«Bibliotime», anno V, numero 2 (luglio 2002)


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Canone inverso



Nell'odierno contesto tecnologico, è indubbio che la presenza di nuovi supporti - e dunque il diverso modo con cui le informazioni vengono distribuite, recepite e utilizzate - rappresenti un cambiamento di portata assai vasta, in grado di dar vita a profonde trasformazioni in tutti i settori della cultura e della società.

Trasformazioni analoghe, lo sappiamo, si sono manifestate in altre fasi della storia della comunicazione, ed in particolare tra il XVI e il XVII secolo quando, a seguito del consolidarsi della stampa tipografica, si è assistito non solo alla moltiplicazione quasi esponenziale della produzione documentaria, ma all'apparire di un nuovo e rivoluzionario supporto, il periodico, che ha contribuito a modificare le relazioni tra eruditi e scienziati influendo sulla maniera stessa di concepire il sapere. Difatti, scrive Jean-Claude Guédon, non è un caso se

con l'avvento del periodico la stampa abbia prodotto un cambiamento radicale nella funzione stessa della scrittura: nata inizialmente come un sostegno per la memoria, la scrittura si è trasformata in uno spazio virtuale di discussione. Indubbiamente la stampa applicata ai libri ha contribuito a consolidare il canone attraverso la moltiplicazione del numero dei siti dove questo poteva materializzarsi, ma in parallelo e applicata ai periodici, essa ha anche contribuito a mettere in discussione questo stesso canone attraverso il materializzarsi di un processo di discussione [1].

Ora, non è difficile riscontrate notevoli simmetrie tra questa la realtà e la situazione attuale, condizionata dalla presenza di nuovi formati documentari, non più ancorati alla fisicità di un "supporto" ma sempre più legati all'immaterialità della rete.

In tale contesto è di grande interesse - oltre che di stringente attualità - esaminare le trasformazioni intervenute nell'ambito della comunicazione scientifica, vale a dire quel vasto e articolato meccanismo "con cui gli studiosi producono, condividono, valutano, diffondono e conservano i risultati dell'attività scientifica" [2]; in questo ambito infatti, nel giro di poco più di un decennio, si è assistito dapprima alla comparsa di strumenti fortemente innovativi quali i periodici elettronici [3], e quindi all'avvento degli open archives, vale a dire quei "depositi" di conoscenze scientifiche in rete che, a partire dal celebre archivio di preprint creato nel 1991 da Paul Ginsparg, hanno dato vita a una nuova maniera di fare informazione: un'informazione immediatamente disponibile per la comunità degli studiosi, priva delle rigidità e delle lentezze proprie delle riviste, e soprattutto che rimane di proprietà degli autori, i quali non sono costretti a cedere i diritti agli editori come avveniva invece con i periodici tradizionali.

Se ciò si traduca in un superamento dell'idea stessa di rivista - cartacea o digitale che sia - è ancora presto per poterlo affermare; ci pare tuttavia fuor di dubbio che gli open archives rappresentino uno strumento fortemente innovativo, capace di mettere in discussione una maniera ormai "canonica" di concepire e praticare la comunicazione scientifica: esattamente come è accaduto quattro secoli fa con la nascita del periodico a stampa.

Degli open archives si occupa l'articolo che apre questo numero di "Bibliotime": in esso Antonella De Robbio esplora il fenomeno nella sua complessità, non solo sottolineandone le novità concettuali, ma analizzandone approfonditamente gli aspetti giuridici e quelli tecnici. Aspetti questi ultimi che sono poi ripresi nel contributo di Cinzia Bucchioni, teso a scrutare "dall'interno" i meccanismi che rendono possibile la creazione e il funzionamento di ambienti informativi interconnessi: meccanismi peraltro, come leggiamo nell'articolo di Francesco Potortì, che si basano sull'utilizzo di software liberamente disponibile sulla rete, e dunque fruibile da chiunque desideri realizzare strumenti di questo tipo.

E se da un lato Serafina Spinelli prosegue l'indagine su FRBR che "Bibliotime" ha avviato nello scorso numero, dall'altro lato è Andrea Capaccioni a ricordarci come il vecchio e glorioso libro non sia soltanto l'oggetto culturale che conosciamo, ma anche un raffinato prodotto tecnologico, che ha in sé una serie di requisiti che l'hanno trasformato in quella "macchina meravigliosa" capace di oltrepassare i secoli e giungere fino a noi mantenendo intatti il suo fascino e le sue potenzialità.

Michele Santoro


Note

[1] Jean-Claude Guédon, Why are electronic publications difficult to classify? The ortogonality of print and digital media, Directory of Electronic Journals. Newletter and Academic Discussion List, 4th edition, May 1994, <http://www.ifla.org/documents/libraries/cataloging/guej1.txt>).

[2] Anna Maria Tammaro, La comunicazione scientifica e il ruolo delle biblioteche, "Biblioteche oggi", 17 (1999), 8, p. 78.

[3] Sul tema si vedano i numerosi contributi di Antonella De Robbio: I periodici elettronici in Internet: stato dell'arte e prospettive di sviluppo, "Biblioteche oggi", 16 (1998), 7, p. 40-56, <http://www.burioni.it/forum/adr.period.htm>; Evoluzione e rivoluzione dei periodici elettronici, "Bibliotime", 3 (2000), 1, <http://www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-iii-1/derobbio.htm>; I periodici elettronici e la persistenza della memoria cartacea: un problema di definizioni, "Bibliotime", 3 (2000), 2, <http://www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-iii-2/derobbio.htm>; Periodici elettronici nel ciberspazio, "Bibliotime", 4 (2001), 3, <http://www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-iv-3/derobbio.htm>; e inoltre, con Remo Badoer, On the road of e-journals. Paesaggi in movimento nell'evoluzione dei periodici elettronici, "Bibliotime", 2 (1999), 3, <http://spbo.unibo.it/bibliotime/num-ii-3/badodero.htm>. Per un più specifico approccio biblioteconomico cfr. Enrico Martellini, I periodici elettronici in biblioteca. "Bollettino AIB", 38 (1998) 3, p. 325-334, <https://www.aib.it/aib/boll/1998/98-3-325.htm>; Id., L'evoluzione della specie: il serials librarian alle prese con i periodici elettronici, "Bibliotime", 3 (2000), 1, <http://www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-iii-1/martelli.htm>.



«Bibliotime», anno V, numero 2 (luglio 2002)


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