AIB
Marche. Resoconti IFLA 2009
Considero l'esperienza al convegno IFLA di Milano un punto di approdo teorico e una base di ripartenza del
mio impegno nell'ambito delle biblioteche. Ho iniziato a studiare biblioteconomia nell'ottobre del
2003 ma fino ad oggi le possibilità di messa in pratica delle conoscenze, acquisite attraverso
l'università e l'AIB, mi sono state offerte solo dall'ambito delle biblioteche private,
autofinanziandomi; oppure marginalmente da un impiego come documentalista in un'azienda informatica.
È stato impossibile invece lavorare con le strutture bibliotecarie accademiche o pubbliche,
risaputamente in crisi a causa principalmente della mancanza di finanziamenti certi.
La carenza di fondi però per fortuna non coincide con la mancanza di professionalità
cioè, detto altrimenti, se i bibliotecari non riescono a trovare lavoro nel settore ciò non
è dovuto a una loro obsolescenza sociale o all'inadeguatezza della formazione ricevuta, anzi: il
convegno IFLA in tutte le tematiche nel quale si è articolato è li a dimostrare che i
bibliotecari italiani, i docenti e gli studenti di bibliotecomia sono all'altezza delle sfide che li
attende nella società dell'informazione e che non hanno nulla da invidiare rispetto ai colleghi
degli altri paesi in quanto a capacità teorico-analitiche: in Italia è solo molto complicato
esercitare la professione.
Se un convegno serve innanzitutto a favorire lo scambio di esperienze allora l'IFLA ha realizzato bene il
suo compito. Per me è stata un'occasione per confrontare le conoscenze acquisite in questi anni di
studio e con grande conforto ho appurato l'efficacia dei corsi che ho seguito all'università,
le competenze dei docenti e soprattutto l'enorme utilità di far parte dell'AIB che rappresenta
tuttora per me un'importante palestra deontologica e didattica.
Se cominciare bene, quindi, è già fare metà del percorso professionale, allora non mi
resta che sperare che la passione e la tenacia dei colleghi bibliotecari favorisca sempre più occasioni
di lavoro. Ripartire dal convegno IFLA per me significa un rinnovato impegno nella difesa e diffusione delle
biblioteche.
Le sessioni che ho seguito sono state principalmente quelle sulle biblioteche accademiche; tutti gli incontri
hanno avuto un taglio molto generalista ad esclusione della sessione sulle biblioteche digitali alle quali
è stata dedicata un'intera giornata.
Tommaso Paiano, settembre 2009
Lo scorso agosto a Milano si è tenuto il congresso IFLA (International Federation of Library
Associations and Institutions) che ha il compito di rappresentare gli interessi delle biblioteche, dei suoi
servizi e dei suoi utenti (presenti e potenziali) dell'intero pianeta. È la voce rappresentativa di
tutto il mondo professionale che ruota intorno all'informazione e al suo contenitore, la biblioteca.
In particolare, l'IFLA ha, nel suo DNA, anche per l'ottantesimo anniversario, dal primo avvenuto in
Italia nel 1929 a Roma, il rimarcare il ruolo fondamentale, quale luogo in cui poter scambiare idee
all'interno di un contesto internazionale, attraverso le innumerevoli relazioni divise in otto divizioni
quali:
In questa “palestra” si sono espressi i propri pareri, le proprie osservazioni esplicitando ognuno
le sue esperienze su un eventuale contenuto di un'azione e trovare soluzioni alla propria realtà
istituzionale, istituto culturale con la comune idea di essere propositiva di nuovi servizi bibliotecari in
cui l'importanza non è più consolidata sulla gestione dell'informazione ma sulla
diffusione delle pubblicazioni, sulla gestione dei contenuti. Le biblioteche che non si adegueranno ai
cambiamenti perderanno potere all'interno dell'istituzione e rimarranno ai margini dei flussi della
conoscenza.
Le relazioni del programma IFLA 2009, all'interno delle otto divisioni, hanno affrontato la
centralità, sotto i diversi punti di vista, sia del “marketing della conoscenza” sia
dell'importanza dei metadati nelle diverse tipologie di biblioteche, in particolare le
“speciali”, aventi fondi speciali. I metadati, a differenza degli oggetti digitali (link alla
notizia con scansione ad es. di aspetti paratestuali della pubblicazione), sono dati che servono a descrivere
e specificare le funzioni e le caratteristiche di contenuti inseriti e gestiti dal CSM=content management
system, quasi fossero delle etichette; accessi vitali per la gestione dei contenuti.
Il resto della conferenza, sempre incentrata sul tema di “biblioteca che crea i futuri: costruire la
ricca eredità culturale” senza alcun distinguo di tipologia di biblioteca e di apertura al mondo
dei cataloghi editoriali (utilizzando stesse regole, a livello internazionale) rimarca l'utilizzo di un
linguaggio neutro in XML= extensible markup languages, metalinguaggio studiato appositamente per la
descrizione strutturata dei documenti. Il congresso ha avuto seguito contrapponendo due distinte linee; da un
lato il bibliotecario-biblioteca, come da compito tradizionale, deve cercare di preservare il passato, anche
consorziandosi con altri istituti di ricerca (diversi, anche, per forma giuridica), e dall'altra creare il
futuro, attraverso l'innovazione delle tecnologie, il mondo del digitale, i metadati; tutti necessari per
creare nuovi “contenitori”.
Le divisioni seconda e quarta quali: special libraries (government libraries) e bibliographic control
(bibliographies) hanno rimarcato da una parte l'interoperabilità, la flessibilità tra le
diverse istituzioni della memoria (musei, archivi, biblioteche=LAM) e dall'altra la tutela, la
conservazione dei distinti contenuti da preservare ma divulgare (v. relazione di Gabriella Contardi, SBN: A
cooperative library service infrastructure and the bibliographic control; Regina Varniene-Janssen della
National library of Lithuania, Vilnius, Lithuania che sottolinea la centralità di un sistema virtuale
integrato in cui il contenuto digitale e non l'oggetto digitale è al centro della rivoluzione
informativa).
Per le biblioteche parlamentari (governative), in particolare, come ha relazionato Anna Galluzzi, Senate
library, Rome in Changing visions esistono due strade future: la prima, alta specializzazione all'interno
della propria struttura soddisfacendo i bisogni informativi futuri dei propri utenti primari (parlamentari,
politici) sviluppando pratiche innovative ed efficaci (v. relazioni di C. Murphy, Ravensbourne research
limited, England; W. Kulisiewicz, Sejm library, Poland); la seconda, che si avvicina per la propria
“mission” ad una biblioteca, per tipologia distinta ma nella quale si evince il partenariato sia
per l'uso delle innovazioni tecnologiche sia per i nuovi impulsi sul fronte della ricerca e dei servizi
(v. Italia, F.E. Rosales Salinas, Camara de Deputados de Mexico, Mexico City, Mexico; S. Aligrudic, The
library of the Parliament of Montenegro; Library of Congress; M.Fraser, New Zealand parliamentary library, New
Zealand) al fine di creare una più vasta comunità (condivisione di notizie per una stessa
finalità), la “familiar social environment”. Ad es. il Montenegro ha attivato un consorzio,
ECPR=European centre parliamentary research, includendo oltre che l'università, stati diversi
quali: Austria, Slovacchia e Serbia). La stessa Library of Congress ha, tra i suoi prossimi obiettivi, la
ridefinizione dei “repositories”, in grado di trasmettere ai cittadini i contenuti
dell'istituzione, farli sentire più partecipativi alle azioni prese da parte dei parlamentari; no
consumatori individuali ma creatori di una comunità, di una “rete umana”.
La Biblioteca nazionale del Cile adotta sistemi per far conoscere ai parlamentari i servizi informativi messi
a disposizione della biblioteca e i canali utilizzati (social web e information- literacy attivata con
l'università) per il riscontro e l'analisi delle esigenze informative degli utenti. La
divisione sei: Management and technology è stata, dunque, il fulcro dell'intero congresso e alla
sezione seconda: le biblioteche governative (parlamentari) il comun denominatore è stato
l'attenzione posta nell'attiva partecipazione civile che dovrebbe esistere all'interno dei lavori
dell'istituzione con l'ausilio di opportunità, come “l'open source” per
l'intranet (social software in action, v. University library of Johannsburg – South Africa) in cui
gli strumenti vengono utilizzati per il fine della conoscenza condivisa. Le decisioni prese, riportate nei
documenti legali, devono portare all'estensione della conoscenza in cui la ricerca è
indispensabile. L'informazione governativa è risorsa vitale e deve servire a diminuire il
“digital divide”.
Tra le numerose relazioni si suggeriscono, per le biblioteche aventi fondi speciali, i progetti realizzati da:
v. D. Sinn, State University di New York che sottolinea l'importanza di creare archivi come memoria;
qualcosa che si ripropone, si rimodella continuamente; J. Parland-Von Essen, Society of Swedish literature in
Finland in The Henrik Database; A. Walker, British library, London in The library of Sir Hans Sloane; S. Lin,
American Samoa Community College, Pago Pago, USA. In tutti i contributi, lo stesso messaggio si trasmette; il
pianificare la conservazione dei “contenuti” attraverso programmi di conservazione digitalizzati,
rispondendo a standard internazionali. La qualità del dato va oltre le sei aree di SBN come illustra J.
Simane, Kunsthistorisches Institute, Max Planck Institut, Firenze. I capisaldi di IFLA 2009 sono stati,
dunque, libertà di espressione e libero flusso dell'informazione sui quali il bibliotecario, saldo
alla sua duplice competenza professionale e disciplinare, è necessario che si riposizioni dedicando
minor tempo all'attività di catalogazione per esaminare il modus operandi del catalogo, costruito
con precise regole ed essere improntato ad una sistemazione, organizzazione e riunificazione del materiale,
riconsegnandolo al cittadino in soluzioni informative di “open access” in cui si diffondono sia le
pubblicazioni elaborate dagli agenti ma anche trattare e diffondere il materiale elaborato all'interno
dell'istituzione alla quale si appartiene in uno “spazio fisico” aperto (v. i primi segnali
dell'Italia si hanno ad es. con i progetti Michael e Culturalia). Qualsiasi istituzione che voglia portare
avanti politiche a favore dell'accesso aperto deve porsi come obiettivo l'applicazione graduale di
diversi strumenti, e soprattutto deve adattare le azioni alle loro particolarità e forme di
funzionamento. La diversità dei meccanismi e pertanto degli strumenti di intervento migliora
l'efficacia (raggiungimento degli obiettivi fissati) delle politiche intraprese.
E' tempo di reinventare, meglio riscoprire il lavoro giornaliero per creare attività, fulcro della
missione del proprio istituto culturale.
Francesca Pongetti, 30 settembre 2009
Scambiare due chiacchiere in metropolitana con la direttrice dei sistemi bibliotecari di una Università
del Sud Africa o trovarsi a brindare con un calice di prosecco insieme al responsabile delle biblioteche
dell'Università dell'Oklahoma non è certo cosa di tutti i giorni: that's IFLA! Ho
avuto l'opportunità di partecipare al 75° Congresso mondiale dell'IFLA grazie ad un
contributo della Regione Marche, che ha finanziato la quota di iscrizione di un gruppo di bibliotecari. Credo
che la qualità degli interventi e il confronto con colleghi provenienti da tutti i continenti mi
abbiano arricchita: di certo tale esperienza ha sottolineato il senso di appartenenza a una grande
comunità professionale.
Ottima l'organizzazione milanese e l'accoglienza del Presidente AIB Mauro Guerrini e di Claudia Lux,
Presidentessa uscente dell'IFLA. Interessante anche il programma di eventi collaterali, sia quelli di tipo
sociale che quelli di carattere più propriamente professionale, tra i quali ho avuto modo di apprezzare
la visita al sistema bibliotecario d'Ateneo dell'Università Statale di Milano, guidata con
accuratezza ed entusiasmo dalle colleghe milanesi.
Per quanto concerne più specificamente gli eventi di tipo scientifico che ho seguito, desidero
spendere qualche riga sulla sessione relativa al Document Delivery e Resource Sharing, che poi è quella
che riguarda direttamente il tipo di lavoro che svolgo abitualmente nell'ambito del Centro di Ateneo di
Documentazione dell'Università Politecnica delle Marche.
La sessione si è svolta nel pomeriggio del 25 Agosto e ha visto l'intervento di Anna Vaglio,
collega dell'Università Bocconi con cui da almeno dieci anni scambio articoli e monografie, ma che
ho avuto il piacere di conoscere di persona solo in occasione del Congresso IFLA.
La sua relazione, dal titolo Document Supply e Electronic Course Reserves: due servizi, un solo Paradigma, si
prefiggeva l'obiettivo di dimostrare come sia possibile realizzare un sistema di testi d'esame
digitali consultabili online in una zona separata (ECR - Electronic Course Reserves) sulla base della
struttura e dai metodi organizzativi del servizio di prestito interbibliotecario e di document delivery.
A partire dalla descrizione del contesto di riferimento – la biblioteca di una Università
specializzata nelle scienze sociali, con un posseduto che si attesta sui 750.000 volumi e 12.000 periodici e
dove 52 bibliotecari garantiscono prestito, document delivery e servizi di reference a più di 20.000
utenti – si è illustrato in particolare il lavoro del servizio di prestito interbibliotecario e
document delivery. A questo proposito, 350 utenti generano annualmente 1.600 richieste di fornitura documenti
(40% libri e 60% articoli), le quali vengono prese in carico da 2,5 bibliotecari FTE (Full Time Equivalent).
Le 560 biblioteche fornitrici di materiale (lending libraries) sono per il 63% italiane, per il 9% biblioteche
universitarie europee, per il 25% provengono dal Document Supply Center della British Library e per il
restante 3% biblioteche americane partecipanti a OCLC.
Si sono poi confrontati i flussi di lavoro e gli obiettivi del document delivery e dell'ECR: entrambi i
servizi si costruiscono infatti a partire dalla richiesta di un utente e si concludono con la
“consegna” di un documento. L'unica differenza consiste nel fatto che mentre il servizio di
document delivery consegna all'utente il documento che ha richiesto, l'ECR lo pubblica in un'area
protetta del web.
Interessante l'accenno alle problematiche relative al copyright e alla gestione delle licenze (dalla loro
localizzazione al loro ottenimento, al loro trattamento secondo una lending philosophy piuttosto che seguendo
un'ottica di tipo pay per view), oltre che alla personalizzazione del modulo ERM (Electronic Resorce
Management) del sistema di automazione Millennium adottato dalla biblioteca ai fini di gestire i permessi ECR,
i pagamenti e le scadenze, tutte questioni che pongono l'accento sull'importanza di delineare gli
attori e i ruoli dei processi analizzati, puntando sulla crescita professionale dei bibliotecari del servizio
ILL.
In effetti l'esempio della biblioteca Bocconi è una dimostrazione del fatto che il servizio di
document delivery risulta strategico per rinnovare i servizi della biblioteca e che le competenze dei suoi
bibliotecari (ricerca nel web, capacità di contattare e di comunicare correttamente con gli utenti e i
fornitori, stabilire accordi con altre biblioteche) sono determinanti anche in altre attività della
biblioteca. Ma il caso analizzato dimostra anche che l'introduzione dell'ECR dilata il binomio
tradizionale del document delivery (un utente / un bibliotecario), trasformandolo in un'attività di
“Library Delivery” (tutta la biblioteca / la comunità accademica).
La sessione proseguiva con la presentazione di un caso riguardante i colleghi della Turchia. La relazione,
dal titolo New Approaches for Interlibrary Loan Operations in Turkey; KITS (Interlibrary Loan Tracking System)
verteva sull'introduzione di KITS, un sistema online per la condivisione di risorse che interessa le
istituzioni accademiche e i centri di ricerca turchi: questi a partire dall'anno 2000 possono accedere al
full-text e alle risorse elettroniche bibliografiche relative a diverse materie attraverso ANKOS (Anatolian
University Libraries Consortium).
Oltre alle attività tipiche di un consorzio, nell'ambito di ANKOS parecchi gruppi di lavoro e di
ricerca portano avanti diversi progetti, fra i quali la stesura del National Resource Sharing Guideline (Linee
guida per la condivisione di risorse nazionali) e la produzione dello stesso KITS.
KITS può essere definita come un'applicazione che centralizza tutte le operazioni di prestito
interbibliotecario. Le istituzioni che partecipano al progetto gestiscono online tutte le attività di
condivisione di risorse: si tratta di un esperimento unico e primo nel suo genere in Turchia, ed è
auspicabile che tutte le istituzioni appartenenti al sistema dell'educazione superiore aderiscano a questo
progetto, il quale risulta molto amichevole e consente ad ogni struttura partecipante di ottenere facilmente
le statistiche relative ai propri prestiti interbibliotecari.
Per riferimenti:
Copyright AIB 2010-06-03, a cura di Tommaso
Paiano
URL:https://www.aib.it/aib/sezioni/marche/ifla2009.htm