«Bibliotime», anno V, numero 1 (marzo 2002)


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Pino Buizza

Dai Principi di Parigi a FRBR [*]



Per tracciare un percorso conciso attraverso questi 40 anni di catalogazione, ultimo tratto della Great tradition delineata da Michael Gorman, mi limiterò a segnalare alcuni momenti che ritengo particolarmente utili per comprendere attraverso quali tappe, non necessariamente consequenziali, si è giunti a FRBR e all'assetto attuale, focalizzando l'attenzione specialmente sugli aspetti teorici, ma senza prescindere dal contesto, dalla contemporanea evoluzione delle tecnologie e dell'organizzazione dei cataloghi, né dagli atti istituzionali, come la promulgazione di codici di regole o di standard internazionali.

Il cammino prende l'avvio dalla Conferenza internazionale sui principi di catalogazione, tenuta a Parigi nell'ottobre del 1961 e del suo risultato, la Definizione di principi, detti da allora Principi di Parigi [1]. Il valore complessivo della conferenza sta nell'aver avviato una collaborazione internazionale sul piano teorico e normativo, attuando una convergenza su alcuni capisaldi comuni e nell'impostazione di un metodo che associava responsabilità a livello internazionale (definizione di principi di catalogazione) con responsabilità nazionali (applicazione di quei principi nei codici e nelle bibliografie nazionali e formulazione di criteri nazionali per la scelta della parola d'ordine dei nomi d'autore composti di varie parole).

La Definizione di principi fissa le funzioni del catalogo e il modo per assolverle, limitatamente alla scelta e forma dell'intestazione. Questa limitazione fu un pregio di chiarezza, per distinguere decisamente dal tema della descrizione e dal catalogo per soggetti - ovviamente per un altro verso questo era un difetto, dato che questi temi restavano scoperti con il rischio di scollamento fra i diversi aspetti.

Ricordo le due funzioni del catalogo: deve permettere di accertare

1. se la biblioteca contiene un libro particolare identificato per mezzo del suo autore e titolo

2. quali opere di un autore e quali edizioni di un'opera esistono nella biblioteca.

Sul piano teorico è noto che il principale ispiratore fu Seymour Lubetzky [2], cui si affiancava come altra protagonista Eva Verona [3].

Il dibattito ruotava intorno alla duplice natura del libro. Visto come entità bibliografica e per la funzione repertoriale del catalogo (la prima) il libro è l'edizione di un'opera di cui presenta il titolo e il nome dell'autore in una forma particolare (contrassegni formali); visto come entità letteraria e per la funzione organizzativa del catalogo (la seconda) è l'opera dotata di un titolo uniforme e di un nome uniforme dell'autore (contrassegni uniformi).

Entrambi gli aspetti erano riconosciuti, per entrambi erano previste intestazioni, ma il problema era la scelta dell'intestazione principale, perché la preferenza al nome e titolo del libro corrisponde all'esigenza di incontrare l'utente che si presume a conoscenza del dato immediato o che cerca proprio quell'edizione, mentre la preferenza per l'intestazione principale al nome e titolo dell'opera corrisponde alla richiesta di chi cerca l'opera in una qualsiasi o nella varietà delle sue edizioni.

Privilegiare l'unità bibliografica è più economico e può essere più che sufficiente in biblioteche senza varietà di edizioni della stessa opera, mentre privilegiare l'unità letteraria comporta un costo maggiore, giustificato dove siano frequenti traduzioni e in genere edizioni diverse delle stesse opere.

Secondo questa polarizzazione le funzioni del catalogo enunciate dai principi di Parigi sono (soltanto) due: permettere di accertare se la biblioteca possiede un libro (aspetto bibliografico, o materiale) e quali opere di un autore e quali edizioni di un'opera (aspetto letterario, o intellettuale), riunendo nella seconda quelle che in realtà sono due funzioni distinte, come erano nell'enunciazione di Verona (1. permettere di trovare rapidamente un libro particolare; 2. fornire informazione su tutte le edizioni, traduzioni, etc. di un'opera, per quanto esistono in biblioteca; 3. fornire informazione su tutte le opere di un dato autore, per quanto esistenti in biblioteca).

Gli accordi più difficili e controversi furono quello sul compilatore delle raccolte di più autori e quello sull'ente autore. Non si trattava soltanto di tradizioni diverse da conciliare o di opportunità pratiche da confrontare, ma di un nodo teorico: se legare il concetto e il termine "autore" strettamente al valore concettuale e linguistico oppure alle convenzioni bibliografiche, all'effettiva creazione dell'opera o anche a più generiche forme di rappresentanza verso l'opera. La tradizione culturale occidentale che attribuisce all'autore la più spiccata capacità rappresentativa delle opere può indirizzarsi sul versante letterario (e allora sarà solo l'autore reale e riconosciuto dal consenso degli studiosi) oppure preferire il versante bibliografico (e allora sarà anche, fino a prova contraria, la persona cui l'opera è attribuita, l'autore presentato come principale, il compilatore presentato come autore, l'ente responsabile delle proprie pubblicazioni); così che anche l'opera assume una fisionomia diversa, un'accezione allargata e meno stringente del risultato dell'attività intellettuale creativa personale.

Nonostante fosse chiara la duplice natura del libro (edizione e opera) non si chiarì a sufficienza il loro peso relativo nella scelta dell'intestazione principale e la loro reciproca relazione, con tutte le sue conseguenze (anche l'uso linguistico di book e work risulta in qualche caso incoerente nel testo della Definizione), così che nel successivo lavoro di codifica a livello nazionale, restarono aperte e vennero adottate scelte alternative.

Il periodo di avvio delle codifiche nazionali post Paris, gli anni 60, registrò, insieme ai consensi ufficiali, difficoltà e resistenze in diversi paesi, primi fra tutti gli USA, che pure avevano fornito l'elaborazione più significativa; ma Lubetzky fu messo fuori gioco alla Library of Congress, che con le grandi biblioteche di ricerca guidava la resistenza al nuovo, soprattutto alla modificazione delle intestazioni degli enti. Emersero anche problemi concreti e obiettivi di applicazione coerente dei principi che, aggiunti alle divergenze non superate delle tradizioni precedenti, diedero luogo a norme a volte opposte.

A parte i commenti immediati, la riflessione languiva e si ridusse poi all'elaborazione di un commento ufficiale, preparato prima da Chaplin e Anderson (1966) [4], ma ripreso e portato a termine da Eva Verona con l'edizione annotata definitiva del 1971 [5], esplicitamente commissionata all'incontro di Copenhagen del 1969 [6]. La richiesta di un commento corrispondeva in parte al desiderio di avere qualcosa che si avvicinasse di più ad un codice internazionale unitario (senza bisogno di codifiche nazionali), ma soprattutto alle difficoltà pratiche incontrate nel rinnovare i codici, con quelle soluzioni divergenti assunte dai diversi paesi, oltre che alle sollecitazioni di alcune osservazioni critiche.

Secondo quanto richiesto a Copenhagen l'edizione annotata definitiva propose l'omogeneizzazione terminologica, in particolare riguardo al controverso termine corporate author e alla formula sostitutiva entry under the name of a corporate body, e ai termini book e publication incoerentemente usati al posto di work e viceversa. Il commento è una guida alla lettura che chiarisce incertezze di interpretazione, fornisce integrazioni riportando pareri esposti a Parigi e soluzioni dei codici post Paris, con esempi e proposte di formulazioni più corrette o esplicite. Le proposte di Eva Verona non furono più prese in esame ufficialmente e i Principi di Parigi rimasero affidati alle osservazioni personali degli studiosi, all'interpretazione applicativa di altri codici. In seguito della catalogazione furono affrontati soprattutto (e ufficialmente soltanto) temi particolari.

Se la riflessione teorica languiva, va tuttavia ricordato almeno il contributo di Diego Maltese, Principi di catalogazione e regole italiane, 1965 [7], passaggio fondamentale dai Principi di Parigi alle Rica, di cui ricordo soltanto, per quanto qui interessa, la precisazione iniziale sul corretto ambito da attribuire al termine principi: "I principi secondo cui [il catalogo] andrebbe organizzato dovrebbero muovere da un'analisi precisa e costantemente aggiornata, nel tempo e nello spazio, degli scopi a cui il catalogo è chiamato a rispondere e dei mezzi più idonei e più economici per raggiungerli ... [il catalogo] ... non è costruito su primi principi, ma piuttosto organizza e codifica una pratica esistente secondo principi normativi logici e coerenti". Era così richiamata la storicità del catalogo, delle sue norme e principi ed era chiaramente escluso qualsiasi approccio teorico che non fosse legato alla precisa considerazione dei modi in cui le opere si presentano nelle pubblicazioni.

Dopo la prima fase di automazione del catalogo, con il crescente scambio dei dati fra agenzie nazionali si pose in evidenzia la necessità di concordare a livello internazionale anche i criteri di redazione della descrizione bibliografica.

L'International meeting of cataloguing experts, IMCE, tenuto a Copenhagen nel 1969, sulla base di uno studio di otto bibliografie nazionali tra le più rappresentative commissionato a Michael Gorman [8] e della conseguente discussione, diede avvio al programma per il controllo bibliografico universale (Universal bibliographic control, UBC) e al gruppo di lavoro che in seguito stese la Standard bibliographic description, SBD, poi l'ISBD. In merito all'ISBD si può notare la diversa impostazione adottata, rispetto a Parigi, per il confronto internazionale, attuato ora sulla base della mediazione empirica fra le prassi esistenti, senza il chiarimento preliminare delle funzioni e degli obiettivi della descrizione bibliografica.

In sottofondo in realtà c'erano i principi enunciati da Lubetzky nel Rapporto Henkle, 1946 [9], ma non furono esplicitamente richiamati, e c'era anche la formalizzazione delle schede della Library of Congress.

Ricordo sinteticamente funzioni e principi della descrizione secondo il rapporto Henkle.

Funzioni generali: 1. descrivere le caratteristiche del libro significative (a) per distinguerlo da altri libri e da altre edizioni, (b) per caratterizzarne il contesto, l'ambito e le relazioni con altre pubblicazioni, 2. presentare i dati nella scheda (a) in modo che siano confrontabili con quelli di altri libri e edizioni, (b) nel modo che meglio risponde all'esigenza della maggioranza del pubblico. Cioè: il libro deve essere caratterizzato individualmente, identificato (corrisponde alla, quindi permette la funzione repertoriale), ma nello stesso tempo relazionato, non isolato dal contesto, dalle ascendenze ... In corrispondenza alla funzione organizzativa del catalogo, la descrizione mira alla funzione di selezione, che ne è il rovescio. Detto altrimenti: identità e confrontabilità in funzione della ricerca dell'utente.

Seguivano i principi per dare direzione, coerenza e una costruzione logica al codice e come guida generale al catalogatore. Richiamo i primi tre: 1. termini della descrizione: siano presi dalla pubblicazione, dal frontespizio o altrove, con aggiunte e correzioni per formule ambigue o incomprensibili e per gli errori; 2. estensione: la descrizione sia completa quanto richiedono le funzioni concordate, ma economica, cioè senza ripetizioni, senza elementi inutili, con abbreviazioni standard; 3. organizzazione degli elementi bibliografici: siano presentati secondo un ordine costante corrispondente all'approccio normale del lettore, in modo che la descrizione sia integrabile nel catalogo e confrontabile con le schede degli altri libri e delle altre edizioni. Anche in questo caso, come osservato da Maltese per i principi di Parigi, non si trattava di principi primi, ma di criteri per dare coerenza e organizzazione logica alle descrizioni in catalogo. Anche in questo caso c'era, nella preminente attenzione alla pubblicazione, una certa oscillazione tendente a considerare anche il versante opera, senza chiare distinzioni.

La pubblicazione e la rapida diffusione internazionale delle ISBD rappresentarono un successo di questo progetto fondato su base empirica: gli standard descrittivi coprivano con precisione e dettaglio tutti gli elementi della scheda e poterono essere adottati praticamente anche senza interpretazioni applicative, oppure vennero integrati nei codici con adattamenti.

Così la seconda tornata di codici nazionali, nella seconda metà degli anni 70, (AACR2, 1978) modificò l'impianto del codice catalografico affiancando la descrizione bibliografica all'intestazione con piena autonomia e pari dignità, anzi con precedenza logica della descrizione.

L'attenzione degli addetti ai lavori era comunque concentrata sulla descrizione, la cui problematica si arricchiva e complicava all'affacciarsi delle diverse tipologie di materiali, ma era affrontata ancora senza una riflessione approfondita (anzi con calco dei vari standard sull'ISBD(M)); trascurato era pure il tema dell'intestazione per questi materiali, le cui caratteristiche solo in parte corrispondono a quelle dei testi a stampa, mentre in altri casi le responsabilità intellettuali e artistiche sono ben diverse e sarebbero da analizzare distintamente. Norme particolari per materiali non a stampa furono previste in alcuni codici, ma non furono oggetto di elaborazione e di decisione collettiva sul piano internazionale [10].

Dopo la pubblicazione dell'edizione annotata dello Statement of principles, a Eva Verona fu commissionato uno studio comparativo e critico sulle intestazioni collettive, pubblicato dall'IFLA nel 1975 [11]: contiene un'analisi approfondita della situazione catalografica e varie proposte per cercare maggiore coerenza e uniformità internazionale, ma, nonostante l'ammirazione suscitata e i consensi ricevuti, non fu mai più esaminato ufficialmente, premessa indispensabile per usufruirne effettivamente. Solo sul versante della forma dell'intestazione il lavoro proseguì con uno studio che portò a fissare i criteri per stabilire la forma e la struttura dell'intestazione ad enti collettivi [12].

Lavoro solitario quello di Eva Verona, ma svolto nell'ambito della federazione internazionale e almeno da essa avallato. Ancor più solitario il lavoro di Akos Domanovszky, bibliotecario magiaro presente sulla scena fin dalla conferenza di Parigi, autore di vari articoli, di cui si ricorda in particolare Funzioni e oggetti della catalogazione per autore e titolo, 1974 [13]. In quest'opera densa e concettosa Domanovszky evidenzia gli scarti fra teoria (trascurata) e pratica, le imprecisioni e incoerenze terminologiche (così che neanche il pensiero può essere chiaro e preciso) e approfondisce teoricamente le funzioni della catalogazione, limitatamente alla catalogazione standard e a partire dal riconoscimento della formula di Parigi per le funzioni, studiandone analiticamente gli oggetti. Per la catalogazione, del libro si deve considerare non solo che ha due facce (materiale e intellettuale), ma anche che non coincide necessariamente con un oggetto fisico (può essere in più volumi, e facciamo rientrare nel termine anche il periodico), che può anche essere due realtà in un solo oggetto (nel caso della monografia in serie); oltre a questo che è l'oggetto elementare primario poi ci sono "oggetti elementari secondari" (parti e contributi) e "terziari" (aspetti ulteriori non materiali, come il contributo di traduzione rispetto a un testo). Le funzioni del catalogo per Domanovszky sono tre e non due e si precisano attraverso l'analisi dei loro rispettivi oggetti (il libro, l'opera, l'oeuvre d'un autore) visti nelle loro componenti materiale (l'edizione) e intellettuale (il testo contenuto e l'origine dallo stesso autore). Rispetto all'indagine condotta lungo il filo della duplicità opera/edizione Domanovszky aggiunge la considerazione specifica dell'opus dell'autore e fornisce un approfondimento dell'articolazione degli oggetti bibliografici nelle loro componenti; è inoltre nuovo il rilievo attribuito ai fondamenti teorici e il rigore nell'argomentazione del discorso.

Un'altra voce impegnata nella ricerca teorica, critica nei confronti dei Principi di Parigi, è quella di Alfredo Serrai. Nei vari scritti dedicati al tema egli richiama sempre la natura complessa del libro, con formule di volta in volta variabili; parla della duplice o molteplice natura del libro: "il libro è un'entità presente in tre realtà differenti ... [1] oggetto materiale … [2] prodotto tipografico ed editoriale … chiamato … anche edizione o unità bibliografica ... [3] risultato intellettuale del lavoro creativo …appellata … opera o unità letteraria" [14]; "nel libro sono presenti quattro realtà 1. edizione … 2. opera … 3. autore … 4. contenuto concettuale e informazionale" [15]; "un libro partecipa di 4 realtà: 1. documentaria, 2. linguistica e testuale, 3. letteraria, 4. semantica; perché 4 sono gli ingredienti, categorialmente distinti, della comunicazione scritta: 1. l'oggetto fisico (energetico) che porta (trasporta) la registrazione del messaggio, 2. il messaggio in quanto consta di una determinata configurazione linguistica, 3. l'opera o insieme dei messaggi linguistici che sono affini fra loro fino al punto di essere ritenuti equivalenti, 4. i significati contenuti nel messaggio" [16]; "un catalogo per autori … provveda alla edificazione di tre organizzazioni, o strutture, semantiche. Queste devono stabilire: (A) una anagrafe onomastico-storica degli autori; (B) una mappa delle opere connessa con (A); (C) una configurazione bibliografico-editoriale relativa a (B)" [17]. Alla costellazione delle entità bibliografiche opera - testi - edizioni [18] o delle essenze ontologiche del libro (testo - edizione del testo - fisicità del testo [19]) sono a volte aggiunti l'elemento biografico-onomastico e quello semantico, con una reintegrazione in stile cutteriano del soggetto nel catalogo [20]. Coerentemente con la contestualizzazione nell'ambito più ampio della bibliografia e il riferimento costante alle discipline da cui i testi provengono e in cui vivono, in Serrai c'è una preferenza per il trattamento dell'opera sull'edizione, da cui le critiche ai codici per l'assunzione inversa, quando la fisionomia editoriale giunge a stravolgere la priorità dell'opera. Inoltre i codici (da Cutter a Parigi e oltre) rispondono alla casistica editoriale e a domande preconfezionate, non forniscono gli strumenti per corrispondere alle domande secondo i bisogni dell'utente; riproducono la tradizione senza osare nuove teorie e nuove fondazioni. C'è spesso in Serrai il richiamo all'esigenza dell'utente, che è un dato da misurare, ma né egli chiude il cerchio con dati quantitativi e conseguenti deduzioni, né ipotizza uno o più tipi di utente e di ricerca su cui passare alla prova applicativa diretta, così che il discorso resta a un livello alto di astrazione.

Nessuno dei succitati teorici ebbe un'incidenza effettiva. La stessa Verona non trovò corrispondenza. Pose ostacolo alla loro considerazione una certa marginalità non solo geopolitica degli ambiti extra angloamericani, ma fu comunque marginale la ricerca e predominante il pragmatismo.

Negli anni 80 l'attenzione fu assorbita dalle applicazioni informatiche, sia in senso strettamente tecnico (evoluzione di hardware e software, quindi dei formati), sia per le nuove possibilità offerte (cooperazione in sistemi e in reti di biblioteche, catalogazione partecipata e derivata); continuava la diffusione mondiale (grazie al programma UBC) del modello catalografico Parigi - Copenhagen, mediato e rappresentato principalmente dalle AACR2, oppure dalle ISBD per la descrizione bibliografica e dal riferimento diretto ai Principi di Parigi per l'intestazione.

Contemporaneamente era scarso e poco incisivo il dibattito teorico. Alcuni nuovi temi toccati: l'intestazione principale, il controllo delle voci d'autorità, l'impiego di sistemi esperti.

La funzione dell'intestazione principale fu messa in discussione e anche negata del tutto in rapporto all'assetto del catalogo automatizzato, in cui l'autonomia della descrizione sembra andare di pari passo con l'equiparazione a tutti gli effetti di ogni intestazione, accesso comunque, quindi indifferenziato [21]. Posizioni che denotano semplificazione e impoverimento della riflessione, se dimenticano la funzione non solo repertoriale, ma organizzativa dell'intestazione, costituendo, la principale "un centro esclusivo, un nucleo al quale le singole manifestazioni dell'opera possano essere collegate", secondo l'espressione di Malinconico [22].

L'aumentato scambio internazionale di registrazioni bibliografiche fece evolvere il problema dell'uniformità dell'intestazione: se la linea di lavoro uscita da Parigi mirava alla creazione di liste autorevoli, redatte a livello di agenzia bibliografica nazionale, emerse in seguito l'esigenza (e ne era data la possibilità grazie alle procedure informatiche) di sistemi più articolati ed efficaci di registrazione delle intestazioni in voci di autorità, con apparati di controllo. Gli studi promossi dall'IFLA sfociarono nella pubblicazione di direttive note con la sigla GARE (Guidelines for authority and reference entries, 1984 [23]).

Un authority system è uno strumento più sofisticato; non solo, attua in una certa misura quell'autonomia fra descrizione e accesso che con le ISBD era stata rivendicata per la descrizione; cioè che l'autore, anche se ci interessa solo a questo titolo, non in quanto persona, abbia comunque identità e registrazione autonoma, da prendere in considerazione per sé e non solo in rapporto con le categorie delle sue opere.

Esperimenti vennero svolti per applicazioni diverse, più sofisticate, dell'informatica alla catalogazione, attraverso le procedure dell'intelligenza artificiale, i sistemi esperti, ma sembra ancor oggi lontano il momento in cui si possa ipotizzare un impiego dell'elaboratore ampiamente sostitutivo della mente umana nel nostro campo, perché solo "sovrastimando l'importanza dei codici e la dipendenza del processo di catalogazione dalle regole" è facile pensare alla possibilità di insegnare queste all'elaboratore e renderlo autonomo; ma si trascurano così le competenze extracatalografiche di un'operazione intellettuale che deve inserirsi in una tradizione culturale per rendere conto delle opere e degli autori, oltre che delle edizioni [24].

Nel complesso si può affermare che venne riservata poca considerazione veramente attenta alle differenze introdotte nella pratica e nell'uso dal catalogo elettronico, alle potenzialità offerte da questo. La struttura del catalogo, compilato con descrizione bibliografica e accessi (per autore, soggetti...) non cambia, ma la ricerca non avviene più soltanto attraverso la sequenza alfabetica dei punti d'accesso, e l'elaborazione automatica è utilizzata per potenziare gli strumenti tradizionali o per cogliere le nuove opportunità derivate quasi casualmente, mentre non diventa occasione per ripensare esigenze e metodi del catalogo insieme alle e attraverso le nuove logiche permesse dall'elaboratore.

Siamo agli anni 90. Lo studio che ha portato a FRBR nacque allora, da un'esigenza di contenimento dei costi, di riduzione o semplificazione della catalogazione, da praticare non applicando empiricamente un livello minimo della descrizione e qualche taglio degli accessi, ma analizzando prima le funzioni effettive di tutti gli elementi, per capire quali, meno essenziali, potessero essere trascurati, quali in realtà servissero meno alle ricerche dell'utenza. L'avvio venne dal seminario dell'IFLA Seminar on bibliographic records tenuto a Stoccolma nel 1990 [25].

Da uno spunto di ripiego, nacque l'occasione per uno studio serio, che è riuscito a esaminare attentamente la natura dell'oggetto bibliografico rapportando tutti i suoi elementi alle esigenze dell'utente, e considerare globalmente l'attività catalografica e bibliografica, in modo indipendente da specifici contesti, quindi valido per gli ambiti più diversi.

Contemporaneamente problematiche nuove erano presentate dai nuovi materiali trattati in biblioteca, in seguito ulteriormente complicate dall'apparire delle risorse "immateriali", e lo studio in corso, non limitandosi a considerare i testi a stampa, offriva l'occasione di raccordare in modo trasversale documenti di diverse tipologie di materiale.

Insieme allo studio per FRBR, negli ultimi anni c'è stata una ripresa di studi teorici (e sono continuati i lavori sul controllo delle voci d'autorità che ora si apprestano a utilizzare lo stesso modello entità - relazioni con lo studio FRANAR [26], e sui formati). Ne cito alcuni.

L'esame delle relazioni bibliografiche, che si può far partire dalla tesi di Barbara B. Tillett, 1987 [27]. Tillett non considera solo le relazioni gerarchiche, già ben note e analizzate per i formati in categorie generalissime (tre secondo UNIMARC: verticali, orizzontali e cronologiche), ma anche relazioni di altro genere, sviluppando una tassonomia di sette categorie: relazioni di equivalenza, di derivazione, descrittive, di accompagnamento, di sequenza, di caratteristiche condivise. Elaborazione al momento inconcludente, ma senz'altro importante nell'indicare una pista di ricerca (compresa l'ispirazione al modello entità-relazioni) per pensare il catalogo con una fisionomia più unitaria e articolata nello stesso tempo. Una svolta, in un certo senso, perché non si considerano più gli oggetti isolatamente oppure collegati solo attraverso il ponte rappresentato da elementi condivisi (per esempio l'appartenenza alla stessa serie o un'intestazione in comune), ma sono analizzate proprio le correlazioni, almeno quelle tra due documenti o due opere, e il modo di rappresentarle nei cataloghi (attraverso l'esame di ben ventiquattro codici di catalogazione, da Panizzi a AACR2).

Una ricognizione dei significati e delle attribuzioni di "opera", concetto centrale di ogni teoria e regola di catalogazione, ma mai chiaramente definito, è stata effettuata da Martha M. Yee in una serie di quattro articoli su Cataloging and classification quarterly [28]. La Yee ripercorre la storia dell'oggetto del catalogo, chiedendosi se non sia superflua la seconda funzione. Nessuna indagine sugli utenti pone distinzione fra ricerche orientate sulla prima o sulla seconda funzione, ma le opere multiedizione di autori prolifici sono frequente oggetto di ricerca, quindi si ritiene importante la seconda funzione. Esamina il concetto di opera sotteso ai codici americani verificando il comportamento prescritto - se trattare come stessa opera o come opera diversa - in caso di cambiamento dell'opera o del titolo, di diversa presentazione. Infine scorre diverse definizioni proposte da teorici della catalogazione e la conclusione un po' disarmante è che non è possibile definire o delimitare il concetto se non secondo una molteplicità di criteri intersecati.

Finalmente nel 1997 giunge l'analisi dell'iraniano Rahmatollah Fattahi sul catalogo elettronico [29]: studio storico e analitico per verificare la validità dei principi di catalogazione in ambiente online, l'influenza della forma fisica dei cataloghi sulle regole; la comparazione fra catalogo online e cartaceo mostra differenze che possono influire sulle norme (la creazione e manipolazione dei record, la costruzione e manutenzione del catalogo, la ricerca, il recupero e la visualizzazione dei record).

Lo studio delle entità bibliografiche e dei concetti fondamentali indica che concetti e relazioni fra entità sono indipendenti dall'ambiente; l'analisi funzionale del record bibliografico indica che funzionalità ed efficacia dipendono dalla completezza dei dati inclusi, dal miglior trattamento delle relazioni e dalla coerenza nell'indicizzazione. Dalla ricerca molti principi base risultano ancora validi in quanto riferiti all'universo bibliografico più che all'ambiente del catalogo. Fra le varie e interessanti osservazioni ricordo soltanto l'ipotesi di un super record che comprende l'opera e le sue varie manifestazioni per superare l'inadeguatezza del catalogo online attuale nel presentare le opere possedute in varie edizioni e manifestazioni.

Momento fondamentale di consapevole rilancio dell'elaborazione teorica è stato l'incontro di Toronto del JSCAACR, in cui sono stati presentati vari studi assai rilevanti [30], tra i quali cito quello sulla struttura logica delle AACR2 di Tom Delsey [31], seguito poi da un approfondimento dello stesso Delsey [32] che analizza separatamente le due parti in cui è diviso il codice angloamericano, rilevando dettagliatamente tutti i concetti e le entità bibliografiche in esso considerate, le relazioni logiche che tra esse intercorrono, i fattori che determinano la scelta dei punti d'accesso, ed evidenzia i problemi critici (tra cui ricordo alcuni quesiti di fondo: il concetto di classe di materiali è utile per le nuove forme di materiali digitali? la fisicità inerente al documento è un impedimento per adeguare il codice alla catalogazione delle risorse elettroniche? la divisione pubblicato/non pubblicato è adeguata per la descrizione di oggetti digitali disseminati online?) aggiungendo alcune raccomandazioni (tra cui ricordo quelle di: specificare chiaramente funzioni e obiettivi, e il concetto di autore, prevedere nuove relazioni di responsabilità per nuove forme di espressione intellettuale e artistica in pubblicazioni multimediali, sviluppare principi per identificare l'opera/le opere manifestata/e nel contenuto di un item, ristrutturare il codice per facilitare l'applicazione di regole generali a casi speciali per cui non ci son regole).

Un'altra relazione presentata a Toronto tratta una nuova configurazione della condizione bibliografica dei seriali [33], che è recepita attraverso elaborazioni e confronti successivi nella nuova ISBD(CR) [34], di imminente pubblicazione da parte dell'IFLA. Oltre la distinzione secondo lo stato fra pubblicazioni/risorse definite (complete in una o più parti o previste per concludersi in più parti) e indefinite (senza previsione di conclusione) si introduce per queste ultime, dette continuative (continuing), la distinzione secondo il modo di successione delle parti nel tempo, per unità discrete che si aggiungono alle precedenti restando unità discrete (e la risorsa/pubblicazione è in ogni momento l'insieme delle varie parti: sono i seriali tradizionali ed elettronici) oppure per aggiunta e/o sostituzione di parti, rimanendo invariata la parte non sostituita (risorse integrative (integrating), aggiornamenti, risorse elettroniche locali e remote)

Più difficoltosa l'elaborazione di linee guida per la presentazione dei risultati delle ricerche negli OPAC [35], da tempo sottoposte a revisione senza riuscire a giungere alla stretta finale.

Nella versione in discussione, presentata da Martha M. Yee, sono presentate quattro modalità di ricerca: per autore, opera, soggetto, disciplina; trenta principi base, raccomandazioni generali e specifiche, fra cui: visualizzare l'elemento richiesto, non troncare le intestazioni, fornire per prima una visualizzazione sintetica e compatta, presentare i legami fra periodici che cambiano titolo, le relazioni fra tutto e parti. Pur nel temporaneo insuccesso questo studio mostra l'emergere di un'attenzione specifica alla destinazione finale del catalogo che non può essere trascurata, pena vanificare ogni discorso di finalizzazione all'utente: che i risultati siano da distillare a fatica, in risposte confuse o ridondanti, mutile o reticenti riesce a privare di valore la più raffinata e coerente elaborazione catalografica.

Ricapitolando il percorso delineato, si può affermare che si è proceduto per parti separate, non seguendo un unico itinerario lineare e conseguente, ma quasi lungo sentieri che corrono paralleli e qualche volta si incrociano.

Sono state elaborate le funzioni del catalogo (da Cutter fino ai Principi di Parigi), sono stati fissati i principi per la scelta e la forma delle intestazioni (Parigi), poi sono stati stilati gli standard descrittivi (in seguito all'IMCE, con le ISBD), ci sono stati approfondimenti più precisi di temi particolari, come l'ente collettivo in quanto autore (Verona), delle funzioni e degli oggetti (Domanovszky), si è passati al controllo delle forme d'intestazione (GARE), per giungere infine con FRBR ad una considerazione globale, quindi nuova, dell'articolato universo delle entità bibliografiche e delle loro relazioni. Rispetta le pratiche e prescrizioni correnti, ma offre il quadro unitario in cui ogni componente separata può trovare una collocazione sistematica. Si pone in modo neutro rispetto alle modalità correnti e alla loro evoluzione, in vista della costituzione di record e, attraverso i record, di cataloghi più funzionali agli interessi degli utenti, nella loro varietà di esigenze, visto che queste sono state poste a inizio e fondamento dello studio.

FRBR non dà soluzioni, non avanza proposte concrete (se non quelle relative ai dati minimi che devono apparire nei record delle bibliografie nazionali), non tocca in specifico nessuno dei temi classici (scelta, forma dell'intestazione, descrizione sono lasciate a scelte successive da un punto di vista logico, precedenti, nella situazione attuale), ma studia in modo nuovo, dinamico l'oggetto della catalogazione.

Secondo le recenti osservazioni di Patrick Le Boeuf al congresso IFLA di Boston [36], FRBR rinnova e aumenta le funzioni del catalogo, rapportandole più direttamente all'utente e al nuovo assetto informatico di cui oggi si dispone. Fornisce un quadro teorico utile a ripensare e rinnovare la descrizione bibliografica, sostituendo o affiancando alla scansione in aree la distribuzione dei dati, gli stessi o altri considerati pertinenti, ciascuno verso una delle diverse entità, precisamente quella di cui è attributo, con un'esplosione del documento in sottodocumenti, la cui potenziale autonomia è negata dalla catalogazione attuale (descrizione dell'opera, dell'espressione, della manifestazione, della copia) con le relazioni strutturali di FRBR a garantire i collegamenti fra le entità.

Se l'elaborazione e l'applicazione continueranno, FRBR può rappresentare un valore aggiunto per la capacità di considerare entro coordinate comuni e di connettere quindi significativamente le diverse risorse multimediali, che ora rendono in buona misura pluridimensionali i percorsi informativi e documentari. Un altro valore aggiunto è l'opportunità di porsi come modello di riferimento anche per ambiti diversi dalle biblioteche.

Rispetto alla tematica opera/edizione che ha fatto un po' da filo conduttore a questa ricostruzione, FRBR inserisce, oltre che precisione e organicità, la dimensione relazionale che è dinamica, adattabile a comprendere situazioni nuove, ciò che è sempre più tipico dell'universo bibliografico odierno.

Questi sono i più significativi contributi che credo possiamo aspettarci da FRBR.


Pino Buizza, Biblioteca Queriniana - Brescia, e-mail: gbuizza.@comune.brescia.it


Note

[*] Questo articolo riprende il testo della relazione tenuta in occasione del Seminario "La teoria catalografica alla ricerca di nuovi requisiti funzionali: il modello FRBR", Modena, 14 dicembre 2001

[1] Report / International conference on cataloguing principles. London : IFLA, 1963. Per un analogo percorso sul versante delle normative cfr. La catalogazione dopo Parigi : attività normative e strumenti per il controllo bibliografico universale, 1961-1997 / Pino Buizza. Udine : Forum, 1998.

[2] Cataloging rules and principles : a critique of the ALA rules for entry and a proposed design for their revision / Seymour Lubetzky. Washington : Library of Congress, 1953 e Code of cataloging rules. Author and title entry : an unfinished draft for a new edition of cataloging rules / prepared for the Catalog code revision committee by Seymour Lubetzky ; with an explanatory commentary by Paul Dunkin. Chicago : ALA, 1960.

[3] Literary unit versus bibliographical unit / Eva Verona. // In: Libri, 9 (1959), p. 79-104. Per un confronto delle posizioni vedi i papers 2 e 3 presentati a Parigi: The function of the main entry in the alphabetical catalogue-- one approach / by Seymour Lubetzky e The function of the main entry in the alphabetical catalogue-- a second approach / by Eva Verona. // In: Report / International conference on cataloguing principles. London : IFLA, 1963, p. 139-143 e 145-157.

[4] Statement of principles adopted by the International conference on cataloguing principles, Paris, October, 1961. Annotated ed. / with commentary and examples by A. H. Chaplin, assisted by Dorothy Anderson. Provisional ed. Sevenoaks : distributed by IFLA secretariat, 1966.

[5] Statement of principles adopted at the International conference on cataloguing principles, Paris, October, 1961. Annotated ed. / with commentary and examples by Eva Verona, assisted by Franz Georg Kaltwasser, P. R. Lewis, Roger Pierrot. London : IFLA committee on cataloguing, 1971.

[6] Report of the International meeting of cataloguing experts, Copenhagen, 1969. // In: Libri, 20 (1970), p. 105-132.

[7] Principi di catalogazione e regole italiane / Diego Maltese. Firenze : Olschki, 1965; la cit. a p. [3]-4.

[8] Bibliographic data in national bibliography entries : a report on descriptive cataloguing, made for Unesco & IFLA / by Michael Gorman. Provisional abridged text. [S. l. : s. n.], 1969. (Document for examination / IFLA International meeting of cataloguing experts, Copenhagen, 1969 ; no. 2). Ciclostilato, ora in appendice a: Il parente povero della catalogazione / Rossella Dini. Milano : Bibliografica, 1985, p. 113-139.

[9] Studies of descriptive cataloging : a report to the librarian of Congress / by the director of the processing department. Washington, 1946.

[10] Per l'Italia si può citare il Manuale di catalogazione musicale. Roma : ICCU, 1979.

[11] Corporate headings : their use in library catalogues and national bibliographies : a comparative and critical study / by Eva Verona. London : IFLA committee on cataloguing, 1975.

[12] Form and structure of corporate headings / recommendations of the Working group on coprorate headings. London : IFLA international office for UBC, 1980. Solo recentemente è stato compiuto uno studio internazionale sulle strutture delle intestazioni a nomi di enti collettivi: Structures of corporate name headings : final report / IFLA section on cataloguing, working group on the revision of FSCH, November 2000, disponibile in Iflanet a <http://ifla.inist.fr/VII/s13/scatn/final2000.htm>, con esempi in <http://ifla.inist.fr/VII/s13/scatn/partb.pdf>.

[13] Functions and objects of author and title cataloguing / Akos Domanovszky. Budapest : Akademiai Kiado, 1974 (poi Munchen : Verlag Dokumentation, 1975).

[14] La struttura dei cataloghi per autore. // In: Sistemi bibliotecari e meccanismi catalografici / Alfredo Serrai. Roma : Bulzoni, 1980, p. 81-99; la cit. a p. 83-84.

[15] Guida alla biblioteconomia / Alfredo Serrai. Firenze : Sansoni, 1981, p. 66. Ma più avanti: "duplice natura del libro" p. 81, "tre realtà nelle quali i libri sono coinvolti: la realtà delle opere, la realtà delle edizioni, la realtà degli autori" p. 83, mentre a p. 64 "I cataloghi contengono le notizie che si riferiscono ai caratteri letterari, concettuali, linguistici, editoriali e fisici di un libro".

[16] Comunicazione e catalogazione. // In: Biblioteche e bibliografia : vademecum disciplinare e professionale / Alfredo Serrai ; a cura di Marco Menato. Roma : Bulzoni, 1994, p. 269 (ed. orig. in Il bibliotecario, n. 1 (set. 1984), p. 15).

[17] Schede e catalogo : un rapporto complesso. // In: Biblioteche e bibliografia : vademecum disciplinare e professionale / Alfredo Serrai ; a cura di Marco Menato. Roma : Bulzoni, 1994, p. 275 (ed. orig. in Il bibliotecario, n. 17-18 (set.-dic. 1988), p. 149).

[18] Cfr. Un riesame dei principi di catalogazione. // In: Biblioteche e cataloghi / Alfredo Serrai. Firenze : Sansoni, 1983, p. [83]-97.

[19] "Le essenze ontologiche di un Libro riguardano: 1. il Testo; 2. la Edizione del testo; 3. la Fisicità del Testo". Cfr. Storia della bibliografia. 7: Storia e critica della catalogazione bibliografica / Alfredo Serrai. Roma : Bulzoni, 1997, p. 29-40; la cit. a p. 31.

[20] "Un assetto catalografico che impronti le funzioni del catalogo sulle categorie della ricerca delle opere e del loro contenuto … comporta l'allestimento di tre strutture di organizzazione, intermedianti tra i libri e gli utenti. Esse sono: 1. la struttura letteraria e bibliografica delle opere; 2. la struttura biografico-onomastica degli autori; 3. la struttura scientifico-culturale-disciplinare dei contenuti semantici delle opere" in Biblioteche e cataloghi / Alfredo Serrai. Firenze : Sansoni, 1983, p. 95-96.

[21] La posizione più estrema è rappresentata dal codice giapponese del 1977, che risente tuttavia di una tradizione assolutamente diversa dall'occidentale, in cui le opere sono identificate dal titolo, senza che l'autore abbia la minima rilevanza. Cfr. Descriptive cataloguing and cataloguing rules in Japan / by Shojiro Maruyama. // In: International cataloguing, 15 (1986), p. 28-30, e The Japanese no main-entry code / Tadayoshi Takawashi. // In: Conceptual foundations of descriptive cataloging / edited by Elaine Svenonius. San Diego : Academic press, 1989, p. 65-72.

[22] Technology and standards for bibliographic control / Michael S. Malinconico. // In: Library quarterly, 47 (1977), p. 308-325. Cfr. anche Main entry / Michael Carpenter. // In: Conceptual foundations of descriptive cataloging / edited by Elaine Svenonius. San Diego : Academic press, 1989, p. 73-95.

[23] Guidelines for authority and reference entries / recommended by the Working group on an international authority system ; approved by the Standing committees of the IFLA section on cataloguing and the IFLA section on information technology. London : IFLA international programme for UBC, 1984. La seconda edizione riveduta: Guidelines for authority records and references (GARR). 2nd ed. / revised by the IFLA working group on GARE revision. Munchen : Saur, 2001.

[24] Cfr. Sistemi esperti e catalogazione / di Rossella Dini. // In: Bollettino AIB, 35 (1995), p. 159-208; la cit. a p. 191.

[25] Seminar on bibliographic records : proceedings of the seminar held in Stockholm, 15-16 August 1990 and sponsored by the IFLA UBCIM programme and the IFLA division of bibliographic control / edited by Ross Bourne. Munchen : Saur, 1992.

[26] Dopo due anni di lavoro, ne ha parlato a Boston all'IFLA Conference del 2001 Françoise Bourdon: Functional requirements and numbering of authority records (FRANAR) : to what extent authority control can be supported by technical means? <http://ifla.inist.fr/IV/ifla67/papers/096-152af.pdf>.

[27] Bibliographic relationships : toward a conceptual structure of bibliographic information used in cataloging : Ph.D. dissertation / Barbara B. Tillett. Los Angeles : University of California, Los Angeles, 1987; anche Bibliographic relationships in library catalogues / Barbara B. Tillet. // In: International cataloguing and bibliographic control, 17 (1988), 1, p. 3-6.

[28] What is a work? / Martha M. Yee. // In: Cataloging and classification quarterly, vol. 19 (1994)-vol. 20 (1995). In dettaglio: Pt. 1: The user and the objects of the catalog, vol. 19, no. 1, p. 9-28. Pt. 2-3: The anglo-american cataloging codes, vol. 19, no. 2, p. 5-22; vol. 20, no.1, p.25-46. Pt. 4: Cataloging theorists and a definition abstract, vol. 20, no. 2, p. 3-24.

[29] The relevance of cataloguing principles to the online environment : an historical and analytical study / Rahmatollah Fattahi. Ph. D. thesis, School of information, library and archive studies, University of New South Wales, 1997 <http://wilma.silas.unsw.edu.au/students/RFATTAHI>.

[30] Ora in The principles and future of AACR : proceedings of the International conference on the principles and future development of AACR, Toronto, Ontario, Canada, October 23-25, 1997 / Jean Weihs editor. Ottawa : Canadian library assiciation, 1998.

[31] Modeling the logic of AACR / Tom Delsey, ivi, p. 1-16.

[32] The logical structure of the Anglo-American cataloguing rules. Part I / drafted for the Joint steering committee for revision of AACR by Tom Delsey, with assistance from Beth Dulabahn, Michael Heaney, Jean Hirons. <http://www.nlc-bnc.ca/jsc/aacrdel.htm>, e The logical structure of the Anglo-American cataloguing rules. Part II / drafted for the Joint steering committee for revision of AACR by Tom Delsey, with assistance from Beth Dulabahn, Michael Heaney. <http://www.nlc-bnc.ca/ jsc/aacrdel2.htm>.

[33] Issues related to seriality / Jean Hirons and Crystal Graham. // In: The principles and future of AACR : proceedings of the International conference on the principles and future development of AACR, Toronto, Ontario, Canada, October 23-25, 1997 / Jean Weihs editor. Ottawa : Canadian library assiciation, 1998, p. 180-212.

[34] International standard bibliographic decription for serials and other continuing resources : ISBD(CR) : final draft / IFLA section on cataloguing. November 2001.

[35] Guidelines for OPAC displays / prepared for the IFLA tssk force on guidelines for OPAC displays by Martha M. Yee, 1998. Una nuova versione sarà presto disponibile in Iflanet, cfr. <http://ifla.inist.fr/VII/s13/guide/opac.htm>.

[36] The impact of the FRBR model on the future revision of the ISBDs : a challenge for the IFLA section on cataloguing / Patrick Le Boeuf, 2001. <http://ifla.inist.fr/IV/ifla67/papers/095-152ae.pdf>.



«Bibliotime», anno V, numero 1 (marzo 2002)


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