«Bibliotime», anno XIII, numero 2 (luglio 2010)

Precedente Home Successiva



Michele Santoro

La lunga marcia dell'e-book. Il libro elettronico fra dilemmi tecnologici e utilizzo sociale *



1. Premessa

L'evoluzione tecnologica odierna, e in particolare la sua variabile legata alla "portabilità" degli oggetti che accompagnano la nostra vita quotidiana, sembra ridare nuova linfa a un dibattito che dura ormai da un quarantennio, e che riguarda tutti quegli strumenti pensati per accogliere, gestire e utilizzare - cioè leggere - testi, documenti o vere e proprie monografie.

Difatti quello dei libri elettronici (o e-book, come sempre più spesso vengono definiti) è un tema che risale almeno agli anni settanta del Novecento, ma che solo oggi sembra uscire dai rigidi limiti – di natura tecnologica, editoriale o bibliotecaria – in cui per tanto tempo è stato confinato, per entrare prepotentemente nel grande circuito commerciale e coinvolgere così una vasta platea di consumatori e utenti.

E se è certo che un discorso sul libro elettronico non può andare disgiunto da un'analoga riflessione sul suo illustre predecessore, vale a dire il libro cartaceo, è altresì evidente che tale indagine richiede una quantità di conoscenze – di carattere storico, culturale, economico, tecnologico, biblioteconomico – che complicano non poco l'analisi e ne rendono difficile una trattazione omogenea. Non è dunque un caso se il recente volume di Giuseppe Vitiello [1] ha il merito di delineare, in maniera attenta e rigorosa, le numerose peculiarità inerenti al grande tema del libro, offrendo un'ampia panoramica sia degli aspetti storico-biblioteconomici sia di quelli editoriali e di mercato, che appaiono sempre più rilevanti in una realtà, come la nostra, profondamente dominata dal digitale e dalla rete.

Tutto invece dedicato agli e-book e alle complesse problematiche che li accompagnano è l'ancor più recente il contributo di Gino Roncaglia [2] il quale, in termini chiari e accattivanti, ripercorre le grandi "rivoluzioni" che hanno segnato la storia degli strumenti di trasmissione delle conoscenze: a partire dalla prima, epocale transizione dall'oralità alla scrittura, passando per l'altrettanto fondamentale sostituzione del rotolo di papiro con il codice pergamenaceo, per arrivare al travolgente avvento della stampa a caratteri mobili. A queste rivoluzioni, a parere dell'autore, oggi se ne aggiunge una quarta, quella appunto che vede come protagonista l'e-book, e che sembra destinata a manifestare i suoi effetti in tempi decisamente più brevi rispetto a quelli che hanno caratterizzato le trasformazioni del passato.

Le note che seguono intendono collegarsi al dibattito in corso, [3] esplorando le complesse problematiche legate all'evoluzione della forma-libro fino all'avvento degli e-book e degli altri dispositivi per la lettura; e naturalmente in questo percorso saranno presi in esame tutti quegli elementi - di carattere tecnologico, psicologico e culturale - da cui non si può prescindere in un'analisi dell'odierno panorama digitale.

2. Un evidente punto di partenza

Per introdurre il nostro argomento, ci sembra allora indispensabile riproporre una domanda che si configura come l'alfa e l'omega dell'intero discorso, e le cui possibili risposte rischiano di spingere la discussione in direzioni fra loro contrapposte: occorre chiedersi, in altre parole, che cos'è un libro.

E se non ci rivolgiamo agli aspetti culturali o intellettuali veicolati dall'idea di libro, ma alla sua dimensione più fisica e materiale, la risposta a tale interrogativo appare chiara e inequivoca: un libro è un oggetto che, da almeno due millenni, è rimasto sostanzialmente immutato, identificandosi di fatto con le forme del codice manoscritto.

Figura 1: Un codice malatestiano

 

Da tempo infatti gli studiosi hanno riconosciuto come davvero epocale il cambiamento avvenuto tra il terzo e il quinto secolo d. C., ossia quando si verifica il passaggio dal rotolo di papiro al codice pergamenaceo: un supporto quest'ultimo che, come scrive Guglielmo Cavallo, non solo "riverbera e produce profonde trasformazioni nelle maniere e nelle pratiche del leggere", ma determina un radicale "mutamento nella nozione stessa di libro". [4]

Quella generata dal codice, osserva a sua volta Roger Chartier, rappresenta una "rivoluzione primaria", che "inventa il libro che ancora è il nostro", [5] definendone una serie di caratteristiche che sono risultate a tal punto vantaggiose da decretarne il successo rispetto alle precedenti forme di trasmissione delle conoscenze. [6] Ed è ancora Cavallo a rilevare come tale successo sia stato "assicurato dalla capienza e dalla tipologia delle pagine del codice", che consente non solo di "collocare una quantità di testo assai più estesa di quella che può contenere un rotolo", ma anche di "riunire in un unico libro-contentenitore una serie di unità testuali organiche", dando vita a così "un mutamento profondo nella nozione sia di libro sia di lettura". [7]

Decisamente rilevanti poi appaiono le trasformazioni prodotte dalla stessa natura fisica del codice che - almeno in alcune fasi della sua storia [8] - viene realizzato in formati tali da richiedere "il sostegno di una sola mano", permettendo in tal modo "una lettura agile, più libera nei movimenti", e contribuendo a "modificare le correlazioni tra libro e fisiologia della lettura". [9] Ma anche nel caso - prevalente per diversi secoli - di codici di grande formato, risulta comunque possibile disimpegnare una delle mani, consentendo "all'altra di scrivere, e quindi di accompagnare la lettura con annotazioni sui margini" o in altri "spazi lasciati vuoti, carte di guardia, piatti interni della legatura, che possono accogliere le note più diverse e 'anarchiche'". [10]

 

Figura 2: L'uso delle mani

E tuttavia, prosegue Cavallo, la trasformazione maggiore prodotta dal codice risiede proprio nelle modalità di lettura che esso impone e consolida: [11] difatti, a differenza di quanto avviene con il rotolo di papiro - in cui l'occhio si muove senza interruzione sulle diverse colonne di testo - nel caso del codice la lettura risulta decisamente frammentata, a causa delle interruzioni dovute alla presenza delle diverse pagine in cui si concentra il testo: la conseguenza è appunto una lettura "a spezzoni", i quali non solo rendono "più chiaro al lettore il senso", ma si possono anche "agevolmente ritrovare (e mandare a memoria) grazie ad una mise en texte in forma di aforismi ed altri dispositivi che consentono in ogni momento di ritornare sui passi già letti". [12]

Ma al di là di questi fondamentali aspetti di leggibilità e comprensibilità resi possibili dal codice, vi è un altro, essenziale elemento su cui occorre richiamare l'attenzione, in quanto legato alle caratteristiche di portabilità (e dunque di maneggevolezza) che il codice ha garantito in alcuni periodi della sua storia, e che sono stati ripresi e ampiamente sviluppati nella grande stagione del libro a stampa. [13]

È quindi evidente, scrive ancora Chartier, che "il libro stampato, fino ai nostri giorni, è stato l'erede del manoscritto: per l'organizzazione in quaderni, per la gerarchia dei formati, dal 'libro da banco' al libellus, per i sussidi alla lettura: concordanze, indici, tavole ecc.". L'invenzione di Gutenberg infatti

non modifica il libro nelle sue strutture essenziali. Da un lato, almeno fino al 1530 circa, il libro stampato dipende ancora molto dal manoscritto: ne imita l'impaginazione, la scrittura, l'aspetto […]. Dall'altro lato, e fondamentalmente, dopo, così come prima di Gutenberg, il libro è un oggetto di fogli piegati, riuniti in quaderni rilegati gli uni con gli altri. In questo senso, la rivoluzione della stampa non è per nulla una 'comparsa del libro'. E' dodici o tredici secoli prima della nuova tecnica che il libro trova quella che rimarrà la sua forma nella cultura della stampa. [14]

Dunque l'avvento della stampa ha dato vita a un prodotto - il libro tipografico - che ha sostanzialmente rafforzato le caratteristiche del codice manoscritto e che consistono, come si è visto, nella leggibilità, nella comprensibilità e nella capacità di memorizzazione, oltre che nella maneggevolezza e nella trasportabilità. A questi aspetti si è aggiunto il fondamentale requisito della riproducibilità in serie dei testi, grazie al quale si è registrata quell'incredibile moltiplicazione e circolazione delle conoscenze che ha segnato in maniera decisiva la dimensione culturale e sociale dell'occidente.

3. Sviluppi in chiaroscuro

È dunque fuor di dubbio che il successo dell'oggetto libro (in forma di codice prima, di testo a stampa poi) vada individuata in questo mix di elementi – concettuali e fisici ad un tempo – che ancora oggi appare duraturo e soddisfacente; in altre parole, il libro si è caratterizzato come un prodotto che ergonomicamente è pressoché perfetto, essendo in grado di realizzare la miglior integrazione possibile con le persone e con l'ambiente, e quindi di garantire il maggior rendimento possibile nel suo utilizzo. [15]

E tuttavia l'irresistibile avvento del digitale, e l'incessante proliferazione di dispositivi che condizionano profondamente la nostra vita, non possono non coinvolgere lo strumento principe di raccolta, conservazione e diffusione del sapere, ossia il libro cartaceo: a questo prodotto pressoché perfetto si è infatti cercato di affiancare nuovi supporti, in grado di coniugare i requisiti di leggibilità e trasportabilità con i vantaggi del digitale e delle reti.

Si tratta, come si è visto, di un'idea che a risale almeno agli anni settanta dello scorso secolo, e per la precisione al 1968 quando, nei laboratori della Xerox a Palo Alto, Alan Key cominciò a progettare un dispositivo, da lui stesso definito Dynabook, che "avrebbe dovuto essere così piccolo e trasportabile da assomigliare proprio a un libro". [16]

 

 

Figura 3 - Illustrazione originale del Dynabook; Alan Kay mostra il prototipo del Dynabook

Ma se si considera che solo negli ultimissimi anni sono emersi dei prodotti che, da un punto di vista ergonomico, possono essere in qualche modo accostati al libro a stampa, si comprende perché ci troviamo di fronte a una vicenda del tutto anomala: difatti, a differenza di quanto è avvenuto per tanti strumenti che hanno modificato in maniera determinante la nostra vita, [17] nel campo degli e-book le tecnologie hanno incontrato forti difficoltà nel creare dispositivi capaci di innovare senza alterare i ben noti vantaggi del libro cartaceo.

Rinviando per gli opportuni approfondimenti all'ampia documentazione esistente anche in lingua italiana, [18] in questa sede basterà ricordare i motivi che hanno impedito - o quanto meno fortemente ritardato - l'avvento di strumenti esplicitamente concepiti per la lettura di testi digitali: [19] motivi che risiedono nell'insufficiente grado di risoluzione degli schermi, non in grado di competere con la straordinaria leggibilità della pagina a stampa; e nel fatto che questi schermi, come quelli dei normali computer, sono per lo più retroilluminati, e quindi producono fenomeni di abbagliamento e di stanchezza della vista, costringendo a leggere lentamente e ad interrompere spesso la lettura. [20]

E tuttavia non sono soltanto queste le cause che hanno determinato un ritardo così rilevante nella diffusione degli e-book. Per comprendere a pieno queste ragioni, occorre uscire per un attimo dal discorso sui dispositivi di lettura e tornare alla domanda iniziale, con cui ci chiedevamo che cos'è un libro. Ora, è evidente che questo termine non indica soltanto l'"involucro" fisico, ma che ad esso sono associati una pluralità di significati che attengono tanto alle sue caratteristiche testuali quanto alle sue connotazioni intellettuali e culturali, oltre che ai suoi aspetti editoriali e commerciali. [21]

E se si trasferiscono questi significati al mondo digitale, è facile osservare che il termine e-book non indica unicamente il device, il supporto tecnologico pensato per ospitare una quantità di materiali e consentirne la lettura, ma si riferisce anche al testo, in formato digitale, di vere e proprie monografie: [22] queste ultime, a seconda dei casi, possono essere accolte e utilizzate su un apposito dispositivo o fruite in modi diversi, come ad esempio attraverso la semplice lettura da personal computer. [23]

Questa estensione del concetto di e-book, se da un lato ci consente di avvicinarlo alla natura polisemica del libro tradizionale, dall'altra ci obbliga a riflettere sulle strategie di commercializzazione dei testi in forma digitale: un aspetto che ha rappresentato l'altra faccia del deficit tecnologico proprio degli schermi, e che ha contribuito a rallentare in modo signitivo l'avvento e l'affermazione di questi prodotti.

Per lungo tempo infatti le case produttrici di e-book hanno adottato hardware e software proprietari, volti cioè a decodificare in modo esclusivo i testi che i consumatori avrebbero acquistato e utilizzato con i lettori di e-book. Ciò significava, con ogni evidenza, legare i consumatori alle ditte produttrici, costringendoli ad acquistare in via esclusiva i libri da esse posseduti; questa condizione, inoltre impediva le più elementari forme di scambio e di trasmissione, come ad esempio il prestito ad un'altra persona di un testo digitale regolarmente acquistato, dando vita a un'esplicita - e per molti versi intollerabile - limitazione rispetto a quanto consentito dal libro cartaceo.

Non è dunque un caso, commenta al riguardo Giuseppe Vitiello, se il mercato ha rifiutato "questo prodotto dell'elettronica di consumo perché i contenuti veicolati erano imperativamente proprietari e dunque limitati ai cataloghi delle case editrici convenzionate", mentre i gusti del pubblico si andavano orientando verso modelli più liberi di scambio e condivisione dei contenuti, primo fra tutti il peer to peer. Insomma, conclude l'autore, "le strategie commerciali scelte dalle case produttrici dei libri elettronici erano antitetiche alle esigenze del pubblico di incorporare nel libro elettronico quanti più contenuti possibili, senza soggiacere ai vincoli posti dal diritto d'autore". [24]

Ma se questi elementi - l'insufficiente grado di risoluzione degli schermi e le strategie commerciali rigidamente proprietarie - hanno costituito un forte ostacolo alla diffusione degli e-book, [25] ciò non ha impedito che la discussione sulla validità di questi strumenti e l'opportunità di una loro diffusione proseguisse in maniera assai vivace. Non potendo ricostruire l'intero dibattito, [26] ricorderemo soltanto che si sono registrati almeno tre schieramenti: quello degli incondizionati fautori dell'innovazione, secondo cui i libri elettronici possono anche non possedere tutte le caratteristiche di leggibilità e trasportabilità che hanno determinato il successo del libro cartaceo, perché la tecnologia ha comunque in sé i requisiti per superare al più presto ogni difficoltà; [27] quello dei nostalgici, per i quali il libro a stampa, essendo un prodotto ergonomicamente perfetto, non è in alcun modo sostituibile da altri strumenti; [28] e infine quello di chi si affida a un "rassicurante ecumenismo", [29] a una visione cioè che tende ad appiattire ogni contrasto nella convinzione di una pacifica coesistenza fra vecchio e nuovo, fra cartaceo e digitale, fra tradizionali attitudini e innovative modalità di fruizione delle conoscenze.

E questa, a ben guardare, è la tesi di quanti si dicono convinti che "i nuovi media tendono ad affiancarsi e a integrarsi con i media esistenti, più che a sostituirli": [30] ne fornisce un evidente esempio Jean-Philippe de Tonnac per il quale,

se anche il libro elettronico finisse per imporsi a spese del libro stampato, non c'è ragione per cui riesca a farlo uscire dalle nostre case e dalle nostre abitudini. L'e-book, insomma, non ucciderà il libro. Più o meno come Gutenberg e la sua geniale invenzione non hanno eliminato da un giorno all'altro l'uso del codex né questo il commercio dei rotoli di papiro o dei volumina. Le pratiche e le abitudini coesistono e non c'è niente che amiamo di più che ampliare il ventaglio delle nostre possibilità. I film hanno forse ucciso i quadri? La televisione il cinema? Benvenuti, dunque, i supporti e le periferiche che ci assicurano l'accesso, attraverso un solo schermo, alla biblioteca universale ormai digitalizzata. [31]

Se dunque i sostenitori di quest'ultima tesi sono venuti a costituire un'area per dir così moderata e di centro, sono invece i fautori dei primi due schieramenti che hanno dato vita a una disputa dai toni assai violenti, e che solo oggi pare avviarsi verso una possibile composizione. Come significativo esempio di questo nuovo clima, [32] riportiamo le opinioni di un grande esperto di editoria qual è Jason Epstein, la cui analisi sembra superare l'iniziale scetticismo e riconoscere le innovative capacità dei nuovi strumenti di lettura. In un primo momento, infatti, l'autore afferma che

nel caos letterario del futuro digitale, i lettori si lasceranno guidare dai colophon di editori con buona reputazione, riconoscibili grazie a una guida multilingue su scala mondiale [...] con la cooperazione, si spera, delle grandi biblioteche nazionali e universitarie e dei loro qualificati bibliografi [...]. Altri titoli saranno anche collegati ai siti web personali di autori ed editori e ad attendibili siti specializzati, dove biografie di Napoleone o manuali di addestramento dei cani saranno valutati da critici competenti o scaricati direttamente dall'autore o dall'editore all'utente finale, mentre il software diffonderà l'appropriato prezzo d'acquisto bypassando le formule tradizionali. [33]

Ma in seguito a un'indagine più accurata del mercato editoriale, che appare profondamente modificato dalle nuove modalità digitali, lo stesso Epstein non esclude che

congegni multiuso, relativamente poco costosi, attrezzati con applicazioni per la lettura allargheranno il mercato degli e-book e potrebbero favorire nuove forme letterarie come i romanzi giapponesi per cellulare. Neonate rivoluzioni favoriscono spesso le fantasie utopistiche finché non si riaffermano le esigenze della natura umana. [34]

Insomma, siamo di fronte a una chiara apertura verso una serie di possibilità che prima sembravano negate in quanto portatrici di incertezza e di confusione: difatti, se da un lato l'autore riconosce l'impiego onnicomprensivo e su vasta scala dei dispositivi mobili (quindi non solo o non tanto gli e-book ma anche e soprattutto i telefoni cellulari), dall'altro sembra proporre una riflessione sulla maniera con cui i fenomeni di cambiamento agiscono tanto sui comportamenti degli individui quanto sulle pratiche culturali e sociali.

Ora, è particolarmente interessante soffermarsi su quest'ultimo punto, che riporta il discorso a una dimensione più vasta, perché legata al complesso rapporto esistente fra le trasformazioni socioculturali indotte dalle tecnologie dell'informazione e i modi di pensiero degli individui.

Ancora una volta, non è possibile sintetizzare l'ampio dibattito che ha investito queste tematiche, e che ha chiamato in causa importanti autori e studiosi di comunicazioni di massa. [35] È tuttavia opportuno ricordare, come fa Graziano Cecchinato, che è solo attraverso una loro "reinvenzione sociale" che le tecnologie dell'informazione si possono trasformare da regno esclusivo di pochi a strumento di uso comune, provocando un radicale rinnovamento di contenuti e finalità, e determinando un coinvolgimento prima inimmaginabile degli individui che con esse vengono a contatto. [36]

Difatti, afferma l'autore, "la vera portata di ogni nuovo strumento di comunicazione appare con l'uso sociale, spesso imprevedibile, che ne fa emergere la reale natura e che altrettanto spesso risulta del tutto diversa da quanto concepito dai suoi ideatori": basti pensare a quanto è avvenuto con i computer, i quali "non avrebbero oggi questo incontestato successo se non fossero passati attraverso la loro reinvenzione sociale, che li ha concepiti come strumenti personali, al servizio dell'uomo, dei suoi bisogni professionali, educativi, culturali, sociali. Il processo che ha trasformato queste macchine da calcolatori a multiformi protesi umane è stato non meno creativo e ingegnoso delle riconosciute conquiste della microelettronica". [37]

Non è dunque un caso, prosegue Cecchinato, se tale vicenda trova la sua prima, formidabile espressione nei dipinti rupestri paleolitici, per svilupparsi poi nelle grandi tappe che hanno segnato lo sviluppo della comunicazione e dei suoi strumenti, dalla nascita dell'alfabeto all'invenzione della stampa, dall'avvento del computer all'esplosione di Internet, per arrivare a quei fenomeni di impiego diffuso degli strumenti di rete che prende il nome di social networking, oltre che all'utilizzo sempre più esteso di dispositivi mobili, siano o meno esplicitamente concepiti per la lettura. [38]

4. Un nuovo inizio

È dunque attraverso un reale utilizzo sociale che le tecnologie dell'informazione possono trasformarsi in strumenti di uso comune, ossia in qualcosa che non avvertiamo come estraneo o diverso, ma che invece è strettamente integrato nella nostra vita di ogni giorno. E così, per tornare ai libri elettronici, notiamo che il ritardo con cui sono comparsi sulla scena informativa, dovuto alle difficoltà tecnologiche e commerciali sopra ricordate, non ha finora consentito che essi facessero quel salto necessario per uscire dalla ristretta cerchia degli addetti ai lavori e diventare un vero e proprio prodotto di massa.

E tuttavia quest'affermazione, almeno negli ultimi anni, pare venir contraddetta da un vero e proprio boom degli e-book, che sembrano aver superato le difficoltà che li hanno finora condizionati, provando a "reinventarsi socialmente" e ad assumere una veste più quotidiana e diffusa.

A parere di molti osservatori infatti il successo di questa nuova generazione di libri elettronici è dovuto a una tecnologia che è risultata davvero rivoluzionaria, in quanto ha permesso di risolvere i problemi derivanti dalla retroilluminazione degli schermi e garantire una leggibilità decisamente più elevata: parliamo dell'inchiostro elettronico, [39] ideato nel 1996 da Joe Jacobson e attualmente impiegato nei più diffusi ai lettori di e-book. Difatti questa tecnologia è nata

per imitare l'aspetto dell'inchiostro su un normale foglio. A differenza di un normale display, che usa una luce posteriore al display per illuminare i pixel, l'e-ink riflette la luce come un foglio di carta [...]. La tecnica più utilizzata prevede l'uso di sfere di dimensione molto ridotta all'interno dello schermo. Queste sfere sono caricate elettricamente; una semisfera è positiva e colorata di nero mentre l'altra semisfera è caricata negativamente e colorata di bianco. Tramite campi elettrici si possono orientare le sfere per ottenere il cambio di colore nei vari punti dello schermo. Questo permette di realizzare supporti sottili e che richiedono alimentazione solamente quando si vuole modificare la configurazione delle sfere. Si possono quindi realizzare dispositivi leggeri e a elevata autonomia, dato che l'energia è necessaria solo per cambiare il contenuto dello schermo. [40]

Figura 4: Schema di funzionamento dell'inchiostro elettronico

Grazie all'inchiostro elettronico insomma si ottiene una superficie simile alla carta, su cui si visualizzano i caratteri del testo senza bisogno di utilizzare l'energia fornita dalle batterie se non per "voltare pagina", ossia per accedere alla pagina di testo precedente o successiva a quella che si sta leggendo, o per operare ricerche nel testo stesso. Al lettore così appare una normale pagina, leggibile sotto la luce analogamente a quella di un testo a stampa, ma che ovviamente può sfruttare tutte le possibilità - ipertestuali, multimediali, di navigazione in rete – proprie dei testi digitali.

Sono quindi evidenti i vantaggi di questa tecnologia, legati in primo luogo al livello di leggibilità delle pagine, del tutto simile a quello consentito dalla stampa su carta: lo schermo infatti, non essendo retroilluminato, non produce affaticamento della vista ed è visibile da ogni angolazione; inoltre la durata assai elevata delle batterie consente di leggere un grandissimo numero di pagine - e quindi di monografie in formato digitale [41] - prima che queste siano ricaricate.

Ed è in questo senso che la tecnologia dell'inchiostro elettronico ha costituito una vera e propria "killer application", essendo è riuscita a sbaragliare ogni possibile concorrente e a risultare decisiva per l'attuale generazione di e-book: e ciò, con ogni evidenza, ha posto le basi per la realizzazione di nuovi prodotti, caratterizzati da requisiti di duttilità e amichevolezza del tutto analoghi a quelli che hanno determinato il successo dei telefoni cellulari.

Non è dunque un caso se la versione in lingua inglese di Wikipedia definisca un e-book reader come "un dispositivo elettronico progettato principalmente per la lettura di libri e periodici digitali, e che utilizza la tecnologia dell'inchiostro elettronico per visualizzare il contenuto ai lettori. I principali vantaggi di questi dispositivi sono la portabilità, la leggibilità dei loro schermi in pieno sole e la lunga durata delle batterie". [42]

Tale definizione, infatti, si attaglia perfettamente alla maggior parte dei lettori di e-book oggi in commercio, [43] e in primo luogo all'ormai celeberrimo Kindle: prodotto da Amazon, la grande compagnia di commercio elettronico nata originariamente come libreria online, e messo sul mercato nel novembre del 2007, secondo i dati della stessa Amazon il Kindle, in poco più di due anni, sarebbe stato venduto in oltre tre milioni di esemplari. [44]

E ciò non sembra esser avvenuto a caso. Difatti i requisiti tecnici di questo dispositivo, specie nella sua versione più recente, [45] appaiono davvero rilevanti: e non solo perché ha una capacità di memoria di due gigabyte (corrispondenti a circa 1500 libri), un peso di circa 290 grammi e una durata delle batterie di quattro giorni di lettura se il reader è collegato online, e fino a 15 giorni se si spegne il collegamento; ma anche e soprattutto perché lo schermo - ovviamente basato sulla tecnologia dell'inchiostro elettronico - è delle dimensioni di 6 pollici (equivalente all'incirca a quella di un libro portatile), e presenta un grado di risoluzione di 600x800 pixel a 167 punti per pollice.

Figura 5: Due modelli di Kindle

Ora, è evidente che i dati sopra riportati - peraltro sostanzialmente analoghi a quelli di quasi tutti gli e-book oggi in commercio [46] - costituiscono un notevole progresso rispetto ai lenti, pesanti e poco capienti dispositivi del passato. [47] E tuttavia, se pensiamo che la risoluzione della tradizionale pagina a stampa è di almeno 300 punti per pollice (cioè quasi il doppio di quella dei più avanzati lettori di e-book), ci rendiamo conto che la distanza con i livelli di chiarezza, leggibilità e gradevolezza della stampa su carta non appare ancora colmata.

Difatti, se è vero che la tecnologia dell'inchiostro elettronico ha superato i problemi di abbagliamento e di stanchezza della vista, non sembra però aver dato agli e-book reader quelle caratteristiche di piacevole nitidezza che era lecito attendersi: come ha osservato Gino Roncaglia, gli schermi che impiegano questa tecnologia "sono solo in bianco e nero, per di più con poche tonalità di grigi (nei dispositivi attualmente in circolazione al massimo 16)"; inoltre "lo sfondo della pagina è più vicino al grigio chiaro che al bianco (un po' come la carta riciclata non sbiancata), e il nero dei caratteri è più vicino al grigio scuro che a un nero pienamente saturo. Insomma, il 'nero su bianco' dell'e-paper lascia per ora abbastanza a desiderare". [48]

A ciò si aggiunga che – a differenza di molti reader oggi in commercio [49] – il Kindle impiega un formato strettamente proprietario, che cioè consente di leggere solo i libri forniti dalla libreria online di Amazon, ritornando in tal modo a una strategia che, negli anni precedenti, era stata sostanzialmente respinta dai consumatori. Si rimane dunque ancora più sorpresi dal successo ottenuto da questo dispositivo: un successo, a parere di alcuni osservatori, che non è dovuto ai requisiti tecnici dei Kindle – comuni, come sappiamo, a quasi tutti gli e-reader oggi in circolazione – né tanto meno alle strategie commerciali messe in atto dalla Amazon, ma alla natura "condivisa", volta alla comunicazione e allo scambio informativo, con cui fin dall'inizio si è presentata la casa di Seattle, e che ha consentito di creare un legame fortissimo fra i consumatori e i suoi prodotti (siano questi lettori di e-book o libri in formato digitale), in un rapporto del tutto analogo a quello che caratterizza i più diffusi social network. [50]

5. Lampi di guerra

Ed è evidente che tale successo si sia mantenuto intatto finché non sono apparsi sul mercato nuovi e agguerriti concorrenti, intenzionati a conquistare la leadership in un settore così strategico com'è quello del libro elettronico.

Senza ripercorrere le diverse tappe di quella che è stata definita la "guerra degli e-book", [51] in questa sede basterà ricordarne i momenti più significativi. Il primo dei quali si può collocare nel marzo del 2009, quando la Sony ha stretto un accordo con Google per distribuire, attraverso i reader della casa giapponese, oltre 500.000 dei circa sette milioni di libri digitalizzati con il progetto Google Books. [52] L'accordo riguardava testi pubblicati prima del 1923 – quindi liberi da copyright – che potevano essere letti nel formato ePub, cioè un formato aperto, non proprietario, specificamente studiato per la visualizzazione di libri digitali, e che presto sarebbe diventato un apprezzato standard per molti lettori di e-book. [53] Ed è appunto l'aver dimostrato che è possibile fruire di un gran numero di testi, liberamente disponibili in rete e utilizzabili con un formato non proprietario, che ha costituito un chiaro segnale di pericolo per Amazon, il cui il predominio peraltro ha subito un duro colpo duro quando è sceso in campo un altro temibile rivale.

La seconda fase di questo conflitto infatti si può far risalire al 27 gennaio 2010, data in cui il patron della Apple Steve Jobs, non pago dei trionfi raggiunti con l'iPod e l'iPhone, ha annunciato l'imminente commercializzazione di un nuovo e assai brillante dispositivo, non a caso denominato iPad. In realtà questo prodotto si è subito presentato con caratteristiche piuttosto diverse da quelle dei "tradizionali" lettori di e-book, sia per le dimensioni, decisamente maggiori dei precedenti, sia per le caratteristiche dello schermo, non più monocromatico – e quindi basato sulla tecnologia dell'inchiostro elettronico – ma a colori, e in quanto tale retroilluminato. [54]

Figura 6: L'iPad

 

L'obiettivo di Jobs infatti non era di dar vita a un nuovo modello di e-book, ma di creare una "terza via dell'informatica, a metà fra i computer portatili e i telefoni cellulari evoluti", [55] in ciò sfruttando una serie di caratteristiche – la versatilità, l'amichevolezza, le caratteristiche dello schermo multi-touch – che milioni di utenti di smartphone già conoscevano e utilizzavano ampiamente. E proprio a questi utenti erano destinate le centinaia di applicazioni presenti nell'iPad, [56] e volte non solo a gestire le attività più banali e quotidiane, ma anche a soddisfare esigenze più sofisticate, come ad esempio la lettura di periodici e monografie.

Ed è appunto nell'aver creato uno strumento tanto versatile da risultare praticamente onnicomprensivo che, con ogni probabilità, sta il segreto del successo di questo tablet. Lo confermano i dati di vendita, apparsi da subito impressionanti: negli Stati Uniti infatti, in soli 80 giorni, sono stati venduti 3 milioni di esemplari, di cui il primo milione è stato raggiunto in 28 giorni e il secondo meno di 60; ed anche in Europa si è arrivati a cifre quanto mai elevate, e praticamente doppie rispetto a quelle previste dalla Apple, se è vero che a giugno 2010 risultavano venduti oltre due milioni di pezzi. [57]

Ma per tornare al nostro argomento, occorre chiedersi in che modo le caratteristiche di questo strumento si prestano alla lettura dei testi digitali, e al tempo stesso domandarsi quali formati adotta e a quali strategie commerciali ricorre, in un mercato così conflittuale come oggi è quello dell'information technology. E le risposte a tali interrogativi, con ogni evidenza, sono molteplici e ambivalenti.

In primo luogo, è indubbio che lo schermo dell'iPad – a colori, multi-touch e basato sulla tecnologia LED [58] – appare assai vivace e accattivante, ed quindi diverso da quello dei precedenti lettori di e-book. E proprio queste caratteristiche hanno attirato le critiche dei sostenitori dei "tradizionali" dispositivi, secondo i quali questo tipo di schermo, non utilizzando la tecnologia dell'inchiostro elettronico, darebbe vita ad affaticamento della vista e ad altri disturbi. [59] Se poi si considera che il grado di risoluzione di questo display è di 132 punti per pollice (ossia inferiore non solo al Kindle ma anche ad altri reader di nuova generazione), si può concludere che l'eclettico, onnipossente iPad ha ancora della strada da compiere per garantire un livello di lettura analogo a quello dei testi a stampa. [60]

Per quanto attiene poi ai formati ed alle strategie, è certamente vero che la Apple ha accolto nel suo lettore il formato non proprietario ePub, ma è altresì vero che ha creato una propria libreria online, l'iBookstore, a cui l'utente viene indirizzato attraverso un'apposita applicazione, e dove può acquistare solo i libri di quelle case editrici che hanno sottoscritto un accordo con la Apple (che peraltro sono fra le più importanti del mercato statunitense: Penguin Books, HarperCollins, Simon & Schuster, Macmillan Publishers, Hachette Book Group USA). [61]

Anche in questo caso, insomma, siamo di fronte a una strategia commerciale decisamente chiusa: [62] e ciò non avviene più con l'impiego di formati proprietari come accadeva per Amazon, ma sulla scorta di un obbligo implicito a cui si sottopongono gli utenti dell'iPad, i quali accettano di acquistare solo i prodotti che la Apple rende disponibili; ed anche in questo caso, è probabile che la spiegazione stia nel fatto che questi utenti si sentono parte integrante di una comunità, della quale condividono principi, obiettivi e punti di vista, in piena analogia con quanto si verifica nell'ambiente Amazon.

Ma non vi è soltanto la Apple che fa sentire il suo peso in questa guerra fra le grandi aziende dell'information technology. Uno dei competitors più agguerriti è infatti Barnes & Nobles, la grande libreria online rivale di Amazon, che di recente ha messo sul mercato un proprio lettore, denominato Nook, il quale sembra conciliare le diverse e spesso contrapposte esigenze che vengono dagli utenti: il Nook infatti si presenta con un doppio display, il primo monocromatico, basato sulla tecnologia dell'inchiostro elettronico e concepito esplicitamente per la lettura, il secondo a colori e touch-screen, e dunque predisposto per un uso più libero e diversificato. [63]

Ed è probabilmente in ciò – oltre che nell'aggressiva politica dei prezzi praticata dalla casa produttrice – che sta il successo del Nook, le cui vendite, nel marzo 2010, hanno superato quelle dei Kindle; [64] la Amazon così è stata costretta a cercare soluzioni alternative, ad esempio attraverso

una sostanziosa sforbiciata al cartellino del suo Kindle 1: 189 dollari, contro i precedenti 259 (per il modello 3G con schermo da sei pollici). È una risposta immediata al taglio dei prezzi dei Nook di Barnes & Nobles, scesi da 259 a 199 dollari, per la versione 3G, e a 149 per quella con il solo Wi-Fi. Una politica dei prezzi, quella di Barnes & Nobles, che stava mettendo in seria difficoltà Amazon: il Nook, che si caratterizza anche per l'adozione del doppio schermo [...], si è preso il 37 per cento delle vendite tra aprile e maggio, contro il 16 per cento di Kindle. [65]

Ma anche altri, influenti protagonisti stanno facendo la loro comparsa con prodotti sempre più originali e interessanti. E uno di questi sembra essere Google, che di recente ha commercializzato Nexus One, [66] un cellulare di ultima generazione che, analogamente all'iPhone della Apple, consente la lettura di una quantità di testi digitali ma che, a differenza di quest'ultimo, adotta un sistema operativo non proprietario e open source qual è Android. [67]

 

Figura 7: Il Nook di Barnes & Noble e la libreria virtuale di Google Nexus One

6. Epilogo

Se ci siamo soffermati su questi argomenti, non è stato per fare una sorta di cronistoria su aspetti di natura tecnologica e commerciale, ma per delineare uno scenario che appare in piena evoluzione, e in cui si muove una parte sempre più consistente del mondo del libro e della lettura. Non è nostro obiettivo, peraltro, comprendere se da questo scenario possa derivare una nuova dimensione, in cui il libro cartaceo venga affiancato - se non sostituito - da strumenti sempre più versatili e sofisticati. È però opportuno chiedersi se la nuova generazione di libri elettronici vada davvero incontro ai bisogni degli utenti, ma anche quali modalità di lettura possano essere adottate da questi ultimi, e quali caratteristiche potrà avere la lettura in una realtà sempre più condizionata dal digitale.

Rinviando ad altre e più pertinenti indagini per gli opportuni approfondimenti, ci limiteremo qui a ricordare che già da tempo gli utenti della rete praticano forme di lettura sostanzialmente diverse da quelle, approfondite e analitiche, tipiche dei testi a stampa. Difatti si parla sempre più spesso di skimming, ossia di scorrimento "in orizzontale" di una grande quantità di risorse, al posto di un lettura approfondita ("in verticale") propria del modello cartaceo; [68] non a caso il termine skimming, che letteralmente significa "scrematura", viene impiegato per indicare quel genere di lettura rapida normalmente connessa al web, [69] e che avviene saltando con estrema facilità da un punto all'altro del testo, in base all'interesse più o meno forte del lettore.

E se queste sono le modalità di lettura di utenti per dir così generici, è anche utile domandarsi come possano essere soddisfatte le esigenze di chi si pone in maniera più esperta e consapevole nei confronti di queste possibilità: ci riferiamo a quel tipo di lettore che Giuseppe Vitiello definisce "polilogico", il quale "persegue molteplici strategie cognitive di comprensione e di approccio alla conoscenza", [70] e a cui occorrono nuovi e sofisticati strumenti, in grado di assicurargli un'ampia integrazione di dati, informazioni e risorse.

È probabile che queste esigenze non verranno soddisfatte tanto presto, se vogliamo dare ascolto a un utente tutt'altro che ingenuo qual è Alan Rusbidger, direttore del quotidiano "The Guardian". Dopo aver ammesso di possedere "tre Kindle, tre e-reader Sony, un iPhone, un Blackberry e un Nokia N95", Rusbidger si è detto infatti convinto che "nessuno di questi è la risposta a quel che il mondo sta cercando: uno schermo che si riesca a leggere sotto il sole, batteria che duri, 3G, Wifi... e che si possa infilare in tasca". [71]

E tuttavia, se tralasciano per un attimo le esigenze di quanti sono condizionati dall'attuale stato di cose e si volge lo sguardo alle generazioni future, non si può escludere che questo gap possa essere colmato in forme più semplici e in tempi più rapidi, lasciando spazio una dimensione in cui non sia avvertita in maniera così drammatica la differenza fra cartaceo e digitale, fra libro a stampa ed e-book. Ed è proprio in questo senso che assume un preciso valore di testimonianza quanto ha affermato il giornalista americano Brad Stone:

Mia figlia di 2 anni qualche tempo fa mi ha sorpreso con quattro semplici parole: "Il libro di papà". Stava indicando il mio lettore elettronico Kindle. [72]

Michele Santoro, Sistema Bibliotecario di Ateneo - Area Scientifico-tecnica - Università di Bologna, e-mail: michele.santoro@unibo.it


Note

* Questo articolo riprende e sviluppa le linee dell'intervento al seminario "Che cos'è un libro per un autore, uno studioso, un editore, un libraio, un bibliotecario", tenutosi l'11 febbraio 2010 e facente parte del ciclo di seminari dal titolo "Bibliotech. Il libro e le biblioteche di fronte alle sfide della conoscenza", organizzato dal Sistema Bibliotecario d'Ateneo dell'Università di Bologna, in in collaborazione con l'Istituzione Biblioteche del Comune di Bologna e l'Associazione Italiana Biblioteche – Sezione Emilia-Romagna, <http://www.biblioteche.unibo.it/portale/strilli/bibliotech-il-libro-e-le-biblioteche-di-fronte-alle-sfide-della-conoscenza/>.

[1] Giuseppe Vitiello, Il libro contemporaneo. Editoria, biblioteconomia e comunicazione scientifica, con contributi di José Afonso Furtado, Milano, Editrice Bibliografica, 2009. Su questo volume si veda tra l'altro la recensione di Rosanna De Rosa, "Politicaonline.it", 29 gennaio 2010, <http://www.politicaonline.it/?p=632>.

[2] Gino Roncaglia, La quarta rivoluzione. Sei lezioni sul futuro del libro, Roma-Bari, Laterza, 2010, il cui testo è disponibile anche in versione e-book. Per questa e altre informazioni si rinvia al sito <http://www.ebooklearn.com/libro/>, oltre che alla pagina Facebook <http://www.facebook.com/group.php?gid=119164468108644&v=wall>, con commenti e approfondimenti sia dell'autore sia dei lettori.

[3] Pur trascurando l'enorme documentazione sulla vicenda del libro tradizionale (per la quale si rimanda alla citata monografia di Vitiello), notiamo che anche sul tema del libro elettronico la quantità di materiali esistenti è piuttosto elevata; oltre a quella riportata nel volume di Roncaglia, e alle indicazioni che saranno fornite nel corso di questo articolo, si rinvia ai nostri precedenti contributi sull'argomento: Paperless variations. Le alterne vicende del libro elettronico, "Biblioteche oggi", 23 (2005), 5, p. 7-18, <http://www.bibliotecheoggi.it/2005/20050500701.pdf>, e Biblioteche e innovazione. Le sfide del terzo millennio, Milano, Editrice Bibliografica, 2006, in particolare il terzo capitolo, Gli strumenti dell'informazione, p. 203-277.

[4] Guglielmo Cavallo, Tra volumen e codex. La lettura nel mondo romano, in Storia della lettura nel mondo occidentale, a cura di Guglielmo Cavallo e Roger Chartier, Roma-Bari, Laterza, 1995, p. 37-69.

[5] Roger Chartier, Dal codex allo schermo, "La Rivista dei Libri", 4 (1994), 6, p. 4.

[6] Fra gli altri José Alfonso Furtado, in un importante contributo ospitato nel volume di Giuseppe Vitiello, ribadisce che "dopo l'avvento della scrittura, quella del codex è stata la rivoluzione più importante e longeva ed è durata dall'inizio dell'età cristiana ai nostri giorni" (José Alfonso Furtado, Libro, scrittura, lettura: una storia di lunga durata, in Giuseppe Vitiello, cit., p.42)

[7] Guglielmo Cavallo, Tra volumen e codex, cit., p. 63-66.

[8] In particolare, scrive Guglielmo Cavallo, "al momento del suo primo diffondersi" e nell'ultima fase della sua storia, quando cioè sta per essere sostituito dal libro a stampa (ibid.).

[9] Ibid., p. 66.

[10] Ibid., p. 66-67.

[11] Un'eccellente sintesi dell'intera tematica è fornita da Armando Petrucci, Scrivere e leggere nell'Italia medievale, a cura di Charles M. Redding, Milano, Sylvestre Bonnard, 2007; per un'analisi di questo volume si veda Michele Santoro, Dal nostro passato documentario, "Biblioteche oggi", 26 (2008), 7, p. 58-65, <http://www.bibliotecheoggi.it/2008/20080705801.pdf>.

[12] Ibid., p. 67.

[13] Fra la molteplicità dei testi sull'argomento citiamo tre opere che, per ragioni diverse e non senza aver dato vita a vivaci polemiche, appaiono tuttora fondamentali: Lucien Febvre - Henri-Jean Martin, La nascita del libro, a cura di Armando Petrucci, Roma-Bari, Laterza, 1985; Marshall McLuhan, La galassia Gutenberg. Nascita dell'uomo tipografico, introduzione di Gianpiero Gamaleri, Roma, Armando Editore, 1988; Elizabeth L. Eisenstein, La rivoluzione inavvertita. La stampa come fattore di mutamento, Bologna, Il Mulino, 1985. In particolare le tesi sostenute in quest'ultimo lavoro sono state apertamente criticate nel già citato contributo di José Alfonso Furtado, alle p. 47-51.

[14] Roger Chartier, Dal codex allo schermo, cit., p. 4.

[15] Al riguardo cfr. la voce Ergonomia in "Wikipedia, l'enciclopedia libera", <http://it.wikipedia.org/wiki/Ergonomia>.

[16] Brunella Longo, La nuova editoria. Mercato, strumenti e linguaggi del libro in Internet, Milano, Editrice Bibliografica, 2001, p. 106). Si veda anche la voce Dynabook in "Wikipedia, the free encyclopedia", <http://en.wikipedia.org/wiki/Dynabook>, da cui sono tratte le immagini della figura 3. Per un'analisi più ampia sull'intero argomento si rinvia al già citato volume di Gino Roncaglia.

[17] Si pensi soltanto, per fare l'esempio più evidente, al campo della telefonia mobile.

[18] Oltre all'indispensabile lavoro di Roncaglia, si rinvia a Riccardo D'Anna, E-book: il libro a una dimensione, Roma, Adnkronos libri, 2001; Virginio B. Sala, E-book, Milano, Apogeo, 2001; Valerio Eletti - Alessandro Cecconi, Che cosa sono gli e-book, Roma, Carocci, 2008; Mario Rotta - Michela Bini - Paola Zamperlin, Insegnare e apprendere con gli ebook. L'evoluzione della tecnologia del libro e i nuovi scenari educativi, Roma, Garamond, 2010, parzialmente disponibile all'URL <http://www.garamond.it/files//estratto_Insegnare_e_apprendere_con_eBook_A4.pdf>; Maurizio Caminito, Quale lettore per il reader? Il destino degli e-book nel mercato globale, "Biblioteche oggi", 28 (2010), 1, p. 8-13.

[19] Dispositivi che si possono correttamente definire e-book readers o lettori di e-book.

[20] Su tali argomenti ci permettiamo di rinviare ai nostri, già citati, Paperless variations e Biblioteche e innovazione.

[21] Giuseppe Vitiello offre una definizione "operativa" di libro, secondo cui quest'ultimo è concepito come "un'opera, molto spesso di natura testuale, a contenuto vario ed esprimibile in una o più lingue, manifestantesi in uno o più supporti riproducibili, ma il più delle volte su carta, che è al centro di pratiche professionali miranti a farne una risorsa dotata di valore culturale, economico e sociale oggetto di pubblicazione e, in linea di massima, di commercializzazione" (Giuseppe Vitiello, cit., p. 30).

[22] Si prendano ad esempio le raccolte di monografie elettroniche, di ambito umanistico, scientifico o tecnico, predisposte da editori nazionali e internazionali e a cui molte biblioteche di università sottoscrivono un abbonamento, analogamente a quanto accade per i periodici elettronici. Si veda, per un primo riscontro, la sezione "Libri elettronici" del Portale delle Biblioteche dell'Università di Bologna, <http://www.biblioteche.unibo.it/portale/risorse-elettroniche/libri>.

[23] Di parere opposto Gino Roncaglia (cit., p. 41), per il quale "il solo testo elettronico - anche se corrisponde al contenuto testuale di un libro a stampa - non è di per sé un libro elettronico: perché si possa parlare di e-book occorre che possa essere fruito attraverso interfacce adeguate, che rappresentino un'evoluzione naturale di quelle alle quali ci ha abituato il libro su carta (e quindi non solo un'evoluzione tecnologica del PC da scrivania)".

[24] Ibid., p. 282-283.

[25] Altri cause di questo ritardo sono da addebitarsi ai prezzi, che per molto tempo sono stati decisamente elevati, all'insufficiente durata delle batterie, e al peso di questi dispositivi, assai spesso superiore a quello dei libri a stampa.

[26] Rinviamo ancora una volta al volume di Gino Roncaglia e ai nostri già citati contributi.

[27] Un alfiere di questa tendenza, fin dai primi anni Novanta, è Raymond Kurzweil: cfr. tra l'altro la serie di articoli dal titolo The future of libraries: Part 1: The technology of the book, "Library Journal", January 1992, p. 80-81; Part 2: The end of books, "Library Journal", February 1992, p. 140-142; Part 3: The virtual library, "Library Journal", March 1992, p. 63-64; Part 4: The virtual book revisited, "Library Journal", February 1993, p. 145-146.

[28] Tesi ribadita di recente da Umberto Eco, secondo cui "il libro appartiene a quella generazione di strumenti che, una volta inventati, non possono più essere migliorati. Appartengono a questi strumenti la forbice, il martello, il coltello, il cucchiaio e la bicicletta [...]. Il libro è ancora la forma più maneggevole, più comoda per trasportare l'informazione"; e poi: "Il libro è come la ruota. Una volta inventato, non si può fare di più" (Umberto Eco, in Jean-Claude Carrière - Umberto Eco, Non sperate di liberarvi dei libri, a cura di Jean-Philippe de Tonnac, Milano, Bompiani, 2009, p. 108).

[29] Deduciamo questo concetto da Jeffrey Nunberg, The places of books in the age of electronic reproduction, in Future libraries, edited by R. H. Bloch and C. Hesse, Berkeley, University of California Press, 1995, p. 13-37.

[30] Gino Roncaglia, cit., p. 44. L'autore, a ragione, trova piuttosto discutibile questa tesi, se è vero che "tendiamo facilmente a dimenticarci delle molte 'vittime' dell'evoluzione dei media, dalla macchina da scrivere al giradischi, dalla posta pneumatica alle schede perforate" (ibid., p. 255, n, 33).

[31] Jean-Philippe de Tonnac, Prefazione, in Jean-Claude Carriere - Umberto Eco, cit., p. 7-8.

[32] Un altro importante esempio può venire dalle dichiarazioni dello stesso Umberto Eco nella sua intervista rilasciata ad un "inviato" di Wikipedia il 24 aprile 2010 e disponibile all'URL <http://it.wikinews.org/wiki/Intervista_a_Umberto_Eco>.

[33] Jason Epstein, Il futuro dei libri, "La Rivista dei Libri", 20 (2010), 6, p. 35, <http://www.larivistadeilibri.it/2010/06/epstein.html>.

[34] Ibid.

[35] Da Walter Ong a Elizabeth Eisenstein, da Harold Innis a Marshall McLuhan a Derrick De Kerckhove, per non fare che i nomi più famosi.

[36] Graziano Cecchinato, Tags: media, conoscenza, "Bibliotime", 12 (2009), 2, <http://spbo.unibo.it/bibliotime/num-xii-2/cecchina.htm>.

[37] Ibid.

[38] Fenomeni che Cecchinato definisce di "mediamorfosi", in quanto interessano "tutti i media che approdano in Internet: video, audio, foto, libri, scrittura, telefono, sms, radio, TV", e che "assumono nuovi significati quando si immergono nella socialità del Web" (ibid.).

[39] Assai simile alla tecnologia dell'inchiostro elettronico (e-ink) è quella della carta elettronica (e-paper); i due termini, il più delle volte, sono usati in maniera intercambiabile.

[40] E-ink, in "Wikipedia, l'enciclopedia libera", <http://it.wikipedia.org/wiki/E-ink>.

[41] Come vedremo, questo standard oscilla intorno alle 8.000/9.000 pagine, ossia circa 40/50 e-book.

[42] Comparison of e-book readers, in "Wikipedia, the free encyclopedia", <http://en.wikipedia.org/wiki/Comparison_of_e-book_readers>, traduzione nostra.

[43] Per un'analisi dettagliata dei diversi dispositivi e delle loro caratteristiche rinviamo alla già citata voce di Wikipedia Comparison of e-book readers. Qui ricordiamo soltanto che i modelli più innovativi, come il Samsung E60, l'Iriver E-Book Reader 6" e il Coolreader Cool-Er, presentano un display, ovviamente basato sulla tecnologia dell'inchiostro elettronico, da 6 pollici a 600x800 pixel, e da 166 fino a 200 punti per pollice; sono dotati di una memoria interna da almeno 2 gigabyte espandibile fino a 16 gigabyte; supportano una serie di formati tra cui Html, Txt, Epub, Pdf, Jpeg, Gif, Png e Mp3; sono per lo più dotati di una porta USB ed hanno un'autonomia di 8000/9000 giri pagina. Per questi dati, oltre al già citato Comparison of e-book readers, cfr. Marco Jamet, Ecco i nuovi compagni di viaggio, "Media World Magazine", 12 (2010), 5, p. 20-29.

[44] Al riguardo si veda la pagina <http://www.electronista.com/articles/10/01/29/device.faces.competition.from.ipad.nook.others/>.

[45] Parliamo infatti del cosiddetto Kindle 2; i dati sopra riportati sono desunti dal sito Kindle Italia, <http://www.kindleitalia.com/kindle-2/>

[46] Cfr. nota 43.

[47] Basterà confrontarlo con uno dei lettori più interessnati dello scorso decennio, il Rocket E-book della Nuvomedia, che misurava 21x14 cm, pesava, a seconda dei modelli, dai 650 g ad 1 Kg, poteva contenere dalle 4000 alle 8000 pagine (ossia da 10 a 20 monografie) ed era dotato di uno schermo a cristalli liquidi. Cfr. al riguardo Wanda Marra, La battaglia per conquistare lo standard dell'e-book, "Mediamente", 4 maggio 2001, <http://www.mediamente.rai.it/divenirerete/010504/navigazione.asp>.

[48] Gino Roncaglia, cit., p. 99-100.

[49] Si rinvia ancora una volta alla nota 43.

[50] Secondo Gino Roncaglia infatti Amazon non è semplicemente una libreria online di libri, ma "un sito che attorno alla vendita di libri ha costruito un'esperienza in qualche misura sociale". Amazon infatti "analizza le nostre ricerche e i libri che ci interessano, e offre automaticamente consigli basati sui comportamenti di navigazione nel sito e sui comportamenti di acquisto da parte di utenti dal profilo e dai gusti simili ai nostri [...]. La percezione di questo carattere sociale del sito, la sua frequentazione da parte di una comunità di lettori di cui si è soddisfatti se non orgogliosi di far parte, è una componente integrante dell'esperienza di acquisto su Amazon. Il Kindle, quindi, non è percepito [...] come un gadget tecnologico fra gli altri", ma "come un dispositivo che fa parte dell'arco di strumenti offerti da Amazon per aiutare e favorire la propria esperienza di lettura." (Gino Roncaglia, cit., p. 107).

[51] E che è facilmente ricostruibile via Internet: una semplice ricerca in Google con la stringa "guerra degli e-book" (in italiano) ha infatti dato vita a oltre 160.000 riferimenti.

[52] Informazioni sulle complesse problematiche relative al grande progetto di ditalizzazione che va sotto il nome di Google Books, e sulle controversie legali che ne sono susseguite, sono per buona parte reperibili al sito Google Book Settlement, <http://www.googlebooksettlement.com>. Per ulteriori approfondimenti cfr. Robert Darnton, La nuova era delle biblioteche, "La Rivista dei Libri", 19 (2009), 1, p. 15-22; Anna Maria Tammaro, Il caso di Google Book e il futuro della biblioteca digitale, "Biblioteche oggi", 27, (2009), 5, p. 28-34; Antonella De Robbio, La gestione dei diritti nelle digitalizzazioni di massa. Un'analisi alla luce del caso Google Book Search, "Bibliotime", 12 (2009), 2, <http://spbo.unibo.it/bibliotime/num-xii-2/derobbio.htm>; Id., 2010 Odissea Google Libri. Il Google Book Search Project e la nuova proposta di accordo transattivo, "Biblioteche oggi", 28 (2010), 3, p. 44-59, <http://www.bibliotecheoggi.it/content/20100304401.pdf>.

[53] Dan Frommer, Not a Kindle killer: Sony, Google team up for free old books, 19 marzo 2009, <http://www.businessinsider.com/not-a-kindle-killer-sony-google-team-up-for-free-old-books-2009-3#ixzz0tYJhFKEs>; Enrico Pascucci, Mezzo milione di libri gratis da Google e Sony: gli ebook contro tutti, 20 marzo 2009, <http://www.appuntidigitali.it/3509/mezzo-milione-di-libri-gratis-da-google-e-sony-gli-ebook-contro-tutti/>.

[54] Lo schermo dell'iPad infatti si basa sulla tecnologia LED, acronimo di Light Emitting Diode (diodo ad emissione luminosa); i vantaggi di tale tecnologia sono legati all'elevata affidabilità ed efficienza, alla lunga durata e ai bassi consumi. Cfr. LED, in "Wikipedia, l'enciclopedia libera", <http://it.wikipedia.org/wiki/LED>.

[55] Antonio Dini, Ecco l'iPad di Apple, "Il Sole 24 Ore", 28 gennaio 2010, <http://lascalaw.com/News/?t=Il_Sole_24_Ore_-_Ecco_l'iPad_di_Apple&ID=555&page=27>.

[56] Cfr. l'apposita pagina sul sito della Apple: <http://www.apple.com/it/ipad/apps-for-ipad/>

[57] Angelo Rovatti, 3 milioni di iPad venduti in 80 giorni (Dati Apple), "Ipader", 23 giugno 2010, <http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2010-06-01/venduti-oltre-milioni-ipad-093700.shtml>; Daniele Lepido, Venduti oltre 2 milioni di iPad, "Il Sole 24 Ore", 1 giugno 2010, <http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2010-06-01/venduti-oltre-milioni-ipad-093700.shtml>.

[58] Cfr. nota 54.

[59] Cfr. ad esempio Mark Milian, Reading on iPad before bed can affect sleep habits, "Los Angeles Time", April 24 2010, <http://latimesblogs.latimes.com/technology/2010/04/ipad-kindle-ebook-sleep.html>.

[60] Strada che la Apple sembra voler percorrere piuttosto in fretta: è notizia di questi ultimi giorni infatti che la casa di Cupertino sta pensando a immettere sul mercato nuovi modelli di iPad basati sull'innovativa tecnologia OLED, che "permette di realizzare display a colori con la capacità di emettere luce propria: a differenza dei display a cristalli liquidi, i display OLED non richiedono componenti aggiuntivi per essere illuminati", e quindi non vi è più bisogno di retroilluminazione (OLED, in "Wikipedia, l'enciclopedia libera", <http://it.wikipedia.org/wiki/OLED>). Sull'argomento si rinvia tra l'altro a Manolo De Agostini, iPad da 5,6 e 7 pollici con schermo OLED. Si può fare?, <http://www.tomshw.it/cont/news/ipad-da-5-6-e-7-pollici-con-schermo-oled-si-puo-fare/26240/1.html>.

[61] Al riguardo si veda iBookstore, in "Wikipedia, l'enciclopedia libera", <http://it.wikipedia.org/wiki/IBookstore>, e iPad e libri elettronici. Il tablet di Apple potrebbe rivoluzionare il settore dell'editoria, "RSI.ch", <http://www.rsi.ch/home/channels/techscienze/nuovetecnologie/2010/06/18/ipad-editoria.html>.

[62] Diventa così quasi pleonastico che, attraverso iBookstore, sia anche possibile accedere alla quantità di testi digitalizzati e liberamente disponibili del Progetto Gutenberg.

[63] B&N Nook vs Amazon Kindle, è scontro frontale, <http://www.simplicissimus.it/2009/10/bn-nook-vs-amazon-kindle-e-scontro-frontale/>.

[64] Si veda la pagina <http://www.crunchgear.com/2010/04/26/nook-passes-kindle-sales-in-march/>.

[65] Alessandra Longo, E-book, è guerra dei prezzi .L'Italia pronta all'invasione, "La Repubblica", 22 giugno 2010, <http://www.repubblica.it/tecnologia/2010/06/22/news/guerra_dei_prezzi_lettori_e-book-5061826/>.

[66] Jaime D'Alessandro, In Italia il Nexus One di Google. "Smartphone più potenti dei pc", "La Repubblica", 22 maggio 2010, <http://www.repubblica.it/tecnologia/prodotti/2010/05/24/news/nexus_one_italia-4295600/>.

[67] In particolare grazie a un'applicazione di Android chiamata Alkido è possibile visualizzare la libreria di testi virtuali leggibili con lo smatphone. Al riguardo cfr. Un'intera libreria sul vostro Nexus One con Aldiko, <http://www.nexusoneitalia.it/2010/06/07/un-intera-libreria-sul-vostro-nexus-one-con-aldiko/#more-9587>. Su Android si veda l'omonima voce di Wikipedia all'URL <http://it.wikipedia.org/wiki/Android>.

[68] Cfr. tra l'altro Sarah Perez, The stats are in: you're just skimming this article, "Read Write Web", May 7, 2008, <http://www.readwriteweb.com/archives/the_stats_are_in_youre_just_skimming_this_article.php>.

[69] Speed reading, in "Wikipedia, the free encyclopedia", <http://en.wikipedia.org/wiki/Speed_reading>.

[70] Giuseppe Vitiello, cit., p. 127.

[71] Alan Rusbidger, intervista a "La Repubblica delle Donne", 20 febbraio 2010, p. 56.

[72] Brad Stone, Il kindle nella culla. La velocità del progresso tecnologico accelera il gap generazionale anche tra bambini. Ecco quello che un 11enne ha da imparare da una 4enne, "La Repubblica delle Donne", 20 febbraio 2010, p. 99, <http://dweb.repubblica.it/dweb/2010/02/20/attualita/attualita/099bab68299.html>.




«Bibliotime», anno XIII, numero 2 (luglio 2010)

Precedente Home Successiva


URL: http://static.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-xiii-2/santoro.htm