[AIB] AIB notizie 21 (2009), n. 3
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Bibliotecari precari della Sardegna alla radio

Marilena Puggioni

Il giorno 6 marzo 2009, nella trasmissione di Radio 3 Fahrenheit. I libri e le idee, condotta da Marino Sinibaldi, si è parlato di precariato in ambito culturale.

A essa sono stata invitata, in collegamento telefonico, come fondatrice dei gruppi di Facebook “Bibliotecari precari della Sardegna” (http://www.facebook.com/home.php?#/group.php?gid=48190864163&ref=ts) e “Sostenitori dei bibliotecari precari della Sardegna” (http://www.facebook.com/group.php?gid=65296386350/).
Per quelli che non hanno potuto ascoltare la diretta, il file audio della trasmissione è ora disponile nel sito di Fahrenheit (http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/mostra_evento.cfm?Q_EV_ID=278727).

Va evidenziato l’inusuale percorso che ha portato a questo risultato inatteso e che ha destato stupore in molti, me compresa; risultato che induce a una riflessione sulle strade che gli strumenti del Web 2.0, facili da usare e quindi alla portata di tutti, possono aprire anche nel nostro mondo, a patto che non se ne precluda a priori la percorribilità. È stato infatti l’uso di un social network come Facebook, con la sua possibilità di attivare relazioni, nonché gruppi ed eventi d’immediata partecipazione e condivisione creativa di contenuti, a determinare le condizioni per dare voce a istanze, come le nostre, troppo spesso ignorate.
Tempo fa, Serena Sangiorgi (presidente del CNBA e vicepresidente di AIDA), guarda caso proprio su Facebook, mi scriveva queste parole: «Credo che la chiave del 2.0 sia tutta nel “provare a fare” e poi si vede come va». È andata.
Ho inoltre sperimentato che, avendo a disposizione un mezzo agile, capace di mantenere vivi i contatti, nonché di consentire discussione e dialogo anche informale e “leggero”, si è potuta creare, in brevissimo tempo, una fitta rete di solidarietà, che ha fatto da eco all’iniziativa. Tanto è vero che, nel convegno “Web 2.0 and libraries” organizzato dall’Università Roma Tre, Bonaria Biancu (Biblioteca dell’Università degli studi di Milano-Bicocca) ha fatto ulteriormente conoscere il nostro gruppo inserendoci in un suo discorso sulle biblioteche 2.0 in Italia. Sono fatti che rincuorano e spronano ulteriormente a fare.

Nel corso della trasmissione radiofonica, durante il dibattito – moderato da Sinibaldi – con altri lavoratori del mondo dell’editoria, ho innanzitutto cercato di portare all’attenzione degli ascoltatori i problemi di un mondo che, pur rivestendo un’importanza centrale per la piena realizzazione della società della conoscenza e dell’informazione, non sempre riesce a trovare adeguata considerazione negli organi di informazione: quello delle biblioteche.
Ho perciò colto l’occasione per denunciare il problema ventennale delle biblioteche sarde, estremamente dinamiche e attive ma con il più alto tasso in Italia di precariato: più del 50% senza adeguata copertura professionale stabile a fronte del 25% delle biblioteche lombarde. Si tratta di una situazione ormai insostenibile, che impedisce qualsiasi programmazione di ampio respiro.
È appunto dagli anni ’80 in poi che, per diverse e concatenate cause e grazie all’opera di zelanti funzionari regionali e locali, di qualche illuminato politico, nonché di attive, preparate ed entusiaste cooperative, si è assistito a un veloce incremento di biblioteche sul territorio sardo; e questo nonostante l’assenza di una legge specifica in materia.
La Regione autonoma della Sardegna infatti, nonostante la sua specialità, ha in tutti questi anni manifestato indifferenza verso l’attività legislativa delle altre regioni rimanendo così, assieme alla Basilicata e fino al 2006, l’unica regione italiana a non avere una legge che regolamentasse il settore.
Oggi, il 60% delle biblioteche di ente locale, quasi il 90% dei sistemi bibliotecari e la maggior parte dei servizi di catalogazione della Sardegna sono gestiti da privati, quasi tutti cooperative, il cui personale altamente qualificato, ma precario, si aggira intorno alle 500 unità.
Ciò che colpisce è, soprattutto, la palese contraddizione di una Regione che, pur investendo ingenti somme per il superamento del digital divide e per consentire la libera fruizione delle risorse a disposizione, dedica così poca attenzione alla stabilizzazione del personale qualificato che lavora nelle stesse strutture. Ciò è ancora più grave in questa fase storica, che vede le biblioteche definirsi sempre più, oltre che come luoghi di mediazione dell’informazione, anche come agenzie formative che, facendo sistema con le istituzioni tradizionalmente deputate a questo scopo, favoriscono il più possibile nella vasta utenza l’acquisizione di quelle competenze informative oggi indispensabili per potersi districare nella giungla delle informazioni a disposizione.
Evidentemente si scambia il possesso della macchina con la competenza e si sottovaluta gravemente l’elemento focale del processo: le risorse umane. Esse, infatti, giocano un ruolo fondamentale di mediazione finalizzata ad agevolare la nascita e lo sviluppo di un cittadino consapevole che apprende lungo tutto l’arco della sua vita.
Pertanto, essendo le biblioteche servizi pubblici essenziali di un territorio, quindi stabili, chi ci lavora non può farlo in condizione precaria perché questo, pur in presenza di forti professionalità, ne indebolirebbe la funzione, diminuendo inevitabilmente l’efficacia del servizio.
Un ulteriore e non secondario problema che grava sul mondo degli operatori delle biblioteche sarde è quello delle continue proroghe alle convenzioni senza l’adeguamento dei costi e il riconoscimento delle spese di gestione alle cooperative; questo ha determinato una situazione di costante decremento del salario degli operatori, piuttosto che un suo adeguamento al costo della vita.
L’indifferenza e l’apatia prevalenti nel mondo politico non hanno mai determinato, in vent’anni, soluzioni definitive, creando una situazione stagnante che rischia di minare progressivamente la già provata resistenza dei più.

Per dirla con Franca Alacevich (preside della Facoltà di scienze politiche dell’Università degli studi di Firenze): «Occorre costruire politiche sulla durata: se il precariato dura troppo nell’arco della vita di un individuo può piegare anche i più forti, anche i più professionalizzati, anche i più fiduciosi perché produce frustrazione, un’integrazione squalificante, una erosione del carattere e difficoltà pragmatiche nella vita quotidiana. (...) Se, invece, il precariato è di breve durata, allora può essere un’occasione anche per chi non lo ha scelto.
Gli individui possono accettare di farsi carico di quello che la società non ha saputo risolvere, a patto che questo onere sia distribuito su più persone e abbia una durata limitata nel tempo».
Intanto, va detto che la Regione Lazio sembra aver trovato la risposta ai problemi del precariato nel suo territorio.
È del 6 agosto 2008, infatti, la notizia che è stata finanziata la stabilizzazione dei precari delle biblioteche con questa argomentazione: «Viene finalmente riconosciuta la dovuta centralità a uomini e donne che lavorano in una struttura culturale pubblica di prima utilità: le biblioteche sono infatti servizi essenziali di un territorio, e chi ci lavora non può essere precario, perché è la struttura stessa a non esserlo» [1].
C’è da augurarsi e sperare che anche altre regioni, e in particolar modo la nostra, adottino, anche in questo caso, uno strumento che va sempre più consolidandosi nella pubblica amministrazione: il benchmarking.

marigioni@yahoo.it


[1] http://www.portalavoro.regione.lazio.it/portalavoro/news/?id=La-Regione-Lazio-finanzia-la-stabilizzazione-dei-lavoratori-precaridelle-biblioteche_602&page=18&a=1


PUGGIONI, Marilena. Bibliotecari precari della Sardegna alla radio. «AIB notizie», 21 (2009), n. 3, p. 19-20

Copyright AIB 2009-06, ultimo aggiornamento 2009-06-17 a cura di Zaira Maroccia
URL: https://www.aib.it/aib/editoria/n21/0319.htm3

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