«Bibliotime», anno XVII, numero 1 (marzo 2014)

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Pierfranco Minsenti, Laura Testoni

Solo una questione di linking? Riconsiderare l'opac arricchito nell'era della 'link economy': alcune osservazioni su Amazon.it e l'opac SBN *



Abstract

The article resumes the debate started in December 2013 on the professional mailing list of Italian librarians, AIB-CUR, about linking titles in the national union catalogue, Opac SBN, to Amazon.it and AbeBooks.it through ISBNs. It aims to analyse the decision made by ICCU in the double context of the evolution of opac and the decline of physical bookshops crushed by Amazon competition. Finally it summarises the License Agreement of Amazon's Product Advertising API giving some details about commissions on book sales earned by Amazon associates. The article's aim is to stress the importance of ethical concerns when the library considers opac enrichment with online book vendor ads and proposes to examine this initiative not only from the functional point of view of the user needs and the library service policy, but also in the light of the present context of book retailing and the disruptive innovation caused by online commerce exploiting the link economy based on web services.

1. Premessa

A dicembre 2013 su AIB-CUR, la lista di discussione dei bibliotecari italiani, sono apparsi alcuni interventi che mettevano in discussione la recente comparsa nell'opac SBN di link che puntavano ad Amazon.it e alla sua affiliata AbeBooks.it [1].

Questo contributo intende proporre una più approfondita valutazione di questa scelta dell'ICCU, analizzando le modalità con cui il link è presente nell'opac SBN, contestualizzando questa presenza alla luce dell'evoluzione degli opac e delle scelte adottate in ambito internazionale, e infine esponendo le condizioni del programma di affiliazione ad Amazon. L'obiettivo finale è di valutare l'iniziativa riesaminando la tendenza all'arricchimento dell'opac emersa nel decennio scorso in un'ottica non solo bibliotecaria ma alla luce dell'evoluzione del commercio librario e del consolidamento della link economy grazie alla diffusione dei web services.

2. Come si presenta e come funziona il link ad Amazon in opac SBN

Condizioni per la creazione dei due link ad Amazon e AbeBooks sono: la presenza nel record bibliografico del numero standard ISBN e la messa a disposizione da parte di Amazon di una apposita API che consente il deep linking tramite l'ISBN [2]. Questo significa che tutti i record di materiali privi di ISBN sono privi di link: per esempio i non book materials, così come tutto ciò che non rientra tra le pubblicazioni monografiche e infine tutto ciò che è privo di ISBN in quanto pubblicato prima dell'avvento dell'ISBN (anni Settanta).

Quest'ultimo caso costituisce un limite particolarmente rilevante visto, che da tempo sia Amazon che AbeBooks mettono in vendita materiale fuori commercio usato che, nel caso di AbeBooks, comprende anche libri antichi (inclusi incunaboli e edizioni aldine [3], mappe e stampe [4], manoscritti antichi e rari e prime edizioni (modernariato) [5]. La conseguenza è che l'assenza dei link non è realmente indicativa per quanto riguarda la presenza della pubblicazione nei cataloghi di Amazon e AbeBooks [6].

I due link appaiono nella visualizzazione record completo e, se cliccati, aprono nuove finestre del browser che visualizzano il libro rispettivamente in una delle due librerie online. Se nel catalogo della libreria online il libro non è presente neppure come registrazione bibliografica, cliccando il link si apre una finestrella pop-up che informa della cosa [7].

3. I termini del dibattito

Nella discussione avviata sulla lista AIB-CUR sono state espresse diverse posizioni. Inizialmente sono stati discussi gli aspetti "etici" legati alla presenza di link ad Amazon nell'opac, operazione che si configura come una sorta di pubblicità alla ditta americana da parte di un ente pubblico italiano.

Il problema tocca due aspetti: il primo è collegato ad una oggettiva situazione di concorrenza diseguale tra librerie fisiche e Amazon, dovuta alla possibilità da parte di Amazon di cumulare sui libri nuovi italiani uno sconto pari al 15% del prezzo di copertina con la spedizione gratuita, e alla possibilità di usufruire del regime fiscale lussemburghese, molto più conveniente rispetto al regime fiscale a cui sono sottoposte le librerie italiane [8]. Tutti vantaggi che nessuna libreria italiana può permettersi, e che si aggiungono ad altri fenomeni di carattere economico e culturale che determinano la crisi del commercio librario: il calo dei consumi e delle spese legate al tempo libero e, più in generale, il calo del numero dei lettori. È evidente che in questo scenario offrire una ulteriore vetrina di pubblicità ad Amazon non fa che aumentare scompensi già vistosi.

Il secondo aspetto riguarda il fatto che Amazon attua nei suoi magazzini politiche discutibili, e comunque molto severe verso il personale interinale [9]. Si tratta di due punti che, sebbene interessanti e meritevoli di approfondimenti, non saranno toccati in questo contributo.

Per tornare alla discussione su AIB-CUR, essa si è orientata ben presto sul significato di questa operazione per l'utente e per l'agenzia catalografica che decide di ospitare dei link a librerie online. In generale, l'aspetto che spiega maggiormente i commenti critici è la funzione "pubblicitaria" che acquistano i link. Infatti, a differenza dell'inserimento di link che puntano a una home page, l'uso del deep linking dai record bibliografici del catalogo a un portale commerciale in cui la pubblicazione è messa in vendita, suggerisce all'utente del catalogo una diversa modalità per ottenerla, e quindi costituisce una pubblicità molto più efficace dei link a una home page.

Di conseguenza, il ricorso al deep linking trasforma di fatto il catalogo delle biblioteche in uno strumento che instrada l'utente verso un catalogo di vendita tramite un canale alternativo rispetto al percorso che passa dal portale nativo della libreria online. Inoltre, l'efficacia pubblicitaria è forse ulteriormente rafforzata dall'inevitabile confronto tra le caratteristiche note del servizio di Amazon (garanzia di rapidità e spedizioni in molti casi gratuite), e quelli che sono alcuni limiti intrinseci al servizio bibliotecario, soprattutto per quanto riguarda la rapidità su cui incidono i tempi del prestito interbibliotecario o i tempi di attesa determinati dall'eventuale indisponibilità del libro nel caso del prestito locale [10].

Il fatto poi che il servizio di fornitura di Amazon abbia un costo non costituisce un problema, dato che in genere la stessa cosa vale anche per i servizi di prestito interbibliotecario offerti dalle biblioteche, seppure ovviamente con costi inferiori (ma non necessariamente, dato che le tariffe dei servizi di prestito interbibliotecario sono calcolate in base a vari parametri). In più, nel caso di Amazon, il servizio ha il vantaggio ulteriore di essere fruibile in maniera più rapida, disintermediata e diretta da parte dell'utente, che non deve neppure muoversi da casa e può farsi raggiungere dal libro ovunque si trovi.

Queste considerazioni spiegano perché l'inserimento di quel link non sia un'operazione neutra. Così in una email è stata sollevata una questione di principio: inserire link di questo genere sarebbe incoerente con la mission delle biblioteche, rispetto a quella che è la natura commerciale di una libreria.

Nel frattempo, con una email di risposta alla lista AIB-CUR spedita da Silvia Simonelli per conto dell'ICCU e apparsa sulla lista in data 18 dicembre 2013, venivano fornite le informazioni principali sull'iniziativa, chiarendo che non c'era stata nessuna intenzione di privilegiare una libreria online rispetto alle altre. Scriveva Simonelli:

I finanziamenti del MIBAC a noi destinati si assottigliano sempre più. Nel tentativo di recuperare proventi abbiamo inserito la pubblicità. La decisione è stata vagliata e presa in Comitato Nazionale SBN. Ne è seguita la pubblicazione di una manifestazione d'interesse aperta a tutti coloro che possano essere interessati sul sito dell'ICCU. La scelta è per ora caduta su Amazon e AbeBooks perché non esigevano esclusiva come invece esigeva la Libreria Universitaria. I loro contratti sono visibili in internet e i proventi scattano non al click bensì alla vendita del libro avvenuta passando attraverso il nostro sito [11].

La risposta dell'ICCU ha concluso la discussione su AIB-CUR ma non ha esaurito le problematiche sollevate. I richiami ai punti di vista etici, deontologici, che hanno dominato la discussione su AIB-CUR suggeriscono implicitamente la necessità di allargare la discussione, approfondendo il contesto entro il quale si colloca l'iniziativa dell'ICCU e la discussione che ne è seguita, e di esplicitarne meglio alcuni elementi.

Ci pare che innanzitutto occorra partire dalla consapevolezza che una delle linee più importanti nell'evoluzione degli opac riguarda l'ampliamento delle loro funzioni anche con l'accesso diretto, disintermediato, ai servizi di fornitura di documenti, e più in generale l'attenzione al punto di vista dell'utente nella fase di progettazione dell'opac.

In secondo luogo è necessario ampliare la prospettiva al contesto extra-bibliotecario in cui si colloca la scelta dell'ICCU: la filiera del libro ed in particolare il segmento del commercio librario nell'era di Amazon. Qualsiasi interrogativo sull'efficacia di inserire nell'opac link che puntano alle librerie online dovrà innanzitutto confrontarsi con questi elementi per trovare una risposta.

4. Verso opac più amichevoli e al servizio dell'utente

L'inserimento nell'opac di elementi "altri" ed "eccentrici" rispetto al semplice record bibliografico viene da lontano, ci pare collegata ad alcuni fattori che proviamo a sintetizzare di seguito:

Altri elementi più generali che caratterizzano le diverse direzioni verso cui si muove l'evoluzione degli opac sono:

  1. una progressiva semplificazione delle interfacce utente, fenomeno accelerato anche dalle linee evolutive proprie del web [12], e che ha permesso di superare i limiti delle interfacce a carattere dei terminali. Tra gli effetti di questa evoluzione c'è anche stato quello di porre, almeno in linea teorica, l'utente al centro del catalogo;
  2. la volontà di rendere il catalogo interattivo offrendo strumenti per la partecipazione dell'utente;
  3. l'offerta di servizi fruibili anche a distanza, ad esempio l'invio di una prenotazione, una richiesta di prestito, l'accesso a risorse elettroniche remote, ecc.

Negli anni Zero l'emergere dei motori di ricerca - e specificamente di Google - come strumenti universali per il recupero dell'informazione, e punto di partenza privilegiato, se non esclusivo, per le ricerche (a scapito dell'opac) è un dato ormai stabilizzato: nel 2005 un report OCLC riporta i risultati di questionari somministrati a più di 3300 persone in Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Singapore, India e Australia: da essi emerge che nell'84% dei casi il punto di partenza per una ricerca informativa si basa sui motori di ricerca e solo nel 2% dei casi su, rispettivamente, opac e banche dati [13].

Questi elementi, tra gli altri, rappresentano una sfida per il mondo delle biblioteche, e spingono a semplificare ulteriormente le interfacce opac, associando alla ricerca "esperta" una ricerca più generale, semplificata e intuitiva, meno precisa nei risultati ma simile all'esperienza offerta dai motori di ricerca.

Nel 2005 le Guidelines for Online Public Access Catalogue redatte dall'IFLA [14] integrano in principi pratici di progettazione delle interfacce opac sia le "funzioni utente" del catalogo definite nel 1998 da FRBR, sia i principi basilari dell'accessibilità/usabilità dei siti web codificati dal W3C Consortium e dall'ISO [15]. Le linee guida IFLA ci sembrano importanti perché, oltre a sostenere la necessità di non partire dal presupposto che l'utente conosca il "biblio-gergo", sottolineano l'importanza di superare la mera descrizione bibliografica per facilitare l'utente nel localizzare le risorse e ottenerle anche attraverso link esterni al catalogo.

Nello stesso anno John D. Byrum, responsabile della divisione catalogazione della Library of Congress, in un incisivo intervento al 71° Congresso IFLA [16], oltre a sottolineare l'importanza di arricchire il catalogo con link diretti alle risorse online, indici e recensioni, affermava la necessità di realizzare "una nuova generazione di OPAC" basata sulle caratteristiche standard dei motori di ricerca e delle librerie online (tra cui Amazon.com).

Nel 2007, in un periodo di massima attenzione verso l'emergere del nuovo web "partecipativo" e "collaborativo" (che è poi il web contemporaneo che attualmente tutti abitiamo) viene pubblicato un "Catalog manifesto" [17] che, con le modalità icastiche tipiche di ogni manifesto declinava alcuni principi, a dire il vero non nuovissimi ma indubbiamente esposti con efficacia: sebbene i bibliotecari siano i creatori del catalogo non ne sono i proprietari, nel senso che ogni decisione sul design va commisurata alle esigenze degli utenti; i record MARC inoltre non sono i libri, ma i loro simulacri, e gli utenti chiedono cose reali: libri e documenti ma anche recensioni e commenti ai libri.

5. La centralità dell'utente: verso un catalogo che colleghi alla risorsa e non si limiti a visualizzare il record bibliografico

Il principio della centralità dell'utente rispetto al record bibliografico, e la necessità di integrare il catalogo con dispositivi e link esterni che permettano, in un'ottica orientata al servizio, l'accesso diretto alle risorse, hanno trovato una conferma empirica nei risultati di una ricerca condotta da OCLC nel 2009 [18], ricerca che indagava le aspettative riposte nel catalogo dagli utenti e dai bibliotecari.

What users and librarians want è il titolo della ricerca, che interrogava un ampio panel di utenti e di bibliotecari, messi alla prova su Worldcat. Il report che ne è risultato mette a confronto gli esiti delle esperienze legate al delivery (ottenere) e al discovery (trovare, scoprire), e conclude che l'esperienza più significativa per l'utente è la prima. Pertanto la feature più desiderata nell'opac è, per l'utente, il link diretto ai contenuti, la possibilità di avere informazioni su come ottenere il documento (quali biblioteche lo possiedono); poi viene la possibilità di accedere a contenuti più ricchi, che eccedono il record bibliografico: indici, abstract, TOCs.

Per il bibliotecario invece la priorità assoluta (52% delle risposte nella ricerca OCLC) nella valutazione della qualità del catalogo consiste nell'attività che noi chiameremmo "schiacciamento del record" ("merge duplicate records"), cioè nella pulizia/eliminazione di record duplicati associati a una medesima manifestazione. In seconda istanza emerge l'esigenza di avere record arricchiti con i TOCs, che indubbiamente facilitano il recupero per parola chiave, ovviando ai vincoli che presenta la ricerca per soggetto.

Da questa indagini infine emerge che per l'utente finale "scoprire" informazioni dettagliate su un record bibliografico è meno importante, in una scala di priorità, che accedere al documento o accedere a informazioni più dettagliate sul suo contenuto, quali possono essere fornite da un catalogo "arricchito".

Il principio della centralità dell'utente ha ispirato un'ulteriore e più radicale declinazione di catalogo "arricchito": quella di SOPAC ("social opac"), un catalogo online integrato anche da tag e commenti o recensioni immesse con spirito partecipativo da parte degli utenti [19].

6. Gli opac e l'offerta di servizi: ottenere il documento

La scelta di integrare i record dei cataloghi di biblioteca con link alle grandi librerie online, si colloca proprio nel contesto che abbiamo descritto sopra, caratterizzato dalla consapevolezza che la principale necessità dell'utente è recuperare/ottenere il documento nel tempo più breve, e secondariamente poter avere a disposizione diversi servizi di fornitura. Dal punto di vista tecnologico, i servizi ad accesso disintermediato richiedono la maturità raggiunta dai nuovi strumenti di ricerca: gli opac di seconda generazione e i discovery tool, che possono integrarsi con altre applicazioni online grazie ai web services.

Attualmente non tutti i cataloghi di biblioteche nazionali arricchiscono i record con link esterni: per esempio, ne sono del tutto privi l'opac della Bibliothèque Nationale de France e quello della Library of Congress. L'opac della National Libray of Australia [20] per ora non ha link a librerie on line ma alla piattaforma di social reading Library Thing: quindi a un sito di recensioni create dagli utenti. Il discovery tool della Biblioteca reale danese [21] visualizza molti tipi di link, ma non si tratta tanto di link che arricchiscono il record bibliografico, quanto di link che servono a reinstradare la query vero altri portali: tra cui quello al database unico delle biblioteche danesi di pubblica lettura e universitarie [22]; a Google Scholar e GoogleBooks; a WorldCat e al catalogo collettivo europeo The European Libray.

Alcuni esempi di opac arricchiti da link esterni che puntano a servizi per ottenere il documento sono:

  1. la British Library, che ospita nel proprio discovery tool Explore[23] link che puntano ad Amazon.co.uk. Questo caso sarà approfondito più avanti;
  2. WorldCat.org: nel record completo ha anche la sezione Buy it con i link a 3 librerie online: Amazon; Barnes & Nobles e Better World Books;
  3. l'opac della Deutsche National Bibliothek [24], che presenta sulla destra del record completo un link che porta a Buchhandel [25], portale dei libri in commercio (basato sulla banca dati bibliografica dei libri in vendita, il Verzeichnis Lieferbarer Bücher (VLB) [26].

In sostanza, se alcune istituzioni hanno pensato all'utilità di offrire un accesso alle librerie virtuali, le scelte effettuate finora sono molto varie. Le tendenze in atto suggeriscono quindi che l'opac sta cambiando e che è necessario adottare una visuale nuova. Le funzioni del catalogo elettronico si stanno ampliando per venire incontro alle esigenze dell'utente: un utente disintermediato che vuole avere la possibilità ovunque si trovi di ottenere il documento.

L'inserimento del link a librerie online trova quindi la sua spiegazione nell'opportunità di intercettare le esigenze di un utente che ama i servizi self-service ed è abituato a usare le applicazioni di commercio online. Tuttavia, il punto di vista dell'utente non è sufficiente per valutare l'iniziativa: o meglio, non appare sufficiente il punto di vista di quell'utente.

Del resto, anche i punti di vista emersi dalla discussione da cui siamo partiti suggeriscono che lo spettro delle questioni sollevate è molto più ampio. Occorre quindi considerare anche un'altra prospettiva, approfondendo gli effetti dell'ingresso nel commercio librario di una grande company digitale come Amazon, che intende occupare molti di quelli che, nella filiera del libro tradizionale, erano ruoli distinti. Per capire quali arricchimenti del catalogo sono compatibili con il ruolo della biblioteca, è opportuno allora indagare questo ruolo anche all'interno dell'attuale filiera del libro.

7. Amazon nell'opac. L'esperienza della British Library e le contestazioni delle librerie inglesi

La British Library è stata forse la prima biblioteca nazionale ad arricchire i record del proprio discovery tool Explore con un link verso Amazon.co.uk, implementato all'inizio di ottobre 2011. Questa iniziativa ha scatenato immediatamente accese critiche da parte dei librai inglesi [27].

James Daunt, una delle figure di maggiore spicco nel mondo del commercio librario britannico [28], e da pochi mesi chiamato a dirigere la più grande catena di librerie, Waterstones, per risollevarla dalle grave crisi in cui era caduta, definì una "vergogna" che la British Library, un'istituzione pubblica nazionale, offrisse un endorsement ad una aggressiva organizzazione commerciale globale in un periodo di grande crisi delle librerie inglesi. Sulla scia di Daunt si espressero anche i titolari di una nota libreria indipendente londinese, John Sandoe Bookshop, i quali dichiararono che una istituzione pubblica, che si sosteneva anche grazie alle tasse pagate dai librai londinesi, non poteva fare pubblicità ad Amazon sotto forma di link alle pagine dei suoi prodotti. Infine, l'associazione dei librai inglesi, la Booksellers Association, chiese al direttore della British Library di rivedere l'accordo con Amazon.

Significativa la risposta che diede un portavoce della British Library, che segnalò trattarsi solo di una iniziativa sperimentale, e che il link ad Amazon era stato inserito per venire incontro al lettore: "with the aim of providing users with the choice of an alternative method of obtaining a title if, for some reason, it is not available in the Library's Reading Rooms". Inoltre, proseguiva, il link era stato implementato anche perché si trattava di una funzione già incorporata nel software Primo di Ex Libris, e che comunque questa scelta sarebbe stata oggetto di una verifica [29]. Sull'onda delle polemiche, il link venne rimosso per alcuni giorni, ma venne riattivato poco dopo e attualmente è ancora visibile nella visualizzazione record completo.

8. La situazione italiana. Ci sono alternative ad Amazon?

Come si è visto, in Italia l'iniziativa dell'ICCU ha suscitato un dibattito critico nel mondo bibliotecario, mentre tra gli operatori del commercio librario non ha avuto l'eco che ha ottenuto in Gran Bretagna. A differenza della Booksellers Association, il suo corrispettivo in Italia, l'ALI (Associazione Italiana Librai), non si è espressa in merito.

Per quanto ristretta all'ambito di una lista di discussione dei bibliotecari, la discussione sulla mailing list AIB-CUR è stata animata da un solo intervento critico proveniente dal mondo del commercio librario (Wuz), che ha esposto argomenti in gran parte analoghi a quelli espressi dai librai inglesi. Per i contenuti specifici del messaggio, postato in data 13 dicembre 2013, rinviamo agli archivi della mailing list, visionabili dagli iscritti.

Al di là del dibattito emerso nella mailing list dei bibliotecari italiani, ci interessa capire perché in Italia la presenza del link ad Amazon nel catalogo nazionale non ha generato il dibattito e le polemiche che hanno avuto luogo in Gran Bretagna nel 2011: ci chiediamo precisamente se il mondo del commercio librario in Italia e l'associazione che lo rappresenta, ha trascurato questo aspetto non irrilevante per disattenzione, oppure se non ci siano ragioni più profonde. La differenza tra le reazioni in Gran Bretagna e in Italia, infatti, merita di essere ulteriormente approfondita perché aiuta a far emergere alcune specificità del contesto italiano e a illuminare meglio la discussione.

È noto che la concorrenza di Amazon è uno dei motivi, non certo l'unico, della crisi delle librerie italiane, in particolare quelle indipendenti. In Italia nel corso del 2013 hanno chiuso i battenti 150 librerie [30]. Tuttavia in questo momento in Italia i diversi fenomeni legati alla crisi della lettura e del libro non sono sempre interpretati in luce negativa, perlomeno non tutti. Esiste una comunità trasversale composta da intellettuali di diversa provenienza, giornalisti, addetti ai lavori per i quali la cosiddetta "morte del libro", ovvero la perdita della sua centralità, la crisi del suo valore simbolico, è un fenomeno visto in maniera neutra, cioè come un evento non problematico, che quindi non richiede la definizione di contromisure a livello di politiche statali, ma come un fenomeno storico ineluttabile verso il quale possono esistere solo critiche conservatrici, nostalgiche.

Esempi di questa posizione sono numerosi. Per esempio, se l'8 gennaio 2014 Luca Sofri pubblicava un post sul blog "Wittgenstein" che sostanzialmente esprimeva una concezione positiva e tecno-determinista della perdita di centralità del libro sostituito da Internet [31], pochi giorni dopo, il 12 gennaio, nel corso di un dibattito avvenuto nella prima metà della trasmissione di Radio Tre Fahrenheit [32], i partecipanti, tra cui il Direttore del Centro per il libro e la lettura di Roma, disconoscevano o minimizzavano il fatto che la perdita del valore simbolico del libro costituisca un problema connesso al declino della lettura e rispetto al quale Internet non può costituire una soluzione, dato che la lettura di pagine web non è assimilabile alla lettura di un libro. Inoltre concordavano nell'esprimere le loro perplessità nei confronti delle politiche di sostegno francese alle librerie indipendenti (cosiddetta legge "anti-Amazon" [33]), disconoscendo implicitamente il ruolo di promozione culturale svolto dalle librerie grazie alle attività che organizzano sul territorio, e quindi l'opportunità di tutelare quella funzione.

Queste posizioni non riassumono certo la totalità del dibattito e sono oggetto di critiche [34], tuttavia dimostrano l'esistenza di una posizione condivisa da strati diversi che condizionano il dibattito pubblico. Questo spiega perché oggi in Italia stenta ad emergere e a consolidarsi una visione condivisa dei nessi esistenti tra crisi del commercio librario, crisi della lettura e crisi del valore simbolico del libro. È alla luce di questo che si comprende come una discussione come quella avvenuta su AIB-CUR rimanga molto circoscritta a un solo settore della filiera del libro.

Tuttavia, se le biblioteche italiane intendessero dare visibilità - anche o esclusivamente - ai servizi di fornitura di libri delle librerie italiane, tra cui quelle indipendenti, con una soluzione basata sull'arricchimento dell'opac con link ai cataloghi di vendita degli operatori commerciali, oggi non avrebbero nessuna opzione su cui poter contare. Nel caso delle librerie di catena, ad esempio le Feltrinelli, esiste già un portale di vendita che consente anche di verificare le disponibilità in tempo reale presso i vari punti vendita sparsi sul territorio nazionale.

Ma il problema sono le librerie indipendenti: dovrebbero dotarsi di un catalogo online sempre aggiornato: uno strumento che sarebbe utile innanzitutto a coloro che vogliono sostenere il commercio di prossimità e le imprese nazionali, compreso l'utente di biblioteca, consentendo di identificare la libreria che possiede un certo libro, oppure di prenotarlo senza muoversi da casa. Anche in questo caso, il confronto con quanto succede all'estero aiuta a far emergere la distanza della situazione italiana e il ritardo che la caratterizza.

Un esempio di catalogo online sempre aggiornato del reale assortimento delle librerie indipendenti esiste negli Stati Uniti: si chiama Indiebound [35] ed è stato realizzato qualche anno fa dalla American Booksellers Association. In Francia l'iniziativa è stata presa su base cittadina, per lo meno nelle due città di Parigi e di Nizza: con la creazione di portali cittadini delle librerie indipendenti: Paris Librairies e Libraire(s) à Nice [36]. Da questi portali sono accessibili diversi servizi, a partire dall'accesso a un catalogo collettivo sempre aggiornato.

Ma al momento in Italia non è nota nessuna iniziativa di questo genere. A Milano, l'associazione delle librerie indipendente LIM, nata nell'autunno 2013, per ora ha rinunciato all'idea di creare un catalogo collettivo ed ha aperto solo una pagina Facebook [37]. Questo porta il discorso sul tema degli investimenti necessari per essere presenti online e poter competere su questo fronte. Per il momento quindi, anche volendo, in Italia non sarebbe possibile arricchire gli opac con link che consentano di puntare verso (e quindi di promuovere) uno strumento di vendita gestito dalle librerie fisiche indipendenti.

9. Le condizioni del Programma Affiliazione di Amazon

Un approfondimento a parte merita di essere dedicato alle condizioni dell'accordo tra l'ICCU e Amazon. Su questo punto l'email di Simonelli ad AIB-CUR fornisce solo qualche sintetico ragguaglio, dal quale si deduce che si tratta di un accordo regolato dalle condizioni del Programma Affiliazione Amazon per gli stati dell'Unione Europea [38].

Questo programma definisce le condizioni che Amazon riserva a qualsiasi gestore di sito web, blog o altro, e consistono nella possibilità per l'affiliato (privato o istituzione che ha sottoscritto l'accordo) di guadagnare fino a un massimo del 12% sul totale degli acquisti che vengono effettuati su Amazon da un utente/consumatore che è partito da un link presente sul sito web (blog o altro) dell'affiliato. La percentuale del 12% riguarda non solo l'acquisto del prodotto pubblicizzato ma qualsiasi acquisto eseguito da quell'utente, a condizione che venga effettuato nell'arco di tempo di un'unica sessione a partire da quando arriva sul sito di Amazon partendo dal link esterno.

In altre parole, si tratta di una particolare forma promozionale che non consiste in una inserzione di carattere pubblicitario (che normalmente determinerebbe il pagamento di una somma da parte dell'inserzionista), ma nell'inserimento di link diretti che puntano alla pagina di Amazon da cui è possibile acquistare un determinato prodotto. Per altri dettagli sulle commissioni si rimanda alle pagine del sito web di Amazon [39]. Si può però aggiungere che le percentuali riconosciute da Amazon al sottoscrittore del Programma Affiliazione non vengono calcolate sul 100% del prezzo pagato dall'acquirente ma su una porzione [40].

A questo punto ci si può chiedere se l'operazione sia vantaggiosa per l'affiliato. Per Amazon la domanda ha già una risposta positiva, perché secondo uno studio del 2008 condotto dall'Università di Stanford, circa il 40% delle vendite effettuate tramite Amazon sarebbe reso possibile da questo canale pubblicitario [41]. La formula prevista dal Programma Affiliazione Amazon è vantaggiosa per Amazon in più modi, perché:

  1. non paga un prezzo prefissato per una inserzione pubblicitaria, indipendentemente dalle reali ricadute positive che può avere il messaggio in termini di aumento delle vendite, ma paga una percentuale solo sugli acquisti effettivi;
  2. raccoglie dati sul traffico e sui prodotti che hanno successo a partire da un certo sito e che sono messi a disposizione anche del proprietario del blog o sito web [42];
  3. non rischia nulla e per questo apre la partecipazione a tutti, anche a blog con pochissimo traffico, perché all'affiliato non viene chiesto di dimostrare nulla in anticipo.

In sostanza, questo meccanismo consente a chiunque, sia ricorrendo ai web services sia a semplici link inseriti manualmente, di ospitare pubblicità e nello stesso tempo risparmia ad Amazon spese per inserzioni pubblicitarie tradizionali, con i rischi connessi a risultati aleatori. Si tratta di una opportunità che solo il web può assicurare, non i media tradizionali, perché il web consente di tenere traccia di tutto, a partire dai percorsi seguiti dagli utenti/consumatori, e quindi permette di ricostruire una serie di eventi, riconoscendo chi tra i partner esterni ha realmente contribuito a instradare il consumatore e quindi a generare le entrate provenienti da una vendita. Da questo punto di vista dobbiamo riconoscere ad Amazon la capacità di aver capito bene che cos'è il web e come sfruttarlo, facendo lavorare gli altri per instradare gli utenti sul proprio portale e ricompensandoli per questo solo a fronte di un guadagno effettivo.

Considerate le condizione del Programma Affiliazione Amazon, e ammesso che siano valide per l'opac SBN come per qualsiasi altro sito [43], la conseguenza è che la visualizzazione del nome dei due link, "Vai su Amazon" e "Vai su AbeBooks" nell'opac SBN, pur trattandosi di una forma di pubblicità che normalmente meriterebbe un corrispettivo, anche in assenza di un acquisto effettivo, di fatto non è riconosciuta come tale da Amazon. Pertanto, anche se Amazon ottiene comunque un vantaggio, anche in assenza di acquisti, grazie alla visibilità che gli assicura l'opac SBN, si tratta di una pubblicità che non viene compensata.

Per questo motivo, nel caso di un portale nazionale come l'opac SBN, che ha un grande traffico, molto più elevato dei volumi di traffico dei blog personali, è lecito chiedersi se sia opportuno dover accettare le stesse condizioni offerte a chiunque, e che si traducono in una pubblicità riconosciuta come tale solo in presenza di acquisti effettivi, e solo se completati entro un preciso lasso temporale identificato da un preciso percorso seguito dall'utente.

Se si abbandona per un attimo l'opposizione "dentologica" di principio (probabilmente chi solleva questo argomento non è disponibile ad abbandonarlo, ma suggeriamo di provarci), e si valuta l'operazione in base alle ragioni già esposte, si può concludere che solo con il tempo sarà possibile fare una valutazione dell'efficacia dal punto di vista dei benefici economici dell'iniziativa per l'ICCU. Ma già adesso non è possibile non vedere un vantaggio concreto per Amazon in termini di visibilità su una vetrina nazionale, una visibilità per la quale non paga nulla. La ragione sta nel fatto che il Programma Affiliazione Amazon non ha nulla a che vedere né con le sponsorizzazioni tradizionali, né con i meccanismi pubblicitari validi nei media tradizionali.

È a partire da queste considerazioni che l'operazione SBN-Amazon sembra innanzitutto confermare la logica dei rapporti di forza: da un lato, in una posizione dominante, Amazon ricava vantaggi senza avere i rischi connessi a un investimento pubblicitario tradizionale, e dall'altro l'ICCU non ottiene introiti certi pur facendo da vetrina alla società di Bezos.

Finora il Programma Affiliazione Amazon sembra aver coinvolto solo blog, e l'opac SBN sembra l'unico caso di catalogo nazionale, oltre a quello della British Library, che ha deciso di partecipare.
Ma è interessante osservare che anche nel caso dei blog personali, la partecipazione al Programma Affiliazione Amazon può essere fonte di critiche quando i blog intendono essere autorevoli e proclamano di essere liberi da pubblicità.

In questo caso, se la partecipazione al programma di Amazon non viene dichiarata esplicitamente, la rivendicazione sull'assenza di pubblicità viene percepita come una incoerenza, e il link verso Amazon come una forma di pubblicità occulta. Non è un caso che nel 2013 in USA ci sia stato un dibattito online sull'esigenza di rendere trasparente la natura pubblicitaria dei link che puntano ad Amazon [44].

9. Conclusioni

In questo contributo si è cercato di contestualizzare le scelte dell'ICCU e di fornire qualche elemento per valutare l'iniziativa adottata dalla agenzia catalografica nazionale. Come si è cercato di illustrare, l'opac, da contenitore organizzato di record bibliografici "statici", si sta trasformando in portale orientato a fornire ulteriori servizi, tra cui quelli finalizzati ad accedere ai documenti. In questo contesto il link ad una libreria online rientra a pieno titolo tra le possibili opzioni che possono condurre l'utente del catalogo dal record al documento.

Non sfugge che l'estrema granularità dell'informazione resa possibile dall'uso dei web services, permettendo di puntare in modo univoco a un singolo prodotto, rende ogni link "non neutrale" e ogni click l'oggetto di metriche e profilazioni suscettibili di generare un valore commerciale. In un contesto di link economy [45] i servizi web sono generatori di valore, e questa dinamica potrebbe, in teoria, essere sfruttata a beneficio di tutti gli attori in gioco.

Ma in concreto è evidente che, quando tra gli attori ci sono squilibri, il gioco non è a somma zero, e i grandi players planetari (Amazon.com ad esempio) sono in una posizione di forza che lascia margini di negoziazione ristretti, se non inesistenti, ai vari partner, anche se essi sono enti pubblici di rilevanza nazionale. A maggior ragione in Italia dove, come s'è visto, le librerie indipendenti non dispongono dell'infrastruttura tecnologica per partecipare alla link economy ed entrare in concorrenza con Amazon.

Dall'analisi di questo caso emerge chiaramente un aspetto non esplicitato dalla discussione su AIB-CUR e spesso tralasciato dal dibattito pubblico: il vantaggio competitivo della infrastruttura tecnologica di Amazon. Si tratta di un vantaggio che non può essere ridotto a funzioni meramente tecniche, perché la funzionalità della piattaforma di vendita di Bezos consiste soprattutto nella sua capacità di sfruttare il fenomeno della "coda lunga" [46] creato dal commercio online e dall'evoluzione dei comportamenti dei consumatori nell'era di Internet: tutti fenomeni che, nel caso del commercio librario, sono più determinanti che in altri settori.

Infatti l'aumento esponenziale delle pubblicazioni in commercio si accompagna al fenomeno parallelo della frammentazione del pubblico in nicchie, per cui diventa determinante poter aggregare i consumatori. L'uso dei web services e di programmi di affiliazione per ottenere la massima disseminazione dei link in siti web di terze parti, in modo da massimizzare l'impatto, sono tutte soluzioni funzionali allo sfruttamento della "coda lunga".

Lo svantaggio per le librerie indipendenti consiste nell'impossibilità di sfruttare il fenomeno della "coda lunga" in assenza di una organizzazione federata che porti alla realizzazione di una piattaforma comune per aggregare l'offerta, come è già stato fatto in qualche caso all'estero. La mancanza di strumenti per un'azione coordinata, capace di superare la frammentazione del settore, è una delle ragioni che impedisce l'adozione di una infrastruttura tecnologica comune. A questo proposito può essere utile ricordare il caso delle librerie della regione Wallonie-Bruxelles in Belgio che si sono federate per ottenere un finanziamento pubblico con il quale realizzare una piattaforma collettiva dedicata alla vendita di e-books, denominata Librel, che entrerà in funzione nella seconda metà del 2014 [47].

In Italia la definizione di una politica di sostegno alle librerie è ancora molto fragile. Da questo punto di vista l'Italia non è solo molto lontana dalla Gran Bretagna, ma soprattutto dalla Francia dove le politiche pubbliche a sostegno della lettura sono ispirate da una interpretazione unitaria di una serie di fenomeni solo apparentemente diversi ma connessi tra loro: la crisi che coinvolge la lettura, il libro e il commercio librario. In Francia la diminuzione del numero dei lettori, specialmente tra gli adolescenti, e la crisi del valore simbolico del libro sono interpretati non in chiave tecno-determinista, come conseguenze dell'avvento di Internet, ma come elementi connessi a un cambiamento più vasto, di carattere culturale: l'avvento di un sapere di tipo tecnico-economico dominato dal principio della redditività [48].

La visione che ispira le politiche pubbliche dell'attuale governo francese, e che è condivisa da larga parte dell'opinione pubblica, riconosce nella crisi della lettura di libri il problema principale, perché solo la lettura di libri richiede particolari capacità cognitive. Per questo la perdita di centralità del libro non può essere considerata come una notizia "positiva", e l'intervento pubblico intende rispondere alla presunta "ineluttabilità" del fenomeno. È a partire da queste basi che viene anche riconosciuta la funzione culturale delle librerie e nascono gli interventi statali per la loro tutela. Rispetto a questa unitarietà e unanimità la situazione italiana appare confusa al livello della interpretazione dei fenomeni e incerta nelle misure da prendere.

Per quanto riguarda le biblioteche, la discussione da cui siamo partiti e l'analisi che abbiamo proposto dimostra che l'arricchimento degli opac non è un'operazione neutrale, ma richiede una riconsiderazione del ruolo della biblioteca entro la filiera del libro che tenga conto dei cambiamenti radicali e dei rapporti di forza che la stanno ridisegnando. Se la biblioteca non intende giocare solo il ruolo di facilitatore per l'aggregazione della coda lunga tipica del commercio elettronico, rischiando di aggravare gli squilibri, deve lavorare in maniera consapevole alla creazione di iniziative comuni con le librerie, superando i limiti della link economy.

Pierfranco Minsenti, Università Iuav di Venezia, e-mail: pierfranco.minsenti@iuav.it

Laura Testoni, Università degli Studi di Genova, e-mail: testoni@unige.it


Note

* Pierfranco Minsenti ha curato i paragrafi 1, 2, 5, 7, 8; Laura Testoni ha curato i paragrafi 3, 4, 6. Le conclusioni sono state redatte in maniera congiunta. Tutti i link sono stati verificati al 25/02/2014.

[1] La questione è stata sollevata con una mail comparsa nella lista AIB-CUR il data 11 dicembre 2013. L'ultima mail è stata pubblicata in data 25 dicembre 2013.

[2] Amazon Product Advertisement API: <https://programma-affiliazione.amazon.it/gp/advertising/api/detail/main.html>. L'uso di questa API è consentito solo a chi sottoscrive un accordo all'interno del Programma Affiliazione di Amazon (Amazon Associates o Amazon Affiliate), diventando una sorta di partner commerciale di Amazon. Le condizioni del Programma Affiliazione di Amazon verranno esaminate più avanti.

[3] Vedi alle pagine <http://www.abebooks.it/libri-antichi-rari-collezione/> e <http://www.abebooks.it/libri/edizioni-aldine.shtml>.

[4] Vedi <http://www.abebooks.it/Libri-antichi/mappe.shtml>.

[5] Vedi <http://www.abebooks.it/libri/manoscritti-rari-antichi.shtm>.

[6] Per un esempio casuale, al 25/02/2014 si nota che il romanzo giallo Il diavolo a Westease di Vita Sackville-West è presente nell'opac SBN con più record, tra cui quelli relativi alle due edizioni Longanesi: quella del 1954: <http://opac.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/scheda.jsp?bid=IT"ICCU"CUB"0570354> e quella del 1979: <http://opac.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/scheda.jsp?bid=IT"ICCU"SBL"0289906>. Entrambi i record sono privi di link ad Amazon e ad AbeBooks, mentre in realtà le due edizioni sono presenti in entrambe le librerie.

[7] Non sempre un messaggio negativo è affidabile: si veda per es. nel caso del record <http://opac.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/scheda.jsp?bid=IT"ICCU"RAV"0196222> al 25/02/2014 il link ad AbeBooks dà un messaggio negativo. Ma se si esegue una ricerca nella interfaccia nativa di AbeBooks.it, il sistema restituisce tre risultati pertinenti relativi a copie disponibili presso altrettante librerie italiane.

[8] La questione del regime fiscale di Amazon è stata oggetto anche di una inchiesta della trasmissione di Rai Tre "Report" del 16 dicembre 2012: <http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-425f93d2-fc86-4c0c-8a99-e6cc133500e3.html>. Per una sintesi efficace dei problemi delle librerie in Italia si veda l'intervento di Paolo Ambrosini, vice-presidente vicario dell'ALI-Associazione Librai Italiani, pubblicata sul sito web dell'associazione: <http://www.libraitaliani.it/Editoria/qmaggiori-risorse-per-il-libro-e-la-letturaq-di-paolo-ambrosini-vice-presidente-ali-nazionale.html>.

[9] Tra le molte testimonianze e reportage si segnala il libro di Jean-Baptiste Malet, En Amazonie: infiltré dans le meilleur des mondes, Paris, Fayard, 2013.

[10] Occorre però fare delle opportune differenze in merito a tempi e costi dei servizi di prestito interbibliotecario. Il servizio tedesco Subito, basato su una rete di biblioteche, è rapido e ha prezzi competitivi. Informazioni a <http://www.subito-doc.de/index.php?pid=Ressourcen-sbd>.

[11] In data 16 ottobre 2013 era apparso sul sito web dell'ICCU un avviso pubblico: "Avviso esplorativo per manifestazione di interesse a partecipare alla gara informale mediante procedura negoziata per l'inserimento nelle pagine della base dati OPAC SBN di inserzioni pubblicitarie di siti e-commerce di materiale documentale e librario consono al contenuto della base dati". La notizia è stata pubblicata sulla pagina <http://www.iccu.sbn.it/opencms/opencms/it/archivionovita/2013/novita_0040.html>. Per il testo completo si veda a <http://www.iccu.sbn.it/opencms/export/sites/iccu/documenti/2013/gara_pubblicita-2.pdf>.

[12] Antonio Scolari, Efficacia vs facilità? Linee di evoluzione degli OPAC, "Biblioteche oggi", giugno 1999, p. 18-26: <http://www.bibliotecheoggi.it/1999/19990501801.pdf>.

[13] Cfr. OCLC, Perception of libraries and information resources, A report to the OCLC membership, 2005, p. 1-17: <http://www.oclc.org/content/dam/oclc/reports/pdfs/Percept_all.pdf>.

[14] International federation of library associations and institutions, Guidelines for online public access catalogue (OPAC) displays: final report, May 2005, München, K. G. Saur, 2005.

[15] Com'è noto, le prime norme sull'accessibilità dei siti web WCAG 1.0 (Web Content Accessibility Guidelines) sono pubblicate dal W3C nel 1999; l'usabilità viene codificata dalla norma ISO 9241 del 1993

[16] John D. Byrum, Jr., Raccomandazioni per miglioramenti urgenti dell'OPAC. Il ruolo delle agenzie bibliografiche nazionali, "Biblioteche oggi", (2005), 5, p. 5-14: <http://www.bibliotecheoggi.it/2005/20051000501.pdf>.

[17] Christopher Harris, Catalog Manifesto, post pubblicato sul blog "Informancy", 14 giugno 2007, <http://schoolof.info/infomancy/?p=388>.

[18] OCLC, Online Catalogs: what users and librarians want. An OCLC Report 2009, <http://www.oclc.org/reports/onlinecatalogs.en.html>.

[19] Cfr. Andrea Marchitelli – Tessa Piazzini, OPAC, SOPAC e social networking: cataloghi di biblioteca 2.0?, "Biblioteche oggi", (2008), p. 82-92, <http://www.bibliotecheoggi.it/content/20080208201.pdf >.

[20] National Libray of Australia, <http://catalogue.nla.gov.au/Search/Home>.

[21] Det Kongelige Bibliotek, <http://rex.kb.dk/>.

[22] Bibliothek.dk, <http://bibliotek.dk>.

[23] Explore, discovery tool basato sul software Primo di Ex Libris, <http://explore.bl.uk/>.

[24] Deutsche National Bibliothek, <http://www.dnb.de/EN/Home/home_node.html>.

[25] Buchhandel, <http://www.buchhandel.de/>.

[26] Vedi, <http://www.sb.shuttle.de/istituzione/italia/ricbib_de.htm>.

[27] Per ricostruire la vicenda Amazon / British Library abbiamo consultato le seguenti fonti: Benedicte Page, British Library attacked for Amazon link, "The bookseller", 14 ottobre 2011, <http://www.thebookseller.com/news/british-library-attacked-amazon-link.html>; British Library sparks Amazon row, "BBC News", 17 ottobre 2011, <http://www.bbc.co.uk/news/entertainment-arts-15332307>; Benedicte Page, British Library reinstates Amazon link, "The bookseller", 18 ottobre 2011, <http://www.thebookseller.com/news/british-library-reinstates-amazon-link.html>; Micheal Kelley, The British Library and the Lure of Amazon, "Library Journal", 20 ottobre 2011, <http://lj.libraryjournal.com/2011/10/opinion/lj-insider/the-british-library-and-the-lure-of-amazon/>.

[28] Per un rapido profilo biografico si veda la voce su Wikipedia: <http://en.wikipedia.org/wiki/James_Daunt>.

[29] Frase riportata nell'articolo di Benedicte Page, British Library attacked for Amazon link, "The bookseller", 14 ottobre 2011, <http://www.thebookseller.com/news/british-library-attacked-amazon-link.html>.

[30] Dati forniti dall'Associazione Italiana Librai e riportati nell'articolo di Francesca Modena: Bocca, Odradek e Guida: continua la crisi delle nostre librerie, in "Finzioni", 25 ottobre 2013, <http://www.finzionimagazine.it/news/approfondimento-news/bocca-odradek-guida-continua-la-crisi-delle-nostre-librerie/>.

[31] Per un esempio di lettura tecno-determinista della perdita di centralità del libro, vedi l'intervento di Luca Sofri, La fine dei libri: "la Rete ha accelerato la nostra disabitudine alla lettura lunga, alla concentrazione su una lettura e un'occupazione sola, al regalare un tempo quieto a occupazioni come queste. È una considerazione ormai condivisa e assodata: la specie umana sta diventando inadatta alla lettura lunga. […]. La seconda questione centrale nella crisi dell'oggetto libro è che è diventato marginale come mezzo di costruzione e diffusione della cultura contemporanea, che invece sempre più trova luoghi di dibattito, espressione, sintesi, su internet e in formati più brevi". Post apparso sul blog "Wittgenstein", 8 gennaio 2014, <http://www.wittgenstein.it/2014/01/08/la-fine-dei-libri/>.

[32] Il dibattito è avvenuto nella prima parte della trasmissione di Radio Tre "Fahrenheit" del 12 febbraio 2014, "Non solo poveri" (la registrazione della puntata può essere ascoltata da <http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-51a934f9-d503-48a9-af31-701b76d76a61.html>). Alla trasmissione, condotta da Loredana Lipperini, avevano partecipato Alex Turrini (docente, Università Bocconi), Emanuele Coccia (docente di filosofia a Parigi), Flavia Cristiano (Direttore del Centro per il libro e la lettura di Roma). Sfavorevoli a adottare in Italia una legge che tuteli le librerie fisiche come sta succedendo in Francia si sono espressi Emanuele Coccia e Flavia Cristiano, entrambi convinti che una legge simile sia anacronistica. Per Coccia una legge come quella francese finisce per difendere interessi corporativi e non quelli del lettore, che sarebbero meglio serviti da Amazon grazie alla sua politica di sconti e spedizioni gratuite.

[33] Vedi l'articolo pubblicato sul quotidiano "Libération" dal titolo Livres: le Sénat adopte une mesure anti-Amazon, 9 gennaio 2014, <http://www.liberation.fr/economie/2014/01/09/livres-le-senat-adopte-une-mesure-anti-amazon_971588>. Per il Ministro della Cultura francese Aurélie Filippetti si tratta del primo tassello di una serie di interventi statali nell'ambito dell'economia del libro, che mirano a tutelare la concorrenza e salvaguardare le librerie indipendenti. Lo stato della discussione in Italia dimostra che siamo molto lontani dalla consapevolezza che ispira l'azione politica.

[34] Le posizioni espresse da Sofri hanno ricevuto diverse risposte critiche. Vedi ad esempio Gianluca Didino, La fine del libro?, in "Doppio Zero", <http://www.doppiozero.com/materiali/commenti/la-fine-del-libro>; Gianluca Briguglia, Difesa non romantica dei libri, in "Il Post", 9 gennaio 2014, <http://www.ilpost.it/gianlucabriguglia/2014/01/09/difesa-romantica-dei-libri/>; Daniele Scalea, La fine dei libri è una buona notizia? Replica a Sofri, "Huffington Post", 22 gennaio 2014, <http://www.huffingtonpost.it/daniele-scalea/la-fine-dei-libri-e-una-buona-notizia-replica-a-sofri_b_4630790.html>. Per una critica alla convinzione che il commercio online tuteli gli interessi del lettore e più in generale all'idea di una contrapposizione tra interessi del lettore e interessi del libraio, vedi l'intervento di Francesco La Cecla, Amazon, un altro grande errore a sinistra?, "Alfabeta2", 20 febbraio 2014: <http://www.alfabeta2.it/2014/02/20/amazon-un-altro-grande-errore-sinistra/>, che rimanda anche all'articolo di George Packer pubblicato sul "New Yorker": Cheap Words: Amazon is good for customers. But is it good for books?, "The New Yorker", 17 febbraio 2014: <http://www.newyorker.com/reporting/2014/02/17/140217fa_fact_packer?currentPage=all>.

[35] Indiebound, <http://www.indiebound.org/>.

[36] Paris Librairies, <http://www.parislibrairies.fr/> e Libraire(s) à Nice, <http://www.librairesanice.fr/>.

[37] Pagina Facebook di LIM-Librerie Indipendenti Milano, <https://www.facebook.com/LibrerieIndipendentiMilano>.

[38] Vedi la pagina web ufficiale dedicata al Programma Affiliazione di Amazon per gli stati UE, <https://programma-affiliazione.amazon.it/gp/associates/join/getstarted>.

[39] Le commissioni sono dettagliate precisamente in questa pagina informativa: <https://programma-affiliazione.amazon.it/gp/associates/join/compensation.html>. Il testo dell'Accordo Operativo del Programma Affiliazione UE per l'anno 2013 è dettagliato qui: <https://programma-affiliazione.amazon.it/gp/associates/promo/operatingagreementitapr2013>.

[40] Questi dettagli vengono spiegati nel documento Allegato relativo alle Commissioni Pubblicitarie del Programma Affiliazione UE: <https://programma-affiliazione.amazon.it/gp/associates/join/compensation.html>: "La maggior parte delle commissioni pubblicitarie sono calcolate come percentuale dei Ricavi Idonei […] Per 'Ricavi Idonei' si intendono gli importi che riceviamo dagli Acquisti Idonei dei clienti, escluse le spese di spedizione, di gestione e di confezionamento, le tasse (comprese le imposte sulle vendite e l'IVA), e le spese di servizio, e al netto di eventuali abbuoni, commissioni di gestione della carta di credito, resi e crediti non esigibili".

[41] Amazon Enters the Cloud Computing Business, Stanford, Stanford University, School of Engineering, 2008, p. 6, <http://www.stanford.edu/class/ee204/Publications/Amazon-EE353-2008-1.pdf>.

[42] Informazioni sui reports giornalieri messi a disposizione da Amazon: <https://programma-affiliazione.amazon.it/gp/associates/join/getstarted_seventh/>.

[43] Su quest'ultimo punto l'email di Simonelli non è esplicita, essendo priva di rimandi precisi.

[44] Per un riassunto del dibattito sollevato intorno alla partecipazione del noto blog Brain Pickings, curato da Maria Popova, al Programma Affiliazione Amazon, si veda ad esempio il seguente articolo: <http://paidcontent.org/2013/02/14/the-brainpickings-brouhaha-and-the-problem-with-affiliate-links/>.

[45] Cfr. Chrysanthos Dellarocas – Zsolt Katona – William Rand, Media, aggregators, and the link economy: strategic hyperlink formation in content networks, "Management Science", 59 (2013), 10, p. 2360-2379, <http://dx.doi.org/10.1287/mnsc.2013.1710>.

[46] Chris Anderson, La coda lunga. Da un mercato di massa a una massa di mercati, Torino, Codice, 2010.

[47] Vedi Stéphanie Michaux, Librel, la plateforme de distribution des ebooks des libraires belges avance, "Lettres numériques", 14 febbraio 2014, <http://www.lettresnumeriques.be/2014/02/14/librel-la-plateforme-de-distribution-des-ebooks-des-libraires-belges-avance/>.

[48] Vedi l'intervento della giornalista di "Le Monde" Florence Noiville al 31° Seminario di perfezionamento della Scuola Librai, Isola di S. Giorgio di Venezia, il 31 gennaio 2014. L'intervento di Noiville è stato pubblicato sul quotidiano "Avvenire" il 30 gennaio con il titolo Le quattro regole per far leggere i giovani, ed è accessibile online gratuitamente a <http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/LEGGERE.aspx?fb_action_ids=10151903388519109>.




«Bibliotime», anno XVII, numero 1 (marzo 2014)

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