«Bibliotime», anno XI, numero 2 (luglio 2008)


Precedente Home Successiva



Il luogo delle idee




La biblioteca come luogo: un concetto che solo di recente ha cominciato ad affacciarsi al dibattito biblioteconomico, in particolare in area anglosassone, [1] ma qua e là anche nel nostro paese. [2] Ed è un concetto assai meno banale di quanto si possa credere, come dimostra il fatto stesso di essere stato enunciato, con ciò rendendo evidente la necessità di ricondurre l'idea di biblioteca a una dimensione che è in primo luogo fisica, ma contemporaneamente culturale e sociale.

Non è un caso se questo tema sia emerso al termine di un lungo periodo in cui l'enfasi è stata interamente posta sulle nuove tecnologie, sui formati multimediali, sull'immanente presenza biblioteca digitale: tutti elementi che hanno destrutturato la nozione di biblioteca, da un lato smembrandola fra la molteplicità di segmenti, nodi e punti della rete in cui si annida l'informazione, dall'altra dissolvendola nell'immaterialità della documentazione elettronica.

E se la mission più profonda della biblioteca non sembra essere mutata - rimanendo saldamente ancorata all'idea di un'ampia fornitura di servizi - il rischio percepito da molti sta proprio nel possibile smarrimento della sua dimensione fisica, e quindi nella perdita di quella prospettiva (antropologica, culturale e sociale insieme) che intorno ad essa si coagula. Considerare la biblioteca come un luogo significa quindi riconoscere questa prospettiva, ribadirne le caratteristiche più rilevanti, e dunque far sì che possa continuare a ruotare intorno al proprio asse, inteso sia come il contesto territoriale o nazionale in cui si colloca, sia come l'ambito accademico o scientifico di riferimento.

Concepire la biblioteca come un luogo implica peraltro che essa non è un "nonluogo", ossia uno di quegli spazi - le autostrade, gli aeroporti, i centri commerciali, etc. - che, a parere di Marc Augé, [3] "hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici". [4] Difatti è proprio il carattere scientifico, sociale, ricreativo e persino ludico dello spazio bibliotecario (oltre a quello legato alla sua storia millenaria) che distingue la realtà della biblioteca dalla condizione uniforme e indifferenziata dei nonluoghi. Ma perché tale realtà possa rimanere attiva e operante, occorre saper cogliere l'humus che nasce al suo interno, arricchirlo di potenzialità sempre nuove e indirizzarlo verso una pluralità di obiettivi: in una parola, è necessario disporre di ambienti in cui l'organismo bibliotecario sia in grado di vivere e svilupparsi, e possa così tener fede alla sua storica mission.

E' proprio la dimensione materiale dunque che sembra emergere con forza nel contesto odierno: e ciò non avviene certo in contrapposizione alla prospettiva digitale, che anzi ha contribuito a una straordinaria crescita dell'universo bibliotecario, e che è stata a sua volta incorporata negli spazi delle biblioteche allo scopo di fornire strumenti e servizi avanzati e dinamici.

Peraltro non è un caso - come mostra con chiarezza e la letteratura professionale più recente [5] - se oggi siamo di fronte alla nascita di un numero sempre maggiore di biblioteche, oltre che di importanti ristrutturazioni di sedi già esistenti. Ed è proprio in questo quadro che si inserisce il contributo di Anna Galluzzi pubblicato sul presente numero di Bibliotime, e dedicato a quell'innovativa (e per molti versi sovversiva) metamorfosi della biblioteca che ha preso il nome di Idea Stores.

Lasciando all'autrice l'onere di illustrare nei dettagli il ruolo, l'immagine e la funzionalità di queste strutture, è interessante cogliere la prepotente dimensione fisica che emerge da questa nuova visione della biblioteca. Gli Idea Stores infatti si configurano come luoghi ben precisi, e in quanto tali connotati non solo da una forte "identità relazionale", ma da un vero e proprio "senso di appartenenza" verso una comunità che finora ha fatto riferimento alle biblioteche pubbliche, ma che di queste si mostra quanto mai insoddisfatta.

E se è significativo che il termine stesso di biblioteca sia stato espunto dalla loro denominazione, ciò è avvenuto non solo per sottolineare la distanza da una visione "tradizionale" della biblioteca (di cui peraltro continuano a mantenere le finalità essenziali), ma per suggerire un'affinità - per quanto declinata in termini quisitamente intellettuali - con quegli ambienti così importanti nell'odierno contesto sociale che sono i centri commerciali.

Si può allora dire che gli Idea Stores sono veri e propri luoghi che si rifanno ai più tipici fra i non luoghi: come infatti osserva l'autrice, ciò che i cittadini rilevano con chiarezza è la necessità che "i servizi bibliotecari e formativi non siano isolati in luoghi ed edifici dove ci si debba recare appositamente, ma si collochino in contesti con un'offerta più ampia, per esempio siano vicini alle maggiori stazioni dei mezzi pubblici, piuttosto che agli esercizi e ai centri commerciali".

Ed è forse proprio per questo che gli Idea Stores si propongono come spazi fisici ben precisi, contrassegnati da architetture d'avanguardia e studiati fin nei minimi dettagli, affinché possano erogare servizi nuovi e avanzati a vantaggio di un'utenza che esprime bisogni assai più sofisticati di quelli finora soddisfatti dalle convenzionali biblioteche pubbliche.

In conclusione, non è inappropriato chiedersi se tutto ciò possa avvenire solo disponendo di strutture radicalmente innovative quali sono gli Idea Stores, o se sia possibile ottenere risultati analoghi anche all'interno di edifici storici opportunamente ripristinati e volti a nuove funzioni, come accade assai spesso nella realtà italiana. Anche se in questi casi la prudenza è d'obbligo, è probabile che a tale quesito si possa dare una risposta positiva, come sembra mostrare il contributo di Alessandra Citti dedicato alle problematiche connesse alla ristrutturazione della storica sede della biblioteca Gambalunga di Rimini.

Il vecchio e il nuovo, insomma, paiono muoversi ancora una volta insieme, a testimoniare il ruolo della biblioteca come luogo fisico e intellettuale delle idee.

Michele Santoro


Note

[1] Si veda fra l'altro Library as place: rethinking roles, rethinking space, Washington, Council on Library and Information Resources, 2005, <http://www.clir.org/pubs/reports/pub129/pub129.pdf>; The library as place. History, community, and culture, edited by John E. Buschman and Gloria J. Leckie, Westport, Libraries Unlimited, 2007.

[2] Tale discorso ha riguardato in prevalenza le biblioteche pubbliche. Si rinvia in particolare a Marco Muscogiuri, Investire in biblioteche pubbliche: servizi, architettura, comunicazione, "Biblioteche oggi", 25 (2007), 7, p. 7-16; Id., Programmare e progettare la biblioteca pubblica, "Biblioteche oggi", 25 (2007), 7, p. 18-25; si vedano inoltre due recenti interventi di Anna Galluzzi: Seattle e Vancouver: due modi di fare "esperienza" della biblioteca pubblica, "Biblioteche oggi", 26 (2008), 2, p. 47-56; La Bibliothèque municipale di Marsiglia, "Biblioteche oggi", 26 (2008), 5, p. 14-19.

[3] Marc Augé, Nonluoghi. Introduzione a un'antropologia della surmodernità, Milano, Elèuthera, 2005; Disneyland ed altri nonluoghi, Torino, Bollati Boringhieri, 1999. Cfr. anche Francesco Nencini - Stefano Pirovano, I Non Luoghi, Milano, Silvana Editoriale, 2005.

[4] Nonluoghi, in "Wikipedia, l'enciclopedia libera", <http://it.wikipedia.org/wiki/Nonluoghi>. "Fanno parte dei nonluoghi sia le strutture necessarie per la circolazione accelerata delle persone e dei beni (autostrade, svincoli e aeroporti), sia i mezzi di trasporto, i grandi centri commerciali, i campi profughi, eccetera. Spazi in cui milioni di individualità si incrociano senza entrare in relazione. I nonluoghi sono prodotti della società della surmodernità, incapace di integrare in sé i luoghi storici confinandoli e banalizzandoli in posizioni limitate e circoscritte alla stregua di 'curiosità' o di 'oggetti interessanti'" (ibid.).

[5] In particolare la rivista "Biblioteche oggi" si distingue per l'attenzione dedicata a questo fenomeno, accogliendo una quantità di contributi di notevole interesse biblioteconomico, architettonico e culturale.



«Bibliotime», anno XI, numero 2 (luglio 2008)


Precedente Home Successiva