«Bibliotime», anno II, numero 2 (luglio 1999)


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Giulia Visintin

La biblioteca pubblica da spazio istituzionale a spazio-cerniera [*]



Una delle prospettive delineate da Laura Balbo nel suo lavoro sui Tempi di vita [1] riguarda una più agevole accessibilità dei locali che ospitano uffici e servizi pubblici, e si fonda sull'assunto che non esistono quasi mai aree di passaggio fra gli spazi esterni della vita sociale - le vie cittadine - e quelli interni, riservati agli uffici [2]. La situazione può essere così riassunta:

- a ciascun ufficio o servizio pubblico è destinato e riservato uno spazio: uno o più edifici, ovvero parti di edifici

- nello svolgimento delle funzioni ad esso attribuite, ogni ufficio ha la necessità di disporre di spazi specificamente destinati alle varie attività, ad alcuni dei quali possano accedere soltanto gli addetti o persone autorizzate

- nello stesso tempo uffici e servizi pubblici prevedono - per definizione - l'accesso dei cittadini che, per scelta in alcuni casi e per necessità in altri, li visitano e li frequentano per ottenere informazioni, documenti, servizi ovvero per adempiere obblighi civili.

La possibilità dell'ingresso dei cittadini negli uffici e nei servizi pubblici comporta la definizione di limiti orari e spaziali entro i quali questo accesso è previsto e accettato, ed inoltre la predisposizione di aree attrezzate allo scopo (il caso più banale è quello degli sportelli, tanto che si sono addirittura definiti con questo nome, per antonomasia, interi servizi [3]) e di personale dedicato allo svolgimento di quei particolari compiti - fra tutte le mansioni dell'ufficio - che riguardano il rapporto con i cittadini.

Le riflessioni di Balbo si incentrano dunque sulla parte di spazio degli uffici pubblici che è accessibile (a condizioni più o meno limitate) ai cittadini e giungono alla definizione degli spazi-cerniera e dell'opportunità che ne vengano creati in tutti gli spazi di servizio pubblico. Negli spazi-cerniera

- l'accessibilità è garantita e facilitata

- l'ambiente è attrezzato per essere il più accogliente possibile, anche in considerazione delle attese che possono essere previste, in via di maggiore o minore necessità

- sono forniti ai cittadini tutti gli strumenti e gli aiuti utili a rendere efficace e possibilmente rapida la visita all'ufficio e l'ottenimento della risposta o del servizio desiderati.

In questo modo la funzione degli spazi-cerniera tende ad attutire per quanto è possibile una percezione di disparità fra gli spazi esterni e quelli specifici di ciascun ufficio, entro il quale possono vigere condizioni di funzionamento e accesso particolari, e a scongiurare un senso di estraneità degli uffici o servizi nei confronti dei cittadini.

Si cercherà qui di applicare queste considerazioni spaziali e funzionali agli ambienti e alla frequentazione delle biblioteche pubbliche, con particolare attenzione per il modello di biblioteca a tre livelli, concepito in Germania e pienamente realizzato nella Stadtbibliothek di Gütersloh (nella Renania settentrionale-Vestfalia).


Nel suo scritto Laura Balbo sottolinea la caratteristica di spazio separato e segregato, l'accesso al quale sottostà a regole e limitazioni, degli uffici e dei servizi, anche quando siano per loro natura aperti al pubblico, in contrapposizione agli spazi liberi dell'interazione sociale: vie, piazze. L'elemento che identifica gli spazi separati e segregati è principalmente, secondo Balbo, "una definizione normativa e culturale di accesso" [4].

In Italia, per le biblioteche pubbliche, la definizione culturale comune e diffusa è ancora piuttosto vaga; ciò può giustificarsi con

- la diffusione di questo servizio soltanto in anni recenti (in misura notevole soltanto nell'ultimo quarto di secolo), in maniera irregolare sul territorio e in certe regioni ancora in misura assai scarsa

- la scarsa conoscenza delle sue caratteristiche essenziali di

- libertà d'accesso e d'uso

- gratuità dei servizi fondamentali

- la scarsa conoscenza dell'esistenza di questo servizio, anche dove sia presente.

Va inoltre osservato come in Italia non esista ancora compiutamente un sistema bibliotecario imperniato sulla cooperazione fra biblioteche di diversa appartenenza e compiti: non stupisce quindi che i cittadini non siano in grado di orientarsi fra i diversi servizi disponibili, in modo da rivolgersi secondo i casi a quella biblioteca che per patrimonio e capacità meglio risponderebbe alle varie loro necessità.

È comunque appropriato considerare la biblioteca pubblica uno spazio separato e segregato, in quanto anche per essa come per altri servizi pubblici vigono condizioni particolari di accesso (almeno gli orari di apertura). Anche se - come si è visto - la consapevolezza della sua identità non è ancora patrimonio culturale diffuso, non vi è dubbio che nella biblioteca pubblica, come in qualunque altro servizio pubblico, il senso comune riconosca l'esistenza di regole e limitazioni all'agire individuale: nel caso della biblioteca, anzi, l'ignoranza dei suoi principi fondamentali contribuisce a rafforzare questa convinzione. Le sue caratteristiche di apertura a tutti i cittadini, di qualunque età e preparazione culturale, e la gratuità dei suoi servizi fondamentali ne fanno però una candidata ideale a trasformarsi in spazio-cerniera, per gran parte o addirittura la totalità dei suoi spazi.


Per quanto riguarda l'uso effettivo delle biblioteche pubbliche italiane si è più volte osservata una netta preponderanza fra i frequentatori dei giovani in età scolastica e universitaria. Va inoltre tenuto presente un fenomeno largamente diffuso, che si è manifestato a partire dagli anni Ottanta, già in più occasioni documentato e discusso: la presenza in misura massiccia fra i lettori che trascorrono in biblioteca molto tempo, talvolta l'intera giornata, degli studenti che studiano su propri libri. Questa categoria di lettori non utilizza - se non sporadicamente e in misura assai ridotta - le risorse informative e documentarie della biblioteca, ma si limita a servirsi degli spazi e delle attrezzature di base, cioè tavoli e sedie in ambienti illuminati quando occorre e riscaldati d'inverno, della biblioteca. Senza soffermarci su questo particolare problema, si può osservare che la sistemazione degli spazi e la stessa organizzazione del servizio che il fenomeno comporta risultano in contrasto con l'organizzazione e le funzionalità di una vera e propria biblioteca pubblica.

Anche limitandoci all'attuale prevalente presenza di ragazzi e adolescenti, fra i lettori delle biblioteche pubbliche italiane, possiamo osservare come gli atteggiamenti e le abitudini dei giovani in biblioteca (non escluso lo stesso studio su libri propri) indichino come nella biblioteca pubblica essi non si sentano sottoposti a limitazioni d'autorità del comportamento particolarmente stringenti. La biblioteca diviene - in questo modo di servirsene - tanto luogo di studio, diverso dall'abitazione ma talvolta confuso con gli spazi propriamente scolastici, quanto luogo di ritrovo fra coetanei. La facoltà di leggere liberamente libri, riviste, CD-ROM, o di ascoltare musica, o di vedere un film, scegliendo in autonomia, accentua il carattere di spazio esterno alle aree di influenza dell'autorità familiare o scolastica.

Se si passa a considerare i principi essenziali della biblioteca pubblica, al di là delle attuali condizioni del servizio in Italia, si osserva come essi la caratterizzino spiccatamente nella tendenza di farne, del tutto o in gran parte, uno spazio-cerniera. È peraltro vero che nelle biblioteche pubbliche vigono tuttora criteri organizzativi anche complessi che rendono comunque l'uso della biblioteca pubblica soggetto a regole e limitazioni. Inoltre, sovente le biblioteche pubbliche fanno ricorso a modelli organizzativi (spaziali e funzionali) mutuati da biblioteche con funzioni differenti, imponendo di conseguenza modelli di comportamento, e prima ancora atteggiamenti e aspettative non appropriati nel pubblico, soprattutto in quello potenziale, al quale il servizio è offerto.

Ad esempio, alcune caratteristiche delle biblioteche pubbliche che limitano tuttora il servizio sono:

- sede difficile da raggiungere

- orari di apertura modellati sugli orari d'ufficio dell'ente di appartenenza, anziché sulle ore di tempo libero dei cittadini [5]

- spazi ricavati in locali poco adatti al servizio bibliotecario

- arredamento scomodo e poco attraente (per esempio scaffali disposti come in un magazzino), illuminazione non adatta alla lettura, impossibilità di sedersi comodamente per una lettura rilassata

- sistemazione degli spazio privilegiando l'area di lavoro del personale, e con risalto posto sulle funzioni di controllo piuttosto che su quelle di aiuto e di presenza disponibile

- disposizione del materiale librario o di altro genere secondo criteri che richiedano particolari cognizioni per essere sfruttati nella ricerca autonoma, quando non addirittura separatezza dei libri dai lettori e necessità di ricorrere alla mediazione del catalogo, del bibliotecario o di entrambi

- impropria attribuzione alla biblioteca pubblica di funzioni di conservazione, con conseguenti limitazioni imposte all'uso e al prestito di libri e di altri documenti

- privilegio di alcune categorie di utenti: ad esempio, gli utenti che già conoscono la biblioteca rispetto a quelli che ancora non la frequentano [6], oppure gli studenti che ne occupano la maggior parte degli spazi anziché le altre categorie meno presenti [7].


Una riflessione iniziata circa vent'anni fa in Germania a questo proposito ha portato alla definizione di una nuova organizzazione della biblioteca pubblica, che si impernia sulla creazione di un'area a diretto contatto col pubblico, nella quale gli spazi e i libri siano disposti nella maniera più gradevole e accattivante possibile. Accanto al livello classico del magazzino librario, l'accesso al quale avviene necessariamente in forma mediata, e al livello tradizionale delle biblioteche pubbliche, quello comunemente detto scaffale aperto, liberamente accessibile alla consultazione autonoma, fu proposta l'adozione di un terzo livello [8]. In esso, definito Nahbereich (termine reso in italiano con settore d'ingresso), ogni aspetto del servizio subisce una trasformazione radicale in direzione dello spazio-cerniera. Accanto a precedenti sperimentazioni in altre biblioteche, se ne può vedere una piena realizzazione nella biblioteca civica di Gütersloh, inaugurata nel 1983.

La sede di questa biblioteca è stata progettata e costruita appositamente, e si trova in una zona centrale della città, in prossimità dell'area pedonale. "L'ingresso esprime un senso di continuità tra la città e la biblioteca grazie alla pavimentazione in porfido che prosegue fino nell'interno dell'edificio" [9]. La disposizione degli spazi è fluida e poco simmetrica, con una grande sala al centro della quale risalta il servizio di bar, e altre sezioni più appartate, come quelle rivolte al pubblico dei bambini e a quello degli adolescenti. Gli arredi per la lettura sono stati scelti per la comodità: poltroncine, tavoli di proporzioni ridotte. Da notare che la biblioteca "non è occupata dai tavolini per lo studio; sono le biblioteche scolastiche e universitarie ad offrire agli studenti spazi adeguati allo studio e alla ricerca, così che la biblioteca pubblica è più orientata a soddisfare le esigenze del tempo libero (la lettura, gli hobby, la fruizione multimediale)" [10].

Caratteristiche del settore d'ingresso sono la grande cura posta nel renderlo accogliente e nell'offrire una presentazione accattivante di libri, riviste, audiovisivi, opere d'arte. Inoltre i libri del settore d'ingresso vengono messi a disposizione del pubblico immediatamente dopo l'acquisto, senza sottostare alle procedure convenzionali di trattamento e catalogazione. L'offerta del settore d'ingresso non risulta dunque essere molto differente da quella di una libreria commerciale, e infatti la biblioteca di Gütersloh offre per mezzo di vetrine al pian terreno una visione del servizio anche a chi passa fuori della biblioteca. Nel Nahbereich - allontanandosi dai criteri biblioteconomici tradizionali - "l'unico criterio di sistemazione diventa l'orientamento degli interessi più diffusi dell'utenza" [11]. La disposizione dei volumi tiene dunque conto in primo luogo dei temi più frequentemente richiesti dal pubblico, e viene attuata per mezzo di esposizioni rinnovate regolarmente. Si è deliberatamente evitato il ricorso a ordinamenti sistematici dei volumi, anche secondo schemi di classificazione largamente impiegati nelle biblioteche pubbliche, preferendo scegliere di volta in volta nuovi raggruppamenti, nei quali fra l'altro sono presentati "insieme tutti i media che si occupano di un determinato argomento: sia i materiali ammessi al prestito, sia le opere di consultazione, gli audiovisivi specifici e le riviste specializzate, rinunciando così volutamente alle sezioni speciali" [12].

La circolazione del pubblico fra gli scaffali, la lettura in sede e la registrazione del prestito sono incoraggiate e rese più facili dalla disposizione tanto degli arredi quanto dei libri, delle riviste, degli audiovisivi. La gradevolezza della presentazione è considerata assai importante, e perseguita con un'accurata decorazione degli ambienti (differente secondo l'età dei lettori) e una segnaletica accattivante. La presenza centrale di un servizio di bar sottolinea la possibilità di trascorrere piacevolmente del tempo in biblioteca, anche in attività non strettamente pertinenti alla lettura.

Una simile organizzazione della biblioteca, che con la sua organizzazione e le sue attività promozionali tenda a "favorire l'identificazione fra i cittadini e la biblioteca" [13], esige naturalmente una appropriata organizzazione del lavoro del personale, come pure un costante controllo dell'utilizzo del patrimonio documentario e del comportamento, delle reazioni e dei desideri del pubblico dei lettori. "Nell'interesse degli utenti e delle finalità della politica bibliotecaria, questo concetto [la 'biblioteca dell'utente'] adegua decisamente e coerentemente tutte le attività e i servizi della biblioteca alle necessità dell'utenza, al suo bisogno e alle sue aspettative. Naturalmente per utenza si intende sia il pubblico reale sia quello potenziale" [14].

Da una esperienza come quella della Biblioteca civica di Gütersloh si può dunque ricavare la possibilità di una revisione radicale anche degli aspetti più diffusi e tradizionalmente accettati del servizio delle biblioteche pubbliche. Tornando alla proposta di Laura Balbo da cui si sono prese le mosse, si può osservare come l'esperienza delle biblioteche organizzate su tre livelli rappresenti una realizzazione della tendenza verso l'obiettivo ideale di trasformare completamente la funzione della biblioteca pubblica in quella di spazio-cerniera, riducendo al minimo la presenza per i cittadini della dimensione normativa e regolatrice del comportamento.


Giulia Visintin, Sommariva del Bosco (CN), e-mail: g.visintin@iol.it


 Note

[*] Questo scritto è dedicato a Maria Stella Rasetti.

[1] Laura Balbo, Tempi di vita. Studi e proposte per cambiarli. Milano, Feltrinelli, 1991.

[2] Laura Balbo, Tempi di vita, cit., p. 112-114.

[3] Se ha un esempio nell'intervista a Daniele Colombo, a cura di Maurizio Di Girolamo: Una proposta per l'Europa. Dall'ufficio informazioni all'assistenza globale: il ruolo degli Eurosportelli, "Biblioteche oggi", 13 (1995) 4, p. 32-35.

[4] Laura Balbo, Tempi di vita, cit., p. 113.

[5] Dario D'Alessandro, Indagine sull'orario delle biblioteche pubbliche dei capoluoghi di provincia, "Bollettino AIB", 36 (1996) 1, p. 7-19.

[6] Quando ad esempio le informazioni sull'uso della biblioteca si possono trovare soltanto all'interno della biblioteca stessa, o nei suoi immediati dintorni. Non pare volersi staccare da questa abitudine neppure la recente diffusione di pagine web informative dei servizi bibliotecari (Censimento dei siti web delle biblioteche lombarde, a cura di Riccardo Ridi, prima parte del rapporto I servizi multimediali in Lombardia, presentato e distribuito durante il recente convegno "La biblioteca amichevole: nuove tecnologie per un servizio orientato all'utente", Milano, 11-12 marzo 1999).

[7] Conformando il servizio (dotazione documentaria, attrezzature, regolamento) alle esigenze e al comportamento della categoria prevalente, tanto con iniziative in positivo, per esempio l'acquisto di documenti utili in particolare agli studenti, quanto con vincoli in negativo, imponendo per esempio limitazioni nel numero di persone ammesse con conseguente obbligo di dimostrare la necessità di servirsi della biblioteca, vincoli spiegati con l'opportunità di contenere la presenza invadente di una categoria di pubblico, ma che incombono anche su tutti gli altri lettori.

[8] Laura Ricchina, La biblioteca tripartita, "Biblioteche oggi", 15 (1997) 1, p. 52-61.

[9] Laura Ricchina, Il laboratorio di Gütersloh, "Biblioteche oggi", 15 (1997) 2, p. 38-48; questa citazione a p. 39.

[10] Laura Ricchina, Il laboratorio di Gütersloh, cit., p. 42.

[11] Ute Klaassen, La biblioteca a tre livelli. Un nuovo approccio per l'utenza, in: La biblioteca efficace. Tendenze e ipotesi di sviluppo della biblioteca pubblica negli anni '90, Milano, Ed. Bibliografica, 1992, p. 69-75; questa citazione a p. 70.

[12] Ute Klaassen, La biblioteca a tre livelli, cit., p. 74.

[13] Ute Klaassen, La biblioteca a tre livelli, cit., p. 74.

[14] Ute Klaassen, La biblioteca a tre livelli, cit., p. 71.



«Bibliotime», anno II, numero 2 (luglio 1999)


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