«Bibliotime», anno XVII, numero 3 (novembre 2014)

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Elisabetta Poltronieri, Paola De Castro

Gli 'open data' della ricerca in biomedicina: accesso, barriere e condivisione *



Abstract

Debate on research data is currently investing different stakeholders, sharing interests and concerns about the availability, use and re-use of open data: researchers, policy makers, research performing and funding organizations, patients, the general public. In the case of biomedical research, data gathered by individual scientists during the course of their research, are used to manage and drive improvements in all areas of public health, but access to them by a wider research community often remains limited. The most critical issues about research data concern the availability of infrastructures for data sharing, data interoperability and management plans, privacy, levels of access and re-use of large amounts of research data. Recent EU recommendations provide new input and perspectives of openness towards the application of the more general concept of open science.

1. Quadro di riferimento europeo sui dati aperti della ricerca

La cultura dell'accesso aperto e della condivisione dei risultati della ricerca è stato un caposaldo dell'azione politica della Commissione Europea (CE) già dal lancio del 7° Programma quadro (2007-2013), che raccomandava fortemente - e in taluni casi richiedeva esplicitamente - la diffusione in accesso aperto per le pubblicazioni scientifiche prodotte nell'ambito dei progetti finanziati [1].

Nel 2012 La Commissione si attiva con due documenti legati entrambi alle iniziative in favore di un'Area Europea della Ricerca (European Research Area) e considerati alla base del Programma Pilota sugli open research data nell'attuale Programma di finanziamento Horizon 2020 (H2020, Programma Quadro europeo per la Ricerca e l'Innovazione, 2014 – 2020): la Comunicazione Towards better access to scientific information: Boosting the benefits of public investments in research [2] e la Raccomandazione On access to and preservation of scientific information [3].

Sul fronte esplicito dell'accesso aperto ai dati della ricerca [4], e non solo alle pubblicazioni, l'avvio per l'elaborazione di una policy ha avuto un importante momento di confronto con tutti gli stakeholder in occasione della Consultazione pubblica indetta dalla Commissione Europea il 2 luglio del 2013 a Bruxelles [5]. La CE ha chiamato a raccolta, allo scopo di sondarne gli orientamenti, tutti i soggetti coinvolti nelle tematiche legate ai dati della ricerca – ricercatori, editori, biblioteche, atenei, agenzie di finanziamento della ricerca, rappresentanti dell'industria, esperti di sistemi informativi e altri. Il dibattito si è articolato sui seguenti nuclei di riflessione: definizione e tipologie dei dati da rendere liberamente accessibili; individuazione dei casi in cui limitare l'accesso; pratiche legate al riuso dei dati; spazi in cui depositare i dati; attivazione di meccanismi di condivisione dei dati. Rispetto a questi cinque punti, le questioni emerse si sono rivelate molteplici, anche in relazione alla diversa natura dei diversi soggetti convenuti, rappresentanti della sfera pubblica o privata.

Sostanzialmente, le posizioni espresse nella Consultazione hanno evidenziato alcuni nodi centrali: l'importanza per i ricercatori di includere nella nozione di dati della ricerca sia i dati che i metadati, nonché l'insieme delle procedure di gestione dei dati stessi; l'inderogabilità del principio di protezione dei dati sensibili che, nel caso di dati sanitari, consentono di risalire all'identità di una persona; il problema delle licenze d'uso e degli aspetti tecnici legati all'adeguatezza delle infrastrutture (portali, repository) destinate a raccogliere i dati; i temi della conservazione, gestione e sostenibilità economica degli archivi digitali di dati; i meccanismi di riconoscimento per le pratiche e i processi che favoriscano e accrescano una cultura di condivisione dei dati.

2. Il versante della ricerca biomedica

Alla Consultazione pubblica di Bruxelles sono state riportate anche le posizioni espresse dal mondo della ricerca biomedica, rappresentata per l'Italia, tra gli altri, dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS), il principale ente nazionale di ricerca nel campo della salute pubblica. Gli aspetti più rilevanti hanno riguardato:

Il caso delle biorisorse e le diverse implicazioni nella gestione dei dati ad esse associati ha rappresentato un utile esempio delle preoccupazioni e difficoltà dei ricercatori a trovare una soluzione immediata ad un problema tanto complesso. In particolare, sono state avanzate le considerazioni del gruppo BRIF (Bioresource Research Impact Factor) and Journal Editors, che ha tentato di dare una risposta puntuale ai quesiti posti per la Consultazione dalla Commissione Europea [6].

2.1 "Biodiversità" dei dati della ricerca

I dati della ricerca (i cosiddetti underlying data o underpinning data, come sono denominati tecnicamente) si riconducono generalmente a quattro grandi categorie:

  1. dati sperimentali, legati all'osservazione diretta, ad es. per testare il risultato dell'azione di un farmaco su modelli sperimentali di patologia in vivo (su modelli animali) o in vitro (su linee cellulari) o anche non su organismi biologici (es. esperimento fisico per testare un dispositivo medico);
  2. dati clinici e di biomonitoraggio, relativi ad es. ad immagini TAC, a prelievi di campioni biologici o al carico corporeo di un inquinante chimico per effetto di esposizione ambientale a contaminanti ambientali:
  3. dati di sorveglianza, riferiti in genere a grandi quantità di dati utilizzati in studi epidemiologici di incidenza o mortalità per malattia, oppure a dati demografici su una popolazione affetta da malattie;
  4. dati di simulazione (in silico), generati da programmi specifici in grado di riprodurre alcuni processi biologici.

3. La sfida dei Big data

Il concetto di data linkage [7], inteso come integrazione tra set di dati riferiti a una comune entità ma provenienti da varie fonti, sta richiamando crescente attenzione in campo medico.

Come già avviene per le campagne elettorali o per le strategie di marketing delle imprese che calibrano la comunicazione persuasiva utilizzando grandi moli di dati su comportamenti e stili di vita individuali (es. acquisti tramite carta di credito), anche la sfida per la salute si gioca combinando dati individuali di provenienza eterogenea. Il segreto consiste nell'associare informazioni personali (dati extra salute che esulano dalla sfera classica dei dati clinici) con i dati personali di tipo invece strettamente sanitario, in modo da ottenere un profilo a tutto tondo del paziente da sottoporre a trattamento medico.

Esempi di abbinamento vincente in tal senso potrebbero essere: la rispondenza a prescrizioni di cura fatte a soggetti che sottomettono al giudizio degli amici su Facebook le indicazioni mediche loro prescritte; l'analisi del tasso di obesità dei pazienti relazionata alle scelte di spesa nei supermercati; il grado di utilizzo delle strutture sanitarie valutata rispetto alla distanza dai centri di cura. L'applicazione di questi meccanismi associativi nasconde tuttavia un allarme privacy, in quanto incrociando le informazioni più variegate riferite a un medesimo individuo si può facilmente pervenire a riconoscerne l'identità.

Occorre dunque agire con cautela, costituendo forum di coordinamento di tutte le parti in causa nel processo di linkage dei dati (cittadini, pazienti, enti commerciali, esperti di protezione dei dati, ricercatori biomedici, operatori sanitari) che possano fornire al legislatore gli elementi di base per regolare questo processo di assemblamento, stabilendo come, quando e per quali finalità i dati debbano venire trattati [8].

Chi sta già lavorando in questa direzione (per il coordinamento degli stakeholder), cioè per realizzare un ponte sociale e tecnologico e aprire finalmente alla condivisione dei dati, è la Research Data Alliance (RDA), un'iniziativa sorta nel 2013 e finanziata dal governo australiano, dalla Commissione europea e dalla National Science Foundation, in modo da fondere industria, ricerca e politica pubblica. La sua prerogativa è quella di lavorare per gruppi di lavoro e di interesse senza fini commerciali e con un approccio rivolto all'armonizzazione delle varie istanze, contro le barriere alla condivisione dei dati.

All'ultimo incontro RDA, a settembre 2014, sono state indicati le premesse e i fondamenti delle pratiche di condivisione [9]: il principio del riconoscimento, in termini di pubblicazioni e sovvenzioni, a chi si attiva per gli open data; la legittimazione del lavoro (in termini di proprietà, responsabilità legale, interpretazione dei dati ecc.); lo sviluppo di infrastrutture per la gestione dell'accesso ai dati; la creazione di servizi; l'esigenza di policy governative e di procedure standard; l'offerta di incentivi alla creazione di opportunità di lavoro e di formazione; il riuso dei dati across place and time, e soprattutto la provenance dei dati, vale a dire la possibilità di identificare e tracciare i dati quanto alla loro origine, per valutarne qualità e affidabilità.

4. Il Pilot della Commissione europea sugli open research data

Nella pratica attuale, i ricercatori sono chiamati a cimentarsi con i dati aperti della ricerca in risposta al Pilot on open research data (2014-2015) che riguarda alcune tematiche di H2020 (tra cui Science with and for Society) [10]. La comunità scientifica è dunque messa alla prova, in quanto per aderire al bando occorre creare un Data Management Plan (DMP, Annex 1 delle Guidelines) un documento dinamico deputato a raccogliere e descrivere i set di dati generati durante i progetti. In particolare, il DMP deve riportare le procedure previste per l'accesso (pieno o ristretto) ai dati, l'eventuale embargo previsto, il software da installare, l'archivio di deposito dei dati (se già disponibile e di che tipo), le ragioni per una eventuale non condivisione, quali ragioni etiche in caso di dati personali, commerciali o comunque riservati.

Indubbiamente, questo insieme di adempimenti invoca la definizione di una policy nazionale e istituzionale sulla gestione dei dati aperti della ricerca. Si tratta di un traguardo non facile che si può raggiungere solo coniugando la cultura dell'accesso aperto con la confidenzialità dei dati, disciplinata da norme stringenti, il tutto nell'interesse di un bene pubblico superiore che coincida con il progresso della scienza e con il miglioramento delle condizioni di salute della popolazione.

Di questo si è discusso in un interessante workshop Open Science 2020: Harmonizing Current OA practices with H2020 Guidelines, svoltosi a Pisa l'8 aprile 2014, durante il quale è stato evidenziato l'impegno dell'Unione Europea per facilitare la cooperazione tra i ricercatori, con la finalità di potenziare l'impatto della ricerca sulla crescita economica. Il percorso, ancora in salita, richiede un grosso impegno per affrontare e risolvere numerose questioni, in particolare quelle relative alla sicurezza, alla valutazione della qualità dei dati, alla conservazione e archiviazione permanente (data curation) [11].

5. Le risorse disponibili: registri nazionali e basi di dati

Nel quadro delle azioni di salute pubblica promosse dall'ISS, lo staff di ricerca dell'Ente cura l'acquisizione e la produzione di dati a vari livelli. I due principali strumenti di analisi dello stato sanitario del Paese sono i registri nazionali e le basi di dati [12]. I registri sono sistemi di censimento sistematico di dati per monitorare e studiare i casi di rischio per la salute legati al manifestarsi di una data patologia o alla tossicità chimica di una sostanza. Tecnicamente consistono in "statistiche per dati aggregati", cioè dati elaborati (non dati grezzi, quindi) condensati in report annuali.

Alcuni registri vengono istituiti con provvedimenti legislativi o ministeriali (es. Registro nazionale AIDS o Registro nazionale della malattia di Creutzfeldt-Jacob e sindromi correlate), mentre altri si configurano come registri 'spontanei' (es. Registro nazionale gemelli) costituiti per iniziativa dell'ISS come strumenti scientifici per contribuire a chiarire quali fattori ambientali o genetici e quali stili di vita influenzano la salute psicofisica della popolazione. Le basi di dati sono aggregazioni strutturate di dati di vario genere prodotte nell'ambito degli studi epidemiologici e di monitoraggio ambientale condotti dall'ISS. Sono consultabili, a seconda dei casi, liberamente (es. Banca dati cancerogeni, Banca dati della mortalità in Italia e Malattie rare esenti ticket) o tramite accesso riservato (es. Preparati pericolosi).

Esistono inoltre basi di dati consolidate nella pratica corrente della comunità di ricercatori ISS. Se ne riportano alcuni esempi, tra le più utilizzate in alcuni ambiti di ricerca coperti dall'Ente:

6. La questione dei dati personali: nuove regole tra protezione e liberalizzazione

Nella ricerca epidemiologica, il tema della protezione dei dati personali è tra quelli che 'scotta'; si tratta dei dati che consentono di risalire direttamente o indirettamente a un individuo, vale a dire alla sua sfera privata, pubblica o professionale. Di essi fanno parte i dati sanitari.

Sul fronte normativo internazionale esiste la Direttiva UE 95/46/EC sulla protezione dei dati personali, con diversità di applicazione nei vari stati membri, che hanno generato nel tempo incertezze e incoerenze tali da invocarne una modernizzazione rispetto ad una serie di punti:

Ad oggi l'iter di superamento di questa direttiva non si è ancora concluso. La proposta di riforma approvata dal Parlamento europeo a marzo 2014, che sfocerà nell'emanazione di un Regolamento, deve essere ancora adottata dal Consiglio dei Ministri europeo [13]. Tra le innovazioni previste c'è da evidenziare il riuso dei dati della ricerca basati sul consenso informato che dovrà tramutarsi in un consenso esplicito, nel senso che i dati appartengono alle persone che li hanno forniti e che senza un loro esplicito consenso non potranno essere venduti a imprese con finalità di lucro. Questa precisazione avrà ampie conseguenze per il riutilizzo dei dati della ricerca raccolti ad es. nelle biobanche.

7. L'under reporting delle sperimentazioni cliniche

Secondo studi recenti, per circa la metà degli studi clinici (es. gli studi di efficacia sui farmaci) conclusi, registrati in Clinicaltrials.gov [14], i dati pubblicati sono solo parziali [15]. E' una forma di oscurantismo che continua ad abbattersi sui dati generati dai trial, sia quelli commerciali, finanziati dall'industria farmaceutica, sia quelli istituzionali, frutto della ricerca di atenei e centri di ricerca. Ne sono ritenuti responsabili gli autori stessi, gli sponsor della ricerca e l'industria che non intendono pubblicare i dati scaturiti dalle sperimentazioni.

Le conseguenze a cascata di questa mancata pubblicazione di dati sono:

Sotto accusa è il mondo della ricerca con gli autori e gli sponsor della ricerca che non intendono sottomettere i report dei risultati dei trial per la pubblicazione. Se i casi di conflitto d'interesse [17] possono giustificare la riluttanza a pubblicare, ad es. nel caso di risultati sfavorevoli per le sperimentazioni cliniche sponsorizzate dall'industria farmaceutica, non sono ritenute altrettanto legittime le ragioni di ricercatori 'inerti' che hanno lavorato per studi clinici finanziati da fondi governativi o istituzionali. Tra le motivazioni addotte fioriscono gli aneddoti: dalla perdita di interesse per la ricerca in corso, al trasferimento presso un'altra istituzione o all'interruzione degli studi per il passaggio ad un diverso progetto [18].

Come uscire da questo impasse ? Occorre puntare su azioni decise da parte dei vari attori della ricerca: gli enti finanziatori (i funder) che dovrebbero condizionare l'erogazione dei fondi alla pubblicazione degli esiti delle ricerche finanziate; i comitati etici e gli enti di ricerca con l'emanazione di policy istituzionali ad hoc. La riscossa, in effetti, è già partita su vari fronti: da parte delle associazioni dei pazienti, degli organismi regolatori, per impulso di iniziative internazionali, ad opera della legislazione dell'Unione Europea, per effetto di un'editoria scientifica progressista.

Osserviamo più da vicino questo scenario di rivendicazione pro apertura dei dati. La politica trasparente sui dati riferiti agli studi clinici è il fulcro della campagna internazionale di alltrials.net [19], che ha lanciato una petizione [20] per assicurare che tutti i trial conclusi siano registrati e i risultati pubblicati o comunque resi pubblici. Sul piano concreto della trasparenza e nell'interesse degli obiettivi di salute pubblica, si è attivata anche l'Agenzia europea per il farmaco (European Medicines Agency, EMA) con una policy sulla pubblicazione dei dati clinici emanata il 2 ottobre 2014 [21]. L'orientamento regolatore dell'EMA ha mirato ad armonizzare i principi dell'accesso ed uso dei dati clinici da parte della comunità scientifica (con riferimento però ai clinical reports e non agli Individual Patients Data, IPD), della protezione dei dati personali e della salvaguardia dell'informazione commerciale riservata, eventualmente contenuta nei clinical reports, a tutela dei piani industriali di sviluppo della ricerca sui farmaci.

Quanto alle implicazioni tecniche di impiego e riuso dei dati, la policy EMA prevede al paragrafo 4.2.1 la scaricabilità dei dati per gli utenti registrati che abbiamo accettato le condizioni d'uso limitate a finalità di ricerca, esclusa ogni finalità commerciale [22]. Di nuovo, l'EMA è chiamata in azione dalla normativa europea che, con il Regolamento UE sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano, prevede la registrazione di tutti gli studi in un database europeo a partire dal 2016 e la loro pubblicazione entro un anno dalla conclusione [23].

Anche una fascia di editoria biomedica all'avanguardia ha inteso aprire un varco in direzione dell'accesso ai dati primari della ricerca, sui quali poggia tutta l'impalcatura delle pubblicazioni scientifiche. Già nel 2005, grazie ad un accordo siglato tra gli editori di riviste mediche affiliate all' International Committee of Medical Journal Editors (ICMJE), la registrazione degli studi clinici veniva riconosciuta come pre-condizione per la pubblicazione [24]. La European Association of Science Editors (EASE) ha anch'essa sottoscritto la citata petizione alltrials.net [20] al fine di sostenere la massima diffusione dei risultati dei trial clinici. Più recentemente, PLoS (Public Library of Science), editore leader nell'adozione del modello di pubblicazione open access, ha richiesto nelle istruzioni per gli autori delle proprie riviste l'indicazione di un accession number che identifichi un set di dati depositato in repository pubblici [25].

Per quanto riguarda il settore delle biorisorse, pochi mesi orsono è nata una nuova rivista, The Open Journal of Bioresources (OJB) [26], prodotta da Ubiquity Press che contiene articoli brevi, peer reviewed, aventi l'obiettivo di facilitare la localizzazione e la citazione delle biorisorse con alto potenziale di riutilizzo. Tra gli intenti dichiarati della nuova rivista, si sottolineano gli enormi vantaggi derivanti da una maggiore accessibilità e tracciabilità delle biorisorse, non solo per la comunità scientifica, ma anche per il grande pubblico ed i produttori stessi di biorisorse.

La massima autorità internazionale di politica sanitaria, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, ha inoltre ultimamente contribuito ad alimentare la cultura della trasparenza degli studi clinici con l'emanazione di una policy ad hoc, il WHO statement on public disclosure of clinical results, in cui due aspetti sono ribaditi come essenziali per il reporting dei risultati delle sperimentazioni: la sottomissione a una rivista peer reviewed entro 18 mesi dalla conclusione del trial, in modalità open access - o comunque entro massimo 30 mesi, in presenza di motivate ragioni di non ricorso alla modalità open - e il deposito dei risultati in un sito web pubblico gestito dal finanziatore della ricerca o dal responsabile del protocollo della sperimentazione [27].

In conclusione, per conciliare in una dinamica virtuosa i diversi principi di condivisione, trasparenza, integrità e riservatezza dei dati scaturiti dalla ricerca biomedica, è indispensabile lavorare sui cardini concettuali degli open research data:

Elisabetta Poltronieri, Paola De Castro, Settore Attività Editoriali - Istituto Superiore di Sanità, Roma, e-mail: elisabetta.poltronieri@iss.it, paola.decastro@iss.it


Note

* L'articolo si basa su una rielaborazione dell'intervento di Elisabetta Poltronieri alla Conferenza Dichiarazione di Messina 2.0: la via italiana all'accesso aperto, Messina 3-4 novembre 2014 <http://decennale.unime.it/wp-content/uploads/2014/11/Poltronieri_Messina_03112014.pdf>.

Gli autori desiderano ringraziare i colleghi ricercatori dell'Istituto Superiore di Sanità che hanno fornito documenti e hanno illustrato le problematiche emergenti nella loro esperienza di trattamento dei dati della ricerca: in particolare Carlo Petrini, responsabile dell'Unità di bioetica dell'ISS, Elena Bravo, Rossella Canese, Marina Ceccarini, Susanna Conti, Francesco Cubadda, Roberta De Angelis, Alessandro Giuliani, Marina Torre e inoltre Gaetana Cognetti responsabile della Biblioteca scientifica dell'Istituto Regina Elena di Roma.

[1] Si tratta del Programma di finanziamento che ha preceduto quello in corso (Horizon 2020). Nel 2008, la UE ha inserito nel 7. Programma Quadro una clausola che prevede il deposito obbligatorio in un archivio istituzionale o tematico delle pubblicazioni prodotte dalla ricerca finanziata da fondi europei (<ftp://ftp.cordis.europa.eu/pub/fp7/docs/open-access-pilot_en.pdf>).

[2] Il documento è disponibile all'indirizzo <http://ec.europa.eu/research/science-society/document_library/pdf_06/era-communication-towards-better-access-to-scientific-information_en.pdf>.

[3] Il documento è disponibile all'indirizzo <http://ec.europa.eu/research/science-society/document_library/pdf_06/recommendation-access-and-preservation-scientific-information_en.pdf>.

[4] Definizioni, riferimenti normativi e problematiche relative anche al contesto italiano sono riassunti da Paola Galimberti in L'accesso aperto ai dati della ricerca, "ROARS (Return On Academic ReSearch)" 29 agosto 2014, <http://www.roars.it/online/laccesso-aperto-ai-dati-della-ricerca/>.

[5] Sulle tematiche in discussione e sui commenti espressi dai vari attori convenuti per la Consultazione, si veda il Rapporto della Commissione disponibile all'indirizzo: <http://ec.europa.eu/research/science-society/document_library/pdf_06/report_2013-07-open_research_data-consultation.pdf >.

[6] Paola de Castro - Alessia Calzolari - Federica Napolitani - Anna Maria Rossi - Laurence Mabile - Anne Cambon-Thomsen - Elena Bravo, Open data sharing in the context of bioresources, "Acta informatica medica", 21 (2013), 4, p. 291–292 (<http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3916190/>); cfr. anche Alessia Calzolari - Elena Bravo - Paola De Castro - Anna Maria Rossi - Laurence Mabile - Anne Cambon-Thomsen - Federica Napolitani, Il progetto BRIF (Bioresources research impact factor): uno strumento per promuovere la condivisione e l'accesso alle biorisorse, "Bibliotime", 16 (2013), 3, <https://www.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-xvi-3/calzolari.htm>.

[7] Gli aspetti di data linkage come collegamento di dati strutturati sul web sono ricompresi nell'orbita del web semantico e degli open data; si veda a riguardo Antonella Iacono, Linked data, Roma, Associazione Italiana Biblioteche (Enciclopedia Tascabile, 32), 2014, p. 13 e sgg.

[8] Per scoprire le potenzialità e le problematiche legate all'utilizzo per fini terapeutici di dati eterogenei sulla persona si veda G. M. Weber - K. D. Mandl – I. S. Kohane, Finding the Missing Link for Big Biomedical Data. "JAMA", 311 (2014), p. 2479-2480.

[9] Si tratta dei principi enunciati da Christine L. Borgman nella sua relazione Data, data, anywhere, nor any drop to drink (disponibile all'indirizzo <http://www.slideshare.net/ResearchDataAlliance/christine-borgman-keynote>) al Plenary Meeting RDA, tenutosi ad Amsterdam il 22-24 settembre 2014, che ha riunito, tra gli altri, anche bibliotecari, archivisti ed editori. Nell'occasione è stato annunciato, per gennaio 2015 e in uscita dalla MIT Press, il prossimo libro della Borgman: Big Data, Little Data, No Data: Scholarship in the Networked World.

[10] Le informazioni sulle finalità del Pilot e sulle modalità di adesione sono riportate nelle Guidelines on Open Access to Scientific Publications and Research Data in Horizon 2020, <http://ec.europa.eu/research/participants/data/ref/h2020/grants_manual/hi/oa_pilot/h2020-hi-oa-pilot-guide_en.pdf>.

[11] Iryna Solodovnik - Paola Rizzitano, Open Science 2020: Harmonizing Current OA practices with H2020 Guidelines, "Bibliotime", 17 (2014), 1, <https://www.aib.it/aib/sezioni/emr/bibtime/num-xvii-1/solodovnik.htm>.

[12] L'elenco dei Registri nazionali e delle Basi di dati gestiti dall'ISS è disponibile sul sito web dell'Ente rispettivamente agli indirizzi <http://www.iss.it/index.php?lang=1&id=152&tipo=45> e <http://www.iss.it/index.php?lang=1&anno=2014&tipo=39>.

[13] L'iter legislativo del nuovo Regolamento si può seguire nella scheda dell'Osservatorio legislativo del Parlamento europeo a questo indirizzo: <http://www.europarl.europa.eu/oeil/popups/ficheprocedure.do?lang=en&reference=2012/0011(COD)>.

[14] Clinicaltrials.gov (<https://clinicaltrials.gov/>) è il registro pubblico delle sperimentazioni cliniche gestito dalla National Library of Medicine (Bethesda, US).

[15] Ne riferisce un recente editoriale pubblicato su "British medical journal", che argomenta le ragioni dei pazienti delusi e le motivazioni spesso ingiustificate che inducono i ricercatori a non sottomettere per la pubblicazione i report sui dati: I. Chalmers et al., All trials must be registered and the results published "BMJ", 2013, 346:f105.

[16] La Dichiarazione di Helsinki, adottata dalla World Medical Association nel 1964 è la carta dei principi etici della sperimentazione umana che impone di rendere pubblici i dati derivanti dalla ricerca umana e raccomanda di pubblicare anche i dati negativi della ricerca.

[17] Per un approfondimento sul tema del conflitto d'interesse e dei rapporti tra industria e mondo accademico cfr. Francesco Rosmini, Attualità sul conflitto d'interesse nella ricerca sanitaria, "Notiziario dell'Istituto Superiore di Sanità", 27 (2014), 7-8, p. 11-13.

[18] Una casistica dettagliata delle obiezioni più comuni sulla condivisione dei dati e dei rimedi per contrastare la resistenza a non praticarne la libera circolazione è stata esposta da Peter Doorn nel suo intervento Sharing your data increase your visibility, and data reuse increase citations al convegno "Open Science 2020: Harmonizing Current OA practices with H2020 Guidelines", organizzato dal CNR-ISTI a Pisa l'8 aprile 2014 (si veda il resoconto del Convegno curato da Alessandro Sarretta, con i link alle varie presentazioni, all'indirizzo: <http://openscience.it/2014/04/09/obiettivo-open-science-conquistare-i-cuori-e-le-menti/>).

[19] ALLtrials (<http://www.alltrials.net/>) è una iniziativa sorta sotto l'egida di BMJ, PLoS e Cochrane Collaboration che si batte per la pubblicazione integrale dei dati derivanti da studi clinici sponsorizzati dall'industria farmaceutica. In Italia è sostenuta dall'Istituto di ricerca indipendente Mario Negri. Per una panoramica della politica farmaceutica italiana, si veda un articolo apparso sul sito web dell'American Chamber of Commerce in Italia: Roberto Valenti, Accesso ai dati delle sperimentazioni cliniche: la prospettiva italiana, "AmCham News", 28 novembre 2013, disponibile all'indirizzo: <http://www.amcham.it/default.asp?id=418&id_n=4135>.

[20] ALLTrials invita pazienti, ricercatori, professionisti sanitari e agenzie regolatorie a firmare una petizione (<http://www.alltrials.net/petition/>) affinché si attui l'obiettivo di registrare tutti i trial e di pubblicarne integralmente metodi e risultati.

[21] Il testo della European Medicines Agency policy on publication of clinical data for medicinal products for human use è disponibile all'indirizzo: <http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/Other/2014/10/WC500174796.pdf>.

Di utile lettura per comprendere la genesi e l'evoluzione della policy è il documento disponibile all'indirizzo <http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/Report/2014/10/WC500174378.pdf>.

[22] Dalla policy EMA trapela in realtà la preoccupazione per alcune tecnologie emergenti in grado di far risalire all'identità dei pazienti. A proposito di "Protecting personal data" (paragrafo 4.1) si legge, infatti: "Yet, the Agency is primarily concerned that emerging technologies for data mining and database linkage will increase the potential for unlawful retroactive patient identification. The Agency, therefore, takes a guarded approach to the sharing of patient-level data, which is done to enable legitimate learning from sharing patient-level data while preventing rare but potentially damaging instances of patient identification".

[23] Si tratta del Regolamento UE 536 del 16 aprile 2014 (disponibile, nella versione italiana, all'indirizzo: <http://ec.europa.eu/health/files/eudralex/vol-1/reg_2014_536/reg_2014_536_it.pdf>, direttamente applicabile in tutti gli stati membri, che all'articolo 81 incarica proprio l'EMA di istituire e gestire una banca dati sulle sperimentazioni cliniche a livello di Unione Europea accessibile al pubblico, salvo i casi di dati e informazioni da tenere motivatamente riservati.

[24] Nella sezione Clinical trial registration (<http://www.icmje.org/recommendations/browse/publishing-and-editorial-issues/clinical-trial-registration.html>) delle Raccomandazioni ICMJE viene così riportato: "Briefly, the ICMJE requires, and recommends that all medical journal editors require, registration of clinical trials in a public trials registry at or before the time of first patient enrollment as a condition of consideration for publication. Editors requesting inclusion of their journal on the ICMJE website list of publications that follow ICMJE guidance should recognize that the listing implies enforcement by the journal of ICMJE's trial registration policy".

[25] Cfr. il paragrafo Data reporting guidelines delle istruzioni agli autori di "PLOS genetics", in cui viene precisato: "All appropriate datasets, images, and information should be deposited in public resources. Please provide the relevant accession numbers (and version numbers, if appropriate)".

[26] "The open journal of bioresources" (<http://openbioresources.metajnl.com/>)

[27] L'OMS che ha istituito nel 2004 un registro dei trial, WHO International Clinical Trials Registry Platform (ICTRP), collegato a un portale di accesso agli studi clinici correnti e pregressi, ha rilasciato questa policy, ancora in forma di draft, disponibile all'indirizzo <http://www.who.int/ictrp/results/Draft_WHO_Statement_results_reporting_clinical_trials.pdf?ua=1> e ha aperto una consultazione pubblica per ricevere commenti, terminata il 15 novembre scorso.




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