favorire un approccio più equilibrato e più attento alle esigenze delle biblioteche e dei loro utenti.
Ma ritorniamo alle due frasi relative al diritto di riproduzione dell'opera ricordate in AIB-CUR: nel primo caso si tratta di una locuzione piuttosto comune nei libri pubblicati nel nostro paese, nel secondo caso è la frase che si trova sul verso del frontespizio di 54, romanzo di Wu Ming (che in cinese significa "nessun nome") dietro al quale si nascondono (ma non troppo) cinque giovani scrittori bolognesi, gli stessi che nel recente passato avevano firmato con lo pseudonimo Luther Blissett il romanzo Q.
Wu Ming afferma l'importanza di diffondere la cultura anche attraverso la riduzione dei diritti degli autori e degli editori a favore di una maggiore circolazione delle idee, non ponendo alcuna restrizione alla riproduzione della propria opera e peraltro "costringendo" l'editore ad aumentare il carattere di stampa, per ottenere fotocopie più leggibili. Il romanzo, uscito per i tipi di Einaudi, è inoltre in rete, è scaricabile gratuitamente dal sito Web http://www.wumingfoundation.com, ed è libero da copyright. Gli autori (e l'editore), infatti, sono convinti che una tale politica non pregiudichi in alcun modo la vendita del libro, ma anzi che possa favorirne la diffusione e di conseguenza la vendita. È l'esempio di come la volontà dell'autore (e inevitabilmente il suo "potere contrattuale" nei confronti dell'editore) possa svolgere un'importante funzione di stimolo a favore della diffusione della cultura e dell'informazione.
Infine viene rilanciato in AIB-CUR un dubbio tutto biblioteconomico: è necessario fare un rinvio da Luther Blissett a Wu Ming? Un messaggio propende per il no, dal momento che le persone che avevano formato il Luther Blissett Project non erano esattamente le stesse di Wu Ming. Vengono inoltre sottolineate altre differenze, come il fatto che mentre per Luther Blissett vigeva un rigoroso anonimato, nel caso di Wu Ming i nomi degli autori sono conosciuti e sono riportati anche sul loro sito Web.

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"Biblioteche e mafia". Cosa spinge un collega, nel messaggio alla lista di discussione inviato ai bibliotecari italiani, a utilizzare questo inquietante subject, che suona come un vero e proprio ossimoro? Cosa mette in relazione quelle che sono le istituzioni destinate alla crescita culturale e sociale di un paese con un fenomeno che quella crescita mette inesorabilmente in discussione?
Il messaggio prende spunto da una nota trasmissione televisiva, nella quale viene raccontata la storia di una donna, moglie del capo mafia di una piccola città siciliana, e arrestata lei stessa per associazione mafiosa, che, a seguito della scarcerazione, è stata reintegrata nell'organico del comune dove lavorava, venendo però trasferita dall'ufficio dove prestava servizio alla biblioteca. L'autore del messaggio esprime la propria indignazione all'idea che chi lavora in biblioteca, per antonomasia luogo della cultura, della democrazia e della libertà, possa essere in alcun modo coinvolto con la mafia che di quei valori rappresenta l'antitesi. Non si intende qui mettere in discussione i diritti al reintegro nel posto di lavoro, né si esprimono giudizi personali sulla moralità di alcuno, ma si sottolinea l'inopportunità di un trasferimento in biblioteca che appare in linea con una prassi piuttosto consolidata, per la quale si considera la biblioteca non già una preziosa risorsa ma un luogo defilato dove eventualmente collocare persone "difficili" o che comunque danno problemi se collocati altrove. A questo proposito un altro messaggio ricorda il caso comparso nelle cronache di qualche tempo fa in cui un medico, sospettato di essere un killer, «dopo perizia psichiatrica, a causa del suo carattere violento, viene relegato (sic! ) presso la biblioteca dell'ospedale».
Altri messaggi tuttavia sottolineano come nelle nostre biblioteche siano anche frequenti i casi di persone approdate in biblioteca del tutto casualmente e magari prive di una "vocazione irrinunciabile" ma che poi, attraverso l'impegno personale e una formazione spesso perseguita a proprie spese, danno un contributo importante all'istituzione nella quale lavorano.
Un messaggio di un bibliotecario siciliano invita a fare attenzione ai luoghi comuni per non penalizzare (ulteriormente) chi al sud, e particolarmente in Sicilia, lavora e opera con impegno, in situazioni spesso disagiate. Il messaggio ricorda l'intervento di Franco La Rocca durante la Conferenza nazionale dell'AIB tenuta a Roma nel 1988 (poi pubblicato sul «Bollettino AIB», 1/1989) che, a proposito delle leggi regionali di settore diceva: «L'informazione è potere e in una situazione, qual è quella delle regioni meridionali, in cui gli intrecci fra una certa gestione della cosa pubblica, la mancata crescita civile ed economica del territorio e la delinquenza organizzata sono inscindibili, c'è evidentemente la necessità di avere popolazioni acquiescenti, poco informate, incapaci di dare giudizi e di cercare cambiamenti. Tutto questo deve finire». È evidente come la cultura omertosa della mafia sia in contrapposizione con il diritto a leggere e a informarsi, ma oltre a gridare il proprio sdegno occorre puntare su di un'efficace campagna per la crescita e lo sviluppo delle biblioteche pubbliche soprattutto nelle regioni più deboli e con maggiori problemi.

ponzani@aib.it


L'archivio storico di tutti i contributi inviati in AIB-CUR è consultabile, da parte degli iscritti alla lista, a partire dall'indirizzo https://www.aib.it/aib/aibcur/aibcur.htm3

PONZANI, Vittorio. Multiple names e diritto d'autore: i casi di Luther Blissett e Wu Ming. «AIB Notizie», 14 (2002), n. 6, p. 6.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2002-06-25 a cura di Franco Nasella
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n14/02-06ponzani.htm

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