[AIB] AIB notizie 21 (2009), n. 1
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Library 2.0
Bluff o rivoluzione?

Ilenia Maschietto

L’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’Associazione italiana biblioteche hanno organizzato un seminario dal titolo: “Library 2.0 bluff o rivoluzione?”, che si è svolto presso il Palazzo Malcanton-Marcorà il giorno 13 ottobre 2008.
Coordinati da Riccardo Ridi (Università Ca’ Foscari), dopo i saluti e la presentazione di Barbara Poli (AIB Veneto), i relatori si sono susseguiti in quest’ordine: Andrea Marchitelli (Cilea), Rossana Morriello (Università Ca’ Foscari) e Michele Santoro (Università di Bologna).
Prima di ogni intervento, ciascuno di essi ha espresso la propria posizione nei confronti del Web 2.0. Le slides dei relatori sono disponibili all’URL http://lettere2.unive.it/ridi/sem081013.htm.

Andrea Marchitelli, il quale si è fin da subito dichiarato sostenitore del Web 2.0, ha analizzato alcune tra le più diffuse tecnologie che supportano le applicazioni online e che vedono gli utenti autori di alcuni contributi.
Gli esempi su cui è stata richiamata maggiormente l’attenzione sono stati i casi di applicazione delle tecnologie RSS, API e AJAX: sono state presentate delle dimostrazioni in cui tali software vengono utilizzati per favorire l’interoperabilità.
Una lettura del Web 2.0 è data dai social network, gruppi di persone connesse tra loro da differenti tipologie di legami sociali (semplice conoscenza, rapporti professionali o di parentela).
Tra le peculiarità del Web 2.0 è stato sottolineato l’aspetto partecipativo dell’evoluzione di Internet (e in particolare del World Wide Web), grazie al quale i contenuti vengono generati dagli utenti stessi. Lo scopo è di catturare l’intelligenza collettiva (un esempio tra tutti è Wikipedia).
A questo proposito, è stata commentata la regola dell’1, 9, 90 secondo la quale l’1% degli utenti sono autori attivi, il 9% sono autori occasionali e il 90% sono unicamente lettori. Trasferendo il discorso dal Web alla biblioteca, secondo il relatore il concetto di Library 2.0 è una r/evoluzione. Ogni servizio di biblioteca che raggiunge gli utenti e utilizza i loro input è un’espressione di biblioteca 2.0.
In questo senso, anche i vecchi servizi possono considerarsi 2.0, così come i nuovi, ma non lo sono necessariamente e automaticamente. Pur manifestando la propria predisposizione al Web 2.0, il relatore ha esposto alcune tra le criticità di tale forma partecipativa dello spazio elettronico e digitale, rilevando in particolare che la folla non ha sempre ragione e ponendosi il quesito su chi possieda realmente i contenuti generati dagli utenti.

Rossana Morriello ha spiegato il concetto di “coda lunga” e ha esposto la questione della gestione delle risorse 2.0.
L’espressione (in inglese long tail) è stata coniata nel 2004 da Chris Anderson per descrivere alcuni comportamenti commerciali ed economici, quali ad esempio quelli di Amazon.com. Riflettendo sul principio di Pareto, detto anche legge dell’80/20, secondo la quale il maggior numero di effetti è causato da un numero ristretto di cause, si è riportata la sua applicazione nell’ambito delle vendite online.
Quasi tutto ciò che è messo in vendita online viene venduto in almeno una copia; in questo modo, il mercato dei prodotti di nicchia è un settore piuttosto ampio, nel suo insieme di pari grandezza del mercato degli hit. L’80% del materiale risulta poco richiesto (consultato, cliccato…) ma viene sempre richiesto almeno una volta. Secondo Anderson questa percentuale sale anche al 98% per le risorse disponibili online.
Tale parte rappresenta la “coda lunga” e per questo va tenuta in seria considerazione. In tutte le categorie di mercato sono presenti molti più prodotti di nicchia che mainstream; nel contesto di Internet e della distribuzione di prodotti online (non solo nelle vendite, ma per esempio la regola del 98% si applica anche alla ricerca di informazione in rete), l’utente rischia di “perdersi” nella ricerca del prodotto desiderato. Per questo motivo è necessario l’utilizzo dei filtri, come nel caso dei “consigli” di Amazon.
Nell’ambito di una biblioteca, il maggior numero di richieste di consultazione o prestito riguardano la minore quantità del patrimonio; in questo caso la “coda lunga” riguarda documenti che vengono richiesti raramente dagli utenti ma che fanno parte del posseduto della biblioteca e che la qualificano e la specializzano. In particolare, per quanto riguarda le risorse elettroniche, i grandi pacchetti di periodici in formato digitale contengono delle testate molto poco consultate.
In tempi come i nostri, di ripetuti e drastici tagli al settore dei beni culturali e ai budget delle biblioteche, le prime rinunce si manifestano esattamente su quella parte del patrimonio che rappresenta la “coda lunga”.

Riprendendo il tema dell’intervento degli utenti nello spazio del Web, Michele Santoro ha riproposto la visione della biblioteca come rete partecipativa, partendo da un documento prodotto per l’ALA e tradotto per l’AIB dal gruppo di studio sulle biblioteche digitali.
Esso si rifà alla Teoria della conversazione di Gordon Pask ma, secondo il relatore, questa teoria viene di fatto sminuita nell’interpretazione che ne dà il documento, in quanto sia la conversazione sia il suo possibile esito, ossia la cooperazione tra le biblioteche, sono prassi ormai consolidate. Allargando il tema alle conversazioni semantiche, il relatore ha proposto un’analisi delle folksonomies, le quali, riprendendo la definizione di Wikipedia, rappresentano una «categorizzazione collaborativa di informazioni mediante l’utilizzo di parole chiave (o tag) scelte liberamente» dagli utenti.
Attraverso lo studio di due esempi portati al pubblico (confronto tra una folksonomia e un soggetto della Library of Congress), si sono evidenziati i vantaggi e le problematicità di tali strumenti; l’indicizzazione personalizzata consente una partecipazione numerosa da parte degli utenti priva di condizionamenti culturali o ideologici e permette di intercettare i gusti e le opinioni di una vasta gamma di persone, senza dover fare il conto con pesanti sovrastrutture, ma utilizzando termini “parlanti” e quindi condivisi da tutti.
I punti critici invece consistono da un lato nella scarsa precisione, data dall’assenza di un vocabolario controllato, che produce un’eccessiva semplificazione semantica, dall’altro nell’assenza di gerarchia, che contribuisce ad aumentare il “rumore” generato dalla scarsa precisione.

Il coordinatore del seminario, Riccardo Ridi, nel ringraziare i relatori ha voluto aprire un dibattito con i presenti in sala sul Web 2.0, lanciando alcune provocazioni volte a sottolineare come la cosiddetta rivoluzione 2.0 sia in realtà solo il proseguimento di tendenze già implicite da sempre, sia nel Web che nelle biblioteche. Il pubblico, che si è trattenuto ben oltre l’orario previsto per la chiusura dei lavori, è stato sollecitato a riflettere sull’espressione Library 2.0, con la quale si vuole intendere un’evoluzione dei servizi delle biblioteche.
Le esperienze dei singoli bibliotecari intervenuti erano molto differenti tra loro e le predisposizioni verso il Web 2.0 erano di altrettanto diverso spessore. Una domanda significativa ha riguardato la descrizione “dell’utente 2.0”, qualora esista già una Library 2.0.
Senza falsi sentimentalismi si è accennato alle 5 leggi della biblioteconomia di Ranganathan; anche oggi, nel mondo del Web, si rincorrono gli obiettivi di allora: usare i libri, dare a ogni lettore il proprio libro e a ogni libro il proprio lettore, risparmiare il tempo dell’utente e far crescere la biblioteca.


MASCHIETTO, Ilenia. Library 2.0. Bluff o rivoluzione?. «AIB notizie», 21 (2009), n. 1, p. 24-25

Copyright AIB 2009-03, ultimo aggiornamento 2009-03-03 a cura di Zaira Maroccia
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n21/0124.htm3

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