«Bibliotime», anno IX, numero 2 (luglio 2006)

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Gabriele Mazzitelli

Lenin e le biblioteche *



"Fra una conferenza e l'altra si era trasferito da Berna a Zurigo, dove c'era una biblioteca più ricca. Aveva trovato alloggio nel cuore della vecchia città presso un calzolaio di idee "abbastanza avanzate", si racconta. L'alloggio era vicino alla biblioteca e così Lenin non perdeva tempo" [1]

"Una [...] caratteristica non meno sorprendente nel destino di Lenin è il successo nella conquista del potere. [...] Sarà [...] Lenin a impadronirsene con una manciata di uomini la cui esistenza, esattamente come la sua, si era perlopiù svolta nelle sale di lettura della Bibliothèque nationale o del British Museum... oppure in prigione" [2]

"Credo di essere nel giusto nell'affermare che nessun altro grande uomo di stato ha mai parlato così chiaramente, così spesso e in maniera così precisa, della missione e dell'importanza delle biblioteche pubbliche" [3]

"Lenin is library" [4]

L'11 febbraio del 1918 una delibera del Soviet dei commissari del popolo che aveva come primo firmatario Vladimir Ul'janov (detto Lenin) destituiva Dmitrij F. Kobeko [5] dall'incarico di direttore della Biblioteca pubblica di Pietrogrado (ex Biblioteca pubblica imperiale) e nominava al suo posto quale commissario straordinario Arkadij Press [6]. Questa decisione si era resa necessaria in quanto il 13 novembre 1917 il Soviet della biblioteca, fortemente influenzato dalle opinioni di Kobeko e del suo vice Ernest L. Radlov, [7] aveva deciso una chiusura temporanea della sala di lettura e delle diverse sezioni dell'Istituto, pur invitando i dipendenti a presentarsi al lavoro [8]. La chiusura della Biblioteca aveva provocato la protesta dei lettori e dell'opinione pubblica, tanto che sulla "Pravda" del 23, 24 e 25 novembre 1917 erano apparse tre note in cui, senza mezzi termini, si parlava di sabotaggio. Anche grazie a questi interventi dell'organo ufficiale del partito, la Biblioteca riprese il suo regolare funzionamento a cominciare dal 26 novembre.

Pochi giorni dopo il direttivo del Commissariato del popolo per l'istruzione (Narkompros) dava incarico a O.V. Polumordvinova di chiarire la situazione e di verificare quale fosse l'atteggiamento del personale della Biblioteca nei confronti del governo sovietico. A seguito di questa indagine l'11 febbraio 1918 Anatolij V. Lunačarskij, commissario del popolo per l'istruzione, rendeva noto che su sollecitazione di Lenin era stata presa la decisione di destituire Kobeko e di nominare Arkadij Press commissario della biblioteca.

Tre mesi dopo il Narkompros provvedeva ad approvare il nuovo statuto della Biblioteca e Ernest L. Radlov veniva eletto direttore dell'Istituto, pur restando ancora in carica il commissario governativo [9]. I motivi del contendere fra la direzione della Biblioteca e Vladimir Il'ič Lenin avevano avuto un precedente nell'accoglienza molto negativa che era stata riservata dal personale della Biblioteca a uno scritto dal titolo I compiti della Biblioteca pubblica di Pietrogrado, che secondo la testimonianza della moglie Nadežda Krupskaja, Lenin aveva redatto nei giorni immediatamente successivi allo scoppio della rivoluzione [10]:

Per essere partecipi in modo intelligente, coscienzioso e efficace della rivoluzione bisogna studiare. A causa della pluriennale rovina dell'istruzione popolare dovuta allo zarismo, il problema dell'organizzazione delle biblioteche a Pietrogrado è stato affrontato malissimo. Senza dubbio sono subito necessarie le riforme radicali qui elencate, ispirate ai principi che da tempo vigono nei paesi liberi dell'Occidente, in particolare in Svizzera e negli Stati Uniti d'America:

    1. la biblioteca pubblica (ex imperiale) deve immediatamente attuare lo scambio di libri sia con tutte le biblioteche pubbliche e statali di Piter [11] e provincia, sia con le biblioteche straniere (finlandesi, svedesi e così via);
    2. la spedizione dei libri tra le biblioteche deve essere, per legge, dichiarata gratuita;
    3. la sala di lettura della biblioteca deve essere aperta, come avviene nei paesi progrediti nelle biblioteche private e in quelle destinate ai ricchi, tutti i giorni, comprese le festività e le domeniche, dalle 8 del mattino alle 11 di sera;
    4. bisogna immediatamente trasferire alla Biblioteca pubblica il numero necessario di dipendenti dai dipartimenti del Ministero della Pubblica Istruzione (incrementando il lavoro femminile, dal momento che gli uomini sono impegnati in guerra), in questi dipartimenti i 9/10 del personale è impiegato in lavori non solo inutili, ma anche dannosi [12].

Il 7 giugno 1918 Lenin scriveva di suo pugno la bozza di delibera del Soviet dei Commissari del popolo in cui si affermava:

Il Soviet dei Commissari del popolo pone all'attenzione del Commissariato del popolo per l'istruzione l'insufficienza delle sue azioni per una corretta organizzazione del sistema bibliotecario in Russia e dà incarico al Commissariato di prendere immediatamente le misure più energiche, in primo luogo per la centralizzazione del sistema bibliotecario russo, in secondo luogo per l'adozione del sistema svizzero-americano. Si richiede che il Commissariato del popolo per l'istruzione dia conto 2 volte al mese al Soviet dei Commissari del popolo (SNK) di ciò che ha concretamente fatto in questo campo [13].

Alla delibera, reiterata in data 14 gennaio 1919 [14], faceva riferimento una nuova bozza redatta sempre da Lenin in cui si legge:

Dare incarico alla divisione biblioteche del Commissariato del popolo per l'istruzione di pubblicare mensilmente e fornire al SNK dati riassuntivi concreti sulla reale attuazione delle delibere del SNK del 7.VI.1918 e del 14.I.1919 e sull'effettivo aumento del numero di biblioteche e sale di lettura, e della crescita della diffusione dei libri tra la popolazione [15].

Il riferimento al 'sistema svizzero-americano' è dovuto al fatto che Lenin era convinto, sia per la sua esperienza personale sia per le letture che aveva avuto modo di effettuare sul funzionamento delle biblioteche americane, che ci si dovesse ispirare all'organizzazione bibliotecaria di quei paesi per realizzare un servizio degno di questo nome tanto per quel che concerneva la disponibilità del materiale librario a scaffale aperto o il prestito interbibliotecario, quanto per la redazione di cataloghi collettivi o la creazione di situazioni logistiche ottimali per la consultazione dei libri. Già in un articolo del 1913 Lenin aveva lodato la New York Public Library, portandola a esempio di un'ottima organizzazione dei servizi e contrapponendola alle biblioteche russe [16].

Il 6 maggio 1919, intervenendo davanti agli 800 delegati che partecipavano al Primo congresso panrusso per l'istruzione extrascolastica, Lenin affermava:

Dobbiamo utilizzare i libri che abbiamo e lavorare alla creazione di una rete organizzata di biblioteche, che possa aiutare il popolo a servirsi di ogni libro che possediamo, senza istituire delle organizzazioni parallele, ma creando un'unica organizzazione pianificata. [17]

Tenendo fede a questo impegno il 3 novembre 1920, in qualità di presidente del Soviet dei Commissari del popolo (Sovnarkom), Lenin apponeva la sua firma al Decreto sulla centralizzazione del sistema bibliotecario nella RSFSR che prevedeva che tutte le biblioteche russe, qualunque ne fosse la tipologia e l'ente di appartenenza, dessero vita a "un'unica rete bibliotecaria" [18]. Questo Decreto, indipendentemente dalle ovvie difficoltà che incontrò la sua traduzione in pratica [19], rappresentava di fatto il coronamento dell'azione di Lenin volta a rendere più efficace e più efficiente il sistema bibliotecario russo [20]. I principi fondamentali di questa azione possono essere così riassunti: piena accessibilità di tutto il patrimonio librario all'intera popolazione, gratuità del servizio, pianificazione statale del sistema bibliotecario con una costante preoccupazione ad alimentarlo rifornendolo di libri e di risorse finanziarie, creazione di una rete unica grazie al coordinamento dell'attività delle biblioteche di tutte le tipologie, un'attiva partecipazione della popolazione allo sviluppo delle biblioteche e alla diffusione del libro. [21]

Per altro non mancava di sicuro in Lenin "una sincera ammirazione per i bibliotecari, che considerava gli intelligenti collaboratori degli studiosi, e manifestò più volte il suo apprezzamento soprattutto per la loro attività educativa in favore del popolo" [22]. Importante fu anche la sua azione per la salvaguardia del patrimonio librario russo e per lo sviluppo delle raccolte delle biblioteche, [23] e in questo solco si mosse anche gran parte dell'impegno che Nadežda Krupskaja profuse in favore delle biblioteche e dei bibliotecari [24].

Cresciuto tra i libri [25], nel corso di tutta la sua esistenza Vladimir Il'ič Uljanov (1870-1924), fu un grande frequentatore di biblioteche [26]. Il padre Il'ja Nikolaevič Uljanov, prima ispettore e poi direttore delle scuole pubbliche della provincia di Simbirsk, cittŕ natale di Lenin, era tra l'altro membro del consiglio direttivo della biblioteca pubblica cittadina "Karamzin", e di certo da studente del locale ginnasio-liceo classico il giovane Vladimir non dovette accogliere favorevolmente il divieto di frequentarla, imposto dal preside Fedor Kerenskij, padre di quell'Aleksandr Kerenskij il cui governo provvisorio lo stesso Lenin avrebbe alcuni decenni dopo rovesciato [27]. Chissà che non sia stato proprio questo divieto, per altro con ogni probabilità ampiamente disatteso [28], ad alimentare non solo l'amore per i libri ma anche una particolare attenzione nei confronti dell'organizzazione bibliotecaria. Come testimonia Vladimir D. Bonč-Bruevič:

Già nel periodo della prima emigrazione Vladimir Il'ič non solo lavorava nelle biblioteche, ma ne studiava sempre la struttura, l'organizzazione, il sistema di catalogazione e di schedatura. Mentre era ancora in esilio a Krasnojarsk, colse subito l'opportunità di lavorare nella vastissima biblioteca del mecenate Judin e come prima cosa volle capire quale ne fosse la struttura [...]. All'estero [...] fu sempre e dovunque profondamente interessato proprio all'organizzazione delle biblioteche, alle metodologie in uso, alle modalità di accesso, al sistema di distribuzione, di controllo, di conservazione, all'organizzazione dei magazzini, alla formulazione delle schede e delle registrazioni catalografiche [29].

Tra le molte biblioteche che utilizzò [30] vanno ricordate in Russia, oltre a quelle di San Pietroburgo e delle cittadine sul Volga in cui abitò, le biblioteche di Mosca, Krasnojarsk, Minusinsk e Pskov, nell'Europa Occidentale quelle di Berlino, Monaco, Londra [31], Parigi, Ginevra [32], Zurigo, Berna, Copenhagen [33], Stoccolma [34] e Cracovia [35]. Del suo rapporto con i libri e le biblioteche sono rimaste molte testimonianze di contemporanei, a partire da quelle di Nadežda Krupskaja, di cui si puň citare un brano che ben chiarisce, ad esempio, i motivi dell'ammirazione di Lenin per l'organizzazione bibliotecaria svizzera:

Nell'estate del 1915 abitavamo in montagna ai piedi del Rothorn in un paesino sperduto, e ricevevamo i libri dalla biblioteca, inviati gratis per posta. I libri erano spediti in un pacco ben confezionato, sul quale era incollato un tagliando con una scritta: da un lato era riportato l'indirizzo del destinatario del volume, dall'altro l'indirizzo della biblioteca. All'atto della restituzione del libro, bastava attaccare al contrario il tagliando già compilato e portarlo alla posta.Vladimir Il'ič non mancava mai di elogiare la cultura svizzera e di sognare come avrebbe potuto essere organizzato il sistema bibliotecario in Russia dopo la rivoluzione [36].

Ben diverso il rapporto e, di conseguenza, il giudizio sulla Biblioteca nazionale di Parigi, tanto da far scrivere: "il suo soggiorno a Parigi, era personalmente e politicamente avvilente. Trascorreva molte ore in biblioteca, tribolando per gli sgarbi dei bibliotecari e la lentezza degli uscieri e arrivava a maledire il "diavolo" che l'aveva portato a Parigi. [37] Il soggiorno nella capitale francese durò dalla fine del 1908 al giugno del 1912. Lenin e la Krupskaja "non potevano prendere in prestito libri dalla biblioteca senza la garanzia del padrone di casa, che si mostrò esitante a causa della loro apparente povertà. La Bibliothèque Nationale si trovava ad una notevole distanza e Lenin era costretto a recarvisi in bicicletta. [...]. Si incontravano anche molte difficoltà per avere un libro; e per di più, la biblioteca chiudeva durante l'ora di pranzo. Lenin doveva per sempre maledire la Bibliothèque Nationale e Parigi. Tentò di servirsi di altre biblioteche, ma le trovò inadeguate [38].

Sebbene Hélène Carrère d'Encausse contesti il presunto stato d'indigenza della coppia scrivendo che "è a proposito di questo esilio inquieto che si formò la leggenda sovietica di un Lenin costretto a misurarsi con le peggiori difficoltà materiali" [39], e sostenga inoltre che "la Bibliothèque nationale, dove si recava volentieri in bicicletta (elogiava questo mezzo di trasporto per i benefici alla salute [40], tema sul quale del resto era molto prolisso), gli fornì risorse inesauribili per i suoi scritti" [41], basta rifarsi ai ricordi della Krupskaja per trovare una delle fonti di quel giudizio negativo:

A parte la Biblioteca nazionale, Il'ič visitň anche altre biblioteche a Parigi, ma ne rimase poco soddisfatto. Alla Biblioteca nazionale non erano disponibili i cataloghi per gli anni meno recenti, inoltre, per prendere i libri vi erano delle notevoli lungaggini burocratiche. In genere in Francia la gestione delle biblioteche era organizzata in maniera arciburocratica. Le biblioteche municipali possedevano quasi unicamente narrativa, e in ogni caso, per aver diritto al prestito, era necessario produrre una dichiarazione del padrone di casa, che si assumeva la responsabilità della restituzione dei libri da parte dell'inquilino. Per molto tempo il nostro padrone di casa non ci volle rilasciare questa dichiarazione a causa del nostro stato d'indigenza". [42]

Così trascorreva la vita quotidiana di Lenin nella capitale francese:

In piedi alle otto, si reca tutte le mattine alla Biblioteca Nazionale, attraversando vie nelle quali, esclama, la circolazione è diabolica. Ma quel gran frequentatore di biblioteche è urtato dalla povertà delle biblioteche municipali di Parigi e dal formalismo che regna alla Nazionale. Lavorare a Parigi è scomodo, scrive alla madre. La Biblioteca Nazionale funziona male. Pensiamo spesso a Ginevra, dove la Biblioteca è confortevole, la vita meno nervosa e convulsa. Fra tutti i luoghi delle mie peregrinazioni, avrei preferito Londra o Ginevra... E' così: Lenin giudica i paesi dal livello e dalle comodità delle loro biblioteche [43]. In Svizzera, osserva, ci si fida del lettore, gli si permette di accedere agli scaffali, i cataloghi sono ben fatti e, se uno va in montagna, può ricevere i libri per posta, con un imballaggio che serve poi per restituirli... Se un giorno in Russia la rivoluzione trionferà, organizzeremo le cose a questo modo - si compiace di fantasticare [44].

In effetti anche durante l'esilio londinese degli anni 1902-1903 Lenin aveva avuto modo di apprezzare le "comodità" [45] della British Library, in cui trascorreva studiando gran parte delle sue giornate [46] e in cui sarebbe tornato ogni volta che si fosse trovato a Londra così come, ad esempio, tra il 16 maggio e il 10 giugno del 1908, per effettuare delle ricerche necessarie per completare la stesura del libro Materialismo e empiriocriticismo.

Ma forse la biblioteca che lo aveva maggiormente impressionato positivamente era quella della Société de Lecture di Ginevra, che aveva frequentato per quasi un anno a partire dal dicembre del 1904 [47]. La biblioteca era molto grande e le condizioni di lavoro ottimali, per di più vi si poteva consultare una grandissima quantità di giornali e riviste in francese, tedesco e inglese. I membri della Società, in gran parte anziani professori, frequentavano di rado la biblioteca e a disposizione di Lenin vi era un'intera sala, dove poteva concentrarsi, scrivere, camminare se ne aveva voglia, prendere liberamente i libri dagli scaffali. [48]

Secondo la Krupskaja il personale della Société de Lecture avrebbe potuto testimoniare che ogni mattina si recava di buon'ora in biblioteca un rivoluzionario russo con indosso dei pantaloni a buon mercato ripiegati secondo l'abitudine svizzera, per proteggerli dal fango, che puntualmente dimenticava di risistemare, il quale prendeva il libro lasciato in deposito il giorno precedente che trattava di come organizzare le barricate e i combattimenti per le strade, si sedeva al solito posto a un tavolino vicino alla finestra, lisciava con un gesto abituale i radi capelli sulla testa calva e si immergeva nella lettura. Solo talvolta si alzava per prendere dallo scaffale un ponderoso vocabolario e cercarvi la spiegazione di un termine sconosciuto, per poi magari camminare avanti e indietro e, sedutosi nuovamente al tavolo, immerso nei suoi pensieri, rimettersi a scrivere velocemente con la sua calligrafia minuta. [49]

Più di dieci anni dopo, di nuovo esule in Svizzera, Lenin sarebbe stato sorpreso dalla notizia dello scoppio della rivoluzione: "Un giorno, a metà marzo, subito dopo pranzo, Nadia aveva lavato i piatti e Vladimir Ilic si disponeva ad andare in biblioteca, quando un compagno polacco entrò come un bolide gridando:"Avete sentito la notizia? E' scoppiata la rivoluzione in Russia!" [50].

In quei giorni stava lavorando al quaderno Il marxismo sullo stato [51] che sarebbe servito da base per la stesura nell'agosto-settembre di quello stesso anno di una delle sue opere più famose: Stato e rivoluzione. Nel Poscritto alla prima edizione di questo volume, datato 'Pietrogrado 30 novembre 1917', Lenin avrebbe scritto la famosa frase: "è più piacevole e più utile fare 'l'esperienza di una rivoluzione' che non scrivere di essa" [52], a testimonianza ormai definitiva del fatto che "un topo di biblioteca" [53] era diventato uno dei protagonisti della storia del XX secolo.

Gabriele Mazzitelli, Biblioteca Area Biomedica - Universitŕ degli Studi di Roma "Tor Vergata", e-mail: mazzitelli@biblio.uniroma2.it


Bibliografia

Note

* Devo a un suggerimento di Michele Santoro, che ringrazio, l'idea di questo articolo che si pone solo l'obiettivo di documentare lo stretto rapporto che è intercorso fra un protagonista della storia del Novecento e le biblioteche, senza avere assolutamente l'ambizione di esaminare nel dettaglio l'azione politica e le realizzazioni del governo sovietico in campo bibliotecario. Chi voglia approfondire specificatamente questo aspetto può consultare: Virginia Carini Dainotti, La biblioteca pubblica istituto della democrazia. Volume 1, Milano, Fratelli Fabbri, 1964, p. 220-233; Konstantin I. Abramov, Bibliotečnoe stroitel'stvo v pervye gody Sovetskoj vlasti, 1917-1920 (Il sistema bibliotecario nei primi anni del potere sovietico, 1917-1920), Moskva, Kniga, 1974; Istorija bibliotečnogo dela v SSSR.. Dokumenty i materialy: nojabr' 1920-1929 (Storia della biblioteconomia in URSS. Documenti e materiali: novembre 1920-1929), Moskva, Kniga, 1979; gli scritti di Nadežda Krupskaja, O bibliotečnom dele v 5-i tomach (Scritti di biblioteconomia in 5 volumi), Moskva, Kniga, 1982-1986, e di Konstantin I. Abramov, Istorija bibliotečnogo dela v Rossii. Učebnoe-metodologičeskoe posobie (Storia della biblioteconomia in Russia. Manuale metodologico), Moskva, Libereja, 2000. Lenin e le biblioteche fu anche il tema di una delle sessioni plenarie della 36.a conferenza annuale dell'IFLA che si tenne a Mosca nel 1970, nel centesimo anniversario della nascita di Lenin, i cui atti sono stati pubblicati nel volume IFLA Annual 1970. Proceedings of the General Council Annual Reports. Anthony Thompson, ed. Copenhagen: Scandinavian Library Center, 1971. Su questo convegno si veda il resoconto di Giovanni Floris, A.I.B. 1970. Roma, Mosca-Leningrado. II, Mosca-Leningrado (28 agosto - 8 settembre), "Accademie e biblioteche d'Italia", 39 (1971), 3, p. 192-236.
Per quel che concerne la traslitterazione dei nomi russi nelle citazioni si è sempre lasciata la forma presente nei brani riportati, mentre nel testo si è adottata la corrente trascrizione scientifica. Le date sono sempre indicate secondo il calendario gregoriano, anche se in Russia fino al 31 gennaio 1918 rimase in vigore il calendario giuliano.
Esprimo un sincero ringraziamento a Giovanni Di Domenico per i preziosi consigli.

[1] Laura Satta Boschian, Vita di Lenin, Roma, Edizioni Studium, 1990, p. 123.

[2] Hélène Carrère d'Encausse, Lenin. L'uomo che ha cambiato la storia del '900, Milano, Corbaccio, 2000, p. 436.

[3] Eila Wirla. Lenin and Libraries, in IFLA Annual 1970. Proceedings of the General Council Annual Reports, cit., p. 144. Lo stesso concetto è espresso anche da Yu. V. Grigoriev, V.I. Lenin and Libraries, ibidem, p. 106.

[4] Velaga Venkatappaiah, Architect of Library System in USSR. Contributions of Lenin (Part II), "Herald of Library Science", 27 (1988), 3-4, p. 190.

[5] Dmitrij Fomič Kobeko (1837-1918) fu direttore della Biblioteca dal 1902 al 1918. Morě nel marzo del 1918, poco dopo la sua destituzione.

[6] Il testo di questa delibera si può leggere in V.I. Lenin i bibliotečnoe delo. Izdanie tret'e, pererabotannoe i dopolnennoe. Sostavitel' Konstantin I. Abramov (V.I.Lenin e la biblioteconomia, 3 ed. rivista e aumentata a cura di Konstantin I. Abramov), Moskva, Knižnaja palata, 1987, p. 382.

[7] Ernest Leopoldovič Radlov (1854-1928), storico della filosofia, traduttore, fu tra l'altro responsabile della sezione di filosofia e pedagogia, incunaboli e libri rari della biblioteca. A partire dal 1899 guidň per molti anni il settore scambi internazionali. Nominato vicedirettore nel 1916, dal settembre del 1917 ricoprě a tutti gli effetti l'incarico di direttore. Dal 1918 al 1924 fu il primo direttore della Biblioteca eletto sulla base del nuovo statuto. Amico e studioso del filosofo Vladimir Solov'ev, è autore di una Storia della filosofia russa che venne tradotta in italiano nel 1925: E.L. Radlov, Storia della filosofia russa. Traduzione di Ettore Lo Gatto sulla 2a edizione russa, Roma, Alberto Stock, 1925.

[8] Come ricorda anche John Reed questo atteggiamento di rifiuto nei confronti del nuovo governo bolscevico era abbastanza diffuso negli uffici pubblici russi nei primi giorni successivi alla rivoluzione d'ottobre (scoppiata il 7 novembre secondo il calendario gregoriano), tanto che il 9 novembre Trockij non riuscì nemmeno a entrare nel Ministero degli Esteri e le stesse difficoltà incontrarono anche altri esponenti bolscevichi (John Reed, 10 giorni che fecero tremare il mondo. Milano, Longanesi, 1966, p. 233; si veda anche Orlando Figes, La tragedia di un popolo. La rivoluzione russa 1891-1924, Milano, Corbaccio, 1997, p. 603-604). Il 21 novembre Anatolij Lunačarskij fu costretto a comunicare al Comitato esecutivo centrale panrusso che non poteva dare notizie confortanti sulla situazione del Ministero della Pubblica Istruzione: gli impiegati del Ministero erano in sciopero, così come i dipendenti del Comitato statale per l'istruzione e quelli dell'Unione degli insegnanti (si veda Sheila Fitzpatrick, Rivoluzione e cultura in Russia, Roma, Editori Riuniti, 1976, p. 33).

[9] Informazioni sulla storia della Biblioteca nazionale russa sono disponibili nel sito della Biblioteca nella sezione Stranicy istorii (Pagine di storia): <http://www.nlr.ru:8101/history>.

[10] V. I. Lenin i bibliotečnoe delo, cit., p. 110.

[11] Piter è il modo in cui viene popolarmente chiamata San Pietroburgo.

[12] V. I. Lenin i bibliotečnoe delo, cit., p. 65.

[13] Ibidem, p. 148.

[14] Ibidem, p. 401.

[15] Ibidem, p. 149.

[16] Čto možno sdelat' dlja narodnogo obrazovanija (Cosa si può fare per l'istruzione popolare), in ibidem, p. 45-46, in cui, tra l'altro, si sostiene molto ironicamente: "Negli stati occidentali sono diffusi non pochi ignobili pregiudizi, dai quali non è contaminata la santa madre Russia. Là ad esempio, si ritiene che biblioteche pubbliche di grandi dimensioni, con centinaia di migliaia e milioni di volumi, non debbano affatto essere appannaggio solo del gruppetto di studiosi o presunti tali che le utilizzano. Là ci si prefigge lo scopo curioso, inconcepibile e barbaro di rendere queste enormi, sconfinate biblioteche accessibili non a una corporazione di studiosi, di professori e di supposti specialisti, ma alle masse, alla gente, alla strada. Che profanazione della biblioteconomia!" ( p. 45). Su Lenin e le biblioteche americane si veda Forster E. Mohrhardt. V .I. Lenin and libraries in the United States, in IFLA Annual 1970. Proceedings of the General Council Annual Reports, cit., p. 147-149.

[17] V. I. Lenin i bibliotečnoe delo, p. 153-154.

[18] Ibidem, p. 421. Il testo del Decreto è riportato alle p. 421-422. L'acronimo RSFSR sta per Rossijskaja Sovetskaja Federativnaja Socialističeskaja Respublika (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa).

[19] Si veda: Bibliotečnoe delo v period nepa (1921-1929). Sbornik naučnych trudov. Čast' 2. (La biblioteconomia nel periodo della NEP (1921-1929). Raccolta di studi. Parte 2), Moskva, Gosudarstvennaja Biblioteca im. V.I. Lenina, 1991; e la sollecitazione inviata l'8 aprile 1921 a Lunačarskij, Pokrovskij e Litkens in cui Lenin chiede conto del piano complessivo di intervento del Narkompros sulle principali questioni in campo, tra cui anche la creazione della rete bibliotecaria (si veda V.I. Lenin i bibliotečnoe delo, cit., p. 172).

[20] Si veda Yu. V. Grigoriev. V.I. Lenin and libraries, cit., in particolare le p. 109-110.

[21] Si veda la voce Lenin V.I. i kniga (Lenin V.I. e il libro), in Knigo/vedenie. Enciklopedičeskoe slovar' (Scienza del libro. Dizionario enciclopedico), Moskva, Sovetskaja enciclopedija, 1982, p. 310-314, in particolare la p. 314; e Velaga Venkatappaiah, Architect of Library System in USSR. Contributions of Lenin (Part I), "Herald of Library Science", 27 (1988), 1-2, p. 31.

[22] Gian Luigi Limonta. Lenin e le biblioteche, "Bollettino d'informazioni / Biblioteca civica di Cusano Milanino", (1971), 8, p. 10. Si veda anche Velaga Venkatappaiah, Architect of Library System in USSR. Contributions of Lenin (Part II), cit., p. 186-187.

[23] Si veda Gian Luigi Limonta, cit., p. 10; G. P. Fonotov, Lenin and libraries, "Unesco Bulletin for Libraries", 24 (1970), 3, p. 121-124. Scriveva nel 1964 Virginia Carini Dainotti, cit., p. 223: "Come organo di propulsione della lettura e di distribuzione dei libri, fu creata nel 1921, per decreto di Lenin, la Camera del Libro che è oggi il massimo istituto bibliografico dell'URSS. La Camera del Libro ha vari e importanti compiti: agisce come centro per la compilazione di bibliografie nazionali, assicura la catalogazione centralizzata, provvede servizi di informazione bibliografica, funziona da centro statistico dello Stato per l'attività editoriale, è l'archivio nazionale in cui si conserva una copia di qualunque pubblicazione che abbia visto la luce nell'Unione Sovietica dal 1920. Ma la sua attività più importante a favore delle biblioteche pubbliche, quella che nel 1921 ne consigliò l'istituzione, consiste nel ricevere e ridistribuire il 'diritto di stampa'".

[24] Si veda Lenin, Krupskaia and libraries, edited by Sylva Simsova, London, Clive Bingley, 1968, che presenta alle p. 66-69 una Bibliographical guide to Lenin and Krupskaia on librarianship; e Velaga Venkatappaiah, Architect of Library System in USSR. Contributions of Lenin (Part II), cit., p. 187-188.

[25] In "a 'bookish' atmosphere", secondo l'espressione usata da Georgij P. Fonotov, cit., p. 118.

[26] Si veda Svedenija o zanjatijach V. I. Lenina v bibliotekach (Informazioni sull'attività di V. I. Lenin nelle biblioteche), in V. I. Lenin i bibliotečnoe delo, cit., p. 596-632. Si confronti con quanto scrive Louis Fischer: "Non risulta che Lenin abbia mai visitato il Louvre, la National Gallery a Londra, o un qualsiasi museo d'arte o una mostra di pittura a Parigi, a Londra, in Svizzera, a Monaco, a Berlino, o anche a Mosca o a Pietroburgo. Raramente frequentava i concerti" (Louis Fischer, Vita di Lenin, volume 2, Milano, Il Saggiatore, 1967, p. 822).

[27] Si veda Robert Service, Lenin. L'uomo, il leader, il mito, Milano, Mondadori, 2001, p. 38.

[28] Fonotov sostiene che "fu anche un assiduo lettore della Biblioteca Karamzin, che possedeva molto materiale bibliografico e di consultazione, così come altri libri. Se venivano assegnati dei compiti a casa, Lenin era solito stilare una lista dei libri necessari, andare in biblioteca e consultarli" (cit., p. 118).

[29] V. I. Lenin i bibliotečnoe delo, cit., p. 490.

[30] Si veda G.P. Fonotov, cit., p. 121. Lo stesso Fonotov scrive: "Quando arrivava in una città, anche per pochi giorni, Lenin si informava sempre se vi fosse una biblioteca, e di che genere fosse, e cercava di trascorrervi un po' di tempo" (ibidem, p. 120).

[31] Si veda A. H. Chaplin, Lenin and the British Museum Library, in IFLA Annual 1970. Proceedings of the General Council Annual Reports, cit., p. 122-125.

[32] Si veda Jean Pierre Clavel, Lénine et les bibliothèques suisses, in IFLA Annual 1970. Proceedings of the General Council Annual Reports, cit., p. 117-122.

[33] Si veda Carl Thomsen, Lenin and Denmark, in IFLA Annual 1970. Proceedings of the General Council Annual Reports, cit., p. 144-147.

[34] Si veda Uno Willers, Lenin in Stockholm, in IFLA Annual 1970. Proceedings of the General Council Annual Reports, cit., p. 114-117.

[35] Si veda: Jan Baumgart. Vladimir Lénine dans les bibliothèques polonais (1912-1914). In: IFLA Annual 1970. Proceedings of the General Council Annual Reports, cit., p. 128-137.

[36] V. I. Lenin i bibliotečnoe delo, cit., p. 462. Riferimenti alle biblioteche svizzere si trovano anche nel romanzo di Aleksandr Solženicyn, Lenin a Zurigo. Capitoli, Milano, Mondadori, 1976: "E che biblioteche ci sono, come ci si lavora bene!" (p. 38); e ancora in un brano che dipende direttamente dalle memorie della Krupskaja: "E l'organizzazione delle biblioteche era esemplare: facevano arrivare i libri fino alle più lontane pensioni montane, con sollecitudine e gratis" (p. 53). Per altro tutto il capitolo 45 del romanzo di Solženicyn è ambientato in biblioteca. Si veda anche questo ricordo di Angelica Balabanoff: "Eravamo a Zurigo nel 1916. [...] Passavamo molte ore nella biblioteca di Zurigo, noi profughi marxisti di diversi paesi, in maggioranza russi, in cerca di qualche indizio che ci desse motivi a sperare. Lenin era fra i frequentatori più assidui della biblioteca, nelle vicinanze della quale aveva trovato un bugigattolo che occupava con sua moglie e che serviva da camera da letto, da studio e da cucina" (Angelica Balabanoff, Ricordi di una socialista, Roma, De Luigi, 1946, p. 162).

[37] Bruno Caruso, Lenin a Capri, Bari, Dedalo, 1978, p. 69.

[38] David Shub, Lenin, Milano, Longanesi, 1949, p. 152-153.

[39] Hélène Carrère d'Encausse, cit., p. 127. Ma anche in una biografia francese di Lenin del 1929 si legge: "Dopo un breve soggiorno nel lurido 'hotel de Marseille', Lenin si sistemò al n. 10 di via Marie Rose, poco oltre il Lion de Belfort. Due camere e una piccola cucina tetra, costantemente illuminata dal gas, componevano tutto l'appartamento. Era la povertà, anche se, come ha sottolineato la stessa Nadejda Constantinova, non fu mai la miseria" (Pierre Chasles, La vie de Lénine, Paris, Librairie Plon, 1929, p. 87).

[40] La bicicletta era anche fonte di qualche problema, come racconta Robert Service: "Lenin detestava essere imbrogliato anche nelle piccole cose, e le biciclette erano una fonte di preoccupazione continua. Quando vivevano a Parigi, tutti i giorni si recava alla Bibliothèque Nationale in bicicletta. La biblioteca non gli piaceva, perché doveva aspettare un sacco di tempo prima di ricevere i libri che aveva ordinato, e in più lo irritava dover pagare dieci centesimi alla portinaia per parcheggiare fuori il suo mezzo di trasporto. Ma un giorno accadde una cosa anche peggiore: l'amata bicicletta, quel suo 'strumento chirurgico' fu rubata. Quando Lenin protestò con la portinaia, lei ebbe la sfrontatezza di rispondere che con i suoi dieci centesimi si assicurava soltanto il permesso di parcheggiare e non la garanzia della sicurezza" (Robert Service, cit., p. 175).

[41] Hélène Carrère d'Encausse, cit., p. 128. Ma è anche lo stesso Lenin a scrivere da Cracovia il 22 aprile 1914 alla madre che a Parigi non si lavorava bene e che la collocazione della Bibliothèque nationale era poco felice (si veda V. I. Lenin i bibliotečnoe delo, cit., p. 317). Scrive Suzanne Honoré: "Lenin vedeva nella Biblioteca nazionale il frutto della rivoluzione francese e dei suoi risultati positivi. Riteneva però che ciò non trasparisse chiaramente dal suo funzionamento; la Biblioteca, a suo parere, non era sufficientemente al servizio del popolo. Per quest'uomo che adorava le biblioteche e vi trascorse la maggior parte della sua vita, il bibliotecario non era solo il guardiano dei libri, ma una figura di primo piano nell'istruzione pubblica e un anello della catena che collega il proletario al libro" (Suzanne Honoré. Lénine et les bibliothèques françaises, in IFLA Annual 1970. Proceedings of the General Council Annual Reports, cit., p. 125-126).

[42] V. I. Lenin i bibliotečnoe delo, cit., p. 460-461.

[43] Anche questa affermazione dipende direttamente dai ricordi della Krupskaja. Si veda Ibidem, p. 461.

[44] Nina Gourfinkel, Lenin, Milano, Mondadori, 1961, p. 84. Il corsivo è nel testo.

[45] Questo termine (in russo "udobstva") è sempre della Krupskaja. Si veda V. I. Lenin i bibliotečnoe delo, cit., p. 451. Scrive A. H. Chaplin: "Presto si convinse che questa Biblioteca era uno dei luoghi migliori e più comodi per lavorare che conosceva, e il suo epistolario contiene molti accenni a questo fatto. Grazie alla sua ampia sala di lettura per 400 lettori, ai più di 20.000 volumi di consultazione disponibili direttamente all'utenza, al suo catalogo aggiornato e alla vasta raccolta internazionale di libri, i suoi servizi erano più avanzati di quelli offerti da altre grandi biblioteche europee. Qui Lenin poteva trovare non solo le opere di scrittori di economia, politica e scienze sociali inglesi, dell'Europa occidentale o americani, ma anche le pubblicazioni illegali dei rivoluzionari russi" (A. H. Chaplin. Lenin and the British Museum Library. In: IFLA Annual 1970. Proceedings of the General Council Annual Reports, cit., p. 123).

[46] "Quasi sempre nei giorni lavorativi [...] si recava al British Museum per svolgere le sue ricerche sotto la grande cupola di vetro della sala di lettura, al tavolo L13" (Robert Service, cit., p. 137-138).

[47] V .I. Lenin i bibliotečnoe delo, cit., p. 367.

[48] Ibidem, p. 460.

[49] Ibidem, p. 453.

[50] Edmund Wilson, Fino alla stazione di Finlandia. Interpreti e artefici della storia (biografia di un'idea), Roma, Editoriale Opere Nuove, 1960, p. 505. Lo stesso episodio è così riportato da Robert Service (che per altro si rifà ai ricordi della Krupskaja): "E tutto accadde un giorno dopo colazione, mentre si preparava come sempre a uscire per andare in biblioteca, lasciando a Nadja il compito di sparecchiare e rigovernare. Al numero 14 di Spiegelgasse arrivò trafelato un compagno, M. G. Bronski, il quale aveva letto sui giornali svizzeri che era scoppiata la rivoluzione [...]. Bronski rimase sbalordito quando apprese che i Lenin non erano al corrente delle novità" (Robert Service, cit., p. 236). Leggermente diversa la versione di Essad-Bey: "Il 27 febbraio [12 marzo] 1917 Lenin si trovava, come di solito, in compagnia di sua moglie nella biblioteca popolare di Zurigo, a sfogliare con piglio annoiato le pubblicazioni socialiste recentemente arrivate. Improvvisamente l'uscio si spalancò, e sulla soglia apparve ansimante, acceso in volto, madido di sudore, il compagno Bronski, un vecchio fuoruscito bolscevico [...]. Bronski si lasciò cadere spossato su una sedia. 'Compagno', disse con voce spezzata, 'in Russia è scoppiata la rivoluzione'. Lenin diede un balzo impallidendo; la notizia giungeva troppo di sorpresa. Stette un momento immobile, poi un sorriso di felicità gli illuminò il volto; afferrò una matita, e si diede a tracciare qualche linea su di un foglio di carta. Dopo un breve silenzio, buttata via la matita, si prese fra le mani la testa calva e disse: 'Dunque la rivoluzione'" (Essad-Bey, Lenin, Milano, Treves, 1935, p. 164).

[51] Si veda Valentino Gerratana, Introduzione a Vladimir I. Lenin. Stato e rivoluzione, 2 ed., Roma, Editori Riuniti, 1970, p. 17-18.

[52] Ibidem, p. 203.

[53] Hélène Carrère d'Encausse, cit., p. 444.




«Bibliotime», anno IX, numero 2 (luglio 2006)

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