«Bibliotime», anno XII, numero 3 (novembre 2009)

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Maria Teresa Miconi

Paola Castellucci, Dall'ipertesto al Web. Storia culturale dell'informatica



Paola Castellucci, Dall'ipertesto al Web. Storia culturale dell'informatica, Roma-Bari, Laterza, 2009, VIII, 226 p. (Manuali Laterza, 274).

Tradizione e innovazione costituiscono il binomio concettuale attorno al quale ruota il recente volume di Paola Castellucci, docente di "Documentazione" e responsabile del corso di "Informatica di base" presso la Scuola speciale per archivisti e bibliotecari dell'Università "La Sapienza" di Roma. Il titolo Dall'ipertesto al Web sta ad indicare che si tratta di uno studio diacronico, mentre il sottotitolo (Storia culturale dell'informatica) mira a chiarire la prospettiva adottata, ossia che tale percorso di ricostruzione è storico e insieme culturale. Così l'autrice scrive nella Premessa:

La parola "ipertesto" è ormai associata ad uno dei fenomeni più rilevanti della nostra contemporaneità, il Web. Ma come spesso capita, la tecnologia rischia di essere percepita come un fenomeno astorico (tutto sembra essere appena accaduto) e anonimo (gli oggetti tecnologici non sembrano degni di una paternità). L'intento di questo lavoro è invece quello di far riemergere nomi, storie, questioni, dagli anni Sessanta ad ora, dalla formulazione del concetto di ipertesto alla sua realizzazione tecnologica più famosa. E' dunque la storia di una parola (ipertesto) e di un fenomeno tecnologico (il Web) e anche dell'incrocio fra ricerca teorica e applicativa, fra concetti e oggetti, fra le due culture, umanistica e scientifica" (p. I).

L'indagine si sviluppa a partire dal confronto diretto tra concetto (ipertesto) e oggetto (Web) attraverso il racconto dell'incontro, avvenuto nell'estate del 1992, tra l'inventore del Web, Tim Berners-Lee e l'inventore dell'ipertesto, Ted Nelson, nell'intento di guidare il lettore verso una progressiva assunzione di consapevolezza storico-critica circa i rapporti esistenti tra ipertesto, Web e Internet, di solito erroneamente percepiti come sinonimi (cap. 1, Ipertesto e Web). L'autrice spiega come è proprio l'unione di Internet e ipertesto a dare luogo al Web: "Se Internet aveva già sviluppato il concetto di integrazione fra infrastrutture e risorse remote difformi, il Web aggiunge a queste caratteristiche anche la modalità di navigazione ipertestuale e la multimedialità" (p. 36).

Nel capitolo successivo si passa ad analizzare il momento della comparsa della parola ipertesto (cap. 2, L'ipertesto negli anni Sessanta). La nascita dell'ipertesto è analizzata da un punto di vista culturale complessivo, privo di tecnicismi, nei suoi rapporti con il clima intellettuale del dopoguerra, attraverso parallelismi tra le sperimentazioni di Michel Foucault, Claude Lévi-Strauss, Roland Barthes, e le idee di Ted Nelson, padre dell'ipertesto, autore nel 1965 del conio della parola e assoluto protagonista del libro. La vicenda umana e intellettuale di Nelson innerva profondamente tutto il volume, tanto che l'autrice presenta al lettore il suo lavoro anche come "la storia di un uomo" (p. I).

L'indagine prosegue poi a ritroso, e dunque volutamente in modo non lineare, attraverso la ricostruzione della tradizione di riferimento (cap. 3, L'ipertestualità prima dell'ipertesto), risalendo fino agli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta, durante i quali furono gettate le basi tecnologiche, politiche e culturali dell'ipertestualità. Vengono considerati gli apporti disciplinari della documentazione (Paul Otlet, Henri La Fontaine, Paolo Bisogno) e della teoria dell'informazione (Claude Shannon), e viene approfondita "l'eredità problematica" (p. 80) derivante dalle ricerche condotte da Vannevar Bush e Joseph Licklider, indicati da Nelson stesso come autorevoli predecessori.

Rintracciate le radici dell'ipertesto, il focus torna sulla figura 'matura' di Ted Nelson (anni Settanta e Ottanta), e ne vengono analizzate in modo approfondito (cap. 4, L'ipertesto dal Cd al Web) le due opere principali: Computer Lib/Dream Machine (1974), vero e proprio manifesto politico dell'informatica della liberazione e Literary Machines (1981, e numerose successive edizioni, tra cui si segnala quella del 1990 tradotta anche in italiano), il libro più famoso di Nelson, nel quale viene descritto il sistema ipertestuale denominato "progetto Xanadu", articolato concettualmente sul modello della tradizione letteraria.

Nel capitolo conclusivo (cap. 5, L'ipertesto oltre il Web) l'autrice analizza la relazione tra ipertesto e Web a cominciare dagli anni Novanta, delinea i profili evolutivi dell'informazione del futuro a partire dall'ultimo libro di Nelson intitolato The Future Information. Ideas, Connections and the Gods of Electronic Literature (1997) e chiude la sua penetrante indagine con un ritratto del moderno bibliotecario, divenuto "attore in prima persona del processo innovativo" e divulgatore di tecnologie innovative: "Formato su discipline umanistiche e impegnato in un ruolo professionale, il bibliotecario sta invece sempre più assumendo il ruolo di ricercatore e di ricercatore in ambito scientifico-tecnico" (p. 214).

Sul piano metodologico, la scelta di Paola Castellucci è quella di porre al centro dell'attenzione i testi (spesso in lingua inglese, in prevalenza tratti dalle opere di Nelson, con il quale peraltro l'autrice ha avuto modo di scambiare una conversazione personale a Nottingham nell'estate del 2003), conferendo la dignità del metodo strutturalista anche ad un ambito non letterario ma tecnologico, e al contempo di avvalersi dell'apporto degli "studi culturali", ponendosi sulla scia di Peter Burke e Raymond Williams, nella convinzione che

la storia di un fenomeno tecnologico – come in questo caso la storia dell'ipertesto – non è l'istantanea dell'oggetto già creato; dovrebbe invece cercare di mettere in evidenza proprio il lungo e faticoso processo creativo, un percorso che porta memoria di una storia personale e collettiva: una storia culturale" (p. 5).

Del resto l'assunto di fondo sul quale si basa questa storia dell'ipertestualità è espresso chiaramente dall'autrice che, in linea con Ted Nelson, scrive che "non ci si può occupare di tecnologia senza indagarne le più intime conseguenze intellettuali all'interno del contesto reale" (p. 67). Difficile non essere d'accordo.

Maria Teresa Miconi, Biblioteca - Università degli Studi di Teramo, e-mail: mtmiconi@unite.it





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