Proposta per un ciclo produttivo dell’industria culturale
Introduzione: le motivazioni e gli scopi
Lo scopo principale di questo intervento è il tentativo di definire
in maniera compiuta il nascente mercato connesso allo sfruttamento economico
dei Beni Culturali. La ricerca di un approccio economico ai Beni
Culturali sta portando alla necessità di collegare in modo nuovo
l’esigenza della loro conservazione con quella della loro fruizione; infatti
la possibilità di poter usufruire nel corso del tempo libero di
questi beni renderà il settore della cultura un settore economicamente
significativo nei prossimi anni (possiamo invece notare come in tutto il
mondo occidentale fino a pochi anni fa la cultura fosse considerata un
settore non economico della vita umana).
Ciò che cerco di presentare sono sia gli elementi che tendono
ad suffragare questo cambiamento sia una possibile ipotesi di ciclo industriale
per questo nuovo settore di mercato. Tenterò inoltre di proporre
una considerazione sui beni culturali come Giacimenti Culturali dato che
riteniamo che questi beni rappresenteranno nel prossimo secolo la nostra
principale “risorsa naturale” diventando così per l’Europa una risorsa
tanto importante quanto lo è stato il petrolio per lo sviluppo dei
Paesi Arabi negli ultimi quarant’anni.
In sintesi questa relazione si propone di stimolare la nuova posizione
nei confronti del patrimonio culturale europeo e di rendere coscienti,
sia l’opinione pubblica che la comunità culturale, delle potenzialità
che l'adozione di questa visione potrebbe aprire. A questo proposito è
sembrato importante sottolineare inoltre il ruolo che l’Italia e Venezia
(che noi utilizziamo come esempio) potrebbero svolgere nella concretizzazione
di questa proposta.
I punti più significativi della relazione saranno la descrizione
di una proposta di definizione del ciclo produttivo dell’industria culturale
provando poi a proporre una redditività del prodotto culturale:
1) vorrei innanzitutto definire i concetti di bene e prodotto
culturale oltre a descriverne alcune proprietà che ipotizzo possano
caratterizzare tale prodotto come l’autofertilizzazione del giacimento
culturale e la differenziazione del prodotto culturale;
2) inoltre, usando un parallelo tra un giacimento petrolifero
e uno culturale, provare a definire le fasi del processo produttivo dell’industria
culturale; lo studio preliminare del materiale, la fase di digitalizzazione
e inserimento nella banca dati, la fase di trasferimento delle informazioni
grezze, quelle di realizzazione dei prodotti culturali (authoring) e infine
quella di distribuzione e vendita;
3) proporrò poi alcune azioni che i singoli stati e l’Unione
Europea potrebbero adottare al fine di promuovere un più rapido
sviluppo della stessa industria culturale come l’attuare una politica protezionistica
sui diritti di utilizzazione dei giacimenti culturali e l’investire nella
ricerca e nella realizzazione di stabilimenti culturali vicino ai luoghi
di estrazione per sfruttare meglio le sinergie in grado di far decollare
più facilmente tale industria;
4) infine descriverò le caratteristiche del Progetto VENIVA
(e del Progetto MINERS prima di questo), progetti pensati da Marsilio come
prototipi di ciclo integrato di produzione culturale; dalla fase di prospezione
in biblioteche e archivi (come la Marciana e l’Archivio di Stato di Venezia)
alla digitalizzazione e memorizzazione su supporti magnetici di materiale
cartografico sino alla realizzazione di alcuni prodotti multimediali sia
per Internet che per CD-ROM e alla loro distribuzione on-line e off-line.
1. I beni culturali in Italia ed Europa, lo stato dell’arte
I Beni Culturali sono da sempre considerati parte fondamentale della
memoria collettiva del passato in tutto il mondo occidentale e, forse in
misura più ridotta, nel mondo orientale.
Il concetto di bene è sempre stato associato in Occidente alla
fisicità del bene originale e ciò in netto contrasto con
quanto avviene in Oriente ove la copia può avere, visto che di ciò
si tratta, lo stesso valore rappresentativo dell’originale.
Da questo attaccamento quasi morboso per l’oggetto e per il suo contenuto
culturale si è arrivati a considerare come “sacri”, e a ragione,
anche i ruderi degli edifici antichi o i cocci.
Questo sentimento, comune appunto a tutto il mondo occidentale, ha
continuato ad espandersi con il procedere dei secoli fino ad arrivare al
presente nel quale ogni bene, documento cartaceo o bene immobile che abbia
valore storico-artistico, si considera degno di protezione e conservazione
da parte dello Stato in cui si trova (e ciò anche se provenga o
sia stato creato in un luogo lontano).
In Europa, ed in particolare in Italia, questo obbligo alla conservazione
e al restauro dei Beni Culturali è presente da più tempo
che nelle altre parti del mondo; è anche per questa ragione che
oggi l’Europa è il luogo ove sono presenti la stragrande maggioranza
di questi beni.
Con lo scorrere del tempo e l’aumento quantitativo delle opere dell’ingegno
umano, la conservazione è di conseguenza divenuta più onerosa
e difficoltosa: i musei non riescono più a raccogliere le opere
degne di entrarvi, non si contano più le chiese traboccanti di opere
d’arte e prive di un’adeguata protezione (è sufficiente scorrere
i giornali per constatarlo) e gli archivi storici, a detta degli stessi
archivisti, non sono più in grado di far fronte alle esigenze dei
documenti degli ultimi cento anni in attesa di essere catalogati e posti
adeguatamente a dimora.
Il settore della cultura versa così in una crisi di sviluppo
e di prospettive; i progetti nati negli anni passati hanno incontrato grosse
difficoltà nella realizzazione e gli anni immediatamente futuri
destano grosse preoccupazioni, non ultimi gli effetti dell’apertura delle
frontiere interne della U.E.
Se fin qui il nobile intento di fornire una degna eredità storica
a tutti i cittadini (che ne sono i legittimi beneficiari) e di dotarli
degli strumenti e delle cognizioni per godere di tale patrimonio è
rimasto in parte incompiuto, non si può affermare che la prepotenza
delle leggi di mercato, regolanti il settore turistico abbiano saputo ottimizzare
le energie valorizzando i beni culturali grazie ad un potenziamento dell'offerta.
La domanda di qualità proveniente dal settore turistico è
rimasta infatti disattesa, poiché si è preferito sfruttare
fino all’esaurimento il singolo bene culturale già ben conosciuto,
invece di valorizzare quei beni ancora sconosciuti, o poco conosciuti ai
più, così da trasformare i beni culturali che giacciono in
stato di abbandono nei cosiddetti "giacimenti culturali".
2. Bene culturale e prodotto culturale
Un “bene culturale” è un'opera dell'ingegno, dotata di una sua
individualità e di caratteristiche originali; è protetta
dal diritto d'autore e quasi sempre è il risultato degli sforzi
di un singolo autore; essa può inoltre assumere forme diverse.
Abbiamo scelto di definire così l’opera dell’ingegno per porla
in contrapposizione con il termine “prodotto culturale” che invece vuole
descrivere il risultato della richiesta avanzata dal “mercato della cultura”
(inteso in contrapposizione con il “giacimento”) di prodotti atti a essere
fruiti, e cioè visti, letti o più in generale “consumati”
da parte della massa delle persone che non essendo in grado, o non avendo
tempo, di creare delle opere proprie, intendono solo fruire delle opere
dell’ingegno prodotte da altri (tutto ciò risponde al bisogno di
conoscenza e la necessità di impiegare il tempo libero con attività
soddisfacenti sono un'esigenza imprescindibile per l’essere umano).
Così nel “settore culturale”, in alternativa al modello fino
ad oggi proposto dal mercato turistico di fruizione diretta da parte del
pubblico del “bene culturale”, si intende proporre l’utilizzazione alternativa
del modello proposto invece dall’editoria di una fruizione indiretta dell’opera
tramite la mediazione del “prodotto culturale” che, pur essendo sempre
un’opera culturale, non ha più le caratteristiche di unicità
e originalità possedute dal “bene culturale”, poiché è
un oggetto appositamente pensato e realizzato industrialmente per il mercato
della cultura.
Possiamo notare infatti i diversi effetti avuti sul giacimento originale
da parte dei due diversi modelli di fruizione:
- l’uno, quello turistico, concentrandosi solo sullo sfruttamento del
“bene culturale” senza creare alcunché, non avrà nel migliore
dei casi, altro risultato che il lasciare inalterato il bene sfruttato,
ma potrebbe anche, in casi più sfortunati, danneggiarlo sia materialmente
che nel valore intrinseco perché troppo esposto in pubblico;
- l’altro, quello editoriale, prevedendo in ogni caso una rielaborazione
intellettuale del bene per ottenere il “prodotto culturale”, non avrà
nel peggiore dei casi altro risultato che lasciare inalterato il bene potendo
aggiungere al giacimento, nel caso in cui il prodotto si riveli un’opera
di qualità, un nuovo bene che finirà per aumentarne il valore.
Fig. 1 - Il bene culturale e il suo prodotto trasformato di fronte
al mercato
3. La gestione dei giacimenti culturali
Se prendiamo in esame il patrimonio artistico-documentario di una nazione
come l'Italia, vediamo che esso rappresenta una ricchezza immensa, di entità
imprecisata di cui si sono fatte solo stime sull'ordine di grandezza e
la cui stessa precisa localizzazione non è stata ancora individuata.
Sono mancate, infatti, le energie per censire e catalogare tale fortuna,
così oggi questa risulta ancora un’entità semisommersa affiorante
da quel particolare sottosuolo, sia fisico sia metaforico, che è
il nostro passato.
Il luogo ove si trova questo bene che gli addetti ai lavori definiscono
appunto rinveniente può essere chiamato “giacimento”.
Esso è infatti, proprio per definizione, un bene che va tenuto
in grande considerazione, difeso e valorizzato; per far questo sarà
necessario immaginare la creazione di un settore delle attività
umane preposto alla cura e alla valorizzazione di esso e che potrebbe essere
denominato “mercato culturale”.
Ora forse potrà sembrare azzardato paragonare questo “giacimento”
in gran parte sconosciuto a quello di una materia prima come il petrolio,
ma possiamo affermare che il patrimonio culturale esistente in Europa rappresenta
una ricchezza analoga al petrolio dei Paesi Arabi.
Il mercato
Considerando inoltre che la cultura è un'attività non
inquinante e che la domanda supererà sempre l'offerta senza rischi
di saturazione, esistono tutte le condizioni perché il settore venga
ottimizzato e potenziato; tutto ciò, naturalmente, sarà possibile
soltanto con investimenti a lungo termine ed affrontando un margine di
rischio.
In Italia qualche passo si sta compiendo in questa direzione grazie
alla ormai acquisita legge che prende il nome dell’ex Ministro dei Beni
Culturali e Ambientali Alberto Ronchey, che ha ammesso l'imprenditoria
privata nella gestione dei musei, soggetti visti finalmente come imprese
che producono delle attività e non solo delle passività,
come lo Stato li ha fino a ieri considerati e gestiti.
Possiamo infatti affermare che da una partecipazione privata nel campo
dei Beni Culturali non ci si possono aspettare che stimoli positivi, nuove
potenzialità e intelligenti politiche gestionali.
4. L’autofertilizzazione del giacimento culturale
Con il termine “auto-fertilizzazione” si è cercato di definire
una importante proprietà che contraddistingue il “giacimento culturale”
da altri tipi di giacimenti; tale proprietà consiste nella capacità
dello stesso di arricchirsi e potenziare la sua funzione informativa in
virtù dell'utilizzo che ne fa l’individuo che lo consulta.
Avviene infatti che ogni qual volta una persona consulta un qualche
“bene culturale” (facente parte ovviamente di un giacimento) per creare
da questo un’ulteriore opera dell’intelligenza umana, tale opera possa
andare ad arricchire la collezione stessa cui essa si è ispirata.
Questo processo di creazione può essere definito autofertilizzante,
in quanto richiede come unica precondizione la presenza, al momento della
creazione dell’opera culturale, di un substrato preesistente che noi definiamo
appunto “giacimento” cui poi il bene eventualmente creato sia connesso.
5. La differenziazione del prodotto culturale
Un ultimo concetto che vale la pena di essere espresso è quello
legato alla differenziazione dell’offerta culturale che è legata
alla trasformazione del settore culturale da noi descritta precedentemente.
Per meglio descriverlo, possiamo citare quale esempio un'operazione
editoriale che, partendo da un testo corredato da alcune illustrazioni,
abbia ottenuto contemporaneamente tre diversi risultati: un libro in edizione
economica con il solo testo; un altro libro in veste editoriale più
curata con testo e relative illustrazioni; ed infine un libro con le sole
immagini, per un pubblico più vasto, come strenna natalizia; tutti
aventi caratteristiche differenziate quali prezzo, qualità, acquirenti
e contenuti.
Perciò più in generale con l’introduzione del “prodotto
culturale” il settore potrebbe avere un’altra opportunità fino ad
ora preclusa proprio dalle caratteristiche del “bene culturale”: la possibilità
di moltiplicare le forme con le quali proporre lo stesso bene.
Nel momento della sua creazione infatti la qualità, la quantità,
gli scopi, i supporti, i destinatari e le aree di mercato di un prodotto
possono essere determinate in modo da coprire solo parte del mercato; si
noti come già oggi una delle prerogative del settore editoriale
consiste nella varietà dei suoi prodotti commerciali.
Così molteplici prodotti, redatti sia secondo metodi tradizionali
che con nuovi sistemi, potranno essere utilizzati per formare un articolato
e complesso sistema informativo adatto alle diverse tipologie di utenza
e alle eterogenee realtà culturali del nostro pianeta.
Fig. 3 Differenza tra prodotto e bene culturale visti in rapporto al
costo di fruizione e alle tipologie di utenti.
6. Le nuove esigenze del mercato culturale
Per potenziare il mercato della cultura è necessario produrre
opere secondo cicli produttivi di tipo industriale così da poter
aumentare la produzione e migliorare la qualità. Questo processo
è stato adottato già da lungo tempo per sviluppare gli altri
settori dell’attività umana, dall’architettura all’ingegneria.
Rispetto alla situazione attuale, grazie all'apporto di maggiori investimenti
e alla possibilità di scambi e confronti fra i diversi responsabili
del prodotto, si potrebbero realizzare dei prodotti culturali di gran lunga
più rapidamente e maggiormente in grado di rispondere alle esigenze
di questo mercato in costante evoluzione e la cui imprevedibilità
è ben nota.
Primo compito di un sistema che voglia definirsi industriale è
la ricerca degli standard che permettano la sinergia fra i diversi momenti
del ciclo produttivo; questo perciò dovrà essere strutturato
nelle sue diverse fasi, senza lasciare nulla al caso o all'arbitrarietà
del singolo.
Una precisa flow chart è perciò di massima importanza
per ottenere un prodotto finito vendibile.
Un'altra considerazione molto importante consiste nel fatto che un
prodotto tecnologico, pur di alto valore innovativo, deve sapersi inserire
nella realtà preesistente per operare al meglio; scardinare le leggi
della tradizione non è semplice né utile, perciò i
sistemi già in uso dovranno essere rispettati in quanto rappresentano
la realtà conosciuta, ben collaudata, in altre parole dominante.
Una nuova tecnologia, insomma, deve essere compatibile sia con i sistemi
tradizionali che con quelli futuri.
7. Il ciclo produttivo del prodotto culturale
Vediamo ora di descrivere il possibile ciclo di produzione di un generico
“prodotto culturale” derivante da un “giacimento culturale” preesistente,
localizzato in una raccolta artistico-documentaria, elencandone le fasi
che lo compongono:
1) lo studio preliminare del materiale conservato corrisponde alla
fase di prospezione e di rinvenimento;
2) la digitalizzazione e l'inserimento in banche dati delle immagini
dei singoli beni del fondo, tramite una piattaforma editoriale, rappresenta
la fase di estrazione;
La massa non strutturata di dati estratti dai beni può essere
vista come il materiale grezzo che viene estratto dalla raccolta storico-documentaria;
3) il trasferimento delle immagini, una volta digitalizzate e strutturate,
in una rete digitale fino agli enti preposti alla loro rielaborazione,
in modo da ottenere dei “prodotti culturali”, corrisponde alla fase di
trasporto;
4) il compito di creare dei prodotti viene assunto da organizzazioni
quali le università, gli istituti di ricerca o le case editrici;
ciò avviene nella fase di realizzazione (authoring) dei prodotti
finali;
5) il trasferimento, infine, dei prodotti verso i mercati è
chiamata fase di distribuzione.
Per quanto riguarda la politica economica da perseguire, lo Stato quando
fosse proprietario di un giacimento culturale dovrebbe attuare, in un primo
tempo, una politica "protezionistica"; dovrebbe perciò mirare ad
investire nelle ricerche e ad installare "stabilimenti culturali" vicino
ai luoghi di estrazione (musei, archivi, biblioteche, ecc.) così
da creare un ciclo completo di produzione: dall’estrazione dei dati non
strutturati agli strumenti informativi più sofisticati ed analitici,
così da cautelarsi da uno sfruttamento indiscriminato del giacimento
da parte della concorrenza estera più intraprendente e lungimirante.
8. Il progetto VENIVA come prototipo del ciclo di produzione culturale
Il progetto VENIVA Archivio virtuale veneziano (EP Project n° 20638),
operativo da novembre 1995 e cofinanziato dalla Commissione Europea attraverso
ESPRIT, il programma comunitario di finanziamento per l'innovazione tecnologica,
è un’iniziativa che nasce sostenuta da un consorzio di società
private e di istituti culturali di Italia, Austria e Grecia. I partner
italiani sono la Marsilio Editori e l'EDS-Italia insieme all'Archivio di
Stato di Venezia e alla Biblioteca Nazionale Marciana; sono poi coinvolti
gli Archivi nazionali di Grecia, l'Archivio di Stato austriaco e il Politecnico
di Vienna con l'Università di Creta, la fondazione culturale della
Banca Nazionale di Grecia e la fondazione Lambrakis di Atene e Intracom,
una società greca di telecomunicazioni.
Il progetto intende fornire un servizio innovativo e creare un valore
aggiunto nel settore dell'informazione bibliografica e archivistica, realizzando
un servizio che offra la possibilità di navigare ipertestualmente
in un archivio elettronico virtuale su rete Internet.
Si vuole fornire l'accesso ai documenti e alle immagini appartenenti
a fondi conservati presso l'Archivio di Stato di Venezia, a materiale conservato
negli Archivi delle isole Ionie, a collezioni di disegni, schizzi e cartografie
su Creta conservate nella Biblioteca Nazionale Marciana e infine, a documenti
provenienti dall'Archivio di Stato di Vienna. L'ambito storico-culturale
entro il quale l'Archivio VENIVA si sviluppa ha come limiti temporali l'epoca
della Serenissima, dall'Alto Medio Evo alla sua caduta nel 1797; l'argomento
generale sono le relazioni politiche, economiche e culturali, intercorse
nei secoli fra la Serenissima, l'Austria e la Grecia.
L’obiettivo finale è la realizzazione di una serie di stazioni
pilota situate in più istituti culturali con archivi e biblioteche
accessibili al pubblico in grado di fornire un accesso integrato sia a
informazioni bibliografiche che archivistiche.
Lista dei siti Internet del progetto VENIVA
Sito WWW del Progetto http://www.tin.it/veniva/
DEMO dell'Archivio Virtuale http://www.tin.it/veniva/avv/home/
Sito dei Servizi aggiuntivi http://www.tin.it/veniva/services/
Mostre su Internet
Alfredo Viggiano, Venezia e il mare: le isole, le fortezze, le difese
contro i Turchi/Venice and the sea: the islands, the fortresses, the defences
against the Turks (italiano, inglese e greco) http://web.tin.it/marsilio/veniva/
Un manoscritto veneziano sulle fortezze di Creta sul Web/
A Venetian manuscript on the fortresses of Crete on the Web
http://www.munch.org.gr//Scripts/veniva/forts.exe
Piero Falchetta, Jacopo de' Barbari e le vedute di Venezia/
Jacopo de' Barbari and the views of Venice
http://www.tin.it/veniva/venetie