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Da Edimburgo a Roma: come (e dove) è nata l'IFLA

Simonetta Buttò e Alberto Petrucciani

La storia della nascita dell'IFLA si lega strettamente all'Italia e alla figura di un bibliotecario: Luigi de Gregori.

La storia, veramente, non comincia in Europa, ma ad Atlantic City (New Jersey), una delle località di villeggiatura più esclusive della prima metà del Novecento, molto alla moda, affacciata sull'Oceano e dotata di un grande e rinomato Centro Congressi.
Fu in quel luogo deputato del divertimento di gran classe, fra vaudevilles, musica e spettacoli strabilianti, che nell'ottobre del 1926 i bibliotecari americani, cui si aggiunse un manipolo di colleghi da tutto il mondo, si diedero appuntamento per celebrare il cinquantenario dell'American Library Association, la primogenita fra le associazioni bibliotecarie. Per promuovere la partecipazione al congresso il Carnegie Endowment aveva finanziato numerosi viaggi di bibliotecari americani: nel suo tour europeo William Warner Bishop, bibliotecario dell'Università del Michigan che fu anche presidente dell'ALA, incontrò a Roma Giovanni Gentile, allora ministro della pubblica istruzione.
Le relazioni internazionali fra i bibliotecari, che già si erano incontrati più volte in importanti occasioni congressuali (a Londra nel 1877 per la fondazione della Library Association britannica, a Chicago nel 1893 per la Columbian Exposition, ancora a Londra nel 1897 e a Parigi nel 1900 in coincidenza con l'Esposizione universale), avevano subito inevitabilmente un'interruzione con la grande guerra e negli anni successivi. Ma la cooperazione internazionale - anche fra i governi, con la Società delle Nazioni uscita dal conflitto e la sua Commissione di cooperazione intellettuale, a Ginevra - era negli anni Venti in grande crescita.
Alla vecchia Europa, tuttavia, bisogna riconoscere il merito di avere organizzato, nella magica e misteriosa Praga, un congresso internazionale dei bibliotecari qualche mese prima, nel giugno dello stesso anno. Proprio al Congresso di Praga, il 29 giugno del 1926, venne avanzata per la prima volta la proposta di costituire «un'unione bibliotecaria internazionale». A formularla fu un bibliotecario parigino, Gabriel Henriot, presidente dell'Association des bibliothécaires français, nata nel 1906, e apostolo delle biblioteche per tutti. La risoluzione proposta da Henriot venne votata dall'assemblea, ma l'incontro nella capitale cecoslovacca non aveva avuto la fortuna di una platea incantata e coinvolta come accadrà a quelli che l'avrebbero seguito (dall'Italia sembra che vi abbia partecipato solo il direttore della Biblioteca comunale di Foggia, Oreste De Biase), e probabilmente i delegati pensavano già al viaggio d'autunno oltreoceano.
Ad Atlantic City si ritrovarono, con i soci dell'ALA, 58 delegati di 26 paesi diversi; al termine del Congresso una trentina di ospiti stranieri furono invitati a partecipare all'ALA Post-Conference Trip per visitare le biblioteche delle maggiori città americane: Washington, New York, Philadelphia, Chicago, Detroit.
A rappresentare l'Italia il ministro Pietro Fedele aveva designato Luigi De Gregori, direttore della Biblioteca Casanatense, il più attivo e stimato dei bibliotecari italiani di allora. Lo accompagnava Vincenzo Fago, singolare figura di bibliotecario giramondo (aveva avuto l'incarico di impiantare la Biblioteca universitaria del Cairo, era stato per molti anni comandato presso il Ministero degli esteri e allora dirigeva l'Ufficio Scambi internazionali al Ministero dell'istruzione), che parlava con scioltezza inglese e francese e, a quanto pare, era dotato di efficacissime capacità di comunicazione e di relazione.
Nel corso dei lavori Hugo Krüss, direttore generale della Preussische Staatsbibliothek di Berlino, ripresentò la proposta di dare vita a un'associazione bibliotecaria internazionale, che si sarebbe dovuta costituire formalmente a Edimburgo, in una riunione di delegati ufficiali delle associazioni interessate, da tenere l'anno seguente nell'ambito del congresso del cinquantenario britannico.
A Edimburgo De Gregori e Fago arrivarono in otto giorni, via Torino, Modane, Parigi, Calais, Londra, Oxford, Birmingham, Manchester, York. La doppia missione di De Gregori e Fago sollevò poi al Ministero dell'istruzione una delle classiche tempeste in un bicchier d'acqua: il ministro Fedele, che aveva a suo tempo comunicato agli organizzatori i nomi dei due delegati italiani, irritato da un taglio di fondi, disse a De Gregori che sarebbe dovuto andare uno solo, ma i due non se ne dettero per inteso, in mancanza di una revoca scritta, e poco dopo il ritorno dal viaggio sul tavolo del bibliotecario romano arrivarono le corrucciate contestazioni della Minerva. La prodigalità (o inconcludenza) ministeriale fu però provvidenziale, perché il tandem De Gregori-Fago avrebbe altrimenti perso una ruota: il primo era allora il bibliotecario italiano più informato e aggiornato, conosciuto anche all'estero (per esempio da Bishop, che era stato spesso in Italia e sapeva un po' l'italiano), anche se, tra le maggiori lingue straniere, padroneggiava allora soltanto il francese. Dopo la conclusione di questo sodalizio, negli anni Trenta, De Gregori rappresentò l'Italia nelle occasioni internazionali quasi sempre insieme all'amico e collega Guglielmo Passigli, che parlava correntemente inglese, francese, tedesco, russo e spagnolo.
A Edimburgo le idee di Praga e di Atlantic City si concretizzarono in un primo risultato. I delegati ufficiali di quindici paesi votarono, il 30 settembre 1927, la "Edinburgh resolution" che istituiva formalmente un "International Library and Bibliographical Committee", fissandone alcune regole di funzionamento, ed era perciò il primo incunabolo della nostra federazione. Erano presenti dodici paesi europei - Austria, Belgio, Cecoslovacchia, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Svizzera - insieme agli Stati Uniti d'America, al Canada e alla Cina. Nel Comitato esecutivo nominato a Edimburgo entravano i rappresentanti delle quattro associazioni più numerose e consolidate (l'American Library Association, la Library Association britannica, l'Association des bibliothécaires français e il Verein Deutscher Bibliothekare), il delegato cecoslovacco, forse in omaggio all'iniziativa praghese, il delegato italiano, Vincenzo Fago e, come presidente super partes, lo svedese Isak Collijn, direttore della Kunglika Biblioteket di Stoccolma (e, fra l'altro, consulente della Biblioteca Vaticana).
La vicenda si sposta ora, per due anni, in Italia. Fago e De Gregori riuscirono a procurarsi un appoggio efficace del Ministero della pubblica istruzione, del sottosegretario Bodrero e del primo direttore generale delle accademie e biblioteche, Francesco Alberto Salvagnini, storico dell'arte e funzionario colto e attivo. Dall'Italia partì allora, sulla base di contatti informali, la candidatura di Roma come possibile sede del primo dei congressi mondiali che la nuova organizzazione intendeva tenere, secondo le deliberazioni di Edimburgo, almeno ogni cinque anni. Roma si offriva intanto di ospitare la riunione di insediamento dell'International Library and Bibliographical Committee e del suo Comitato esecutivo, che infatti si tenne il 31 marzo 1928.
I membri del Comitato (erano presenti 11 dei 15 paesi fondatori), accolti nella nuova sede del Ministero dell'istruzione, a viale Trastevere, dove si trovava la Direzione generale delle accademie e biblioteche, presero per prima cosa atto che tutte le associazioni aderenti avevano ratificato la risoluzione di Edimburgo e il Comitato si poteva quindi considerare formalmente costituito. Fago venne eletto vicepresidente insieme a Bishop (che sarebbe stato in seguito il successore di Collijn alla presidenza). Subito dopo, i delegati accolsero la proposta italiana di organizzare a Roma il primo Congresso internazionale, la Direzione generale assicurò il suo appoggio e Fago venne nominato sul campo segretario generale del congresso, la cui organizzazione sarebbe stata curata da un comitato locale, presieduto dal conte Cippico, senatore e già per molti anni professore a Londra, con autorità governative e cittadine, funzionari e bibliotecari.
A pochi mesi da Edimburgo, la strada dell'International Library and Bibliographical Committee, che al principio si poteva prospettare incerta, diventava così in discesa: il comitato esecutivo poteva guardare con fiducia al primo grosso impegno della nuova organizzazione, il Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia, che si sarebbe tenuto nella seconda metà di giugno del 1929. L'appoggio del governo italiano era certo e sostanzioso (fu persino approvata una legge speciale, la n. 3094 del 27 dicembre 1928) e il regime di Mussolini godeva allora, come si sa, di una notevole considerazione in Europa e nel mondo.
Tra Edimburgo e Roma, con la macchina ormai avviata, crescevano le adesioni da parte delle associazioni dell'Estonia, della Finlandia, del Giappone, della Lettonia, del Messico e della Polonia, poi dell'Ungheria; altri paesi presero contatti con l'Esecutivo e in molti di quelli ancora privi di un'associazione professionale la nascita del Comitato stesso serviva da stimolo. Tra i paesi privi di un'associazione bibliotecaria, in effetti, si sarebbe dovuta contare anche l'Italia: dopo l'estinzione della Società bibliografica italiana (che peraltro già dai primi anni del Novecento si era allontanata dalle problematiche d'interesse professionale), si era rivitalizzata in quegli anni un'associazione dei funzionari delle biblioteche, dei musei e degli archivi comunali e provinciali, ma non esisteva un'organizzazione che riunisse bibliotecari di ogni tipologia. Com'era allora possibile la partecipazione di delegati italiani alle iniziative internazionali? In pratica era il Ministero a farsi carico della partecipazione (oltre che della designazione) di De Gregori e Fago, ma poiché il Comitato internazionale nasceva non come organizzazione intergovernativa, ma come libera federazione di associazioni professionali, la presenza italiana era provvisoriamente (e con una certa tolleranza) giustificata a nome del Gruppo Biblioteche dell'Associazione generale fascista del pubblico impiego, un'organizzazione parasindacale di cui il Fago risultava appunto segretario nazionale per il settore bibliotecario (De Gregori, invece, non vi era nemmeno iscritto). Solo dopo la conclusione delle fatiche del Congresso, come vedremo, si poté arrivare alla costituzione dell'Associazione dei bibliotecari italiani.
Il primo Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia, distribuito su ben sedici giorni in due città (Roma e Venezia), con visite ed esposizioni, ufficiali e non, in altre sette (Firenze, Napoli, Bologna, Modena, Montecassino, Milano e Trieste), vide la presenza di circa 1.300 bibliotecari da quasi quaranta paesi. Al Congresso, oltre alle associazioni che già avevano aderito all'International Library and Bibliographical Committee, parteciparono delegazioni ufficiali della Spagna, della Russia, dell'Egitto e della Siria, oltre che della Società delle Nazioni, e rappresentanti di numerosi altri paesi: Algeria, Bulgaria, Filippine, Jugoslavia, Marocco, Palestina, Portorico, Romania, Tunisia e Turchia. Oltre al Vaticano, che non può essere dimenticato perché i congressisti, fra i quali non mancavano i monsignori Giovanni Mercati ed Eugène Tisserant, ebbero l'onore e il piacere di un'udienza papale, nel salone affrescato della Biblioteca Vaticana, con il caloroso saluto, con "cuore di bibliotecario", di Pio XI, "l'antico ed ormai vecchio collega" Achille Ratti, come lui stesso volle definirsi.
L'organizzazione di un evento così complesso fece stare spesso il Comitato col fiato sospeso. Forse Fago non era altrettanto abile come organizzatore - "a more inefficient man never breathed", è il lapidario e ingeneroso giudizio di Bishop - ma al momento giusto tutto funzionò; il contributo scientifico portato nelle sedici sezioni specifiche in cui vennero suddivisi i lavori fu di altissimo livello, e i congressisti stranieri rimasero affascinati dai tanti eventi congressuali e culturali, mostre, ricevimenti e gite, di quelle due indimenticabili settimane estive, rinfrescate da qualche pioggia improvvisa.
Numerose, naturalmente, furono in quei giorni anche le riunioni e le sedute dedicate all'organizzazione dell'International Library and Bibliographical Committee. La prima riunione plenaria si tenne a Roma il 14 giugno, alla vigilia dell'apertura solenne del Congresso, all'Albergo degli Ambasciatori, con la presenza di rappresentanti di 18 paesi e della Società delle Nazioni. Appena terminata la sua relazione sulle attività svolte da Edimburgo in poi, il presidente Collijn propose, visto il successo che stava ormai arridendo al Comitato, di cambiarne la denominazione, già diventata inadeguata, in "International (or World's) Union of Library Associations". Dopo un'ampia discussione, fu approvata all'unanimità quella che è ancora oggi, con una variante, la denominazione dell'organizzazione internazionale dei bibliotecari, allora ufficialmente in quattro lingue, nell'ordine:
· Fédération Internationale des Associations des Bibliothécaires
· International Federation of Library Associations
· Internationales Verband der Bibliotheksvereine
· Federazione Internazionale delle Associazioni dei Bibliotecari.
L'International Federation of Library Associations, insomma, se non nacque a Roma, il 14 giugno 1929, ricevette lì il suo battesimo. Nella stessa occasione T.P. Sevensma, direttore della Biblioteca della Società delle Nazioni, venne nominato segretario perpetuo e presso di lui, a Ginevra, la Federazione fissava la sua prima sede.
Oltre al nome, però, alla Federazione occorreva uno Statuto, perché la risoluzione di Edimburgo aveva stabilito solo le regole per la costituzione del primo Comitato e gli obiettivi della sua attività fino alla scadenza, fissata al termine dell'anno in cui si sarebbe svolto il primo Congresso. La storia si sposta quindi all'Albergo Savoia di Firenze, dove il 25 giugno il segretario dell'ALA e segretario provvisorio del Comitato, Carl H. Milam, portò alla seconda riunione plenaria del Comitato stesso una bozza di statuto che venne discussa, emendata e approvata, così da stamparla e distribuirla alla seduta conclusiva del Congresso.
Tra un albergo e l'altro, dove poteva concludersi la storia? Al Danieli di Venezia, naturalmente. Il 28 giugno verso le otto di sera, reduci dalla bella ma faticosa visita alla mostra modenese delle editiones principes quattrocentesche e dei tesori dell'Estense, i membri del Comitato tennero una breve terza riunione, in cui diedero il benvenuto al rappresentate dall'associazione filippina, Gabriel A. Bernardo, che portava l'adesione del suo paese, e, sollecitati a discutere nuovamente la proposta americana, avanzata nella prima riunione, di tenere il congresso successivo nel 1933 a Chicago, ritennero opportuno rinviare la decisione definitiva all'anno seguente. Dopo una pausa (che possiamo immaginare dedicata a una rapida cena), alle dieci si riunì la commissione incaricata di formulare le risoluzioni finali del Congresso, di cui facevano parte, insieme al presidente Collijn e ad altri membri del Comitato, alcuni prestigiosi bibliotecari italiani e stranieri.
La mattina dopo, 29 giugno, al principio dell'ultima seduta dei lavori scientifici del Congresso, nella sala della Biblioteca Marciana, Collijn dette l'annuncio del nome che era stato prescelto per la Federazione e Fago lesse in inglese il nuovo Statuto, datato "Firenze, 25 giugno 1929", che le associazioni aderenti avrebbero poi dovuto ratificare. I primi due articoli dicevano:
1) The name of this organisation shall be the International Federation of Library Associations.
2) The object of the Federation shall be to promote international library cooperation.
Il Congresso si concluse con la votazione delle risoluzioni e, nella seduta solenne del giorno successivo nella Sala dei Pregadi, con l'ordine del giorno finale e i discorsi di ringraziamento delle autorità e di numerose delegazioni.
Qualche mese dopo, a quanto sappiamo soprattutto per impulso di Luigi De Gregori, si sbloccava anche l'"anomalia" italiana. La finzione dell'esistenza di un'associazione bibliotecaria italiana, che in effetti non c'era, non permetteva ai bibliotecari italiani di ricevere fino in fondo il riconoscimento del ruolo che pure stavano svolgendo nel consesso internazionale. Il primo Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia, che l'Italia aveva appena ospitato, poteva però costituire il collante fra le aspirazioni alla sprovincializzazione dei bibliotecari italiani più preparati e innovatori, che tanto avevano fatto per la riuscita di quell'incontro, e il desiderio del regime di esibirsi sulla scena internazionale.
Nel 1930, infatti, si formò il Comitato promotore dell'Associazione dei bibliotecari italiani, composto da bibliotecari statali e degli enti locali, alla cui presidenza fu chiamato Pier Silverio Leicht, storico del diritto e deputato, che al Congresso aveva rappresentato il governo in qualità di sottosegretario del ministro Belluzzo e presieduto la Commissione tecnica responsabile della scelta delle relazioni. Lasciato nel settembre 1929 l'incarico di governo, Leicht aveva continuato a coordinare la redazione dei monumentali atti del Congresso mondiale, in sei volumi, con la collaborazione del conte Cippico, del direttore generale Salvagnini, degli ispettori superiori Guido Calcagno e Domenico Fava, dei direttori Bonazzi, Boselli, Fumagalli e Sorbelli, e del professor Guido Mancini.
Il Comitato promotore dell'Associazione dei bibliotecari italiani (denominazione mutata nel 1932 in Associazione italiana per le biblioteche) si avvalse perciò delle stesse personalità politiche e professionali che avevano contribuito al successo del Congresso mondiale ed ebbe buon gioco a puntare, nel suo messaggio del 27 marzo 1930 al ministro dell'educazione nazionale Balbino Giuliano, proprio sull'esperienza appena conclusa e sulla rivendicazione di una tradizione bibliotecaria di prim'ordine, per proporre la costituzione di un'associazione italiana. Sono queste stesse considerazioni che saranno di lì a qualche giorno sottoscritte dal Ministro nel suo messaggio di approvazione.
«Il giorno 11 giugno 1930, alle ore 11,30 si riunirono presso il notaio Bellini in piazza S. Lorenzo in Lucina 40, per rogare l'atto costitutivo della Associazione: il Presidente on. Leicht, i vice presidenti Salvagnini e Bonazzi, il tesoriere De Gregori, i consiglieri Calcagno e Boselli, il segretario Mancini. Poi si passò da Aragno, per la bagnatura». La registrazione dell'Associazione dei bibliotecari italiani dal notaio e il brindisi che la festeggiava sono annotate con queste parole sulla prima pagina del registro contenente i Conti di cassa dell'Associazione stessa, tenuto da Luigi De Gregori dal 1930 fino al 1944.
Dobbiamo essere grati ai colleghi d'America e d'Inghilterra, e poi di altri paesi europei e non, che costituendo le prime associazioni bibliotecarie e annodando i fili di uno scambio fra loro hanno stabilito le regole a cui anche il regime fascista ha dovuto sottostare: prima fra tutte, che la cooperazione bibliotecaria dovesse partire dalla libera discussione di libere associazioni, non dai governi o dalle burocrazie.

The story does not begin in Europe, but in Atlantic City (New Jersey). It was there that in 1926 American librarians, who were joined by a handful of colleagues from other parts of the world, met to celebrate the fiftieth anniversary of the American Library Association, the first-born of all library associations.
Old Europe must however be given credit for having organized a few months before, in June of the same year, an international congress of librarians, in magic, mysterious Prague. It was at this Congress of Prague, on 29th June 1926 that the proposal to form "an international library union" was first advanced.
The ideas of Prague and Atlantic city were concretized in a first result in Edinburgh. The official delegates of fifteen countries voted, on 30th September 1927, the "Edinburgh solution", which formally established an "International Library and Bibliographical Committee", fixing the rules for running it. This was therefore the first incunabulum of our federation . Italy then put forward its candidacy for organizing the 1st World Congress of Libraries and Bibliography, which was to be held in June 1929.
The first plenary meeting of the Committee was held in Rome on 14th June, on the eve of the solemn opening of the Congress, in the Hotel degli Ambasciatori. There were representatives of 18 countries and of the Society of Nations present. When he had finished his report on the activities carried out since Edinburgh, President Collijn proposed that seeing the success that was by now crowning the Committee's work, it was time to change its by now outdated denomination, to "International (or World's) Union of Library Associations". After ample discussion, the name of the international organization of librarians was unanimously approved in what it still is today, with one variation, that it was in four languages, in the following order: Fédération Internationale des Associations des Bibliothécaires, International Federation of Library Associations, Internationales Verband der Bibliotheksvereine, Federazione Internazionale delle Associazioni dei Bibliotecari.
So even if the International Federation of Library Associations was not actually born in Rome, it certainly was baptised there on 14th June 1929.

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petrucciani@aib.it


BUTTÒ, Simonetta. PETRUCCIANI, Alberto. Da Edimburgo a Roma: come (e dove) è nata l'IFLA. «AIB Notizie», 16 (2004), n. 7, p. 9-12.
Copyright AIB, ultimo aggiornamento 2004-08-17 a cura di Franco Nasella
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n16/0407petrucciani.htm

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