«Bibliotime», anno II, numero 3 (novembre 1999)


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Francesco Mazzetta

Distopie immaginarie e prevaricazioni reali
Internet, privacy e biblioteche



Se ci si volesse chiedere quale sarà la biblioteca del futuro, o comunque se si volesse indagare sulle biblioteche del possibile, si potrebbe pensare di andare a chiedere lumi alla fantascienza. In realtà invece questo genere poco frequentemente si è occupato di noi. Fa eccezione un romanzo di Mark Laidlaw pubblicato di recente da Urania: La Terza Forza [1]. Autore della prima generazione cyberpunk (il suo racconto 400 Boys è contenuto nell'antologia/manifesto Mirrorshades [2]), più recentemente ha aderito alla corrente avant-pop, che preferisce non rimanere rinchiusa nell'orticello della fantascienza ma utilizzarne temi o intuizioni per opere tendenzialmente di maggior respiro.

Come appunto La Terza Forza , ambientato in una sorta di passato prossimo alternativo in cui si fronteggiano due superpotenze totalitarie. La protagonista, Elena Hausmann, brillante scienziata di nobili origini, è caduta in disgrazia per aver rifiutato le offerte sessuali del dittatore ed ora è degradata ad impiegata della Biblioteca Imperiale. Tale biblioteca è un ingranaggio fondamentale del controllo ideologico. Elena un giorno vuole trovare un libro di Bernhard Diaghilev, capo del movimento di opposizione clandestino Terza Forza:

Elena diede un'occhiata al foglio che aveva in mano e richiamò alla mente le coordinate d'archivio. Erano vicini a uno dei libri. Senza i dati di identificazione, non avrebbe avuto la minima possibilità di trovare i libri di Diaghilev; e senza il suo codice di accesso, era impossibile ottenere i dati di identificazione. Aveva i numeri, ma non avrebbe più potuto ritrovare i libri, perché le unità di recupero automatico risistemavano negli scaffali i volumi in modo che nessuno potesse memorizzarne la posizione.

Le unità procedevano nel loro incessante lavoro, ronzavano sui binari sospesi scivolando avanti e indietro lungo gli scaffali. Passavano davanti ad ogni volume ed esaminavano il piccolo codice riflettente sul dorso, privo di contrassegni, identico agli altri. Ogni libro conservato nella Biblioteca Imperiale era stato rilegato ex novo in tela rigida nera per cui, formato a parte, non c'era modo di distinguere i volumi. I passaggi fra le scaffalature erano fiancheggiati da libri dal dorso nero, e dappertutto le piccole scatole ronzanti scivolavano, prendevano un volume e lo portavano in un posto nuovo, mescolando e riordinando in continuazione. Una volta rimessi sugli scaffali, i libri di Diaghilev avrebbero cambiato subito posizione e i loro codici sarebbero stati variati.

Elena si fermò ad un chiosco di servizio nella zona del libro più vicino e batté l'ordine diretto. Una unità fu liberata dalla funzione di riordino e inviata a localizzare il titolo richiesto. Elena le aveva dato un ordine di semplice ritrovamento. Dopo alcuni secondi, udì un forte segnale sonoro provenire da un passaggio adiacente.

(…) Elena (…) seguì il segnale e trovò il recuperatore fermo a indicare il dorso di un volume indistinguibile dagli altri. Appena lei toccò il libro, la macchina si rimise in moto, raggiungendo un'intersezione di binari sul bordo dello scaffale, schizzò velocemente verso il soffitto e scomparve fra le altre in continuo movimento.

(…) il titolo del libro:

LA MIA VITA IN CLANDESTINITÀ

DI BERNHARD DIAGHILEV

UNA STORIA PERSONALE DELLA TERZA FORZA

Era esattamente il genere di libro che l'Impero aspettava fosse richiesto, pericoloso come una trappola pronta a scattare.

Analizziamo la procedura: non esistono libri formalmente proibiti, ma il sistema di continua dislocazione unito alla identica rilegatura ne rende impossibile a chiunque, perfino ai bibliotecari, conoscerne l'ubicazione esatta. Così per consultare un qualsiasi testo l'utente è costretto a inoltrare una richiesta utilizzando il proprio codice identificativo personale. In questo modo l'istituzione e il potere possono sempre sapere chi abbia consultato testi ritenuti pericolosi, ottenendo un risultato molto più utile della semplice proibizione degli stessi.

Ovviamente il sistema è macchinoso e può funzionare giusto in un romanzo, dato che nella vita reale le unità di recupero automatico sarebbero sempre guaste, e per di più difficilmente riuscirebbero a recuperare le opere richieste nonostante programmazioni sempre più accurate e costose. Anche accantonando gli argomenti vagamente luddistici, sarebbe comunque abbastanza semplice "segnare" i volumi per un loro recupero autonomo dal sistema. Ma ciò non toglie che, intenzionalmente o meno, la Biblioteca Imperiale di Laidlaw sia un'allegoria della prima Biblioteca Mondiale: Internet.

Chiunque abbia qualche esperienza di Internet sa che gli indirizzi dei siti, anche quelli di importanti istituzioni o aziende come ICCU o Microsoft, tendono a variare nel tempo (anche se in questi casi esiste la convenienza e la possibilità di mantenere in vita i vecchi indirizzi per reindirizzare gli utenti sui nuovi), per non parlare di siti personali o di entità medio-piccole. Di fatto la fluidità dei contenuti di Internet è ciò che giustifica l'esistenza di bibliotecari come "navigatori esperti" come leggiamo a più riprese sulle riviste di settore. Ma il punto non sta solo qui. Uno dei più grossi problemi di Internet è infatti quello del "controllo" e di conseguenza quello della tutela della privacy.

Tema che si impone all'ordine del giorno in un momento in cui in Italia stanno nascendo e rapidamente ampliandosi i fornitori di accesso gratuito ad Internet: Libero di Infostrada [3], ClubNet di Telecom [4] e Tiscalinet di Tiscali [5]. Questi provider offrono ai singoli (e nell'ultimo caso anche alle aziende) accesso gratuito ad Internet (fatta ovviamente salva la bolletta telefonica) con alcune condizioni tra cui l'invio di e-mail pubblicitarie e la profilazione (come viene definita nel contratto di Libero ) del cliente, ovvero: "(…) verificare (…) le visite effettuate dal Cliente, ai siti Web appartenenti ad un predefinito catalogo redatto ed aggiornato da Infostrada".

Prima del 9 settembre era presente una clausola ancora più inquietante, prontamente sottolineata da Paolo Faranda su Diario [6]: "nel caso in cui il cliente non visualizzi sul proprio computer il contenuto di almeno quattro mail pubblicitarie al mese, il servizio verrà sospeso" che prefigurerebbe controlli all'interno del computer del cliente (e i mezzi software per questo non mancano). Questo uno dei motivi per cui quel contratto è sotto l'esame dell'Ufficio del Garante della Privacy e per cui Infostrada ha sollecitamente provveduto a modificare il contratto eliminando il passo sopra riportato e limitando l'attività di profilazione a siti in cui non siano trattati temi inerenti convinzioni di natura politica, religiosa o sessuale ai sensi dell'Art. 22 della Legge 675/96.

Il contratto di Tiscalinet è invece a questo proposito muto (e perciò più ambiguo?) e addirittura ClubNet costringe i propri clienti ad inviare il modulo d'iscrizione con i propri dati prima di dare visione del contratto, neppure su richiesta formale via e-mail.

Come nella Biblioteca Imperiale di Mark Laidlaw e addirittura con minore macchinosità e maggiore accuratezza si profila così il rischio di un controllo globale dell'accesso dell'utente, aiutato dalla dinamicità della Rete di cui si diceva sopra, che ci costringe a muoverci perennemente attraverso diversi siti ed a usare frequentemente i motori di ricerca, attività che comporta l'inviare dati di tipo personale alla Rete, con la possibilità, come si è visto decisamente non remota, che essi siano monitorati. Questo perché uno dei beni più preziosi dell'economia globalizzata è l'informazione sulle tendenze di mercato, sull'andamento dei consumi, sulle preferenze dei rispettivi target. Tale informazione è a disposizione in maniera massiccia su Internet dato che:

Il carattere interattivo di Internet consente uno scambio continuo e diretto di messaggi tra fornitori di servizi e utilizzatori e tra utenti e altri utenti; il suo carattere globale estende la circolazione delle informazioni in tutto il mondo.

In Internet è più facile seguire le tracce lasciate dall'utente rispetto ad altri mezzi di comunicazione; è quindi più facile raccogliere informazioni relative ai comportamenti degli utilizzatori. (…) i gestori dei siti Web sono in grado di controllare effettivamente quello che una persona guarda, quanto si sofferma, quante volte visita un determinato sito, quali annunci pubblicitari provocano una pronta risposta, con chi comunica, e infine cosa dice (nei gruppi di discussione pubblica). [7]

Il quadro diventa poi maggiormente fosco se pensiamo che il potere politico diventa ogni giorno maggiormente subordinato a quello economico, che spinge sempre più potentemente per una deregulation in questo campo, come negli Stati Uniti dove tutta questa materia è affidata ai codici di autoregolamentazione delle singole aziende.

In questo panorama si inserisce il ruolo fondamentale della biblioteca pubblica, che invece per il momento pare persa nella vagamente solipsistica querelle sulla possibilità, in particolare per i minorenni, di entrare in contatto, accidentalmente o meno, con siti pornografici o altrimenti disdicevoli. Rileggendo infatti il Manifesto UNESCO del 1994 [8] notiamo che: "Le raccolte e i servizi non devono essere soggetti ad alcun tipo di censura ideologica, politica o religiosa, né a pressioni commerciali" e che compito della biblioteca pubblica è "incoraggiare il dialogo interculturale e proteggere la diversità culturale".

Il ruolo di intermediario con cui questo documento riveste il bibliotecario si estende, parlando dell'accesso all'informazione in Rete, a tutta la biblioteca che, in quanto accesso pubblico, anonimizza l'utente finale non al fine di permettergli di commettere indisturbato dei reati [9], ma di garantirgli la possibilità di navigare nel mare di Internet senza la preoccupazione di venire costantemente spiato tramite log e cookie, senza l'assillo che la propria vita privata possa circolare in Rete a disposizione degli addetti del marketing.

Insomma compito della biblioteca pubblica è di essere ancora oggi istituto della democrazia, anzi di esserlo oggi ancor più di ieri (quel 1964 in cui Virginia Carini Dainotti pubblicava il suo classico [10]) dato che i poteri che tentano di limitare tale democrazia sono oggi maggiormente subdoli e pervasivi. Del resto anche in La Terza Forza la biblioteca, pur se sede formale della repressione, è in realtà il covo dei rivoluzionari che vogliono sovvertire il regime dispotico. E se la posta in gioco è la libertà e la democrazia dell'accesso all'informazione, la difesa delle differenze culturali che siano arricchimento e non prevaricazione, allora il bibliotecario non solo è, ma deve – coscientemente e continuativamente – essere un rivoluzionario.


Francesco Mazzetta, Biblioteca Comunale di Fiorenzuola d'Arda - e-mail: biblio.fiorenzuola@agonet.it


Note

[1] Mark Laidlaw La Terza Forza Milano : A. Mondadori, 1999, (Urania 1366).

[2] Mirrorshades : L'antologia della fantascienza cyberpunk Milano : Bompiani, 1994.

[3] <http://www.libero.it/>

[4] <http://clubnet.tin.it/>

[5] <http://www.tiscalinet.it/>

[6] Paolo Faranda Liberi... di essere spiati su Diario della settimana A. 4, N. 36, 8-14/09/1999, p. 44; vedere anche la risposta di Maria Elena Caporaletti, Direttore Comunicazione di Infostrada su Diario della settimana A. 4, N. 38, 22-28/09/1999, p. 6.

[7] Da Orsola Torrani Internet e la privacy in Stefano Nespor Internet e la legge Milano, Hoepli, 1999, p. 184.

[8] Il Manifesto UNESCO sulle biblioteche pubbliche in Marina Della Bella Manuale del bibliotecario Rimini, Maggioli, 1997, pp. 384-386.

[9] È difficilmente sostenibile che per commettere un reato telematico qualcuno possa pensare di recarsi in un luogo pubblico in cui è soggetto ad orari, regolamenti e comunque ad un controllo, diretto o indiretto, da parte del personale.

[10] Virginia Carini Dainotti La biblioteca pubblica istituto della democrazia Milano, Fabbri, c1964.



«Bibliotime», anno II, numero 3 (novembre 1999)


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