[AIB] AIB notizie 19 (2007), n. 5
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I contratti di licenza d’uso e la best practice option
ovvero save the time of the librarian

Maria Cassella

In Italia il dibattito sui contratti di licenza d’uso per l’acquisizione delle risorse elettroniche è sempre stato ancillare a quello sui consorzi. Un momento attivo di riflessione su questo tema è stato il seminario “I contratti per l’acquisizione delle risorse elettroniche (RE) in biblioteca”, organizzato a maggio 2006, a Roma, dall’AIB Lazio in collaborazione con GBASI e GIBAS.
Un’occasione più unica che rara di confrontarsi su questi argomenti al di fuori del ristretto gruppo di bibliotecari italiani che lavora per le negoziazioni consortili.
Non c’è dubbio che i contratti di licenza d’uso siano un tema nuovo e ostile per la maggior parte dei bibliotecari italiani, data la necessità di possedere o acquisire competenze di ambito giuridico, di superare le barriere linguistiche (la maggior parte sono redatti in lingua inglese), terminologiche e concettuali.

Negli Stati Uniti il problema dei contratti di licenza d’uso viene trattato e discusso da ormai un decennio, da quando a metà degli anni Novanta il CLIR decideva di finanziare la creazione di un sito su server della Yale University per raccogliere tutte le informazioni utili sul tema di tali contratti (Liblicense).
Nel 1997 veniva anche attivata, sempre su server della Yale University, la lista di discussione Liblicense-L.
Nel corso di questi anni i modelli commerciali degli editori sono cambiati e i contratti di licenza d’uso si sono evoluti grazie anche alle discussioni sviluppatesi nell’ambito di Liblicense-L e nonostante la famigerata clausola di confidenzialità (nondisclosure clause), presente in molti testi contrattuali, obblighi il licensee, cioè colui che acquista una licenza, a non rivelare i termini del contratto.
Alcune clausole, in particolare, hanno registrato un’evoluzione a favore delle biblioteche: ad esempio la clausola sugli utenti autorizzati, tra i quali in molti contratti vengono attualmente inclusi i walk-in users, gli alumni (cioè gli studenti laureati) e i docenti collocati a riposo. In numerosi casi i contratti prevedono che le statistiche d’uso fornite dagli editori siano COUNTER compliant e che gli editori si impegnano a garantire qualche forma di accesso perpetuo alle risorse attraverso l’adesione a progetti internazionali sulla conservazione e preservazione del digitale (ad esempio CLOCKSS, Portico ecc).
Per ciò che riguarda le clausole sull’uso autorizzato, ancora insoddisfacenti sono quelle che regolano l’utilizzo delle risorse licenziate per il servizio di document delivery.
A tal proposito, però, si registra nel nuovo contratto Springer firmato a novembre 2006, per il pacchetto di riviste ex Kluwer, un’interessante novità, almeno per l’Italia. In questo contratto infatti, per la prima volta, il software NILDE viene riconosciuto come sistema di trasmissione sicura, insieme ad ARIEL e Prospero.

Nonostante il percorso evolutivo di molte clausole, non sono ancora stati risolti due aspetti particolarmente rilevanti a carico delle contrattazioni: i costi di sottoscrizione di un contratto e il tempo necessario per sottoscriverlo.
Quanto al primo aspetto, per il momento, sembra che neanche i consorzi di biblioteche più grandi riescano ad avere un potere di acquisto tale da potere influenzare anche in minima parte il mercato editoriale elettronico e le sue perverse logiche commerciali.
Quanto al secondo aspetto, invece, come ben sa chi partecipa alle trattative in rappresentanza dei vari atenei o enti di ricerca, le negoziazioni consortili sono estremamente lunghe, faticose, estenuanti. Scambi di posta elettronica, liste di discussione riservate alle trattative, raccolta di dati locali, incontri con gli editori. Tutto ciò per ogni singolo pacchetto e per un periodo di tempo che raramente è inferiore all’anno solare.

Così ancora una volta l’imperativo fondamentale sembra essere, parafrasando Ranganathan, “save the time of the librarian”.
Viene sempre dagli Stati Uniti l’ultima interessante proposta per dare una soluzione al problema di ridurre i tempi della fase di negoziazione. A lanciarla è stata una ex bibliotecaria, Judy Luther, già nota autrice del White paper on electronic journal usage statistics del CLIR, a gennaio 2006 in occasione dell’ALA Midwinter Meeting a San Antonio.
La Luther, prendendo spunto dall’esperienza di successo del Codice di pratica COUNTER, ha proposto di creare un gruppo di lavoro misto tra bibliotecari e vendors (editori e aggregatori) per stilare un documento (a best practice document) che raccolga tutte le migliori clausole (le best practices, appunto) relative a: utenti e uso autorizzato, contenuto licenziato, modalità di recesso, aspetti tecnici (accesso, statistiche d’uso ecc.). Tale documento dovrebbe essere adottato come Codice dagli editori. Alle biblioteche o ai consorzi resterebbe “solo” il compito di negoziare il costo del contratto.
È molto probabile che, anche in assenza di una proposta di questo tipo, l’evoluzione dei contratti avrebbe inevitabilmente portato a uno snellimento delle procedure di negoziazione e verso una standardizzazione sempre più spinta delle differenti clausole.

Attualmente si registra già la presenza di alcuni editori (per esempio OECD Publishing) che non obbligano le biblioteche a sottoscrivere un contratto di licenza d’uso per ottenere accesso alla risorsa, a meno che queste ultime non ne facciano espressamente richiesta.

maria.cassella@unito.it


CASSELLA, Maria. I contratti di licenza d’uso e la best practice option. «AIB notizie», 19 (2007), n. 5, p. 15.

Copyright AIB 2007-06, ultimo aggiornamento 2007-06-07 a cura di Zaira Maroccia
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n19/0515.htm3

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