«Bibliotime», anno VII, numero 3 (novembre 2004)

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Benedetta Alosi

Gli atenei italiani per l'Open Access: verso l'accesso aperto alla letteratura di ricerca



Le due giornate tenutesi lo scorso novembre a Messina in occasione del Workshop "Gli Atenei italiani per l'Open Access: verso l'accesso aperto alla letteratura di ricerca" [1], promosso dalla Commissione CRUI per le Biblioteche in collaborazione con l'Ateneo di Messina, rappresenteranno senza dubbio una data storica nel movimento dell'Open Access in Italia, segnata dall'adesione da parte di trentuno Atenei [2] e dell'Istituto Italiano di Medicina Sociale alla "Dichiarazione di Messina."

La firma del documento di Messina, che testimonia un'apertura importante della comunità accademica italiana all'attuazione di strategie di accesso aperto nella comunicazione scientifica, ha costituito infatti il momento centrale di questo evento e in particolare della prima giornata di lavori, pensata con un taglio più politico ma anche introduttivo alla tematiche dell'Open Access con gli interventi di Fred Friend, David Prosser e Jean-Claude Guédon. E anche se la valenza politica e simbolica dell'incontro, organizzato sotto l'egida della CRUI e con un alto profilo, era implicitamente dichiarata, nel corso del suo svolgimento la cerimonia della lettura del documento e delle firme apposte dai rappresentanti degli Atenei aderenti, alla presenza di un pubblico ancora molto numeroso e dei media locali, ha acquistato inaspettatamente un tratto solenne che ha dato alla cerimonia l'enfasi di un evento nazionale.

Il documento nei fatti contiene importanti dichiarazioni di principio. Ponendosi in premessa quale documento a sostegno della Dichiarazione di Berlino sull'accesso aperto alla letteratura accademica, non solo ribadisce l'importanza della diffusione universale delle conoscenze scientifiche per la crescita economica e culturale della società [3], ma dichiara anche l'intento e l'auspicio che l'adesione venga letta come un primo contributo e un impegno degli Atenei italiani per "la più ampia e rapida diffusione del sapere scientifico". Immediato riscontro della dichiarazione d'intenti sarà proprio la firma della Dichiarazione di Berlino da parte dei Rettori di quelle Università che hanno promosso il documento di Messina e che andranno ad aggiungersi alle precedenti adesioni italiane dell'Università di Pavia, della Biblioteca Digitale dell'Università di Roma "La Sapienza" (BIDS) e dei due consorzi CASPUR e CILEA.

Il dato di grande rilievo consiste anche nel fatto che il Workshop di Messina si inserisce in una linea di interesse che la Commissione Biblioteche della CRUI ha di recente manifestato nei confronti delle tematiche della "scholarly communication" con la formazione di Gruppi di lavoro nazionali ai quali ha demandato lo studio delle possibili soluzioni alle criticità più urgenti [4]. Si è così formato un primo nucleo di una nuova comunità di esperti incaricati di individuare linee strategiche comuni per la gestione dei più importanti compiti che i Sistemi Bibliotecari degli Atenei italiani si trovano ad assolvere, impegnati tra le implicazioni derivanti dal modello attuale di editoria scientifica e l'esigenza di creare i presupposti di una penetrazione più capillare della cultura dell'Open Access negli Atenei.

In tal senso, l'evento di Messina sembra sancire in modo ancora più marcato non solo un sostegno politico della CRUI alle iniziative di accesso aperto in corso di realizzazione negli Atenei ma anche la volontà di assumere una funzione guida nella ricerca di nuovi modelli di disseminazione della letteratura accademica che si pongano in posizione complementare rispetto al modello tradizionale di editoria scientifica. Primo tra tutti il "paradigma dell'Open Access", indicato quale "paradigma futuro della comunicazione scientifica" [5]. Una presa di posizione che intende promuovere, per la prima volta in modo esplicito, la creazione di Archivi aperti istituzionali in ogni Ateneo, e che assume tanto più valore se si pensa alla realtà disgregata nella quale il movimento per l'accesso aperto si è sinora sviluppato in Italia, con iniziative di singole università, centri di ricerca e consorzi, in assenza di una strategia politica ed economica di alto profilo, di direttive emanate dal Ministero della Istruzione, dell'Università e della Ricerca o dalle istituzioni parlamentari.

Fred Friend, nel suo intervento, ha sottolineato l'importanza del coinvolgimento diretto delle istituzioni, soffermandosi sul ruolo svolto in questi anni dal Joint Information Systems Committee (JISC) [6], non tanto negli aspetti che attengono alla sua gestione dei contratti nazionali con i grandi editori, ma soprattutto alle iniziative promosse da JISC per l'Open Access e, in particolare, il programma FAIR - Focus on Access to Institutional Resources per lo sviluppo dei repositories istituzionali [7], volto a favorire la sottomissione e la condivisione dei contenuti scientifici prodotti dalla comunità accademica. In merito agli esiti della recente indagine svolta dall'House of Commons Science and Technology Select Committee sull'editoria scientifica, Friend ha ricordato la linea di indirizzo emersa dallo studio della Commissione volta a rafforzare il sostegno degli archivi aperti istituzionali e il ruolo affidato a JISC nella realizzazione di una infrastruttura nazionale per gli archivi aperti che sia il risultato di una strategia comune che JISC dovrà elaborare [8].

Anche l'esperienza parlamentare americana relativa al National Institutes of Health (NIH), ricordata da David Prosser, sembra confermare una volontà recente delle istituzioni di far proprie le istanze Open Access nell'ottica di un ampliamento dell'accesso alla letteratura di ricerca e una tendenza, resa ancora più marcata dalle posizione assunte da gruppi inglesi e americani di tax-payers, di rendere obbligatorio il deposito sugli archivi aperti degli articoli scientifici realizzati con contributi statali.

L'House Appropriations Committee ha affidato al NIH il compito di predisporre un piano per il pubblico accesso dei contributi scientifici peer-reviewed che derivino da loro finanziamenti. Per tali contributi il "NIH Open Access Plan", recentemente approvato dall'House-Senate Conference Committee [9], prevede che i ricercatori depositino volontariamente entro sei mesi dalla valutazione la copia finale e peer-reviewed dei loro manoscritti. Trascorsi sei mesi dalla pubblicazione, i contributi saranno comunque resi pubblicamente disponibili e depositati su PubMed Central, archivio digitale della National Library of Medicine. Le ragioni del nuovo indirizzo adottato attengono, non solo, alle esigenze di conservazione permanente e di più ampio accesso alle ricerche finanziate dal NIH, ma anche alla necessità di tutelare gli interessi dei "taxpayers", che vedono nell'accesso aperto e nella disseminazione dei risultati di ricerca un ritorno esponenziale ai loro investimenti [10]. Analogamente il Wellcome Trust, importante associazione not for profit inglese che finanzia la ricerca medica, ha annunciato l'iniziativa, frutto di un accordo con la National Library of Medicine, dell'istituzione di un sito europeo di PubMed Central che avrà, tra i suoi compiti, la richiesta e la gestione del deposito su PubMed Central e successivamente sul suo nuovo sito europeo, degli articoli finanziati con i suoi fondi [11].

Nel nostro caso, pur con un certo ritardo e preceduti da iniziative internazionali di tale portata, va riconosciuto comunque che il diretto coinvolgimento della CRUI e le dimensioni dell'evento di Messina lasciano sperare che sia stato tratto un dato importante, confermato anche dall'interesse dimostrato dalla comunità internazionale, impegnata sul fronte dell'Open Access e dal risalto dato alla nostra iniziativa all'interno di forum e liste di discussione professionali [12].

La seconda giornata del Workshop ha rappresentato l'utile complemento tecnico alla prima con una rassegna delle personalizzazioni dei software più diffusi, utilizzati per la implementazione degli archivi aperti, e una tavola rotonda che ha posto a confronto i due modelli economici, di editoria commerciale ed Open Access, nel tentativo di approfondirne aspetti critici e sostenibilità.

Dedicata agli archivi aperti istituzionali, ai quali si guarda con particolare interesse per l'apporto in termini di legittimazione, forza politica e "organizzazione stabile" che essi possono garantire al movimento per l'accesso aperto, questa giornata di confronto e scambio tra le esperienze italiane ha rappresentato un punto di arrivo di un percorso di ricerca comune portato avanti nei numerosi altri incontri italiani che lo hanno preceduto [13]. I tempi erano probabilmente maturi, ma l'impressione che il workshop abbia anche segnato una data significativa per la nascita di una comunità molto articolata di esperti dal cui impegno e dalle cui potenzialità possano scaturire soluzioni tecniche e nuove idee è stata avvertita da molti, anche se preannunciata dalla rappresentanza numerosa e geograficamente estesa presente all'evento di ricercatori, tecnici e bibliotecari dei gruppi di lavoro CRUI, del CNR, dei consorzi e dei sistemi bibliotecari di ateneo.

Gli obiettivi della giornata tecnica erano incentrati proprio sugli aspetti concreti e cooperativi dell'implementazione degli archivi aperti. L'intento era quello di dare avvio alla definizione di politiche comuni, linee-guida, migliori pratiche per l'accesso aperto che potessero indirizzare le attività Open Access in corso negli atenei e nei centri di ricerca, ma anche rintracciare una linea comune per il superamento di quelle criticità che hanno reso difficile sino a questo momento ogni percorso intrapreso individualmente. Creare degli standard all'interno degli archivi aperti, improntare un vocabolario controllato e un sistema di classificazione comune, garantire la qualità dei metadati e la persistenza dei dati sino alla preservazione stessa degli archivi nel tempo, approfondire infine i diritti di proprietà intellettuale, sono alcune delle azioni più urgenti da demandare alla comunità, nell'ottica di un lavoro condiviso che sfrutti le potenzialità interne ma che esalti al massimo le potenzialità dell'Open Access [14].

Dalle presentazioni tali potenzialità, eterogenee e tra loro complementari, sono di fatto emerse, così come la volontà di porsi con spirito cooperativo nei confronti delle questioni ancora aperte. Bologna ha presentato la realizzazione del progetto Alma DL, archivio aperto articolato in differenti data base realizzato con Eprints, che ha dato visibilità ai diversi prodotti culturali dell'ateneo; Trento ha spiegato diffusamente il progetto di integrazione dell'archivio aperto istituzionale UniTn-eprints con l'Anagrafe della ricerca dell'ateneo, dimostrando la possibilità di far dialogare l'open archive con le esigenze della valutazione della produzione scientifica; la Biblioteca Digitale di Roma "La Sapienza", con il progetto PADIS, sviluppato con CDSware, ha fornito un esempio concreto di politica istituzionale a supporto del deposito nell'Archivio aperto di Ateneo, in questo caso delle tesi di dottorato; Messina ha presentato la prossima pubblicazione degli atti di una prestigiosa accademia in formato e-only ed Open Access, frutto del coinvolgimento ai progetti Open Access di gruppi accademici particolarmente sensibili e il nuovo portale di ricerca sviluppato con CDSware, già in grado di interrogare, oltre ai cataloghi e all'Archivio aperto istituzionale, riviste Open Access e archivi aperti, istituzionali e disciplinari, grazie alla procedura di harvesting attuata. Presente anche la SISSA con la realizzazione di Dspace, utilizzato per l'implementazione dell'Archivio istituzionale nel quale sono stati riversati i dati presenti nei loro archivi disciplinari. Altri aspetti di rilievo sono stati trattati dall'Università di Padova, che ha illustrato le iniziative dell'ateneo per l'implementazione dell'archivio istituzionale con Eprints e sul fronte dei diritti di proprietà intellettuale, per la cui gestione, in relazione alle attività Open Access degli Atenei, Padova si è offerta come "riferimento forte" per il lavoro di approfondimento degli aspetti legati al copyright, per la produzione della documentazione necessaria e la definizione di buone policies da inserire a corredo degli archivi, spingendosi infine alla proposta di un progetto cooperativo per la realizzazione di una banca dati italiana, basata sul modello SHERPA, che raccolga le politiche adottate dagli editori scientifici italiani sul self-archiving [15].

Ancora sul fronte dei servizi a valore aggiunto offerti a supporto degli archivi istituzionali, la presentazione del Portale PLEIADI [16], piattaforma per la ricerca federata su tutti gli archivi aperti italiani che raccoglie i metadati dei contributi di ricerca depositati negli archivi, ha offerto una risposta tecnica importante al problema complesso della ricerca simultanea su archivi diversi, ma anche una nuova sede di confronto dinamico all'interno della comunità Open Access italiana con il forum specializzato a disposizione dei tecnici e bibliotecari che vogliono implementare archivi aperti e il servizio news su argomenti diversi che riguardano il mondo dell'Open Access.

Un accenno, infine, all'intervento di Jean-Claude Guédon [17] che ha suscitato molto interesse e che si presta ad essere uno spunto ideale di un discorso conclusivo che voglia anche guardare oltre il presente. La sua proposta traccia, infatti, percorsi paralleli e innovativi rispetto ai processi classici di peer-review attuati dagli editori commerciali ma molto dibattuti all'interno della comunità Open Access.

La soluzione formulata da Guédon prospetta l'idea di una comunità trasversale di istituzioni di ricerca che, in maniera cooperativa, organizzi ed operi al suo interno un controllo di qualità sui contributi depositati negli archivi aperti, dando vita a grandi archivi disciplinari in grado di attirare i lettori proprio per la significativa massa critica in essi contenuta. Commissioni inter-istituzionali di referees valuterebbero per ambiti disciplinari e selezionerebbero i contributi migliori, garantendo così, non solo, la qualità accertata degli archivi ma anche una più ampia autonomia dai processi di peer-review attuati dagli editorials boards delle riviste commerciali.

Le collezioni disciplinari così realizzate potrebbero poi trasformarsi gradualmente in veri e propri "overlay journals" [18], riviste virtuali in grado di ricevere contributi originali che verrebbero valutati con criteri analoghi a quelli previsti per gli archivi aperti.

Nel proporre l'idea di una valutazione parallela interna agli Atenei, Guédon non si è addentrato a spiegare come dovrebbe attribuirsi la qualità secondo il suo modello, di quali strumenti avvalersi per riconoscere la qualità, ma con questi temi, rimasti deliberatamente sospesi nelle due giornate di Messina, ci avviciniamo già al prossimo traguardo, con ogni probabilità al prossimo appuntamento con l'Open Access in Italia.

Benedetta Alosi, CAB Centro di Ateneo per le Biblioteche - Università degli Studi di Messina, e-mail: benny@antonello.unime.it


Note

[1] Il Workshop si è tenuto nei giorni 4 e 5 novembre 2004 presso l'Università degli Studi di Messina. Sul sito del Workshop, curato dal CILEA e ospitato sul sito di Aepic, sono disponibili, i testi della Dichiarazione di Messina e della Berlin Declaration, i full-text degli interventi.e ogni altra informazione utile <http://www.aepic.it/conf/index.php?cf=1>. Gli atti saranno prossimamente pubblicati su AIDA Informazioni, rivista dell'Associazione Italiana per la Documentazione Avanzata e depositati su E-Lis, archivio disciplinare di Librarianship, Information Science e Computer Science <http://eprints.rclis.org>.

[2] Le Università aderenti sono: Bologna, Brescia, Calabria, Firenze, Foggia, Genova, Insubria, Lecce, LUMSA, Messina, Milano I, Milano Bicocca, Milano Politecnico, Milano Vita-Salute San Raffaele, Modena, Molise, Napoli "Federico II", Napoli "L'Orientale, Napoli Partenope,", Padova, Palermo, Parma, Piemonte Orientale, Roma LUMSA, Roma Tor Vergata, Roma Tre, Siena, Torino, Trieste, Trieste SISSA, Tuscia, Venezia Iuav. Altre adesioni, tra le quali le Università di Basilicata, Chieti-Pescara, Macerata, Perugia e Trento, sono in corso di formalizzazione.

[3] La citazione è tratta dal testo della Dichiarazione di Messina. Per riprendere una delle più recenti Dichiarazioni, lo scorso agosto lo Scottish Science Information Strategy Working Group (SSISWG) ha preso posizione a favore dell'Open Access con la Dichiarazione "We believe that the interests of Scotland will be best served by the rapid adoption of Open Access to scientific literature" in cui si legge che "the interests of Scotland - for the economic, social and cultural benefit of the population as a whole, and for the maintenance of the longstanding high reputation of research within Scottish Universities and research institutions - will be best served by the rapid adoption of Open Access" e si impegna a promuovere l'Open Access attraverso un lavoro comune fatto con gli altri governi nazionali (<http://www.sciecom.org/links/APublicering/BOpenAccess/link1092916602-799524-11190.tkl>).

[4] I gruppi di lavoro istituiti dalla Commissione CRUI per le Biblioteche sono: il GdL "Risorse elettroniche" coordinato dal Prof. Alberto Sdralevich dell'Università dell'Insubria, il GdL "Editoria elettronica in ambito accademico" coordinato dal Prof. Giancarlo Pepeu dell'Università di Firenze, il gruppo GdL "Linee guida per le politiche bibliotecarie del Sistema Universitario" coordinato dalla Prof.ssa. Laura Tallandini dell'Università di Padova, il GdL "Modelli giuridico- amministrativi per la gestione" coordinato dalla dott.ssa Sandra Di Majo dell'Università Normale di Pisa, e il GdL "Statistiche bibliotecarie" coordinato dal prof. Jacopo Di Cocco dell'Università di Bologna.

[5] Si veda il discorso di apertura del Presidente della Commissione CRUI per le biblioteche di Ateneo <http://www.aepic.it/conf/index.php?cf=1>.

[6] JISC è una commissione finanziata dall'Higher Education Funding Agency, agenzia a sua volta finanziata dal Governo britannico, che agisce a sostegno dell'insegnamento e della ricerca. Ha curato, per gli ambiti che ci interessano più da vicino, i diversi aspetti che attengono alle applicazioni delle nuove tecnologie alla informazione e comunicazione scientifica. <http://www.jisc.ac.uk/>.

[7] Nel suo intervento, dal titolo Open Access Advantages, opportunities, support: JISC and the Uk Parliamentary enquiry into scientific publications, Fred Friend ha esaminato le strategie per l'Open Access già realizzate da JISC che hanno trovato ampia realizzazione nel Focus on Open Access Programme e nel Focus on Access to Institutional Resources all'interno del quale sono stati sviluppati anche i progetti RoMEO (<http://www.lboro.ac.uk/departments/ls/disresearch/romeo/>) e SHERPA, che ha continuato il progetto RoMEO ormai concluso <http://www.sherpa.ac.uk/romeo.php>.

[8] Nel decimo report della sessione 2003-2004 intitolato "Scientific publications: free for all?", redatto dalla Commissione, vengono delineate una serie di direttive e di priorità. Il documento, in originale e nella sua traduzione italiana, è consultabile anche dal sito di Aepic alla pagina risorse Web <http://www.aepic.it/risorse.php>. E' di questi giorni la risposta del Governo britannico al documento della Commissione. A una prima lettura del documento, la linea di tendenza adottata dal Governo rivela una certa prudenza nell'adottare forme più decise a favore dell'Open Access, anche per un'esigenza di parziale sostegno all'editoria commerciale, ma nell'interpretazione di David Prosser, alcuni commenti presenti nel documento possono essere valutati molto positivamente, tra questi, il riconoscimento del valore e dei potenziali benefici derivanti dagli Archivi aperti istituzionali, il sostegno indiretto dato dal fatto che le agenzie governative, e i Research Councils in particolare, saranno libere di adottare politiche di sottomissione negli Archivi dei contributi di ricerca da loro finanziati, infine, la possibilità per JISC di proseguire liberamente la sua attività a sostegno dell'Open Access.

[9] Peter Suber nel suo blog, Open Access News, <http://www.earlham.edu/~peters/fos/fosblog.html>, ha dato ampio spazio alla vicenda. La notizia dell'approvazione del NIH Public Access Plan è riportata in data 22 novembre 2004. Vedi anche alla URL <http://grants1.nih.gov/grants/guide/notice-files/NOT-OD-04-064.html>. Nelle stime fatte da David Prosser nel suo intervento, Open Access: Introduction, Focus, Strategies, il deposito su PubMed Central renderà accessibili ogni anno approssimativamente 60.000 nuovi articoli. Stevan Harnad nei giorni scorsi ha commentato sulla lista <liblicence-l@lists.yale.edu> la posizione critica espressa dall'International Association of Scientific, Technical and Medical Publishers ("STM") nei confronti del Piano del NIH. Il testo del commento di Harnad "Critique of STM critique of NIH proposal" è consultabile alla URL: <http://www.ecs.soton.ac.uk/~harnad/Temp/nih.rtf>.

[10] Vedi la recente costituzione dell'associazione americana di contribuenti "The Alliance for Taxpayer Access"(AT@), <http://www.taxpayeraccess.org/>. Sulle attività di promozione e advocacy nel mondo vedi anche l'intervento presentato nella seconda giornata di lavori da Ezio Tarantino, La promozione degli archivi istituzionali di ateneo.

[11] Sul sito di Wellcome Trust è consultabile il documento: Wellcome Trust and National Library of medicine in talks for worldwide open access archive, <http://www.wellcome.ac.uk/doc_WTX022826.html>.

[12] Il seguitissimo blog di Peter Suber sull'Open Access precedentemente citato ha dato rilievo alla notizia e agli esiti dell'evento italiano <http://www.earlham.edu/~peters/fos/2004_11_07_fosblogarchive.html#a110014749128273854>, ma anche <http://www.earlham.edu/~peters/fos/2004_10_31_fosblogarchive.html#a109974544553333140>, che ha avuto comunque una diffusa copertura internazionale. Fred Friend ha riportato le sue impressioni nel forum di SPARC - SPARC Open Access Newsletter and Discussion Forum <http://www.arl.org/sparc/soa/index.html> e nella lista di discussione <liblicense-l@lists.yale.edu>. La notizia è apparsa anche sulla rivista statunitense "Charleston Report- Business Insights into the library market". In ambito internazionale reports dell'evento sono stati inviati al gruppo SELL (Southern European Libraries Link) e ad ICOLC (International Coalition of Library Consortia).

[13] Una rassegna completa dei recenti incontri tenutisi in Italia è presente sul sito già citato di Aepic <www.aepic.it>.

[14] Paola Gargiulo, Introduzione all'Open Access in Italia, intervento di apertura alla seconda giornata di lavori.

[15] I punti sono stati estesamente trattati da Antonella De Robbio nel suo intervento dal titolo Il copyright negli archivi istituzionali di ateneo.Le realizzazioni Open Access italiane sono disponibili alla pagina "AlmaDL -Bologna", comprendente tre archivi istituzionali: Alma Campus (<http://amscampus.cib.unibo.it>); Alma Acta (<http://amsacta.cib.unibo.it>); Alma Miscellanea (<http://amsmisc.cib.unibo.it>). Eprints Trento - Archivio istituzionale di documenti elettronici dell'Università di Trento (<http://eprints.biblio.unitn.it/>); PADIS - Pubblicazioni aperte digitali interateneo Sapienza: (<http://padis.uniroma1.it>); MUS - Archivio istituzionale aperto dell'Università di Messina: (<http://cab.unime.it:8080>); SISSA Digital Library - SDL - Archivio istituzionale di documenti elettronici della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (<http://digitallibrary.sissa.it>); Eprints Firenze - Archivio istituzionale dei documenti elettronici dell'Università degli Studi di Firenze: (<http://eprints.unifi.it>); <http://dspace-unipr.cilea.it:8080/index.jsp> - Archivio istituzionale dei documenti elettronici dell'Università di Parma; E-LIS: Archivio internazionale disciplinare di Librarianship, Information Science and Technology (<http://eprints.rclis.org>); Eprints Server Bologna - Biblioteca dell'Area di Ricerca CNR di Bologna - Archivio disciplinare in Information Science e Computer Science e altre discipline pertinenti le attività delle biblioteche: (<http://biblio-eprints.bo.cnr.it/>).

[16] Il progetto PLEIADI - Portale per la Letteratura scientifica Elettronica Italiana su Archivi aperti e Depositi Istituzionali, ha avuto origine da un progetto CILEA a cui si è recentemente aggiunto CASPUR. Lo studio originario del progetto è stato curato da Susanna Mornati, che è lo ha presentato nell'articolo Cilea OpenArchives Platform, disponibile su E-Lis: <http://eprints.rclis.org/archive/00000518/>. Sempre su E-Lis è disponibile il contributo di Ugo Contino sulla realizzazione del progetto, Il progetto Pleiadi: stato dell'arte, <http://eprints.rclis.org/archive/00002633/>. Sul sito del portale è pubblicato il Manifesto del progetto: <http://www.openarchives.it/pleiadi>.

[17] Dell'intervento di Jean-Claude Guédon , Open Access for institutions. Take 2: Why institutions should network, è al momento disponibile l'abstract.

[18] Raym Crow, in The case for Institutional Repositories: A SPARC position Paper, li definisce "third-party online journals that point to articles and research hosted by one or more repositories - provide another mechanism for peer review certification in a disaggregated model" (<http://www.arl.org/sparc/IR/ir.html>). L'aggregazione può avvenire sulla base di un tema comune, sulla base della disciplina di riferimento o sulla base dell'affiliazione ad un'istituzione. In merito agli Overlay Journals, ma anche più in generale sul peer review, è in corso un dibattito acceso tra Stevan Harnad e Jean-Claude Guédon anche all'interno dell'American-Scientist-Open-Access-Forum, <http://american-scientist-open-access-forum.amsci.org/archives/American-Scientist-Open-Access-Forum.html>. Harnad e Guédon sono intervenuti lo scorso anno al "Workshop on Peer Review" tenutosi alla SISSA, <http://www.sissa.it/~marco/ws.html>. Sul Workshop è disponibile il Rapporto pubblicato da Valentina Comba, <http://eprints.rclis.org/archive/00000236/>.




«Bibliotime», anno VII, numero 3 (novembre 2004)

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