[AIB]AIB Notizie 11/2003
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La riforma del Ministero per i beni e le attività culturali

Anna Maria Mandillo

L’intervento è stato presentato durante l’incontro di studio su “La riforma del Ministero per i beni e le attività culturali”, promosso dall’Associazione Bianchi Bandinelli/Assotecnici, svoltosi a Roma, presso la Casa delle culture, il 14 ottobre 2003


Biblioteche e archivi: no al dipartimento?
Se ancora ha valore la celebre massima delle Institutiones di Giustiniano Nomina sunt consequentia rerum mai fu più appropriata per descrivere la sorte prevista per le biblioteche (insieme agli archivi) nel decreto legislativo di riorganizzazione del Ministero, che subisce ancora, dopo circa tre anni dal regolamento del dicembre 2000 (d.P.R. 441/2000), una nuova riforma. La scelta fatta per il settore è infatti un segno rivelatore. Appare chiaro che nel delineare la nuova struttura non è stato ritenuto necessario salvaguardare l’identità delle biblioteche e degli archivi nè nel dipartimento specifico nè nel dipartimento unico. Appena, infatti, si sono manifestate esigenze di riduzione di spesa è stato del tutto indolore cancellare il dipartimento senza neanche un momento di riflessione e di confronto. Mi domando e credo sia lecito porsi la domanda: perchè su un tema di questo rilievo non sono stati sentiti gli organi consultivi, i vecchi o i nuovi usciti dalle ultime elezioni? Appare sempre più evidente che il loro è un ruolo di facciata e nessuno sente o sentirà il bisogno di consultarli.
Tra i commenti che si diffondono sul testo del decreto, quello dell’ultima versione, conosciuto quasi come testo segreto e anche difficilmente reperibile, ci sono quelli che tendono a ridimensionare il danno, perchè esprimono l’opinione che basterebbe in fondo cambiare il nome di questo unico grande e indistinto contenitore, in quello di Dipartimento del patrimonio (heritage, come si definisce in molti documenti dell’UE) o dei beni culturali per ristabilire l’equilibrio tra i settori.
Ma non credo basti abbandonare questo nome antico per risolvere i problemi. Tuttavia anche il nome scelto – antichità, belle arti e paesaggio – è realmente una sorpresa non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per molti organi di stampa che hanno commentato l’annuncio del nuovo ministero mettendo in rilievo con ironia questa scelta. È vero infatti che il nome fa ritornare a tempi lontani, a prima del 1926, data nella quale fu istituita, separandola dalle Belle arti, la Direzione generale Accademie e biblioteche all’interno del Ministero della pubblica istruzione. Ma questo nome mostra soprattutto l’indifferenza degli estensori del decreto che sembrano ignorare anni di analisi e di dibattito sui beni culturali. Basti pensare alle proposte della Commissione Franceschini del 1967 (i risultati del lavoro, pubblicati nei tre volumi dell’editore Colombo, credo siano davanti agli occhi di tutti perchè hanno segnato un momento alto del dibattito sui beni culturali) e considerare infine le definizioni contenute nel Decreto legislativo 112 del 1998, ora riprese anche nell’emanando nuovo codice dei beni culturali.
Anche se questa anacronistica denominazione dovesse cadere nell’ultimo tratto di strada del decreto, raggiungeremmo comunque un ben modesto e amaro risultato.
È invece prioritaria l’esigenza di non far scomparire o nascondere all’interno del nuovo ministero archivi e biblioteche perchè questa esigenza non discende da desideri corporativi o dalla necessità di difendere posizioni di preminenza di questo o quel capo dipartimento, ma ha una valenza culturale e politica che risponde alla storia del nostro paese e non può essere liquidata con leggerezza, in nome di ragioni economiche. In questo caso le ragioni economiche non dovrebbero prevalere.
Temiamo, se le richieste di modifica non dovessero essere accolte, una condizione di marginalità nel Ministero in un momento in cui il potere dell’immagine prevale. Crediamo necessaria anche noi la visibilità, perchè questa porta con se il riconoscimento delle specificità, l’attenzione alle esigenze organizzative, la garanzia dei finanziamenti.

L’organizzazione del Ministero e le biblioteche
Già l’esperienza della precedente riforma del ministero ci ha segnato, perchè non è stato facile il confronto anche durante le precedenti legislature.
Tutti noi ricordiamo il lavoro continuo e attento di analisi e di proposta svolto dal Consiglio nazionale e dalle associazioni durante le fasi di stesura del decreto 368/98 e del regolamento (d.P.R. 441/2000) per porre all’attenzione del legislatore le peculiarità e le esigenze più evidenti dei settori tecnico-scientifici rispetto al prevalere dell’apparato amministrativo e burocratico del Ministero.
Una tendenza questa che sembra ormai inarrestabile, come vediamo nella nuova organizzazione delineata nel decreto attuale.
Ricordo, tanto per fare un esempio nel settore delle biblioteche, che soltanto per inserire tra le attribuzioni del Ministero compiti a carattere nazionale, più specifici della generica promozione del libro e della lettura, riassunti nell’espressione «sviluppo dei servizi bibliografici e bibliotecari nazionali» (art. 2,comma 2, lettera c) del decreto 368/98), si sono dovute esercitare tutte le arti della persuasione in convegni, conferenze stampa, azioni del Consiglio nazionale per ottenere risultati positivi.
Oppure la battaglia condotta ugualmente dal Consiglio nazionale e dalle associazioni per rendere esplicito nel testo del regolamento – il d.P.R. 441 – che la carica di soprintendente regionale poteva essere assegnata solo a funzionari dei ruoli tecnico-scientifici.
Questo per evidenziare che la strada non è mai stata piana, ma attualmente appare ancora di più in salita e irta di ostacoli.
Se poi cerchiamo punti di confronto e di riferimento in Europa, per quanto riguarda le biblioteche, la sensazione di amarezza cresce, perchè in tutti i paesi – e non solo in Inghilterra e in Francia, che sono sempre un termine di paragone – c’è un rinnovato e ampio interesse alle biblioteche. Attualmente anche dai paesi dell’Europa dell’est.
Da molti anni i programmi quadro promossi dall’UE e i molti progetti che da questi programmi si sviluppano vedono coinvolte le biblioteche nelle loro diverse tipologie quali componenti essenziali della società dell’informazione. Vale la pena richiamare all’attenzione molti atti ufficiali degli organismi dell’UE, del Consiglio d’Europa indirizzati ai governi degli Stati membri perchè pongano nella loro politica una particolare attenzione verso il settore delle biblioteche, considerate come «i maggiori sistemi organizzati per l’accesso all’informazione e alla cultura».
Se poi da queste riflessioni sulla scelta di fondo espressa nel decreto si passa a un esame particolare dell’articolazione delle strutture che compongono il Ministero, appare evidente che l’unica preoccupazione è quella di rafforzare ancora di più che nella precedente riforma l’apparato centrale e le strutture dirigenziali a esso riferite.
La riorganizzazione del Ministero è proprio l’opposto della riforma che si auspicava: invece di avere una struttura centrale agile, di servizio alle strutture tecnico-scientifiche sul territorio, sono queste che, al contrario, vengono ridotte per garantire e alimentare la crescita del centro. Ciò naturalmente a tutto loro svantaggio perchè vengono mortificate nell’autonomia, nel numero delle sedi dirigenziali attribuite (cosa che le renderà sempre meno autonome e più deboli di fronte all’organo loro sovraordinato), nel riconoscimento del ruolo in un Ministero che una volta si vagheggiava dovesse essere atipico e leggero in confronto alle altre amministrazioni.
Cosa sia rimasto di atipico in questo disegno è ben difficile scoprire, quando il Ministero che viene fuori più generico di come è delineato non potrebbe essere, intendendo per generico un ministero tradizionale anche più del necessario, dove il ruolo amministrativo sembra essere l’unico importante. Gli articoli che andranno a novellare il precedente decreto, proprio per il loro peso, non so come potranno convivere agevolmente con il precedente assetto organizzativo e soprattutto con gli articoli rimasti in vita del d.P.R. 805/75, riferiti al Ministero voluto da Giovanni Spadolini.
Le soprintendenze regionali istituite quali uffici dirigenziali generali e articolazioni del megadipartimento si presentano come una struttura forte e impositiva su tutte le strutture territoriali del ministero, una specie di prefetture delle antichità belle arti e paesaggio sul territorio. È facile immaginare che entreranno in conflitto per le competenze loro attribuite, che discendono dal decreto 165/2001, con le direzioni generali centrali all’interno dei dipartimenti e avranno probabilmente anche problemi con gli organi regionali per interferenze non gradite dalle autonomie territoriali.
Il risultato finale che si presenta al momento è che le strutture territoriali, in particolare biblioteche e archivi, si troveranno a dover rispondere a due autorità per di più in conflitto, con il rischio di vedere diminuita la pur minima autonomia di cui godevano nei loro specifici ambiti.
È del tutto evidente che vanno chiariti i ruoli di queste due autorità, pena il difficile o impossibile funzionamento della macchina immaginata.

Le biblioteche nazionali centrali e gli istituti centrali
In questo disegno del Ministero inoltre mi sembra che si allontani sempre di più per le biblioteche una soluzione normativa (che sarebbe di grande importanza) per le due biblioteche nazionali centrali che riequilibri i loro compiti nell’ambito dei servizi bibliografici e bibliotecari nazionali, unifichi i due istituti in una forma di autonomia piena, pari, ad esempio, a quella degli istituti centrali, costituisca finalmente quella Biblioteca nazionale d’Italia che si attende da più di venti anni.
Il riferimento rimasto nel testo alla legge che attribuisce un’autonomia parziale alla Biblioteca nazionale centrale di Roma e nessun accenno alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze vanificherà anche ogni eventuale intervento del successivo regolamento applicativo, così come è avvenuto finora. Si profilerà inoltre un contrasto tra i compiti nazionali delle due biblioteche e la loro collocazione ancorata al territorio regionale dove hanno sede con la conseguenza di prefigurare una posizione anomala di dipendenza dalla soprintendenza regionale.
Infine, la sorte che si prefigura per gli Istituti centrali lascia molti dubbi. A livello di informazioni diffuse da fonti diverse, si delinea l’ipotesi di trasferirli tutti (o parte) al dipartimento per la ricerca, l’innovazione e l’organizazzione. Nel comunicato stampa apparso sul sito del Ministero sono citati solo quelli che afferiscono al settore delle arti (questo tanto per confermare che quelli del settore beni librari si dimenticano facilmente). Nella situazione attuale gli Istituti centrali delle arti fanno capo al segretariato generale perchè non potevano avere come riferimento una tra le diverse direzioni generali di settore, mentre gli Istituti centrali per la patologia del libro e per il catalogo unico delle biblioteche fanno capo alla direzione generale di settore.
La riunificazione degli istituti nel Dipartimento per la ricerca e l’innovazione potrebbe configurarsi come un riconoscimento del loro ruolo (nel decreto rimangono i compiti originari del d.P.R. 805) e un rafforzamento come corpo tecnico scientifico che opera in un punto centrale dell’amministrazione, svolge attività di ricerca, elabora per le diverse specificità dei settori gli standard, le metodologie, le linee guida nel campo della catalogazione, della prevenzione e del restauro. Attività tutte che consentono al Ministero di svolgere le funzioni proprie di indirizzo e di tutela in Italia. Ma è forte la preoccupazione, guardando al disegno di organizzazione del Ministero, che questi istituti, invece, stiano molto probabilmente per correre un grave rischio: con questa scelta si potrebbe, al contrario, snaturare il loro ruolo e privilegiare, tra i loro compiti, solo quello di consulenti tecnologici per l’evoluzione informatica e per le scelte di marketing dell’amministrazione.
L’ipotesi diversa, che trova molti consensi tra i bibliotecari perchè si radica in una realtà più concreta e rispondente alle esigenze di scambio e di arricchimento reciproco, è quella di chiedere di non separare gli Istituti centrali afferenti ai beni librari dalle biblioteche perchè questi non svolgono in realtà solo attività di pura ricerca, ma sono anche legati ad attività di coordinamento e di gestione con le biblioteche.
Il distacco, d’altra parte, causerebbe alle biblioteche una perdita di vitalità, di sostegno economico, dato il contesto del dipartimento unico, dove per le biblioteche la funzione di conservazione, di essere cioè teche di libri, potrebbe malauguratamente prevalere.
In questo stato d’incertezza alla fine si accavallano per forza di cose ipotesi una contrapposta all’altra. Chiediamo perciò che si avvii al più presto una possibilità di confronto con l’autorità politica, con le commissioni parlamentari, con gli estensori del decreto perchè vengano ascoltate le esigenze della parte tecnico scientifica, che è, in realtà, la componente essenziale di un Ministero per i beni e le attività culturali.
Rappresentiamo a questo tavolo le due associazioni che hanno promosso l’incontro, ma molte altre hanno dato o daranno la loro adesione a sostegno di una riforma rispettosa delle specificità e della autonomia delle strutture tecnico scientifiche.

a.mandillo@iccu.sbn.it

Al momento di pubblicare questa relazione abbiamo appreso che le commissioni permanenti (Istruzione e cultura) del Senato e della Camera e la Commissione bicamerale per la riforma amministrativa, dopo aver preso in esame per il parere la bozza del decreto legislativo, si sono espresse all’unanimità a favore del ripristino del Dipartimento per gli archivi e le biblioteche e hanno inoltre richiesto, tra le altre più tecniche proposte di modifica, anche quella di cambiare l’anacronistico nome del Dipartimento per le antichità belle arti e paesaggio.
Il parere definitivo «favorevole, condizionato ad emendamenti» della Commissione bicamerale al Presidente del Consiglio dei ministri è del 26 novembre 2003 ed esprime con chiarezza il pensiero della Commissione: «Quanto all’articolazione del dicastero in tre dipartimenti si ritiene indispensabile istituire un autonomo Dipartimento per gli archivi e le biblioteche, cui afferiscano la Direzione generale per gli archivi, la Direzione generale per i beni librari e gli istituti culturali e l’Archivio centrale dello Stato».
Favorevole infine all’accoglimento delle modifiche si è dichiarato il Capo di gabinetto del Ministero, dott. Squitieri, nell’incontro del 27 novembre con le organizzazioni sindacali nazionali di settore durante il quale ha anche annunciato che il regolamento applicativo del decreto sul funzionamento sarà presto fatto conoscere.
Il decreto è stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 23 dicembre e sarà, tra breve tempo, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale.


MANDILLO, Anna Maria. La riforma del Ministero per i beni e le attività culturali. «AIB Notizie», 15 (2003), n. 11, p. 8-9.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2003-12-31 a cura di Franco Nasella
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n15/03-11mandillo.htm

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